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CAV - Centro di Accoglienza alla Vita Vogherese ODV

Via Mentana n. 43
27058 Voghera (PV)
Tel: 349 4026282
email: cavvoghera@virgilio.it

di Luca Liverani
Hanno sfilato in migliaia per le strade di Roma in un sabato di sole, di festa e di testimonianze: la settima Marcia per la Vita ha ricordato a tutti che la dignità dell'uomo si difende sempre.-
Le premesse non erano delle migliori, dopo l’acquazzone che fino a a ora di pranzo aveva innaffiato la Capitale. Ma le migliaia di persone arrivate a piazza della Repubblica nel primo pomeriggio per la VII edizione della Marcia nazionale per la Vita trovano un sole splendente. Coppie giovani coi passeggini, anziani, bambini su un trenino gommato, giovani suore, seminaristi, sacerdoti. Bandiere, striscioni e cori mischiati a rosari, icone mariane e crocifissi. Ave marie - in latino come in arabo - e slogan allegri. Ragazze con la faccia dipinta e giovani sacerdoti con la talare. Le tante anime del popolo pro-life colorano un lungo corteo di diverse migliaia di persone.
«No all’aborto» è la parola d’ordine. Ci sono le bandiere del Movimento per la Vita. Le ragazze del Gruppo giovanile di apologetica «Voci del Verbo» strillano «chi non salta/per l’aborto/è/è». Lo striscione del Comitato verità e vita recita: «Non sono un fatto politico, non sono un’invenzione della Chiesa, sono un bambino, guardami». E infatti l’organizzazione della Marcia ha bandito simboli e bandiere partitiche. Tanti i cartelli della Vigna di Rachele, «programma psico-spirituale» per aiutare chi ha abortito. Lo striscione dell’Unione cattolica farmacisti italiani è contro la pillola del giorno dopo: «Obiezione di coscienza, perché mi rifiuto di collaborare a uccidere». Poi delegazioni di movimenti tedeschi, canadesi, spagnoli, francesi. E chitarre, tamburi e una cornamusa scozzese.
Molti manifestano contro l’eutanasia. C’è un cartellone che si appella al Presidente Mattarella: «Fermi la legge sul biotestamento prima che diventi eutanasia legalizzata». Un cartello ricorda il dramma di «Eluana Englaro vittima innocente». Il lungo corteo marcia giù per via Cavour, via dei Fori Imperiali e arriva al palco a Piazza Venezia. Il Papa invia un suo messaggio, a firma del cardinale Pietro Parolin, perché «l’evento possa favorire l’adesione ai valori della vita umana e l’accoglienza di tale incommensurabile dono Divino in tutta la sua affascinante ricchezza». Tra i manifestanti ci sono anche il cardinale Raymon Leo Burke, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, il vescovo Athanasius Schneider.

Dal palco si alternano le testimonianze per la vita. C’è Katia, della Comunità Papa Giovanni XXIII, che racconta di sua mamma, all’epoca dodicenne, violentata dal compagno della madre. Una mamma bambina che resiste ai brutali tentativi di aborto domestico. Oggi Katia aiuta le ragazze immigrate ad abbandonare il marciapiede e a salvare i loro bambini.
C’è Roberto, in coma dopo un incidente, dato per morto dai medici, oggi convinto militante anti-eutanasia. L’imprenditore Roberto Brazzale, nel vicentino, che dà una mensilità in più ai dipendenti che hanno un figlio. Il professor Stephane Mercier, dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio, prossimo al licenziamento per aver trattato in classe il tema dell’aborto. Applauditissima Gianna Jensen, nata a Los Angele nel 1977 nonostante l’aborto al settimo mese che doveva eliminarla. «Alle femministe chiedo: se difendete i diritti delle donne, dove erano i miei diritti quella mattina?».
A concludere è Virginia Coda Nunziante, portavoce della manifestazione: «La piazza è piena, siamo tantissimi. Il popolo della vita vuole essere una presenza positiva che si fa carico di difendere non solo il valore della vita, dono gratuito ed esclusivo di Dio, ma anche tutti coloro che, deboli o indifesi, non possono reagire e vengono scartati dalla nostra società edonista».

da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 20 maggio 2017
 
 

La norma era il primo punto all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Senza vaccini vietata l'iscrizione a nidi e materne (0-6 anni), ingenti sanzioni per la fascia d'età delle elementari.-
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto che introduce l'obbligo delle vaccinazioni per l'iscrizione a scuola. I genitori già dal prossimo settembre dovranno avere vaccinato i figli, nella fascia di età da 0 a 6 anni, per poterli iscrivere al nido o alla scuola dell'infanzia. Altrettanto obbligatori saranno i vaccini nelle scuole dell'obbligo, cioè dai 7 ai 16 anni: in questo caso sono previste ingenti sanzioni, aumentate anche fino a 30 volte rispetto alle attuali, (ma non il divieto di iscrizione alla scuola) in caso di violazione della norma. In entrambi i casi, sia per gli asili che per la scuola, è comunque prevista la segnalazione delle Asl di bambini e ragazzi non vaccinati al Tribunale dei minori "per la sospensione della patria potestà".
Se ha dunque prevalso la richiesta del ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli (che sosteneva che la questione dovesse essere affrontata e limitata all'asilo, cioè fino ai 6 anni, pena la lesione del diritto all'istruzione), è durissima la linea voluta del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, impegnata da settimane sul fronte delle vaccinazione poiché "in ballo c'è la sicurezza e la salute dei nostri figli, su cui non possiamo più aspettare".

