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CAV - Centro di Accoglienza alla Vita Vogherese ODV

Via Mentana n. 43
27058 Voghera (PV)
Tel: 349 4026282
email: cavvoghera@virgilio.it

di Roberta Raviolo

da www.bimbisaniebelli.it

@Riproduzione Riservata del 01 giugno 2020

La pandemia da Covid-19 non ha favorito la vita di coppia, anche a causa del forte stress. I consigli degli esperti per salvaguardare la fertilità.-

Come proteggere la fertilità dai danni del Covid-19

Timore per il futuro, incerto anche dal punto di vista economico. Preoccupazioni per eventuali rischi corsi da mamma e bambino durante la gravidanza e l’allattamento. I pensieri negativi dovuti all’emergenza sanitaria legati al Covid-19 possono causare stress all’interno della coppia, soprattutto nella donna, influenzando la fertilità femminile. Gli esperti di fertilità notano questa preoccupazione in tutte le coppie che stanno cercando di avere un bambino, anche attraverso un percorso di procreazione medicalmente assistita. Combattere questa tensione è il primo passo per proteggere la fertilità.

Lo stress può danneggiare l’ovulazione

Una coppia vive una situazione di stress particolarmente intenso ed è noto che ansia e tensione psicologica condizionano in modo importante la fertilità in periodi “normali”, figuriamoci in una situazione impegnativa come in tempo di Covid-19. Uno studio pubblicato su Annals of Epidemiology, che ha coinvolto circa 400 donne sessualmente attive fino ai 40 anni, ha dimostrato che lo stress incide negativamente su fertilità e concepimento. In condizioni di forte tensione, le probabilità di concepire da parte della donna tendono a diminuire del 40-45 per cento rispetto a quando non si vivono eventi stressanti. L’ovulazione è fortemente condizionata dallo stress, che mantiene alti in circolo due ormoni, l’adrenalina e il cortisolo. Queste sostanze interferiscono con l’attività dell’ipotalamo, responsabile dei bioritmi e riducono il livello di progesterone, ormone che regola l’ovulazione. Un’ovulazione assente o irregolare può essere un ostacolo al concepimento.

Imparare a controllare la tensione

Proteggere la fertilità dai danni dello stress è possibile: il lato positivo dello stress è che, quando viene tenuto sotto controllo, ha effetti reversibili e non interferisce più con la possibilità di avere un bambino se non sono presenti disturbi fisici. “Con pazienza e positività, è possibile riconquistare un buon equilibrio psicofisico favorevole al concepimento” spiega la dottoressa Francesca Zucchetta, psicologa e psicoterapeuta del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi degli Istituti Clinici Zucchi di Monza, esperta in tematiche di infertilità di coppia e procreazione medicalmente assistita. “Il suggerimento è di cogliere questo momento per dedicarci a noi stessi e al rapporto di coppia, evitando di concentrarci costantemente sul continuo flusso di notizie negative”.

I segreti per proteggere la fertilità

In fase 2 è permesso riprendere un po’ di attività fisica, per rimettersi in forma e favorire il benessere psicofisico, a vantaggio delle possibilità di concepimento. Si può anche praticare qualche esercizio di rilassamento con yoga o ginnastica dolce, anche in casa, per combattere gli effetti dannosi dello stress. Diminuire il consumo di caffeina e di alcol, smettere di fumare o almeno ridurre il fumo, seguire una sana alimentazione sono suggerimenti semplici ma decisivi per salvaguardare la fertilità. Gli esperti suggeriscono di richiedere un supporto psicologico, anche in modalità a distanza, per le coppie che sentissero il bisogno di un accompagnamento nella gestione dei propri stili di vita e dello stress, anche quando sia necessario riprendere i trattamenti di procreazione assistita.

di Roberta Marino. Consulenza della dottoressa Daniela Sannicandro, pediatra a Roma.

da www.bimbisaniebelli.it

@Riproduzione Riservata del 22 maggio 2020

L'otite è un'infezione molto frequente nei piccoli a causa della conformazione anatomica dell'orecchio e dell'immaturità del sistema immunitario. Come trattarla al meglio per evitare complicazioni anche serie, come la perforazione del timpano e il calo dell’udito.-

Che cos’è l’otite

L’otite, detta anche “mal d’orecchio”, è un’infiammazione che può colpire una o più parti dell’orecchio. Quando si parla genericamente di otite, si intende la forma più frequente nei piccoli, cioè l’otite media, che coinvolge l’orecchio medio (o cavità timpanica), situato al di là del timpano.

