logo sito cav

CAV - Centro di Accoglienza alla Vita Vogherese ODV

Via Mentana n. 43
27058 Voghera (PV)
Tel: 349 4026282
email: cavvoghera@virgilio.it

La presidenza della Conferenza episcopale italiana
Un'occasione formativa importante per arricchire il percorso di crescita e conoscere le radici cristiane della nostra cultura e della nostra società. Risposte alle tante domande di oggi sulla vita.-
L’invito è rivolto ai genitori come agli studenti. Nel Messaggio in cui riflette sull’importanza di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) per il prossimo anno scolastico, la presidenza della Cei sottolinea che si tratta «di un’occasione formativa importante» per arricchire il percorso di crescita e «conoscere le radici cristiane della nostra cultura e della nostra società».
Al tempo stesso i contenuti dell’ora di religione mentre accompagnano i cambiamenti culturali e sociali in atto sono in grado di rispondere efficacemente «alle domande più profonde degli alunni di ogni età, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado». E i numeri stanno lì a dimostrarlo.
Nell’anno scolastico 2016-2017 la percentuale degli studenti che si sono avvalsi dell’Irc è stata complessivamente dell’87,1% con punte del 90,7% nella scuola primaria. Il Messaggio arriva alla viglia delle iscrizioni al prossimo anno scolastico, possibili da martedì 16 gennaio all’8 febbraio.
Di seguito il testo integrale del Messaggio della Presidenza della Conferenza episcopale italiana in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico 2018-2019.

Cari studenti e cari genitori, nelle prossime settimane si svolgeranno le iscrizioni on-line al primo anno dei percorsi scolastici che avete scelto.
Insieme alla scelta della scuola e dell’indirizzo di studio, sarete chiamati ad effettuare anche la scelta di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. È proprio su quest’ultima decisione che richiamiamo la vostra attenzione, perché si tratta di un’occasione formativa importante che vi viene offerta per arricchire la vostra esperienza di crescita e per conoscere le radici cristiane della nostra cultura e della nostra società.
Anche se ormai questa procedura è divenuta abituale, vogliamo invitarvi a riflettere sull’importanza della scelta di una disciplina che nel tempo si è confermata come una presenza significativa nella scuola, condivisa dalla stragrande maggioranza di famiglie e studenti.
A voi genitori desideriamo ricordare soprattutto il fatto che in questi ultimi anni l’Irc ha continuato a rispondere in maniera adeguata e apprezzata ai grandi cambiamenti culturali e sociali che coinvolgono tutti i territori del nostro bel Paese.
I contenuti di questo insegnamento, declinati da specifiche Indicazioni didattiche, appaiono adeguati a rispondere efficacemente anche oggi alle domande più profonde degli alunni di ogni età, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado. La domanda religiosa è un’insopprimibile esigenza della persona umana e l’insegnamento della religione cattolica intende aiutare a riflettere nel modo migliore su tali questioni, nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ciascuno, in quanto principale valore da tutelare e promuovere per una vita aperta all’incontro con l’altro e gli altri. Anche papa Francesco nei giorni scorsi ha ricordato che «questa è la missione alla quale è orientata la famiglia: creare le condizioni favorevoli per la crescita armonica e piena dei figli, affinché possano vivere una vita buona, degna di Dio e costruttiva per il mondo» (Angelus nella Festa della Sacra Famiglia, 31 dicembre 2017).
A voi studenti desideriamo ricordare il diffuso apprezzamento che da anni accompagna la scelta di tale insegnamento. I vostri insegnanti di religione cattolica si sforzano ogni giorno per lavorare con passione e generosità nelle scuole italiane, sia statali che paritarie, sostenuti da un lato dal rigore degli studi compiuti e dall’altro dalla stima dei colleghi e delle famiglie che ad essi affidano i loro figli.
Per tutti questi motivi, desideriamo rinnovare l’invito ad avvalervi dell’insegnamento della religione cattolica, sicuri che durante queste lezioni potrete trovare docenti e compagni di classe che vi sapranno accompagnare lungo un percorso di crescita umana e culturale, decisivo e fondamentale anche per il resto della vostra vita.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 11 gennaio 2018