I vaccini obbligatori diventano 12

Dal morbillo alla polio, dalla meningite al tetano. Sono 12 i vaccini obbligatori cui i bambini dovranno essere sottoposti, pena la non iscrizione al nido e all'asilo e pesanti sanzioni (inasprite "fino a 30 volte") per i genitori dei non vaccinati dalle elementari in poi. Si tratta dei vaccini contro polio, difterite, tetano, epatite b, pertosse, emofilo b, meningococco b e c, morbillo, rosolia,parotite e varicella. Si stanno mettendo a punto, ha riferito Lorenzin, "tutti gli accorgimenti tecnici per evitare difficoltà burocratiche alle famiglie e dare un percorso stringente a direzioni scolastiche e asl nell'applicazione della legge". Si prevede infatti (dai 6 anni in poi) che la scuola avrà l'obbligo di riferire alla Asl la mancata vaccinazione: la Asl a sua volta chiamerà la famiglia, e le darà qualche giorno per mettersi in regola. "Se ciò non avviene scattano sanzioni molto elevate, e questo ogni anno", ha spiegato il ministro.

Le segnalazioni dei dirigenti e le responsabilità dei genitori

A tutela dei più piccoli vengono stabilite anche nuove e pesanti responsabilità per gli adulti. Tocca innanzitutto al dirigente scolastico segnalare alla Asl competente la presenza a scuola di minori non vaccinati. "La mancata segnalazione - spiega il vademecum diffuso dal ministero della Salute - può integrare il reato di omissione di atti d’ufficio punito dall0art. 328 c.p.5". Il genitore o l'esercente la potestà genitoriale sul minore che violi l’obbligo di vaccinazione "è invece segnalato dalla Asl al Tribunale dei Minorenni per la sospensione della potestà genitoriale".
Nel caso facciano domanda d'iscrizione agli asili nido ed alle scuole dell’infanzia, pubbliche e private, minori che non abbiano fatto le vaccinazioni obbligatorie "il dirigente scolastico segnala, entro 5 giorni, alla Azienda sanitaria competente il nominativo del bambino affinché si adempia all’obbligo vaccinale". Nel caso siano presenti minori non vaccinabili per ragioni di salute toccherà sempre al dirigente inserirli "in classi nelle quali non sono presenti altri minori non vaccinati o non immunizzati", che abbiano cioè già contratto le malattie indicate. Circostanza che richiederà l'attestato del medico curante, "che potrà anche disporre le analisi del sangue per accertare che abbia sviluppato gli anticorpi".

Portafoglio vaccinale e multe (da migliaia di euro)

"Stiamo studiando tutti gli accorgimenti tecnici per evitare difficoltà alle famiglie e dare un percorso stringente alle scuole e alle Asl per l'applicazione della legge e nelle segnalazioni di rischio", ha spiegato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. "Ci sono dei nodi che tecnicamente stiamo cercando di risolvere: tu arrivi alla scuola dell'obbligo, 0-16 anni, all'iscrizione devi presentare il tuo portafoglio vaccinale, non un'autocertificazione. Se non sei in regola con le vaccinazioni, oppure sei in lista d'attesa, ti mettiamo sotto osservazione. Qualora non sei stato vaccinato, la scuola deve riferirlo alla Asl la quale ha l'obbligo di chiamare la famiglia, alla quale si dà un tot di giorni per vaccinare il ragazzo".
Per l'importo delle sanzioni si parla di migliaia di euro ciascuna: "Le sanzioni - ha ricordato Lorenzin - erano per la polio 150 euro, 258 per l'epatite B. Ora passano da 10 a 30 volte, sono parecchi soldi da dare ogni anno". In questo modo, ad esempio, le sanzioni per la polio salirebbero tra i 1.500 euro ed i 4.500 euro, mentre quelle per l'epatite B tra i 2.580 euro ed i 7.740 euro. "Poi stabiliremo anche la soglia della sanzione per il morbillo. Non sono sanzioni banali, ma importanti e servono a fare da deterrente. Ma accanto alla deterrenza c'è un percorso con le Asl che ci permette di intervenire nelle aree disagiate".
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 19 maggio 2017
 

Nell'incontro con i malati di "Còrea di Huntington" l'invito a combattere la vergogna e l'isolamento. Dal Papa si alla ricerca genetica, ma non deve alimentare la "cultura della scarto".-
«Nessuno di voi si senta mai solo, nessuno si senta un peso, nessuno senta il bisogno di fuggire». È il forte invito rivolto dal Papa ai malati della Còrea di Huntington ricevuti in Vaticano.

Mai vergognarsi della malattia

Prendendo spunto dal tema dell’iniziativa cioè “Hidden no more", Oculta no nunca mas", “Mai più nascosta", Francesco ha richiamato la triste situazione di chi, a causa della malattia richiamato la triste situazione di chi, a causa della malattia, «ha vissuto il dramma della vergogna, dell’isolamento, dell’abbandono», provocando «fraintendimenti, barriere, vere e proprie emarginazioni». Oggi però – ha aggiunto il Pontefice – bisogna voltare pagina, guardando a Gesù che durante il suo ministero, ha incontrato tanti ammalati, si è fatto carico delle loro sofferenze, ha abbattuto i muri dello stigma e della emarginazione che impedivano a tanti di loro di sentirsi rispettati e amati. Per Gesù la malattia non è mai stata ostacolo per incontrare l’uomo, anzi, il contrario. Il Signore insegna che la persona umana è sempre preziosa, sempre dotata di una dignità che niente e nessuno può cancellare, nemmeno la malattia. La fragilità non è un male. E la malattia, che della fragilità è espressione, non può e non deve farci dimenticare che agli occhi di Dio il nostro valore rimane sempre inestimabile».