Si parla invece di otite esterna, quando la malattia colpisce l’orecchio esterno, e di labirintite quando l’otite media si complica e l’infezione arriva a interessare anche l’orecchio interno (ma si tratta di una eventualità molto rara nei bambini).

L’otite può interessare un solo orecchio (otite monolaterale) o entrambi (otite bilaterale).

Come è fatto l’orecchio

L’orecchio è un organo complesso composto essenzialmente da tre parti: esterno, medio e interno.

– L’orecchio esterno comprende il padiglione auricolare e il condotto uditivo esterno, in fondo al quale si trova la membrana timpanica che separa l’orecchio esterno da quello medio. Ha la funzione di captare i suoni e di convogliarli verso l’orecchio medio, facendo attraversare la membrana timpanica sotto forma di vibrazioni acustiche.

– L’orecchio medio o cavità timpanica riceve le vibrazioni, le amplifica e le trasmette a una serie di ossicini articolati tra loro: martello, incudine e staffa. La staffa provvede a far arrivare il suono all’orecchio interno. La cavità timpanica è collegata alla gola (faringe) attraverso un canalino, detto tromba di Eustachio.

– L’orecchio interno contiene il labirinto, che è formato a sua volta dalla chiocciola o coclea (l’organo che trasmette le vibrazioni al nervo acustico il quale le trasforma in stimoli nervosi per farli giungere al cervello) e dall’apparato vestibolare, la struttura addetta al mantenimento dell’equilibrio corporeo.

Più comune l’otite media

L’otite media è uno dei disturbi più frequenti nei bambini, soprattutto in età pre-scolare e nei neonati. Spesso infatti l’infezione si manifesta per la prima volta sotto i 2 anni di età. La ragione va ricercata nella conformazione dell’orecchio e nella relativa immaturità del sistema immunitario del piccolo.

L’otite può essere causata da virus o da batteri. Se diagnosticata per tempo, è facilmente curabile, con o senza antibiotici, a secondo dei casi. Tuttavia è importante non trascurarla perché può dare complicazioni che possono essere pericolose.

Le cause

L’otite media acuta può essere provocata da virus o da batteri. Questi microrganismi, presenti nelle alte vie respiratorie (naso e gola), proliferano nel muco e dalla gola raggiungono l’orecchio medio attraverso la tuba di Eustachio.

I piccoli sono facilmente soggetti a otite media soprattutto per le seguenti ragioni.

– L’immaturità del sistema immunitario. Fino ai 6 mesi di vita, il bebè è protetto dagli anticorpi materni che gli arrivano attraverso l’allattamento, ma poi il suo sistema di difesa, che non si è ancora sviluppato, non riesce a far fronte all’aggressione dei microrganismi che penetrano nel naso e nella bocca attraverso il respiro.

– La particolare conformazione anatomica dell’orecchio. Nei bimbi più piccoli, infatti, la tuba di Eustachio, non essendo ancora del tutto formata, è particolarmente corta e ha un decorso orizzontale: questo facilita l’accumulo del muco e la proliferazione batterica. Nei bambini più grandi (dopo i 6 anni)e negli adulti, invece, la tuba è più lunga ed è obliqua con un decorso verso il basso, in modo da ostacolare l’ingresso del muco e dei germi in esso presenti.

– L’ipertrofia (ingrossamento) delle adenoidi. Le adenoidi fanno parte del sistema immunitario e hanno il compito di bloccare l’ingresso dei germi dal naso, ma se si gonfiano finiscono per creare un ostacolo alla normale ventilazione delle alte vie aeree e a un corretto deflusso del muco, con conseguente proliferazione batterica.

– La presenza di un’altra malattia infettiva. Soprattutto tra i due e i quattro anni, l’otite può manifestarsi contemporaneamente o subito dopo una malattia esantematica (come morbillo, varicella, scarlattina) o infettiva in genere, come raffreddore, influenza, mal di gola.