Redazione Internet
Occorre adoperarsi concretamente per la pace. Rispettare lo status quo per Gerusalemme. Con le armi nucleari "un imprevisto può scatenare conflitti". Bene l'Italia sull'integrazione dei migranti.-
Il Papa ha incontrato i rappresentanti del Corpo diplomatico nel tradizionale incontro di inizio anno per lo scambio degli auguri e ha rilanciato la Dichiarazione dei diritti dell’uomo: tra i richiami fatti il fermare la corsa agli armamenti, le "colonizzazioni ideologiche" e la tratta di esseri umani. Non sono mancati poi gli appelli per il dialogo in Corea e in Siria, per l’accoglienza e l’integrazione di migranti e rifugiati, per il rispetto degli impegni sul clima. E nel discorso del Papa sono state invocate anche reali politiche di sostegno alla famiglia.
Che cosa ha detto papa Francesco nel suo tradizionale discorso di inizio d'anno al Corpo diplomatico?
È positivo per papa Francesco il bilancio dei viaggi apostolici che ha compiuto nel corso del 2017 in Egitto, Portogallo, Colombia, Myanmar e Bangladesh. "In Portogallo - ha affermato il Papa, salutando il Corpo Diplomatico accreditato in Vaticano in occasione del consueto incontro di inizio anno - mi sono recato pellegrino, nel centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, per celebrare la canonizzazione dei pastorelli Giacinta e Francisco Marto. Lì ho potuto constatare la fede piena di entusiasmo e di gioia che la Vergine Maria ha suscitato nei molti pellegrini convenuti per l'occasione".
"Anche in Egitto, Myanmar e Bangladesh - ha continuato papa Francesco - ho potuto incontrare le comunità cristiane locali che, sebbene numericamente esigue, sono apprezzate per il contributo che offrono allo sviluppo e alla convivenza civile dei rispettivi Paesi. Non sono mancati gli incontri con i rappresentanti di altre religioni, a testimonianza di come le peculiarità di ciascuna non siano un ostacolo al dialogo, bensì la linfa che lo alimenta nel comune desiderio di conoscere la verità e praticare la giustizia. Infine, in Colombia ho voluto benedire gli sforzi e il coraggio di quell'amato popolo, segnato da un vivo desiderio di pace dopo oltre mezzo secolo di conflitto interno".
Nel suo discorso, papa Francesco ha anche reso omaggio "al compianto ambasciatore della Colombia, Guillermo Leòn Escobar-Herràn, deceduto pochi giorni prima di Natale".
Pace non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto
"Dalle ceneri della Grande Guerra si possono ricavare due moniti, che purtroppo l'umanità non seppe comprendere immediatamente, giungendo nell'arco di un ventennio a combattere un nuovo conflitto ancor più devastante del precedente. Il primo monito è che vincere non significa mai umiliare l'avversario sconfitto". Lo ha affermato il Papa nel suo discorso al Corpo diplomatico, in cui ha ricordato che "nel corso di quest'anno ricorre il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale: un conflitto che ridisegnò il volto dell'Europa e del mondo intero, con l'emergere di nuovi Stati che presero il posto degli antichi Imperi".
"La pace - ha affermato - non si costruisce come affermazione del potere del vincitore sul vinto. Non è la legge del timore che dissuade da future aggressioni, bensì la forza della ragionevolezza mite che sprona al dialogo e alla reciproca comprensione per sanare le differenze". Da ciò deriva il secondo monito: "la pace si consolida quando le Nazioni possono confrontarsi in un clima di
parità". Lo intuì un secolo fa, proprio in questa data - ha aggiunto Francesco - l'allora presidente statunitense Thomas Woodrow Wilson, allorché propose l'istituzione di una associazione generale delle Nazioni intesa a promuovere per tutti gli Stati, grandi e piccoli indistintamente, mutue garanzie d'indipendenza e di integrità territoriale". "Si gettarono così idealmente le basi - ha osservato il Pontefice - di quella diplomazia multilaterale, che è andata acquisendo nel corso degli anni un ruolo e un'influenza crescente in seno all'intera Comunità internazionale".
Difendere il diritto a vita, libertà e inviolabilità di ogni persona
A settant'anni di distanza dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, "duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati", ha affermato papa Francesco nel discorso al Corpo diplomatico. "Primo fra tutti quello alla vita - ha osservato -, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono". Nel nostro tempo, ha proseguito, "ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l'egoismo degli adulti. Penso agli anziani, anch'essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perché ritenuti un peso. Penso alle donne, che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone che viola la proibizione di ogni forma di schiavitù". "Quante persone, specialmente in fuga dalla povertà e dalla guerra, sono fatte oggetto di tale mercimonio perpetrato da soggetti senza scrupoli?", ha aggiunto.
"Difendere il diritto alla vita e all'integrità fisica", ha sottolineato papa Francesco nell'incontro con i rappresentanti delle diplomazie internazionali, "significa poi tutelare il diritto alla salute della persona e dei suoi familiari. Oggi tale diritto ha assunto implicazioni che superano gli intendimenti originari della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, la quale mirava ad affermare il diritto di ciascuno ad avere le cure mediche e i servizi sociali necessari". In tale prospettiva, "auspico che, nei fori internazionali competenti, ci si adoperi per favorire anzitutto un facile accesso per tutti alle cure e ai trattamenti sanitari". "È importante - ha aggiunto il Pontefice - unire gli sforzi affinché si possano adottare politiche in grado di garantire, a prezzi accessibili, la fornitura di medicinali essenziali per la sopravvivenza delle persone indigenti, senza tralasciare la ricerca e lo sviluppo di trattamenti che, sebbene non siano economicamente rilevanti per il mercato, sono determinanti per salvare vite umane".
Il disarmo integrale e l'impegno per la pace
"Difendere il diritto alla vita", ha detto papa Francesco al Corpo diplomatico, "implica pure adoperarsi attivamente per la pace, universalmente riconosciuta come uno dei valori più alti da ricercare e difendere". Eppure, ha proseguito. "gravi conflitti locali
continuano ad infiammare varie Regioni della terra. Gli sforzi collettivi della Comunità internazionale, l'azione umanitaria
delle organizzazioni internazionali e le incessanti implorazioni di pace che si innalzano dalle terre insanguinate dai
combattimenti sembrano essere sempre meno efficaci di fronte alla logica aberrante della guerra". Tale scenario "non può far
diminuire il nostro desiderio e il nostro impegno per la pace, consapevoli che senza di essa lo sviluppo integrale dell'uomo
diventa irraggiungibile". "Il disarmo integrale e lo sviluppo integrale sono strettamente correlati fra loro - ha aggiunto -.
D'altra parte, la ricerca della pace come precondizione per lo sviluppo implica combattere l'ingiustizia e sradicare, in modo