La ricerca non alimenti la cultura dello scarto

Nel suo discorso il Papa si è rivolto anche familiari dei malati e agli operatori sanitari, in particolare a quelli dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, di San Giovanni Rotondo, "casa di Padre Pio" sottolineando l’importanza del loro servizio. Un impegno che deve unire la competenza professionale al tratto umano. «Possiate – ha detto in proposito papa Bergoglio – essere punto di riferimento per i pazienti e i loro familiari, che in diverse circostanze si trovano a dover affrontare le già dure prove che la malattia comporta, in un contesto socio-sanitario che spesso non è a misura della dignità della persona umana». Quindi un riferimento al lavoro di genetisti e scienziati impegnati nella ricerca di una terapia per la malattia di Huntington. A loro l’incoraggiamento a perseguire i loro obiettivi sempre «con mezzi che non contribuiscono ad alimentare quella “cultura dello scarto” che talora si insinua anche nel mondo della ricerca scientifica. Alcuni filoni di ricerca, infatti, utilizzano embrioni umani causando inevitabilmente la loro distruzione. Ma sappiamo che nessuna finalità, anche in sé stessa nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri umani o per la società, può giustificare la distruzione di embrioni umani». All’incontro con il Papa hanno partecipato famiglie di malati e organizzazioni di pazienti provenienti da oltre 20 Paesi. L’udienza vuole segnare la nascita di un movimento mondiale a partire da un progetto avviato in America del Sud dove l’incidenza della malattia è fino a mille volta superiore alle media. In una lettera di preparazione all’evento, l’arcivescovo di New Tork, il cardinale Timothy Dolan si augura che per i malati di Huntington possa «cominciare una nuova era», che finiscano «il senso di vergogna e le stigmatizzazioni che li circondano».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 18 maggio 2017

La legge per il contrasto alle forme di cyberbullismo è stata definitivamente approvata dalla Camera con 432 voti a favore e nessun contrario. Il testo che ha avuto un percorso lungo e accidentato.-
La Camera dei Deputati ha approvato all'unanimità (432 favorevoli, nessun contrario) in via definitiva la legge che introduce disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo.
La proposta di legge detta disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo ed
è arrivata all'esame dell'Assemblea in quarta lettura (seconda lettura Camera). Il provvedimento è stato approvato, in prima lettura, dal Senato (il 20 maggio 2015), poi modificato dalla Camera (il 20 settembre 2016) e, quindi, nuovamente approvato, con modificazioni, dal Senato (il 31 gennaio 2017).
Il provvedimento è arrivato all'esame di Montecitorio nella formulazione adottata dal Senato, non essendo stato modificato nel corso dell'esame in sede referente dalle Commissioni riunite Giustizia e Affari Sociali. Le modifiche da ultimo apportate dal Senato privilegiano un'impostazione dell'intervento normativo basata esclusivamente su strumenti preventivi di carattere educativo; ciò, rispetto all'impostazione dell'ultimo testo-Camera che agli interventi educativi affiancava anche strumenti di natura penale. Inoltre, il testo trasmesso dal Senato si riferisce a prevenzione e contrasto del solo cyberbullismo, risultando soppresso ogni riferimento al bullismo.
Il provvedimento introduce così una serie di misure di carattere educativo e formativo, finalizzate in particolare a favorire una maggior consapevolezza tra i giovani del disvalore di comportamenti persecutori che, generando spesso isolamento ed emarginazione, possono portare a conseguenze anche molto gravi su vittime in situazione di particolare fragilità.

Ecco cosa prevede la legge:

IDENTIKIT DEL CYBERBULLO

Entra per la prima volta nell`ordinamento una puntuale definizione legislativa di cyberbullismo. Bullismo telematico è ogni forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d`identità, alterazione, manipolazione, acquisizione o trattamento illecito di dati personali realizzata per via telematica in danno di minori. Nonché la diffusione di contenuti online (anche relativi a un familiare) al preciso scopo di isolare il minore mediante un serio abuso, un attacco dannoso o la messa in ridicolo.

OSCURAMENTO DEL WEB

Il minore sopra i 14 anni vittima di cyberbullismo (o anche il genitore) può chiedere al gestore del sito internet o del social media o al titolare del trattamento di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in Rete. Se non si provvede entro 48 ore, l`interessato può rivolgersi al Garante della privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore. Dalla definizione di gestore, che è il fornitore di contenuti su internet, sono comunque esclusi gli access provider, i cache provider e i motori di ricerca.

DOCENTE ANTI-BULLI IN OGNI SCUOLA

In ogni istituto sarà individuato un docente con funzioni di "referente" per le iniziative contro il cyberbullismo (che dovrà collaborare con le forze dell'ordine, con le associazioni e i centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio). Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo informatico e attivare adeguate azioni educative. L`obbligo di informazione è circoscritto ai casi che non costituiscono reato.
Più in generale, il Miur ha il compito di predisporre linee di orientamento di prevenzione e contrasto (da aggiornare ogni due anni) puntando, tra l`altro, sulla formazione del personale scolastico, la promozione di un ruolo attivo degli studenti e la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti, mentre ai singoli istituti è demandata l`educazione alla legalità e all`uso consapevole di internet. Alle iniziative in ambito scolastico collaboreranno anche polizia postale e associazioni territoriali.