Come si trasmette

L’otite media di per sé non è contagiosa, infatti non si trasmette da bambino a bambino. Tuttavia i microrganismi delle infezioni respiratorie (che sono all’origine della malattia) si trasmettono facilmente attraverso le microscopiche goccioline di saliva e muco che si emettono nell’aria tossendo, starnutendo o parlando.

Come riconoscere l’otite media

Un modo piuttosto facile per riconoscere l’otite è capire se il bimbo ha male alle orecchie. Se il piccolo è un bebè e non sa ancora esprimersi, basta osservare osservare il suo comportamento: piange infatti sconsolato in modo continuo e insistente, soprattutto quando si trova in posizione sdraiata, e continua a toccarsi le orecchie sfregandosele e tirandosele con le manine per cercare di avere sollievo dal dolore. Inoltre tende a rifiutare il cibo, a non dormire e ad avere la febbre.

I sintomi

I sintomi dell’otite media acuta variano a seconda dello stadio della malattia e dell’età del bambino.

In linea di massima però i segnali più evidenti sono quelli che seguono:

– dolore alle orecchie

– perdita di appetito

– vomito

– irritabilità

– insonnia

– febbre di media entità (attorno ai 38,5°C).

Oltre ai sintomi manifestati dal bambino, la certezza che sia presente un’infezione all’orecchio si evidenzia solo attraverso il controllo con l’otoscopio, strumento che permette al medico di visualizzare il canale uditivo esterno e la membrana timpanica.

Il pediatra può prescrivere anche un esame audiometrico, per evidenziare o escludere un’eventuale riduzione dell’udito, e un timpanogramma, utile per misurare la pressione dell’aria nell’orecchio medio e verificare la pervietà o meno della tuba di Eustachio.

Può diventare cronica o grave

A seconda delle condizioni del timpano e del ristagno di muco, l’otite può essere più o meno grave:

– se il timpano è semplicemente arrossato, si parla di otite congestizia semplice;

– se, oltre a essere arrossato, è anche più bombato del solito, si parla di otite catarrale o sierosa. In questo caso la maggiore convessità della superficie timpanica è dovuta a un accumulo di muco nell’orecchio medio.

La forma catarrale, poi, spesso può cronicizzare, dando luogo a episodi ricorrenti di otiti acute dolorose, febbrili o non, accompagnate spesso da una diminuzione dell’udito.

Inoltre, se i batteri si moltiplicano nel muco ristagnante, quest’ultimo si trasforma in pus e l’otite può sfociare in una forma più grave, detta otite purulenta, nella quale il timpano aumenta la sua convessità, si opacizza e può assumere un colorito giallastro a causa della presenza di pus più o meno denso.

Nei bambini l’otite purulenta si presenta in forma acuta ed è spesso causa di perforazione timpanica (la cosiddetta otite perforante acuta) o di perdita di sangue (otite emorragica).

Attenzione alle complicanze dell’otite

L’otite media non va mai trascurata perché, se cronicizza, può portare a conseguenze piuttosto gravi nel bambino quali:

– riduzione dell’udito non sempre regredibile;

– perforazione permanente della membrana timpanica;

– formazione di un colesteatoma, cioè di una perforazione alta della membrana timpanica con otorrea muco-purulenta cronica (foriuscita di pus dall’orecchio).

Nel momento in cui l’otite diventa cronica le complicanze sono ancora più pericolose. Ecco allora che si può manifestare:

– alterazione funzionale e anche anatomica della catena degli ossicini;

– estensione dell’infezione al labirinto con conseguente labirintite (infezione dell’orecchio interno con perdita dell’equilibrio);

– paresi del nervo facciale (rara);

– trasmissione dell’infezione al mastoide, l’osso limitrofo all’orecchio, e poi alle strutture encefaliche, con possibile encefalite o meningite.

Nei bambini con otiti acute ricorrenti o con otite catarrale cronica si può verificare una riduzione dell’udito più o meno marcata: questo disturbo, oltre a creare problemi di apprendimento e di linguaggio, può dare luogo a sordità permanente.