non violento, le cause della discordia che portano alle guerre".
Nel suo tradizionale discorso di inizio d'anno al Corpo diplomatico, papa Francesco ha sottolineato che "la proliferazione di armi aggrava chiaramente le situazioni di conflitto e comporta enormi costi umani e materiali che minano lo sviluppo e la ricerca di una
pace duratura". Il "risultato storico", ha sottolineato, raggiunto lo scorso anno con l'adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, "mostra come il desiderio di pace sia sempre vivo". Secondo il Pontefice, "la promozione della cultura della pace per uno sviluppo integrale richiede sforzi perseveranti verso il disarmo e la riduzione del ricorso alla forza armata nella gestione degli affari internazionali".
"Desidero pertanto incoraggiare - ha aggiunto - un dibattito sereno e il più ampio possibile sul tema, che eviti polarizzazioni della Comunità internazionale su una questione così delicata. Ogni sforzo in tale direzione, per quanto modesto, rappresenta un risultato importante per l'umanità". Da parte sua la Santa Sede ha firmato e ratificato il Trattato sulla proibizioni delle armi nucleari, "nella prospettiva formulata da San Giovanni XXIII nella Pacem in terris, secondo la quale 'giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari". Infatti, anche "se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile e incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l'apparato bellico".
Dialogo, pace e ricostruzione tra le Coree, in Siria e a Gerusalemme
Papa Francesco ha sottolineato la necessità di sostenere "ogni tentativo di dialogo nella penisola coreana, al fine di trovare nuove strade per superare le attuali contrapposizioni", ed è anche "importante che possano proseguire, in un clima propositivo di accresciuta fiducia tra le parti, le varie iniziative di pace in corso in favore della Siria, perché si possa mettere fine al lungo conflitto che ha coinvolto il Paese e causato immani sofferenze". "Il comune auspicio è che, dopo tanta distruzione, sia giunto il tempo di ricostruire. Ma più ancora che costruire edifici, è necessario ricostruire i cuori, ritessere la tela della fiducia reciproca... In tal senso è vitale che siano tutelate le minoranze religiose, tra le quali vi sono i cristiani, che da secoli contribuiscono attivamente alla storia della Siria". Un appello per il dialogo è stato chiesto da papa Bergoglio anche per l’Iraq, lo Yemen e l’Afghanistan.
Papa Francesco ha rivolto un pensiero particolare a israeliani e palestinesi, e "nell’esprimere dolore per quanti hanno perso la vita nei recenti scontri", rinnova un "pressante appello a ponderare ogni iniziativa affinché si eviti di esacerbare le contrapposizioni», invitando «a rispettare, in conformità con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, lo status quo di Gerusalemme, città sacra a cristiani, ebrei e musulmani. Settant’anni di scontri rendono quanto mai urgente trovare una soluzione politica che consenta la presenza nella regione di due Stati indipendenti entro confini internazionalmente riconosciuti». Il Papa ha ricordato poi il Venezuela, che sta attraversando una crisi politica e umanitaria senza precedenti e ha chiesto al tempo stesso di non dimenticare «le sofferenze di tante parti del Continente africano, specialmente in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia, in Nigeria e nella Repubblica Centroafricana, dove il diritto alla vita è minacciato dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse, dal terrorismo, dal proliferare di gruppi armati e da perduranti conflitti". Non basta indignarsi, spiega il Papa, "occorre piuttosto che ciascuno nel proprio ambito si adoperi attivamente per rimuovere le cause della miseria e costruire ponti di fraternità, premessa fondamentale per un autentico sviluppo umano". Un analogo impegno a "ricostruire ponti è urgente pure in Ucraina", dove l’anno appena concluso "ha mietuto nuove vittime continuando a recare grandi sofferenze alla popolazione, in particolare alle famiglie che risiedono nelle zone interessate dalla guerra e che hanno perso i loro cari, non di rado anziani e bambini".
Servono politiche a sostegno della famiglia
"Alla stabilità di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia è proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nell’ordine sociale". Il Papa ha invocato l'urgenza di "politiche a sostegno" della famiglia, dalla quale, ha aggiunto papa Francesco "dipende l’avvenire e lo sviluppo degli Stati". Senza la famiglia, ha ribadito ancora il Papa, "non si possono infatti costruire società in grado di affrontare le sfide del futuro. Il disinteresse per le famiglie porta poi con sé un’altra conseguenza drammatica – e particolarmente attuale in alcune Regioni – che è il calo della natalità. Si vive un vero inverno demografico! Esso è il segno di società che faticano ad affrontare le sfide del presente e che divengono dunque sempre più timorose dell’avvenire, finendo per chiudersi in se stesse. Francesco ha proseguito soffermandosi sulle "famiglie spezzate a causa della povertà, delle guerre e delle migrazioni", evidenziando "il dramma di bambini che da soli varcano i confini che separano il sud dal nord del mondo, sovente vittime del traffico di esseri umani".
I migranti sono persone, basta alimentare paure
In un altro dei passaggi fondamentali del discorso al Corpo diplomatico papa Francesco ha ricordato "che le migrazioni sono sempre esistite. Nella tradizione giudeo-cristiana, la storia della salvezza è essenzialmente storia di migrazioni. Né bisogna dimenticare che la libertà di movimento, come quella di lasciare il proprio Paese e di farvi ritorno appartiene ai diritti fondamentali dell’uomo. Occorre dunque uscire da una diffusa retorica sull’argomento e partire dalla considerazione essenziale che davanti a noi ci sono innanzitutto persone". Nel citare il Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2018, Francesco ha esortato ancora una volta ad "accogliere, promuovere, proteggere e integrare" i migranti. "Conservo ancora vivo - ha proseguito il Papa - nel cuore l’incontro che ho avuto a Dacca con alcuni appartenenti al popolo Rohingya e desidero rinnovare i sentimenti di gratitudine alle autorità del Bangladesh per l’assistenza che prestano loro sul proprio territorio. Quindi la gratitudine del Papa va all’Italia, che in questi anni ha mostrato "un cuore aperto e generoso e ha saputo offrire anche dei positivi esempi di integrazione".
"Il mio auspicio è che le difficoltà che il Paese ha attraversato in questi anni, le cui conseguenze permangono, non portino a chiusure e preclusioni, ma anzi ad una riscoperta di quelle radici e tradizioni che hanno nutrito la ricca storia della Nazione e che costituiscono un inestimabile tesoro da offrire al mondo intero". Ringraziamenti sono stati espressi dal Papa anche per gli sforzi compiuti al riguardo da Grecia e Germania.
da www.avvenire
@Riproduzione Riservata del 08 gennaio 2018
 