AMMONIMENTO DEL QUESTORE

In caso di ingiuria, diffamazione, minaccia o trattamento illecito di dati personali via web, fino a quando non vi sia una querela o denuncia il cyberbullo, sulla falsariga di quanto già è previsto per lo stalking, potrà essere formalmente ammonito dal questore che lo inviterà a non ripetere gli atti vessatori. Il questore - assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti - potrà convocare il minore responsabile (insieme ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale), ammonendolo oralmente ed invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge. Gli effetti dell`ammonimento cessano al compimento della maggiore età.

PIANO D'AZIONE E MONITORAGGIO

Presso la Presidenza del Consiglio verrà istituito un tavolo tecnico con il compito di redigere un piano di azione integrato per contrastare e prevenire il cyberbullismo e realizzare una banca dati per il monitoraggio del fenomeno.

IL GIUDIZIO DELL'AIART: PERCHE' SOLO I MINORENNI?

Per Massimiliano Padula, presidente dell'Aiart, l'associazione degli spettatori e dei cittadini mediali, "la legge ha diversi punti di forza ma presenta anche alcune ambiguità. Circoscrivere il raggio d'azione ai minorenni significa assicurare una protezione maggiore ai nostri ragazzi ma esclude potenzialmente dalla procedura di ammonimento prevista dalla nuova legge coloro che, ad esempio compiuta da poco la maggiore età, possono in ambiti scolastici essere protagonisti di reati di questo tipo". "Quello che più ci convince - aggiunge Padula - è lo sbilanciamento formativo che questa legge contiene. Prevenire, attraverso un processo educativo integrato ed efficace, è senza dubbio la migliore forma di gestione e soluzione di un fenomeno complesso che resta, però, caratterizzato da molti pregiudizi. Il cyberbullo rimane un bullo e poco conta che commetta i suoi atti nella vita online o in quella offline".
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 maggio 2017

di Maurizio Patriciello
Il bambino di Alfio e Antonella – del quale scrissi sabato scorso su queste pagine, suscitando una commovente mobilitazione tra i lettori di Avvenire – non avrà mai un nome ....-
Ci siamo. Avremmo potuto non esserci ma ci siamo. Con mille limiti, mille problemi, mille aspettative. Non sempre i nostri sogni si sono trasformati in realtà, è vero. Non sempre nella vita abbiamo realizzato quel che desideravamo. È tutto vero. Ma ci siamo, ed è questo quello che più di ogni altra cosa conta. Sto leggendo in queste ore la confessione di un pentito della camorra. Dopo aver insozzato di sangue le sue mani, il suo paese, la sua gente, inizia a collaborare con la giustizia. I vecchi complici si vendicano, sterminando una parte della sua famiglia. Chi rimane in vita lo abbandona per il terrore di fare la stessa fine. Solo. Terribilmente, incredibilmente, spaventosamente solo con se stesso e con quel che gli resta della sua coscienza. Ore buie oltre ogni dire. Proprio allora incontra se stesso, prova vergogna per ciò che ha fatto, prende coscienza della mostruosità della vita precedente. Il dolore provato per l’assassinio di suo padre, onesto contadino, ucciso per una vendetta trasversale, gli fa provare orrore per coloro che da lui furono ammazzati. Negli anni del 'successo' aveva arraffato milioni di euro. Possedeva tanto ma non assaporava niente. Adesso prova gioia a coltivare un pezzetto di giardino.
A contemplare le gemme che a primavera fioriscono sugli alberi rinsecchiti. A gioire per le piccole cose. Che cos’è la vita? Che cos’è la morte? Chi sono io? Chi siamo noi? C’è qualcuno ad aspettarci quando quaggiù tutti ci hanno detto addio? È proprio vero che il padrone del cielo e della terra impazzisce d’amore per ognuno di noi? Chi è arrivato prima sulla terra ha l’obbligo di aiutare i figli a fermarsi, riflettere, gestire gli istinti, i desideri, le fantasie. A coniugare sentimenti e volontà, egoismi e ragione. Il cuore dell’uomo è un abisso del quale mai conosceremo il fondo. Tutti amiamo, ma non tutti amiamo le stesse cose, le stesse persone. Per che cosa vale la pena spendere le proprie giornate? Le proprie energie? I propri anni? Il bambino di Alfio e Antonella – del quale scrissi sabato scorso su queste pagine, suscitando una commovente mobilitazione tra i lettori di Avvenire – non avrà mai un nome, il suo volto ci sarà per sempre sconosciuto. I genitori hanno ceduto. Purtroppo. La paura di non farcela è stata più forte della speranza. Il grembo vuoto della mamma è una metafora.
Ci richiama il vuoto col quale, sovente, siamo chiamati a fare i conti. Un vuoto legale, spirituale, psicologico, affettivo.Vuoto di solidarietà, di carità, di fraternità, di senso. Se siamo qui a gioire, soffrire, governare, pregare, è perché ci siamo. Se possiamo accarezzare la vita è perché non fummo scartati. La società dello scarto è spaventosamente vigliacca. Elimina il più debole, l’indifeso, il vecchio, il malato. La dignità di una vita non risiede nella giovinezza, nella ricchezza, nella bellezza, nel casato. Ogni vita gronda dignità.
Questa verità deve assurgere a patrimonio dell’umanità. Ogni vita canta le sue emozioni, il suo travaglio, il suo mistero. Se solo sapessimo metterci in ascolto, fare silenzio, ritornare all’antica arte della meditazione. Ritagliarci il tempo per una giornata di ritiro. Possiamo onestamente dire di aver fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità per impedire ai tanti bambini rimasti per sempre senza nome di non essere gettati via? Se avessimo gestito meglio le nostre risorse, i nostri affetti, i nostri egoismi, la nostra sessualità, le politiche familiari, quanti di loro rallegrerebbero oggi le nostre case? Tutto passa.
Che cosa resta di questa inarrestabile cascata della vita? L’amore. Dio è amore, misericordia, bellezza, tenerezza. Niente abbiamo comprato al mercato, di niente siamo padroni. Tutto ci è stato donato. E solo nel farci a nostra volta dono riusciamo a trovare il bandolo della matassa, il senso della vita, i pennelli con cui colorare le giornate. È una sfida. La gioia di cui siamo golosissimi esiste, la trovi quando ti fai accanto a chi soffre, a chi ha bisogno di una mano, della tua mano. Come l’aria te ne puoi inebriare ma non si fa mangiare. È una sfida, anche quella di evitare l’aborto a motivo della povertà.
Chi accumula per se stesso si ritrova appesantito e oppresso da inutili ricchezze. Solo chi dona sperimenta la gioia vera. Ringrazio tutti coloro che hanno donato qualcosa perché il piccolo non nato – lo chiameremo Emmanuele – potesse continuare a vivere. La vostra generosità non andrà perduta, servirà a dare coraggio e serenità a un’altra mamma impaurita. Sarà usata per strappare al disumano aborto dei poveri un’altra vita. Amo pensare che saranno questi bambini non nati ad aprirci un giorno le porte del paradiso. A intercedere per noi perché il Padre della vita ci usi misericordia.
Le donazioni arrivate in questi giorni sul conto della «Voce di chi non ha voce» verranno utilizzate per casi come quello segnalato da don Maurizio dei quali ci giunge notizia. Nulla va perduto, nel nome della vita. Grazie di cuore.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 maggio 2017
 