Le cure per l’otite: dai farmaci all’intervento

In base all’età del bambino e ai sintomi presentati, il pediatra prescrive una terapia sintomatica antidolorifica o antipiretica per 48-72 ore (per esempio a base di paracetamolo). Solo in seguito valuterà se associare anche un ciclo di antibiotici (in genere, amoxicillina). Questo periodo-finestra di 2 o 3 giorni è detto di “vigile attesa” e serve al medico per valutare la situazione: se l’infiammazione dell’orecchio si riduce, vuol dire che la malattia sta passando da sola (è il caso per esempio delle otiti da virus), se invece peggiora è necessario intervenire con l’antibiotico.

La somministrazione di antibiotici è comunque necessaria fin da subito se:

– il bambino ha meno di sei mesi,

– oltre all’otite, è presente una malattia infettiva febbrile acuta,

– si manifesta otorrea (fuoriuscita di secrezioni dall’orecchio) causata da perforazione timpanica,

– il piccolo si trova in uno stato di immunodepressione.

Se, invece, l’otite è a uno stadio più grave possono essere necessari alcuni piccoli interventi chirurgici come:

– la timpanocentesi, cioè la perforazione del timpano troppo teso e bombato con l’introduzione di un tubicino che permetta il deflusso esterno del muco o del pus accumulato nell’orecchio medio;

– l’asportazione delle adenoidi se, a causa del loro volume, ostruiscono le vie aeree superiori ostacolando il passaggio dell’aria o il deflusso del muco dalle tube di Eustachio;

– la riparazione chirurgica del timpano lacerato da una perforazione spontanea;

– la rimozione di un eventuale colesteatoma  qualora si fosse formato in seguito a un’otite cronica purulenta.

Si può prevenire l’otite?

Non esiste un vaccino che possa prevenire l’otite media, anche perché i microrganismi che possono scatenarla sono numerosi. Tuttavia si possono seguire diversi accorgimenti per cercare di ridurne l’incidenza.

– Studi recenti confermano che la prima protezione per il piccolo consiste nell’allattarlo esclusivamente al seno nei primi mesi di vita, senza fare uso di ciucci.

– Va poi evitato, sempre e comunque, il fumo passivo.

– In caso di otiti recidivanti è bene allontanare il bambino dall’asilo.

– È importante tenere sempre ben pulito il nasino con lavaggi frequenti e regolari a base di soluzione fisiologica.

– Bisogna evitare di pulire con modalità scorrette il condotto uditivo esterno, per esempio utilizzando i bastoncini cotonati, limitandosi alla zona più superficiale vicina al padiglione auricolare.

– Se indicato dal pediatra, è opportuno sottoporre il bambino a terapie inalatorie con acque termali una o due volte all’anno.

Che cos’è l’otite esterna

Si tratta di una infiammazione del condotto uditivo causata da microrganismi (di solito batteri o funghi) che proliferano facilmente in un ambiente caldo-umido (come può essere appunto il condotto uditivo).

Non è un’evenienza molto frequente nei bambini, tuttavia, può capitare che si verifichi se:

– il bambino frequenta spesso la piscina. Può darsi infatti che il cloro, ristagnando nell’orecchio, possa irritarlo e predisporlo a un’infezione;

– l’orecchio esterno viene pulito con bastoncini cotonati provocando abrasioni (operazione assolutamente da evitare in quanto il cerume ha una funzione protettiva e non serve rimuoverlo);

– il bambino si infila un corpo estraneo nell’orecchio che si incunea nel condotto uditivo, graffiandolo e diventando  fonte di infezione.

L’otite esterna si manifesta con dolore, prurito, arrossamento e tumefazione dell’orecchio. In certi casi può comparire anche febbre. Poiché il dolore aumenta toccando il padiglione e aprendo la bocca e masticando, il bimbo piange e rifiuta di mangiare.

La cura prevede l’applicazione sulla zona di creme che, a seconda della causa scatenante, possono essere antibiotiche (contro i batteri), micotiche (contro i funghi) o cortisoniche (antinfiammatorie).