di Riccardo Maccioni
L'ecologia deve essere integrale: non basta occuparsi dell'ambiente a rischio, occorre anche difendere i diritti degli anziani e tutelare i lavoratori. «L'altro non è un avversario ma un fratello».-
Promuovere la cultura dell’incontro, favorire l’alleanza tra scuola e famiglia, impegnarsi nell’educazione ecologica. Sono gli impegni affidati dal Papa all’Associazione italiana maestri cattolici (Aimc) ricevuti in udienza in occasione del loro Congresso nazionale.
Gli insegnanti cristiani – ha infatti sottolineato Papa Francesco –, sia che operino in scuole cattoliche sia in istituti statali, «sono chiamati a stimolare negli alunni l’apertura all’altro come volto, come persona, come fratello e sorella da conoscere e rispettare, con la sua storia, i suoi pregi e difetti, ricchezze e limiti.

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALL'ASSOCIAZIONE ITALIANA MAESTRI CATTOLICI

Sala Clementina
Venerdì, 5 gennaio 2018

Cari fratelli e sorelle,

"do il benvenuto a voi, rappresentanti dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, in occasione del vostro Congresso nazionale, e ringrazio il Presidente per le sue parole.
Vorrei proporvi tre punti di riflessione e di impegno: la cultura dell’incontro, l’alleanza tra scuola e famiglia e l’educazione ecologica. E anche un incoraggiamento al fare associazione.
Per prima cosa, vi ringrazio per il contributo che date all’impegno della Chiesa per promuovere la cultura dell’incontro. E vi incoraggio a farlo, se possibile, in maniera ancora più capillare e incisiva. In effetti, in questa sfida culturale sono decisive le basi che vengono poste negli anni dell’educazione primaria dei bambini. Gli insegnanti cristiani, sia che operino in scuole cattoliche sia in scuole statali, sono chiamati a stimolare negli alunni l’apertura all’altro come volto, come persona, come fratello e sorella da conoscere e rispettare, con la sua storia, i suoi pregi e difetti, ricchezze e limiti. La scommessa è quella di cooperare a formare ragazzi aperti e interessati alla realtà che li circonda, capaci di cura e di tenerezza – penso ai bulli –, che siano liberi dal pregiudizio diffuso secondo il quale per valere bisogna essere competitivi, aggressivi, duri verso gli altri, specialmente verso chi è diverso, straniero o chi in qualsiasi modo è visto come ostacolo alla propria affermazione. Questa purtroppo è un’“aria” che spesso i nostri bambini respirano, e il rimedio è fare in modo che possano respirare un’aria diversa, più sana, più umana. E per questo scopo è molto importante l’alleanza con i genitori.
E qui veniamo al secondo punto, cioè all’alleanza educativa tra la scuola e la famiglia. Io sono convinto che il patto educativo è rotto; è rotto il patto educativo tra scuola, famiglia e Stato; è rotto, dobbiamo riprenderlo. Tutti sappiamo che questa alleanza è da tempo in crisi, e in certi casi del tutto rotta. Una volta c’era molto rinforzo reciproco tra gli stimoli dati dagli insegnanti e quelli dai genitori. Oggi la situazione è cambiata, ma non possiamo essere nostalgici del passato. Bisogna prendere atto dei mutamenti che hanno riguardato sia la famiglia sia la scuola, e rinnovare l’impegno per una costruttiva collaborazione – ossia, ricostruire l’alleanza e il patto educativo – per il bene dei bambini e dei ragazzi. E dal momento che questa sinergia non avviene più in modo “naturale”, bisogna favorirla in modo progettuale, anche con l’apporto di esperti in campo pedagogico. Ma prima ancora bisogna favorire una nuova “complicità” – sono cosciente dell’uso di questa parola –, una nuova complicità tra insegnanti e genitori. Anzitutto rinunciando a pensarsi come fronti contrapposti, colpevolizzandosi a vicenda, ma al contrario mettendosi nei panni gli uni degli altri, comprendendo le oggettive difficoltà che gli uni e gli altri oggi incontrano nell’educazione, e così creando una maggiore solidarietà: complicità solidale.
Il terzo aspetto che voglio sottolineare è l’educazione ecologica (cfr Enc. Laudato si’, 209-2015). Naturalmente non si tratta solo di dare alcune nozioni, che pure vanno insegnate. Si tratta di educare a uno stile di vita basato sull’atteggiamento della cura per la nostra casa comune che è il creato. Uno stile di vita che non sia schizofrenico, che cioè, ad esempio, si prenda cura degli animali in estinzione ma ignori i problemi degli anziani; o che difenda la foresta amazzonica ma trascuri i diritti dei lavoratori ad un giusto salario, e così via. Questa è schizofrenia. L’ecologia a cui educare dev’essere integrale. E soprattutto l’educazione deve puntare al senso di responsabilità: non a trasmettere slogan che altri dovrebbero attuare, ma a suscitare il gusto di sperimentare un’etica ecologica partendo da scelte e gesti di vita quotidiana. Uno stile di comportamento che nella prospettiva cristiana trova senso e motivazione nel rapporto con Dio creatore e redentore, con Gesù Cristo centro del cosmo e della storia, con lo Spirito Santo fonte di armonia nella sinfonia del creato.
Infine, cari fratelli e sorelle, voglio aggiungere una parola sul valore di essere e fare associazione. E’ un valore da non dare per scontato, ma da coltivare sempre, e i momenti istituzionali come il Congresso servono a questo. Vi esorto a rinnovare la volontà di essere e fare associazione nella memoria dei principi ispiratori, nella lettura dei segni dei tempi e con lo sguardo aperto all’orizzonte sociale e culturale. Non abbiate paura delle differenze e anche dei conflitti che normalmente ci sono nelle associazioni laicali; è normale che ci siano, è normale. Non nascondeteli, ma affrontateli con stile evangelico, nella ricerca del vero bene dell’associazione, valutato sulla base dei principi statutari. L’essere associazione è un valore ed è una responsabilità, che in questo momento è affidata a voi. Con l’aiuto di Dio e dei pastori della Chiesa, siete chiamati a far fruttare questo talento posto nelle vostre mani.
Grazie. Vi ringrazio per questo incontro e benedico di cuore voi, tutta l’associazione e il vostro lavoro. Anche voi, per favore, pregate per me."
La scommessa è quella di cooperare a formare ragazzi aperti e interessati alla realtà che li circonda, capaci di cura e di tenerezza, liberi dal pregiudizio diffuso secondo il quale per valere bisogna essere competitivi, aggressivi, duri verso gli altri, specialmente verso chi è diverso, straniero o chi in qualsiasi modo è visto come ostacolo alla propria affermazione». Si tratta – ha aggiunto il Pontefice – di fare in modo che i bambini «possano respirare un’aria diversa, più sana, più umana». Per questo scopo è molto importante l’alleanza con i genitori, tra scuola e famiglia. Una collaborazione che oggi non avviene più in modo naturale e che dunque va favorita «in modo progettuale, anche con l’apporto di esperti in campo pedagogico. Ma prima ancora bisogna favorire una nuova “complicità” tra insegnanti e genitori. Anzitutto rinunciando a pensarsi come fronti contrapposti, colpevolizzandosi a vicenda, ma al contrario mettendosi nei panni gli uni degli altri, comprendendo le oggettive difficoltà che gli uni e gli altri oggi incontrano nell’educazione, e così creando una maggiore solidarietà».
Un impegno di condivisione importante anche sul fronte dell’educazione ecologica. Non si tratta naturalmente – avverte il Papa – di dare alcune nozioni ma di assumere «uno stile di vita basato sulla cura per la casa comune che è il creato». Un atteggiamento non schizofrenico «che cioè, ad esempio, si prenda cura degli animali in estinzione ma ignori i problemi degli anziani; o che difenda la foresta amazzonica ma trascuri i diritti dei lavoratori ad un giusto salario, e così via.
L’ecologia a cui educare dev’essere integrale. Soprattutto deve puntare al senso di responsabilità: non a trasmettere slogan che altri dovrebbero attuare, ma a suscitare il gusto di sperimentare un’etica ecologica partendo da scelte e gesti di vita quotidiana». Si tratta – ha sottolineato ancora Francesco – di un comportamento che nella prospettiva cristiana trova senso e motivazione nel rapporto con Dio creatore e redentore, con Gesù Cristo centro del cosmo e della storia, con lo Spirito Santo fonte di armonia nella sinfonia del creato».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 05 gennaio 2018

