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DELPINI AGLI SCOUT: "NON CEDETE ALLA FILOSOFIA DELLA RASSEGNAZIONE"

di Laura Bellomi

Il discorso ai ragazzi dell'Agesci: "Usciamo dalla logica dell'ormai è troppo tardi".-

«Noi cristiani siamo il popolo della speranza, la nostra non è la filosofia dell’ormai. Non guardate a ciò che amate con rassegnazione: siate protagonisti di quella fiducia in Dio che permette di scrivere storie inimmaginabili». Così monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha salutato gli scout cattolici di Agesci Milano in occasione della tre giorni Agesci (16-18 marzo) sul tema del discernimento, che ha coinvolto in tutta Italia più di 30 mila educatori scout. L’obiettivo dell’iniziativa era fare il punto sul tema dell’educare e sul mantenere il discernimento, appunto, come stile delle comunità scout cristiane.
Nella domenica del Vangelo di Lazzaro a Milano l’esperienza si è conclusa con l’Eucarestia celebrata dall’arcivescovo. Prendendo spunto dal rimprovero di Marta - «Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!» - Delpini ha esortato i capi scout a non cadere nella filosofia della rassegnazione di chi lamenta “una volta sì che eravamo tanti, nella Chiesa c’era entusiasmo ma ora non c’è più nessuno”: «Chi prega Dio nelle prove della vita si aspetta il suo soccorso, ma Dio non opera con la bacchetta magica e così spesso i credenti protestano».  Gesù, ha spiegato l’arcivescovo, chiede di uscire da questa logica e andare oltre alla rassegnazione dell’“dell’ormai è troppo tardi”. «Davanti all’irrimediabile, come la morte di Lazzaro a Betania, Dio si fa vicino. Chiede però di fidarsi: il Signore è capace di rimediare all’irrimediabile. Prende il nostro passato, i nostri peccati, e ci chiama a vita nuova».
Erano quasi 500, domenica 18 marzo, i capi scout di rientro da località significative località del nord Italia (dal monastero di Bose a Sotto il Monte Giovanni XXIII passando per l’Abbazia Chiaravalle della Colomba) che hanno assiepato la basilica di San Vittore a Milano. «L’arcivescovo ci ha incoraggiato allo slancio al futuro e all’“impossibile”: come scout siamo chiamati a costruire qualcosa che non c’è, senza spaventarci», è il pensiero di don Paolo Poli, assistente ecclesiastico degli scout di Milano.
Delpini, a cui è stato regalato un fazzolettone – simbolo di appartenenza ai gruppi scout – bianco e rosso come i colori della città di Milano, si è poi trattenuto per un confronto con i responsabili dei 33 gruppi milanesi e una veloce ma significativa cena. «Ci ha chiesto di andare a cercare i ragazzi che si perdono nelle dipendenze, di piantare le nostre tende in luoghi simbolo come le Colonne di San Lorenzo», ricorda Luca Salmoirago, responsabile di Agesci Milano assieme a Cecilia Dotti. «A proposito dei ragazzi e delle famiglie di altre religioni, atee o non praticanti con cui spesso ci rapportiamo, ha ricordato che sono le esperienze e gli incontri che fanno la differenza, non chissà quali attività».
La celebrazione di Milano è stata una delle centinaia di esperienze che si sono svolte in contemporanea in tutta Italia. A spiegare le urgenze che hanno spinto gli scout a interrogarsi sul discernimento è padre Davide Brasca, assistente ecclesiale generale di Agesci: «Siamo partiti da una constatazione: oggi è difficile orientare la propria vita in riferimento al Vangelo, essere cristiani sembra essere diventata una questione complicata. Questo succede perché è venuto meno un ethos condiviso, un quadro unitario della vita e dei suoi valori. Mentre noi capi scout ci interrogavamo sulle situazioni complesse e sulle scelte della vita è arrivata l’Amoris Laetitia. È stato un momento catalizzante: più che dare risposte preconfezionate Francesco  con questa enciclica propone un metodo con cui affrontare da cristiani le situazioni della vita. Così abbiamo avviato la riflessione, appoggiandoci a teologi come Pierangelo Sequeri, Giuseppe Angelini e Aristide Fumagalli».
ll cammino, ammettono gli educatori Agesci, è ancora lungo. «Serviranno anni per riuscire a interiorizzare pienamente questo stile di discernimento», chiude padre Brasca. «Ci piacerebbe poi che altre associazioni, parrocchie, comunità si mettessero in cammino con noi: sarebbe importante coltivare un movimento ecclesiale complessivo».
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 21 marzo 2018
 
 

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