Che cos’è la labirintite

La labirintite che un’infiammazione che interessa l’orecchio interno, e quindi il labirinto, in cui si trovano l’apparato vestibolare, da cui dipende l’equilibrio dell’organismo, e la coclea, fondamentale per la funzione uditiva.

In genere nei bambini costituisce una complicazione di un’otite media trascurata o mal curata, ma si tratta di una eventualità estremamente rara.

La labirintite può dare sintomi come nausea, vomito, vertigini, secrezioni di siero o pus.

Le cure consistono in farmaci sintomatici (utili per ridurre i sintomi), come anticolinergici, antistaminici, antiemetici e sedativi.

di Luisiana Gaita

da www.ilfattoquotiodiano.it

@Riproduzione Riservata del 17 maggio 2020

 

Sono ufficiali le linee guida del Dipartimento per le Politiche della famiglia redatte in coerenza con gli orientamenti contenuti nel documento della Società italiana di pediatria. Mascherine, distanze e triage all'ingresso: ecco come si riorganizzano aree giochi e oratori.-

I centri estivi veri e propri per bambini e adolescenti partiranno a giugno e solo allora potranno essere utilizzati anche altri spazi, come ludotechecentri per famiglie, oratori e scuole. Ci sono le date, le regole e le procedure e c’è un’idea di quali sono i soggetti e le strutture che potranno organizzare le attività per i più piccoli, restituendo loro un po’ di quella socialità che tanto è mancata in questi mesi. Sono ufficiali le linee guida del Dipartimento per le Politiche della famiglia redatte in coerenza con gli orientamenti contenuti nel documento della Società italiana di pediatria e avendo avuto come punti di riferimento le proposte elaborate della Regione Emilia-Romagna e il documento messo a punto dall’Anci e integrato dalle raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico.

Nel testo definitivo si conferma una divisione in tre punti, che rappresentano un po’ gli step della fase 2 per i più piccoli: dal mese di maggio regole chiare per l’accesso ai parchi di adolescenti e bambini anche sotto i 3 anni. Dal 18 maggio e per il periodo estivo si potranno organizzare attività per bambini sopra i 3 anni e per gli adolescenti, con la presenza di operatori, nel contesto di parchi e giardini, ma anche altri luoghi all’aperto, come le fattorie didattiche. Da giugno (e per il periodo estivo), sempre dai 3 anni e per i ragazzi si potranno organizzare attività ludico-ricreative e centri estivi, con la presenza di operatori e utilizzando anche le potenzialità di accoglienza di spazi per l’infanzia e delle scuole.

Da maggio la riapertura regolamentata di parchi e di giardini pubblici – Parchi e giardini sono accessibili a bambini e adolescenti da 0 a 17 anni, con obbligo di accompagnamento da parte di un genitore o di un altro adulto (anche non parente), in caso di bambini al di sotto dei 14 anni, fatto salvo il divieto di assembramenti e il distanziamento fisico di almeno un metro. Il gestore dello spazio dovrà mettere a disposizione personale per manutenzione e controllo periodico, pulizia e supervisione degli spazi e controllo dello stato delle diverse attrezzature con pulizia approfondita e frequente delle superfici più toccate, almeno giornaliera,  con detergente neutro. Spetterà sempre al gestore verificare che tutte le persone che accedono al giardino pubblico indossino le mascherine, fatta eccezione per i bambini sotto i tre anni. Genitori o accompagnatori dovranno utilizzare, per quella fascia di età, una carrozzina, un passeggino o comunque garantire il controllo da parte dell’adulto. Bambini o adolescenti da 0 a 17 anni con patologie neuropsichiatriche, fragilità, cronicità, dovranno essere accompagnati da un adulto, che non sarà invece necessario per i ragazzi di almeno 14 anni, perché sarà sua (sotto la sorveglianza degli operatori che vigilano sull’area) la responsabilità di mantenere il distanziamento fisico.

