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Più tempo a scuola, meno compiti a casa

di Orsola Riva
E se finalmente nel ripensare la scuola italiana – negli ultimi anni non c’è stato ministro o ministra che non abbia voluto fare la sua piccola o grande riforma – si ponesse l’accento prima di tutto sui bisogni di bambini e ragazzi? A partire dal loro orologio interno, da quel “ritmo circadiano” che, a dispetto del nome un po’ new age (in realtà viene dal latino circa diem, intorno al giorno), ha basi scientifiche così solide da aver fatto guadagnare il Nobel per la medicina 2017 a un terzetto di ricercatori americani molto rock – Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, quest’ultimo appassionato collezionista di moto Harley Davidson. Possibile che nel 2018 si possa ancora costringere un bambino di 6 o 7 anni a stare seduto al suo posto per otto ore consecutive (fatta salva la mensa e qualche sporadica fuga in cortile)?
Nessuno vuole rimettere in discussione quella straordinaria conquista democratica che è stato il tempo pieno (conquista incompiuta peraltro, visto che al Sud ne usufruisce appena un bimbo su dieci). Ma bisogna avere il coraggio di riconoscere che la sua realizzazione concreta ne ha tradito le intenzioni iniziali. Che fine hanno fatto i laboratori che dovevano servire a consolidare gli apprendimenti del mattino? «Missing, scomparsi» commenta il pedagogista Daniele Novara. «La scuola aperta al pomeriggio dovrebbe far fare delle esperienze, non prolungare le lezioni frontali fino all’ultima ora del venerdì». Non è questione di essere più o meno indulgenti o esigenti, ma di pragmatismo.
Claire Leconte, professore emerito di Psicologia dell’educazione all’università di Lille III, specialista dei ritmi dei bambini e degli adolescenti, spiega: «Per gli alunni delle elementari, il miglior momento per l’apprendimento è al mattino fra le otto e mezzogiorno, avendo cura però di intervallare matematica e grammatica con lezioni meno impegnative come musica o ginnastica». «L’attività fisica, quella aerobica in particolare» rincalza il neurobiologo Alberto Oliverio «serve a ossigenare il cervello e a potenziare i cosiddetti fattori trofici o NCF, la cui scoperta si deve a Rita Levi Montalcini negli Anni 50».
Per questo l’ora di ginnastica andrebbe messa all’inizio della giornata, mai attorno a mezzogiorno, che è il momento invece in cui il ritmo circadiano tocca il suo fondo – spiega ancora Leconte – e i nostri tre orologi interni, quello della vigilanza fisiologica (che permette al cervello di controllare l’attenzione), quello della temperatura centrale e quello del cortisolo (l’ormone che regola il livello dello stress) sono al loro minimo.
E pensare che a quell’ora i ragazzi delle medie sono ancora a metà del guado! Costretti a un autentico tour-de-force dalle 8 alle 14 solo per andare incontro alle esigenze delle amministrazioni comunali (che tagliano i costi sul riscaldamento tenendo le scuole chiuse il sabato) e dei genitori (che vogliono il weekend libero).
Ora che arrivano a casa sono le due e mezza, finiscono di mangiare alle tre e poi gli tocca pure fare i compiti. E quanti! Novara è stato uno dei primi firmatari della petizione “Basta compiti” lanciata tre anni fa da un dirigente genovese che ha raccolto nel frattempo 30 mila adesioni. «Quello delle medie non è un orario scolastico ma una tortura psicologica», dice. «Ci sono troppe materie, un carico eccessivo di studio, insegnanti sadici che fanno anche 15 verifiche in un quadrimestre. È una pedagogia nera che produce solo disaffezione. Nel mio studio ricevo continuamente ragazzi che non vogliono più andare a scuola».
Invece di abbandonarli a loro stessi, potrebbero restare a scuola anche al pomeriggio e studiare insieme: chi è più bravo in italiano darebbe una mano a chi è più portato per la matematica e viceversa.
Non c’è bisogno dei rapporti Ocse-Pisa per capire che i compiti a casa creano enormi disparità fra chi può contare sull’aiuto dei genitori e chi no. Non a caso le medie sono il tratto di scuola in cui inizia ad allargarsi la forbice fra alunni avvantaggiati e svantaggiati che il passaggio alle superiori consolida in modo definitivo. Dove l’orario andrebbe sforbiciato invece è all’inizio della giornata. I ritmi dell’adolescente sono completamente diversi da quelli del bambino. La pubertà con i suoi cambiamenti ormonali li porta ad andare a letto più tardi e a svegliarsi dopo. Vale per gli 11-12enni, ma ancor di più per i ragazzi delle superiori per i quali la campanella dovrebbe suonare almeno un’ora dopo. Spiega Leconte: «Tagliare l’ultima parte del sonno al mattino significa fare un vero danno ai ragazzi perché è il momento in cui si allunga il cosiddetto sonno paradossale, che è la fase in cui il cervello consolida quanto appreso nella veglia». Si pensi invece ai tanti pendolari che devono svegliarsi prima delle sei per essere a scuola alle otto. Non è solo una cattiveria, è un controsenso. Vogliamo davvero aiutare i nostri figli a riuscire negli studi? Iniziamo a sintonizzare i nostri orologi sul loro, invece del contrario.
da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 22 marzo 2018

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