Redazione Internet
Alla vigilia dell'Epifania Francesco ha voluto andare di persona a visitare i 120 pazienti per salutarli e consegnare a ciascuno un dono e un sorriso.-
Festa a sorpresa, oggi pomeriggio, per i 120 piccoli ricoverati nella sede del Bambino Gesù a Palidoro: a poche ore dall'Epifania, il Papa ha voluto andare di persona a visitarli per salutarli e consegnare a ciascuno un dono e un sorriso. Ai genitori, riferisce l'Osservatore Romano, Francesco ha riservato un abbraccio per incoraggiarli a vivere con speranza, accanto ai figli, un momento delicato come il ricovero in ospedale. La visita a sorpresa del Papa è anche un grazie per coloro che si prendono cura dei bimbi malati: medici, infermieri e tutto il personale dell'ospedale.
Nella sede c'è anche la mostra dei disegni del Papa, custoditi da Civiltà Cattolica e ridonati all'ospedale per sostenere la cura e l'accoglienza dei pazienti provenienti dall'estero.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 05 gennaio 2018

di Redazione Buone Notizie

Da Campania, Sicilia e Calabria il maggior numero di domande per l’ottenimento del Rei. Un provvedimento per combattere la povertà approvato a metà settembre e attivo dal primo gennaio. Ecco le caratteristiche.-

Il Rei è un provvedimento dello Stato, approvato per decreto a metà settembre e andrà a sostituire altri due istituti contro la povertà: il Sostegno per l’inclusione attiva e l’Assegno di disoccupazione. Inizierà ad essere operativo a partire da quest’anno, ma le prime domande sono stata raccolte dall’inizio di dicembre 2017. L’intervento economico è duplice: da un lato prevede un assegno mensile crescente in base del numero di familiari a carico fino a un massimo di 485 euro e dall’altro dovrebbe attivare progetto di reinserimento lavorativo. Mentre la parte economica è gestita all’Inps, il progetto lavorativo è in carico ai servizi sociale dei comuni di residenza, che operano in rete con i servizi per l’impiego, i servizi sanitari e le scuole e d enti del Terzo settore già attive nel contrasto alla povertà.

Requisiti economici

Per ottenere il Rei il nucleo familiare deve essere in possesso congiuntamente di:
- un‘ISEE in corso di validità non superiore a 6mila euro;
- un‘ISRE non superiore a 3mila euro;
- un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20mila euro;
- un valore del patrimonio mobiliare (depositi, conti correnti) non superiore a 10mila euro (ridotto a 8 mila euro per la coppia e a 6 mila euro per la persona sola).

L’intervento avrà una durata massima di 18 mesi e, se necessario, potrà essere rinnovato per ulteriori 12 mesi. In tal caso, la richiesta di rinnovo potrà essere inoltrata non prima di 6 mesi dall’erogazione dell’ultima mensilità.
Intanto l’Inps diffonde i primi dati relativi alle domande pervenute dal primo dicembre 2017. Le regioni meridionali sono in cima alla lista delle richieste per l’ottenimento del Reddito d’inclusione (Rei). Con 16.668 domande, sulle quasi 76 mila pervenuto all’Inps, la Campania è la regione con maggiori interventi richiesti a sostegno delle persone e famiglie più povere. Seguono la Sicilia, con 16.366 (21,4% del totale) e la Calabria, con 10.606 richieste (14%). In coda alla classifica la Puglia e la Provincia Autonoma di Trento con otto. Sono dati che tracciano una mappa del bisogno in Italia e che presto saranno approfonditi per dare un’immagine più chiara della povertà in Italia.
I dettagli nella Circolare del Ministero del Lavoro o delle Politiche Sociali o dell'Inps.
da www.corriere.it/buonenotizie
@Riproduzione Riservata del 03 gennaio 20
 

Questa mattina, presso l'Ospedale di Tortona, è deceduto Mons. Lino Zucchi, sacerdote della Diocesi di Tortona. Ne dà l'annuncio il Vescovo ed il presbiterio, manifestando commozione, vicinanza ai famigliari ed anche viva riconoscenza per i lunghi anni di servizio presbiterale svolti dal sacerdote in Diocesi.
Mons. Zucchi, lo ricordiamo, è stato per molti anni segretario vescovile in Diocesi, affiancando in modo particolare Mons. Luigi Bongianino. E' stato anche Rettore del Seminario e successivamente parroco di Rivanazzano.
Il Rosario sarà celebrato in Cattedrale a Tortona giovedì 4 gennaio alle ore 19. Il Funerale sarà celebrato in cattedrale a Tortona, venerdì 5 maggio alle ore 14,30, presieduto da Mons. Vittorio Francesco Viola.
da www.diocesitortona.it
@Riproduzione Riservata del 03 gennaio 2018