Ingressi scaglionati, triage e piccoli gruppi – All’ingresso dell’area per ogni bambino e operatore che entra in turno sarà predisposto il lavaggio delle mani con acqua e sapone o con gel igienizzante. I punti di accoglienza devono essere all’esterno o in un opportuno ingresso separato dell’area o della struttura per evitare che gli adulti accompagnatori entrino nei luoghi adibiti allo svolgimento delle attività. Ingressi e uscite saranno scaglionati di almeno 5/10 minuti. Quando possibile, è opportuno che i punti di ingresso siano differenziati dai punti di uscita, con individuazione di percorsi obbligati. l bambini dovranno igienizzarsi le mani anche una volta usciti dalla struttura prima di essere riconsegnati all’accompagnatore. Prevista anche la procedura di triage: verrà chiesto ai genitori se il figlio abbia avuto febbre, tosse, difficoltà respiratoria o se è stato male a casa. Dopo aver igienizzato le mani, sarà verifica la temperatura corporea. Le attività saranno svolte in piccoli gruppi e a seconda delle fasce di età e si sottolinea la necessità di organizzare “una pluralità di diversi spazi per lo svolgimento delle attività”. Per i bambini in età di scuola dell’infanzia (da 3 a 5 anni) è consigliato un rapporto di un adulto ogni 5 bambini, per i bambini in età di scuola primaria (da 6 ad 11 anni) di un adulto ogni 7 bambini e per gli adolescenti in età di scuola secondaria (da 12 a 17 anni) è consigliato un rapporto di un adulto ogni 10 adolescenti. Nel caso di bambini ed adolescenti con disabilità, bisognerà creare le condizioni per avere un operatore per ogni bambino.

Pulizia e formazione del personale – Oltre alle normali misure di igiene (lavarsi frequentemente le mani in modo non frettoloso, non tossire o starnutire senza protezione, mantenere il distanziamento fisico di almeno un metro dalle altre persone, non toccarsi il viso con le mani), le operazioni di pulizia approfondita dei materiali devono essere svolte di frequente (almeno una volta al giorno) sulle superfici più toccate. Particolare attenzione deve essere rivolta all’utilizzo corretto delle mascherine. Oltre alla verifica dei requisiti di formazione, dovrà essere previsto un numero di operatori supplenti disponibili in caso di necessità. In via complementare, si consiglia il coinvolgimento di operatori volontari, opportunamente formati sui temi della prevenzione al Covid-19. Viene confermata la necessità di avere sempre lo stesso educatore per ogni piccolo gruppo di bambini per consentire l’eventuale tracciamento di potenziali casi di contagio. Saranno pulite frequentemente attrezzature e oggetti utilizzati per le attività e si laveranno le mani ogni volta che si cambierà attività, dopo l’utilizzo dei servizi igienici e prima dell’eventuale consumo di pasti.

Da giugno e per il periodo estivo – Stesse regole dal punto di vista dell’acceso alle strutture e del rapporto numerico tra ragazzi o bambini ed educatori anche per l’apertura dei veri e propri centri estivi, prevista dal mese di giugno e per tutto il periodo estivo, sempre per i piccoli sopra i tre anni e gli adolescenti. I gestori dell’attività dovranno elaborare uno specifico progetto da sottoporre preventivamente all’approvazione del Comune e, per quanto di competenza, delle autorità sanitarie locali. Dovranno essere previsti criteri di priorità per assicurare il sostegno ai bisogni delle famiglie con un bambino o adolescente disabile o con maggiori difficoltà nella conciliazione fra cura e lavoro (per esempio situazioni con entrambi i genitori lavoratori, nuclei familiari monoparentali, incompatibilità del lavoro dei genitori con lo smart-working, condizioni di fragilità). Anche in strutture diverse di centri estivi è necessaria l’organizzazione di una pluralità di diversi spazi per lo svolgimento delle attività programmate in piccoli gruppi. In caso di attività in spazi chiusi, è raccomandata l’aerazione abbondante dei locali, con il ricambio di aria che deve essere frequente ed è consigliato di tenere le finestre aperte per la maggior parte del tempo.