di Matteo Borghi
“Il calo delle nascite è figlio di una crisi economica che ha generato una società sterile dentro, protezionista, consociativa e ostile alla maternità”. A dirlo non è uno di quegli psicologi e sociologi che affollano i giornali e i salotti televisivi ma una persona che, certo più di loro, ha capito uno dei mali che affliggono il nostro paese e ha cercato a suo modo di mettervi una pezza. Parliamo di Roberto Brazzale, patron dell'omonima azienda che produce il formaggio Gran Moravia, nata nel lontano 1784 e allargatasi fino a contare ben 550 dipendenti e 150 milioni di euro l'anno di fatturato. Come ha raccontato settimana scorsa in un'articolata intervista al quotidiano La Verità, Brazzale non ci sta a vivere in una società vecchia che disincentiva la maternità, vissuta come un peso dalle donne costrette a vederla come “un ostacolo alla realizzazione professionale”.
Ed ecco che Brazzale - da padre di tre figli, prima ancora che imprenditore - ha proposto la sua soluzione: un “baby bonus” da 1.500 euro, un mese di stipendio in più, per tutte le famiglie che lavorano nell'azienda che hanno un figlio o decidono di adottarlo. Un incentivo che non si applica solo ai dipendenti dello stabilimento principale di Zanè (Vicenza) ma anche ai 120 della struttura in Moravia, Repubblica Ceca, che riceveranno 25mila corone ceche (pari a circa 940 euro).
Oltre alle ricadute concrete (non saranno moltissimi, ma 1.500 euro permettono comunque ai genitori di fare importanti acquisti per i figli), il contributo di Brazzale ha un'importante significato da un punto di vista simbolico: valorizzare la cultura della speranza a scapito di quella della paura. Questo stato delle cose – dice sempre nell'intervista - “durerà fino a quando regnerà la cultura della paura, fino a quando preferiremo la difesa alla speranza. Siamo un'economia che esalta la rendita e penalizza il lavoro. Una società che premia la sterilità e il panico non può andare da nessuna parte”. Brazzale non concepisce il bonus come un dono ma come un mezzo per “partecipare a questo stato di grazia (la maternità ndr) e, di conseguenza, portare bellezza nell'azienda”. Una struttura economica che, ben lungi dal ridursi a una nuova forma di ammortizzatore sociale, agisce con un'importante finalità politica: “Ottenere profitti affinché non si brucino risorse: questo è il primo dovere morale di un imprenditore che si rispetti. Il resto è retorica”.
Sarebbe bello vedere molti più imprenditori come Brazzale che sanno puntare al profitto (cosa che deve fare ogni capitano d'azienda che si rispetti) senza per questo dimenticare di valorizzare la componente umana. Ce n'è assolutamente bisogno se consideriamo che - come ha certificato l'Istat - dal 2008 al 2015 le nascite sono calate del 20%, mentre nel 2016, complice un'ulteriore riduzione (solo 474mila nati), la popolazione italiana è scesa di numero per la prima volta da 90 anni a questa parte. Ancor più drammatiche le proiezioni secondo cui fra meno di 50 anni la popolazione potrebbe scendere di 7 milioni, invecchiando notevolmente. Un trend negativo che si osserva in molti stati dell'Ocse come il Giappone che si avvia sulla strada dell'inverno demografico.
Peccato che, sfogliando le cronache, non si trovino molti esempi in tal senso. Tre mesi fa ha avuto molto clamore mediatico l'assunzione di una mamma, Martina Camuffo, al nono mese di gravidanza da parte di un'azienda creativa del Veneto (Creative Way). Lo stesso Matteo Renzi, come d'abitudine, si è gettato nella mischia mediatica per ringraziare l'imprenditore in questione (sempre Renzi con incredibile puntualità il giorno della 'festa della mamma' ha detto: “Bene il bonus mamma o la legge zero sei sulla scuola dell'infanzia che abbiamo finanziato nei mille giorni. Ma sul valore sociale e civile della maternità bisogna fare di più”). Una scelta che, secondo un'altra ex dipendente, Martina Cognolato, non è stata altro che un'operazione di marketing per nascondere mancanze verso altri dipendenti: “C'è chi è in causa – ha detto - chi come me aspetta ancora il Tfr, chi deve essere ancora pagato con belle cifre”. Che ciò sia vero o meno, è chiaro che l'assunzione di una sola dipendente, benché possa essere un bel gesto, non risolve il problema della natalità e della difficile conciliazione fra famiglia e lavoro.
Ci vorrebbero dunque più imprenditori illuminati? Forse sì ma, soprattutto, ci vorrebbero politiche più favorevoli alla natalità. Invece dei ridicoli baby bonus una tantum, sarebbe il caso di detassare le famiglie più numerose tramite il quoziente familiare in modo da lasciare nelle loro tasche più soldi per crescere i propri figli. Se riesce a farlo un imprenditore del Veneto, non si capisce perché non lo possa fare anche lo Stato, rinunciando magari a qualcuno dei suoi numerosi sprechi.
da www.LanuovaBussolaQuotidiana.it
@Riproduzione Riservata del 17 maggio 2017