Redazione Internet
I diciottenni che in marzo voteranno per la prima volta alle elezioni politiche nazionali, rispondono al fiducioso invito del presidente Mattarella perché non disertino l’appuntamento con le urne.-
Per il voto politico in calendario tra soli due mesi il capo dello Stato esprime «fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta». È un parallelo suggestivo quello che Mattarella ha proposto nel breve discorso di fine anno, ricordando i «ragazzi del ’99» che un secolo fa «vennero mandati in guerra, nelle trincee», e «molti vi morirono». I loro coetanei di cent’anni dopo si trovano tra le mani un’altra responsabilità di servizio al proprio Paese, assai meno cruenta ma non per questo meno gravosa: «Oggi – dice il presidente della Repubblica – i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica». Messaggio chiaro: esprimere il proprio diritto di votare non è l’esito di un mero dato anagrafico ma un passaggio significativo. I «nuovi ragazzi del ’99» lo prendono sul serio. E quattro di loro – con storie personali come tante – rilanciano il messaggio presidenziale.
Davide: è la nostra creatività il tesoro da valorizzare
Un lavoro discografico, Cantastorie, realizzato e distribuito attraverso il Web, un altro in preparazione grazie al crowdfunding. Davide Moreno, primo anno di Scienze dell’educazione all’università di Cagliari, non si piange addosso ma ha voglia di dimostrare talento e capacità. Cresciuto nella pastorale giovanile della diocesi di Ales-Terralba, anima l’unità pastorale del suo paese, San Gavino Monreale, una cinquantina di chilometri da Cagliari. Il presidente Mattarella pare incoraggiarlo: «Con il mio primo voto per il Parlamento – riflette – vorrei dire a chi ha responsabilità di governo di avere a cuore le sorti di noi giovani. Vorrei chiedere più attenzione alla nostra creatività: abbiamo ricevuto un bonus di 500 euro, sarebbe bello poterlo spendere per creare qualcosa e non solo per fare acquisti». Allo stesso modo «gli investimenti potrebbero essere indirizzati a sostenere i giovani nelle potenzialità all’interno dei diversi ambiti in cui si può esprimere la nostra creatività e non solo per i consumi tecnologici».
Matilde: non possiamo disperdere il dono dei nostri coetanei del 1918
«Mi lusinga la fiducia che il presidente della Repubblica ripone in me, "ragazza del ’99", e mi conforta saperlo idealmente al mio fianco nel compito che mi attende il 4 marzo. Soprattutto perché ha ricordato alla politica il dovere di proposte realistiche e concrete, che anch’io possa quindi capire». Così Matilde Candolini, liceale di Udine, commenta le parole di Mattarella. «Il suo richiamo a ciò che dovettero vivere i miei coetanei di 100 anni fa mi ha quasi commossa – prosegue – perché è come se avesse ascoltato i discorsi che in famiglia mi sento fare da tempo. Mio bisnonno, infatti, era un ragazzo del 1898 e ha vissuto la Grande Guerra combattendo e poi cercando di sfuggire alla prigionia. Ha camminato per così tanti Paesi che il suo è stato una specie di Erasmus ante litteram ma con la paura costante di non salvare la vita. Io l’Erasmus spero di farlo, ma nello spirito di pace e di Europa unita che i miei coetanei di cent’anni fa hanno contribuito a costruire». Perciò, conclude, «studierò per giungere a un voto consapevole e contribuire alla vita democratica che mi è stata data. Spero che saremo in tanti a farlo».
Simone: la politica ci coinvolga nelle scelte sul nostro futuro
«Noi, "nuovi" ragazzi del ’99, privilegiati dal periodo di pace in cui viviamo, ci apprestiamo a vivere un nuovo anno che ci vedrà impegnati, per la prima volta, al voto». Simone Amabile, classe 1999, giovane agrigentino al quinto anno del liceo scientifico, impegnato nello scoutismo, ha le idee chiare sui suoi impegni in questo nuovo anno. «Proponendo un paragone tra i ragazzi del 1899 chiamati alle armi e dilaniati in disfatte militari e psicologiche – considera Simone – alla mia generazione invitata al voto il presidente della Repubblica chiede di impegnarsi perché diamo un contributo fattivo. È importante approcciarci in modo positivo alla politica, ma penso sia necessario anche che la classe politica italiana ci valorizzi molto di più, coinvolgendoci nelle scelte che riguarderanno il nostro futuro. Il mio auspicio più grande è che tutti i ragazzi del ’99 come me possano esprimere al meglio il proprio diritto al voto riflettendo sull’importanza dei privilegi negati ai coetanei del 1899, per apprezzare e vivere pienamente i nostri».
Stefano: nuove idee per trovare soluzioni vere
Più lavoro per i giovani, e la risoluzione della questione Ilva. Si augura soprattutto questo Stefano Acclavio, studente di Biotecnologie sanitarie, classe 1999. Al suo primo voto il 4 marzo si prepara anche nel gruppo scout della parrocchia Spirito Santo di Taranto. «In questo anno – spiega – trattiamo l’informazione politica, dal dopoguerra a oggi. Ci stiamo formando per capire come orientarci e parlarne ai coetanei. Mi hanno fatto molto piacere le parole del presidente, ci ha dato importanza, e questo accresce la nostra responsabilità. Dalla politica mi aspetto soluzioni per il lavoro che manca, qualcosa è cambiato nel rapporto scuola-lavoro, ma metterei mano ai centri per l’impiego: i miei amici più grandi di un anno fanno file di ore per poi non ricevere mai neanche una chiamata». Stefano si prepara alle prove di accesso per Medicina con l’idea di «tornare a Taranto, e comunque di restare in Italia. Nella mia città non si sono pensate alternative all’acciaio, con tutti i problemi per la salute, invece potrebbero fiorire il turismo, l’enogastronomia, la città vecchia. Ci vuole più coraggio».
da www.avvenire.it
Riproduzione Riservata del 03 gennaio 2018

Redazione Internet            
Tutti i genitori, ha detto Francesco ricordando la Santa Famiglia di Nazaret, sono i custodi della vita dei figli e non i proprietari.-    
   
Far cadere le “false immagini” di Dio e di noi stessi, “contraddire” le sicurezze mondane su cui “pretendiamo” di appoggiarci e farci “risorgere” a un cammino umano e cristiano autentico, fondato sui valori del Vangelo. Nel giorno in cui si celebra la Santa Famiglia di Nazaret, papa Francesco - come riporta Vatican News - all’ultimo Angelus del 2017 ricorda le ragioni per le quali “Gesù è venuto” tra noi.
Non c’è situazione familiare che sia preclusa a questo cammino nuovo di rinascita e di risurrezione. E ogni volta che le famiglie, anche quelle ferite e segnate da fragilità, fallimenti e difficoltà, tornano alla fonte dell’esperienza cristiana, si aprono strade nuove e possibilità impensate.
Genitori sono custodi non proprietari della vita dei figli
Francesco ripensa all’esperienza vissuta da Maria, Giuseppe e Gesù, “mentre crescono insieme come famiglia nell’amore reciproco e nella fiducia in Dio”. Proprio di tale fiducia, spiega, è espressione il rito con cui a Gerusalemme i genitori di Gesù vanno al tempio “per attestare che il figlio appartiene a Dio e che loro - aggiunge il Papa - sono i custodi della sua vita e non i proprietari”.
Dio, sorgente di vita
Tutti i genitori sono custodi della vita dei figli, non proprietari, e devono aiutarli a crescere, a maturare. Questo gesto sottolinea che soltanto Dio è il Signore della storia individuale e familiare; tutto ci viene da Lui. Ogni famiglia è chiamata a riconoscere tale primato, custodendo ed educando i figli ad aprirsi a Dio che è la sorgente stessa della vita.
Passa da qui, nota Francesco, il “segreto della giovinezza interiore”, testimoniato paradossalmente nel brano evangelico da una coppia di anziani: Simeone e Anna, che in Gesù vedono la salvezza di Dio.
Crescita armonica e costruttiva
Tornato a Nazaret con Maria e Giuseppe, prosegue il Papa, il bambino cresce e si fortifica, “pieno di sapienza” e grazia di Dio: una grande gioia della famiglia - riflette Francesco - è proprio la crescita dei figli.
Essi sono destinati a svilupparsi e fortificarsi, ad acquisire sapienza e accogliere la grazia di Dio, proprio come è accaduto a Gesù. Egli è veramente uno di noi: il Figlio di Dio si fa bambino, accetta di crescere, di fortificarsi, è pieno di sapienza e la grazia di Dio è sopra di Lui. Maria e Giuseppe hanno la gioia di vedere tutto questo nel loro figlio; e questa è la missione alla quale è orientata la famiglia: creare le condizioni favorevoli per la crescita armonica e piena dei figli, affinché possano vivere una vita buona, degna di Dio e costruttiva per il mondo.
Una giornata di ringraziamento
Questo dunque l’auspicio del Papa per tutte le famiglie: a loro si rivolge in particolare nei saluti subito dopo la recita della preghiera mariana augurando una “serena” fine dell’anno e esortando a ringraziare Dio “per l’anno trascorso e per ogni bene ricevuto”.
Ci farà bene, a ognuno di noi, prendere un po’ di tempo per pensare quante cose buone ho ricevuto dal Signore quest’anno, e ringraziare. E se ci sono delle prove, delle difficoltà, ringraziare anche perché ci ha aiutato a superare quei momenti. Oggi è una giornata di ringraziamento.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 01 gennaio 2018
          