 

di Paolo Ferrario

da www.avvenire.it

@Riproduzione Riservata del 29 aprile 2020

La prova orale al via il 17 giugno e “varrà” al massimo 40 crediti. Gli altri 60 arriveranno dal percorso di studi.-

Per i maturandi la campanella suonerà il 17 giugno

La Maturità 2020 scatterà il 17 giugno e la prova orale, l'unica rimasta per l'emergenza coronavirus, porterà al candidato al massimo 40 punti, mentre gli altri 60 arriveranno dall'andamento del percorso scolastico. L'annuncio è arrivato direttamente dalla ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, intervenuta a Skuola.net. «L'esame - ha detto - rappresenta la conclusione di un percorso. Per questo i crediti prima della pandemia erano 40, poi c'erano gli altri 60 legati alle prove. Ora deve essere valorizzato di più il percorso di studi: 60 saranno i crediti dai quali gli studenti potranno partire e 40 quelli della prova orale. Questo sarà un giusto riconoscimento all'impegno».

Il punteggio di partenza sarà calcolato attraverso «una riconversione delle vecchie tabelle proporzionata ai crediti ottenuti negli anni precedenti, nell'ultimo triennio», ha spiegato la Ministra, rispondendo a una domanda dei ragazzi.

«Poi - ha aggiunto - ci sarà la possibilità di far partire l'esame orale da un argomento, che non sarà una tesina, scelto dai ragazzi con i loro prof. L'esame di Stato non è un interrogatorio ma l'apice di un percorso e non può riguardare quanto non è stato fatto», ha ribadito la Ministra. Il cui auspicio è che l'Esame orale si svolga a scuola e non a distanza. «Con l'aiuto del pool di medici e di scienziati del Comitato tecnico scientifico - ha ricordato Azzolina - possiamo portare i ragazzi a fare gli esami di Maturità in presenza. Mai e poi mai metterei a rischio la loro salute, questo deve essere chiaro».

di Vincenzo R. Spagnolo

da www.avvenire.it

@Riproduzione Riservata del 29 aprile 2020

Questa è l’ipotesi allo studio mentre prosegue il confronto tra esecutivo e Cei Le valutazioni saranno legate all’andamento dei contagi Dal 4 consentiti i funerali solo con 15 congiunti.-

Messe, sì già da maggio: dall'11 all'aperto e dal 25 nelle chiese

Le indiscrezioni si rincorrono per tutto il giorno, compresa quella, riportata da agenzie di stampa, sulla ripresa delle celebrazioni liturgiche pubbliche dall’11 maggio. Ma è sera quando, dai palazzi della politica, arrivano alcune conferme sulle concrete ipotesi allo studio del governo circa la ripresa delle Messe in condizioni di sicurezza, al centro dell’interlocuzione con la Conferenza episcopale italiana. «L’orizzonte temporale possibile», così lo definiscono diverse fonti interpellate da Avvenire, è compreso dentro il mese di maggio, ma la valutazione finale dovrà essere «necessariamente legata all’andamento della curva epidemiologica». Se i dati sul contagio da Covid-19 non dovessero risalire – argomentano le medesime fonti –, le date su cui si ragiona in seno all’esecutivo, con l’ausilio del Comitato tecnico scientifico, sono quattro. La prima, lunedì 4 maggio, è certa (perché prevista nell’ultimo Dpcm) e riguarda la ripresa della celebrazione dei funerali. Le altre tre sono al momento oggetto di valutazione e confronto: si tratta del lunedì seguente, l’11 maggio, per la possibilità di celebrare l’Eucaristia all’aperto (si partirebbe con le liturgie feriali); e del 18 – o «più realisticamente », dice una fonte qualificata –, del 25 maggio, per il ritorno delle celebrazioni all’interno delle chiese in condizioni di sicurezza (compresi il distanziamento fra i fedeli, guanti e mascherine, sospensione di alcuni gesti liturgici come lo scambio della pace).

Primo step: misure sulle esequie.
La road map allo studio del governo prevede una serie di passi successivi, frutto di una interlocuzione costante con la Cei e delle valutazioni del Cts. Il primo documento, al quale si sta già lavorando, è un mini-protocollo sulla celebrazione dei funerali dal 4 maggio: com’è noto, è prevista la presenza dei familiari stretti del defunto, per un massimo di 15 persone (più altri dettagli da definire in questi giorni). Riguardo ad altre cerimonie, le fonti precisano come i matrimoni siano attualmente consentiti (purché con la presenza dei soli nubendi e testimoni), mentre di battesimi, prime comunioni e cresime (di solito effettuate a maggio) non si sarebbe ancora discusso.