 

Per la quinta volta una Freccia con i più piccoli entrerà nella stazione San Pietro con 400 bambini provenienti dal Centro Italia colpito dal sisma. Il cardinal Ravasi: bimbi siano custodi del Creato.-
Per alcuni sarà la prima volta su un treno ad alta velocità. Per molti sarà certamente la prima volta che incontrano il Papa in Vaticano. Con questo entusiasmo il 3 giugno prossimo 400 bambini provenienti da Accumoli, Arquata del Tronto, Amatrice e Norcia con un Frecciarossa 1000 entreranno nella storica stazione ferroviaria vaticana per poi incontrare Francesco. Il treno dei bambini è ideato dal “Cortile dei Gentili” in collaborazione con le Ferrovie dello Stato, giunta alla quinta edizione, che quest’anno avrà come tema la salvaguardia del Creato, rendendo "i piccoli viaggiatori, grandi ambasciatori, custodi della Terra". Chi perciò più dei piccoli angeli del Centro Italia può essere il migliore testimone del rispetto dell’ambiente, se non i bimbi del sisma del 24 agosto e seguenti? Le loro ferite proveranno ad essere lenite da una giornata emozionante in treno, ma il 3 giungo sulle loro spalle peserà anche un’importante missione: essere ambasciatori di una casa comune da custodire e rispettare, la Terra.
«I bambini hanno una sensibilità straordinaria nel riuscire a vivere e ad elaborare più dell’adulto le esperienze, anche tragiche, che ha avuto - ricorda il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della Cultura, che attraverso il Cortile dei Gentili ha promosso l’evento - dall’altro lato è anche l’occasione per scoprire in lui quanto può insegnare agli adulti». Sono loro infatti che «devono diventare testimoni per gli adulti della necessità di custodire il Creato». Il Papa ha accettato subito «con entusiasmo», la scelta dei bimbi terremotati come invitati privilegiati - racconta ancora il cardinale - «perché aveva visitato questo orizzonte di sofferenza, ma anche di speranza».
L’iniziativa, che ha portato quest’anno anche alla pubblicazione di un libro destinato ai ragazzi, dal titolo “Noi su questa terra che balla”, si svolge per la prima volta con il patrocinio del Senato. Il presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso, in conferenza stampa di presentazione stamane a Roma, ha ricordato che «l’educazione delle giovani generazioni» e «una adeguata cultura della prevenzione», sono ancora i motori più potenti ed efficaci per tutelare il territorio, ricostruirlo sotto il segno della speranza e della solidarietà «con tempi certi».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 16 maggio 2017