di Maurizio Patriciello
A spaventare è l’età. Tutti al di sotto dei vent’anni, alcuni addirittura non arrivano ai quindici. Giovani e adolescenti, quindi. Ragazzini, verrebbe da dire. Ragazzini che la notte di San Silvestro si sono ubriacati al punto da finire in coma etilico. All’ospedale Cardarelli di Napoli ne sono giunti una ventina. Altri, in codice rosso, sono stati trasportati in altri nosocomi. Eravamo preparati, entrati nell’anno nuovo, ad ascoltare le dolorose notizie di persone rimaste ferite dai botti o da qualche colpo di pistola che qualcuno si ostina a definire “vagante”.
I feriti ci sono stati anche quest’ anno. Nel Napoletano a un giovane sono stati amputate tre dita di una mano; un bambino rischia di perdere un occhio; un dodicenne è stato ferito da un colpo di pistola sul balcone di casa. Ma non è su questo dramma che vogliamo soffermare la nostra attenzione, bensì sui giovanissimi finiti in coma etilico. Come etilico vuol dire che questi ragazzi si sono ubriacati al punto che il loro organismo non ce l’ha fatta a sopportare una tale quantità di alcol e ha ceduto.
Coma etilico vuol dire che questi nostri ingenui figli non sono stati capaci di gestire l’euforia di una serata come quella di san Silvestro. Coma etilico vuol dire che essi necessitano dell’aiuto degli adulti. Adulti che in questo momento, invasi dal dolore e dai sensi di colpa, si stanno facendo mille domande cui non riescono a dare una risposta. «Dove abbiamo sbagliato? Che cosa sta accadendo e che non riusciamo a vedere? Che cosa possiamo fare? Da dove dobbiamo cominciare? Chi ci deve aiutare?» si chiedono spesso i genitori.
I ragazzi non li ascoltano, anzi, sovente, mostrano verso di loro segni di insofferenza. Occorre andarci piano, soprattutto quando minacciano di scappare via di casa o commettere qualcosa di peggio. In genere sono inseriti in qualche gruppo che detta loro le linee guida cui si adeguano volentieri. Dicono di voler andare controcorrente, di essere anticonformisti, di non tenere in alcun conto i giudizi altrui e non si accorgono di allinearsi meglio di un plotone di soldati. Così intruppati, emettono ed eseguono ordini; inventano neologismi e gesti propri, si chiamano “fratelli”, si baciano come fanno i fidanzati. Anche l’ acconciatura dei capelli, i disegni dei tatuaggi, gli orecchini, i pantaloni strappati che vorrebbero imitare quelli degli straccioni, ma che costano somme esorbitanti, servono a fare di loro un gruppo. Quel gruppo. La pena prevista per chi non si adegua è essere emarginato. E l’ emarginazione li spaventa.
Bevono i ragazzi. Tanto. Troppo. Perché? A qualcuno certamente l’ alcol piace, lo eccita, gli fa dimenticare i problemi, lo sbarazza della timidezza. E gli altri? Gli altri lo fanno perché così fan tutti. E bevono, anche controvoglia, bevono. Per darsi delle arie, per non rimanere indietro, per non essere isolati, bevono. Anche quando il loro organismo si ribella e chiede aiuto, bevono. Bere diventa un modo di essere, una sfida. A se stessi, agli altri, alla società. Una sorta di manifestazione di potenza, di forza, di grandezza, di menefreghismo. Sono caduti in trappola ma non se ne sono accorti. Hanno bisogno di essere aiutati ma non lo sanno. Occorre metterli in guardia; insegnare loro, a scuola, a casa, in chiesa, che cos’è l’ alcol, che cosa sono le varie droghe, come funzionano, quali effetti hanno sui loro organi interni. A quali danni, a volte irreparabili, può portare l’ alcolismo o l’assunzione di una droga.
Occorre convincerli che certe cattive abitudini come fumare, drogarsi, bere, giocare di azzardo, una volta radicate sono faticosissime da essere estirpate. Meglio tenersene alla larga prima. E rimanere liberi. Prevenire è meglio che curare. Aiutiamo i nostri giovani. Diamo loro testimonianza di una vita vissuta all’ insegna della serenità, della gioia, della sobrietà, della condivisione. E per chi crede, della fede. Vederli in ospedale in coma etilico, a Capodanno o ogni sabato notte, fa veramente tanto male al cuore.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 02 gennaio 2018

Redazione Internet
Dall'ecumenismo al dialogo, dalla missionarietà all'amore per i poveri: ecco l'anno 2017 della Chiesa in uscita.-
1 gennaio. Debutta il dicastero vaticano per lo sviluppo umano integrale

All’inizio dell’anno fa il suo “debutto” il nuovo Dicastero per il servizio dello Sviluppo umano integrale, tassello di una riforma della Curia che Francesco porta avanti dall’inizio del pontificato con l’ausilio del Consiglio dei cardinali, detto “C9”. Ed è il suo coordinatore, il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, a rivelare lo scorso 14 settembre che i lavori della riforma sono già «al 75%».
28-29 aprile. Papa Francesco pellegrino in Egitto e incontra copti ortodossi e musulmani
Un viaggio tanto desiderato quanto pericoloso. Ma nulla ha fermato papa Francesco che ha voluto farsi pellegrino in Egitto. Duplice il motivo di questa visita: dimostrare anche di persona la vicinanza ai fratelli cristiani, i copti ortodossi guidati da Tawadros II, vittime di numerosi attentati; lanciare assieme anche alle autorità islamiche l’appello a non usare il nome di Dio per atti di morte. Durante questo viaggio Francesco rivolge un discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale per la pace convocata a Il Cairo alla presenza dei rappresentanti delle religione monoteiste che in questa terra abitano. Dialogo ecumenico e interreligioso che nel corso del 2017 vedrà coinvolto anche il mondo protestante nel quinto centenario della Riforma di Lutero.
12-13 maggio. Dalla Vergine di Fatima a 100 anni dalle apparizioni
Ancora una volta un Papa a Fatima. Accade il 12 e 13 maggio, anniversario della prima apparizione della Vergine ai tre pastorelli portoghesi proprio 100 anni fa. E durante il viaggio Francesco canonizza Francesco e Giacinta Marto, due dei tre pastorelli morti giovanissimi poco tempo dopo le apparizioni della Signora. Giornate intense di preghiera e devozione mariana. Il tema della pace è stato invece al centro del viaggio apostolico in Colombia dal 6 all’11 settembre. Una visita promessa sin da quando le autorità si sono impegnate in un complesso dialogo di pace con gli ex guerriglieri dopo anni di dolore e morte. Delicato anche il viaggio compiuto in Myanmar e in Bangladesh dal 26 novembre al 2 dicembre. Nel primo Paese la democrazia fatica a compiere passi decisivi. Nel secondo si cerca di proteggere un modello di convivenza tra fedi differenti.
21 maggio. La reliquia di San Nicola a Mosca
Dopo 930 anni dall’arrivo a Bari una reliquia di san Nicola viene portata in Russia dove rimarrà - prima a Mosca quindi a San Pietroburgo - dal 21 maggio al 28 luglio. Si tratta di un forte gesto ecumenico, che avviene a un anno dallo storico incontro a Cuba nel 2016, tra Francesco e il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Due milioni di ortodossi rendono omaggio alla reliquia.

24 maggio. Il cardinale Bassetti è il nuovo presidente della Cei
Francesco sceglie come nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana il cardinale Gualtiero Bassetti, 75 anni, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Succede nella guida della Cei al cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, il cui mandato era iniziato il 7 marzo 2007 sotto Benedetto XVI. Bagnasco resta presidente del Consiglio delle Conferenze dei vescovi d’Europa (Ccee), eletto in tale carica nel 2016. La nomina di Bassetti è anche la prima che avviene dopo la presentazione al Pontefice di una terna di nomi scelti con votazione dall’assemblea generale dei vescovi italiani, dopo la modifica dello statuto Cei avvenuta nel 2014.

10 giugno. L'incontro di papa Francesco con il presidente Mattarella al Quirinale
È il 10 giugno quando papa Francesco sale al Quirinale per la visita ufficiale al presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che a sua volta aveva fatto visita al Papa in Vaticano. Di fatto come una visita di Stato, quella che il Papa compie quel giorno. Durante il 2017 sono state quattro le visite pastorali compiute in città italiane. La prima a Milano il 25 marzo, con la Messa celebrata al parco di Monza con un milione di persone ad attenderlo. Il 2 aprile sarà la volta di Carpi e Mirandola dove sono ancora visibile le ferite del terremoto del 2012, mentre il 27 maggio il Papa visita Genova partendo come prima tappa con l’incontro con il mondo del lavoro all’Ilva. Il 1° ottobre, infine, Francesco visita Cesena e Bologna. Nella città romagnola si reca nel terzo anniversario della nascita di Pio VI, al secolo Angelo Braschi. Nel capoluogo emiliano, invece, il Papa conclude la celebrazione del Congresso eucaristico diocesano.
20 giugno. L'omaggio a don Primo Mazzolari e a don Lorenzo Milani
Bozzolo nel Mantovano e Barbiana nel cuore della Toscana, don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani. Sono le due tappe del viaggio di Francesco intrapreso il 20 giugno scorso sulle tombe dei due sacerdoti che con i loro gesti profetici hanno segnato il Novecento cattolico. La visita ai due luoghi avviene nell’arco della mattina. L’omaggio del Papa ai due sacerdoti.

15 ottobre. Sei santi in piazza San Pietro. 307 i beatificati quest'anno
Sono 307 i nuovi beati nel 2017, di cui 291 martiri nella Guerra civile spagnola. Otto i nuovi santi e due i riti di canonizzazione presieduti dal Papa: il 13 maggio a Fatima, e il 15 ottobre in piazza San Pietro per Andrea de Soveral, Ambrogio Francesco Ferro, Matteo Moreira, i Cristoforo, Antonio e Giovanni (martiri di Tlaxcala), Faustino dell’Incarnazione e Angelo D’Acri.
19 novembre. La prima giornata mondiale dei poveri
«Non amiamo a parole ma con i fatti». Questo il titolo-slogan scelto da papa Francesco per il suo Messaggio in occasione della prima Giornata mondiale dei poveri, che la Chiesa celebra il 19 novembre. E il Papa sceglie di dimostrare con i fatti la sua attenzione verso i poveri - presente sin dall’inizio del suo pontificato - offrendo il pranzo quella domenica a 1.500 persone e pranzando con loro nell’Aula Paolo VI trasformata in un grande ristorante. «Invito la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà – scrive il Papa nel Messaggio – a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà».
21 dicembre. Nel 2017 sono 23 i missionari uccisi
Dieci giorni fa è stato ucciso ad Haiti don Joseph Simoly. L’ultimo di una serie di missionari che hanno versato il sangue nel 2017. Secondo i dati raccolti dall’agenzia Fides, sono stati per la precisione 23: 13 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 8 laici. E per l’ottavo anno consecutivo il numero più elevato di vittime si registra nel continente americano, dove sono stati uccisi 11 operatori pastorali.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 30 dicembre 2017

CAV Voghera

L'Associazione Vogherese di volontariato, che aiuta gratuitamente la donna in difficoltà ad accogliere la vita, superando le difficoltà.

Donazioni

Se vuoi fare una donazione questo è il nostro IBAN:
IT91 X030 6909 6061 0000 0066 901 c/o Intesa Sanpaolo Milano

Sostienici con il 5 per mille

L'Associazione Vogherese di volontariato, che aiuta gratuitamente la donna in difficoltà ad accogliere la vita, superando le difficoltà.
Cod. Fiscale:  95007440183
Top