La vita ci chiede di essere accolta.-

Caro direttore, l’editoriale di don Maurizio Patriciello pubblicato su 'Avvenire' di sabato 13 maggio 2017 ci ha colpito come un colpo nello stomaco mentre era in corso il Consiglio direttivo del Movimento per la Vita italiano. Non che si trattasse di qualcosa di nuovo: i problemi economici (la mancanza di lavoro, in primis) sono una delle cause principali di interruzione della gravidanza e i Centri di aiuto alla vita sono nati proprio per aiutare le gestanti in difficoltà.
Certamente, anche quelle che abortiscono per paura di possibili malformazioni nel nascituro, e oggetto spesso di terrorismo psicologico. Certamente anche quelle lasciate sole da chi le aveva messe incinte, o spinte all’aborto dagli stessi genitori; ma anche e soprattutto quelle a cui basta talora una mano tesa per dire sì alla vita. Per questo scopo è nato anche Progetto Gemma, che ogni anno raccoglie 2-3 milioni di euro per adottare per 18 mesi, prima e dopo il parto, 800-1000 gestanti, poi mamme, e i bambini che portano in grembo. Per le volontarie dei Cav storie come quelle di Alfio e Antonella sono purtroppo ordinaria amministrazione, problemi che danno senso all’impegno di ogni giorno. Malgrado questa quotidianità non possa mai generare in noi l’abitudine, la riflessione-appello di don Patriciello ci ha sconvolti per la forza con cui ha posto il problema e per l’evidenza della nostra debolezza nel rispondere. Aiutiamo ogni anno decine di migliaia di famiglie.
Aiutiamo 10-12 mila donne all’anno a dire sì alla vita. Vorremmo poter dare anche opportunità di lavoro, ma non siamo in grado purtroppo di farlo. Prevenire l’aborto causato da motivi economici dovrebbe essere interesse dello Stato, tanto più di uno Stato afflitto dalla denatalità. Lo dice la stessa legge 194, la quale aveva persino previsto fondi per proporre soluzioni alternative alle donne tentate dall’aborto. Fondi destinati a questa finalità specifica, ma dispersi presto nei rivoli indistinti della sanità regionale, come ha ammesso il ministro della Salute in risposta a una mia interrogazione parlamentare. Che fare dunque? Da subito mettiamo a disposizione di questa coppia i fondi di un Progetto Gemma. Il Consiglio ha inoltre deciso di trovare i fondi per incrementare l’importo, portandolo a 6.000 euro complessivi. A questi si possono aggiungere gli 800 euro del nuovo bonus mamme. Abbiamo inoltre sollecitato le nostre realtà della Campania ad attivarsi alla ricerca di un qualunque lavoro. Ad Alfio e Antonella chiediamo di darci tempo per intervenire, per evitare al bambino una fine crudele e a loro stessi la sofferenza che ne seguirà, inevitabilmente. Speriamo infatti di riuscire a dare loro, insieme alla certezza di un aiuto immediato, anche la risposta di lungo periodo da loro attesa. Tuttavia, se anche non riuscissimo in questa impresa, gli chiediamo comunque di non compiere scelte irreparabili. Non spengano la speranza. Non soffochino la vita da loro stessi generata.
La legge italiana consente il parto in anonimato. Salvino almeno così la loro creatura, dandole un futuro. Potranno non riconoscere il bambino, nella certezza che qualcuno in grado di amarlo se ne prenderà cura. Cogliamo questa occasione per chiedere alla nostra Chiesa di potenziare Telefono Rosso. Con una cifra modesta si potrebbe dare il conforto di una risposta scientificamente ineccepibile sui reali rischi malformativi che corre il nascituro, evitando paure immotivate alle loro mamme, aiutandole a compiere una scelta non animata da fantasmi. Infine, mentre ringraziamo don Maurizio per la sua denuncia, chiediamo alle autorità regionali e nazionali di raccogliere il grido di dolore di tante donne in trepidante attesa. Se solo alla maternità si assicurassero le stesse energie e le stesse somme spese nel garantire l’interruzione volontaria della gravidanza, l’Italia sarebbe un Paese più felice e migliore.
Gian Luigi Gigli -  Presidente del Movimento per la Vita Italiano
Da www.avvenire.it di martedì 16 maggio 2017
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Il flash mob al Colosseo. Il presidente del Forum delle famiglie De Palo: «Ecco quale sarà il futuro dell'Italia se non si tornerà a fare figli». L'incoraggiamento del Papa. -
Migliaia di famiglie si sono date appuntamento domenica mattina al Colosseo per richiamare l'attenzione sull'emergenza demografica in Italia. "Nel giorno della Festa della mamma, vogliamo porre al centro dell'opinione pubblica il tema dei prossimi vent'anni in Italia: il fatto che non facciamo più figli", ha detto Gianluigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni
familiari, che ha organizzato l'iniziativa. Sullo sfondo del Colosseo mamme e papà hanno portato centinaia di passeggini e
seggioloni vuoti, immagine simbolica del futuro che attende l'Italia se non si corre ai ripari.
Una richiesta a dare attenzione concreta alla maternità è arrivata anche dal Pontefice che domenica al Regina Coeli ha detto: "Il futuro delle nostre società richiede da parte di tutti, specialmente delle istituzioni, un'attenzione concreta alla vita e alla maternità.
E questo appello è particolarmente significativo oggi mentre si celebra, in tanti Paesi, la festa della mamma. Ecco, ricordiamo
con gratitudine e affetto tutte le mamme, anche le nostre mamme in cielo". E in altro passaggio a braccio, Papa Francesco ha
chiarito che con la canonizzazione dei pastorelli di Fatima "ho voluto anche proporre a tutta la Chiesa di avere cura dei bambini".
La manifestazione è servita ad attirare l'attenzione su una politica per il buon vivere dei nuclei familiari per i quali in Italia i fondi difficilmente si riescono a trovare.
Quest’anno le mamme possono richiedere un bonus di 800 euro a prescindere dal reddito e le domande sono già oltre 65.000, entro il 18 maggio verrà pubblicato dall’Inps il regolamento per il voucher asilo nido da mille euro. Alternativa popolare ha consegnato al ministro degli Affari regionali con delega alla Famiglia, Enrico Costa, anche lui di Ap, le proposte per la prossima legge di Bilancio: robuste detrazioni Irpef parametrate sul numero dei figli, contributi figurativi a fini pensionistici per incentivare il lavoro part time delle mamme e un sostegno (sempre tramite contributi figurativi) per i primi due anni del neonato.
«Il governo e noi consiglieri abbiamo ben presenti la centralità del ruolo delle famiglie e il problema della denatalità. Sul tavolo ci sono almeno due grandi proposte - replica Marco Leonardi, consigliere economico della presidenza del Consiglio - il fattore famiglia e l’assegno unico per i figli. Il primo progetto è una complessiva riduzione del peso Irpef in base ai componenti la famiglia e costa intorno ai 14 miliardi. Il secondo, proposta di legge del senatore Lepri del Pd, è un riordino e primo ampliamento di alcune provvidenze per i figli a carico per un costo di circa 4 miliardi. Le stiamo valutando, ma è presto per dire quali e quante risorse avremo a disposizione per la prossima legge di stabilità. Più probabile che quest’anno si possa iniziare con interventi più marginali e ci si possa invece impegnare per l’anno successivo, se verrà confermato il mandato politico a governare all’attuale maggioranza».
E domenica si è celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale della Famiglia. Aderendo al flash mob del Forum delle Famiglie dalle 10,30 a Roma vicino al Colosseo sotto l’Arco di Costantino, migliaia di genitori hanno guidato passeggini vuoti «immagine simbolica di un Paese che sta scomparendo». Il silenzio sarà totale per «anticipare visivamente - dice Gianluigi De Palo, presidente del Forum - il futuro dell’Italia, se non si corre ai ripari invertendo la preoccupante denatalità». Nel contempo, la massiccia presenza di tanti nuclei familiari servirà a materializzare la bellezza della famiglia e a raccontare l’importanza delle nuove generazioni «che non sono un peso, ma un bene comune».
In Italia le donne vorrebbero 2,19 figli a testa, ma ne hanno solo 1,3. «C’è un mezzo bambino, passatemi l’espressione infelice, che scompare di fronte alle difficoltà - insiste de Palo - di una classe media che non può permettersi il secondo. In Italia avere un neonato è fra le principali cause di povertà e c’è chi si separa fittiziamente per avere agevolazioni fiscali e abitative».
I passeggini vuoti che hanno invaso Roma vogliono dare una scossa e aiutare a comprendere che la natalità è oggi il tema dei temi. «Perché se non nascono bambini - conclude De Palo - salta tutto, dal welfare al sistema sanitario a quello pensionistico. Oggi chi fa figli è considerato uno che toglie il pane. Attenzione, è vero l’esatto contrario perché i bambini di oggi sono quelli che terranno in piedi il Paese domani».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 14 maggio 2017

Oltre trentamila studenti delle superiori hanno partecipato all'evento di lancio del Manifesto della comunicazione non ostile, svoltosi a Milano con il ministro Fedeli e in altre tre sedi collegate.-
Siccome le «parole sono importanti» vanno «scelte con cura», anche (e soprattutto) quando si sta sui social network. Su questo hanno ragionato, questa mattina, oltre trentamila studenti delle scuole superiori, che hanno partecipato all'evento di lancio del Manifesto della comunicazione non ostile, un'idea di Rosy Russo realizzata con il contributo della community di Parole O_Stili, dell'Università Cattolica e del Rapporto Giovani dell'Istituto Toniolo. Ne è venuto fuori un Decalogo su cui si sono confrontati gli studenti presenti all'Unicredit Pavillon di Milano e quelli in collegamento da Trieste, Cagliari e Matera, oltre che dalle scuole che hanno partecipato in diretta streaming.

Il Manifesto

Sollecitati dall'attore Paolo Ruffini, i ragazzi sono stati chiamati a confrontarsi con i propri comportamenti online, a partire dalle dieci “regole” del Manifesto: 1. Virtuale è reale: dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona. 2. Si è ciò che si comunica: le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano. 3. Le parole danno forma al pensiero: mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio ciò che penso. 4. Prima di parlare bisogna ascoltare: nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura. 5. Le parole sono un ponte. Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri. 6. Le parole hanno conseguenze: so che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi. 7. Condividere è una responsabilità: condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati e compresi. 8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare: non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare. 9. Gli insulti non sono argomenti: non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi. 10. Anche il silenzio comunica: quando la scelta migliore è tacere, taccio.

Giovani, primi testimonial

«Ci siamo rivolti al mondo della scuola - ha detto Rosy Russo, ideatrice di Parole O_Stili - perché vogliamo chiedere ai giovani di diventare testimonial di un nuovo modo di stare in rete. A loro lancio un appello: immaginatevi il Manifesto della comunicazione non ostile come una canzone; l'abbiamo scritta a più di 100 mani, ora vogliamo che ciascuno di voi la interpreti. Quanto più la canterete, tanto più diventerà vostra».

La responsabilità degli adulti

Non soltanto le nuove generazioni sono chiamate a imparare e a praticare la buona educazione digitale. Anche gli adulti devono ri-calibrare comportamenti e linguaggio (anche social), come ha sottolineato il ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli, che ha inviato una circolare a tutte le scuole, invitandole ad aderire al progetto. «Questo Manifesto - ha dichiarato - lo devono leggere e studiare anche gli adulti. Quello che si sta facendo nelle scuole contro il cyberbullismo - ha aggiunto a margine dell'incontro milanese - è un lavoro capillare ma allo stesso tempo penso sia indispensabile che anche gli adulti siano consapevoli altrimenti i ragazzi vivranno a scuola una realtà e a casa un'altra».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 15 maggio 2017

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