Protocolli per ogni confessione?
Dopo la nota domenicale di «disaccordo» dell’episcopato italiano e la correzione di rotta del governo, autorità politiche e tecniche si sono messe in moto per la stesura di un protocollo per la sicurezza delle celebrazioni religiose. Per realizzarlo il premier Conte, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e altri esponenti dell’esecutivo sono in costante contatto con la Cei. Peraltro, secondo fonti di maggioranza, alla fine i protocolli potrebbero essere diversi, uno per ciascuna confessione religiosa che avvierà un dialogo col governo, a partire dalle comunità ebraiche e dai rappresentanti dell’islam italiano. «È importante continuare a rispettare le disposizioni del governo per superare l’emergenza – osserva il presidente dell’Unione delle comunità islamiche in Italia Yassine Lafram – ma chiediamo che vengano messe a disposizione il prima possibile misure ad hoc che permettano ai fedeli di partecipare alle preghiere in condizioni di sicurezza».

L’emendamento alla Camera.
Nel frattempo, alla Camera il deputato dem e costituzionalista Stefano Ceccanti ha depositato un emendamento al decreto 19 (in Aula giovedì) che «parlamentarizzerebbe» i Dpcm, introducendo un parere preventivo (obbligatorio ma non vincolante) delle Camere ai decreti del presidente del Consiglio, con l’intento di prevenire le criticità. Ceccanti ha presentato un altro emendamento al medesimo decreto per affrontare la questione delle messe domenicali. Dalla Lombardia, invece, il governatore Attilio Fontana ha scritto una lettera al premier per chiedere il via libera alle celebrazioni religiose.

 

 

di Annachiara Valle

da www.famigliacristiana.it

@Riproduzione Riservata del 17 aprile 2020

Papa Francesco riflette su come si prega al tempo del coronavirus e mette in guardia dai rischi di questa Chiesa in cui si sta insieme senza stare insieme. "Il Signore lo permette", dice, "ma ricordatevi che la Chiesa è con il popolo".

Il Papa prega per le «donne che sono in attesa, le donne incinte che diventeranno mamme e sono inquiete, si preoccupano» perché si chiedono: «“In quale mondo vivrà mio figlio?”. Preghiamo per loro, perché il Signore dia loro il coraggio di portare avanti questi figli con la fiducia che sarà certamente un mondo diverso, ma sempre sarà un mondo che il Signore amerà tanto».

E poi mette in guardia dal rischio di una fede virtuale. Quella che stiamo vivendo con la pandemia, «che ha fatto sì che tutti ci comunicassimo anche religiosamente attraverso i media, attraverso i mezzi di comunicazione, anche questa Messa, siamo tutti comunicati, ma non insieme, spiritualmente insieme. Il popolo è piccolo. C’è un grande popolo: stiamo insieme, ma non insieme. Anche il Sacramento: oggi ce l’avete, l’Eucaristia, ma la gente che è collegata con noi, soltanto la Comunione spirituale. E questa non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore lo permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i Sacramenti. Sempre».

E lo spiega anche attraverso il Vangelo che racconta la chiamata degli apostoli, la familiarità del Signore con ciascuno. Andrea e Pietro «che  stavano lavorando con le reti, lasciarono le reti e seguirono Gesù. Giovanni e Giacomo, lo stesso: lasciarono il padre e i ragazzi che lavoravano con loro e seguirono Gesù. La chiamata è stata proprio nel loro mestiere di pescatori. E questo passo del Vangelo di oggi, questo miracolo, della pesca miracolosa ci fa pensare ad altra pesca miracolosa, quella che racconta Luca, nel capitolo quinto: anche lì è successo lo stesso. Hanno avuto una pesca, quando loro pensavano di non averne. Dopo la predica, Gesù ha detto: “Prendete il largo” – “Ma abbiamo lavorato tutta la notte e non abbiamo preso nulla!” – “Andate”. “Fiducioso nella tua parola – disse Pietro – getterò le reti”. Lì era tanta la quantità – dice il Vangelo – che “furono presi da stupore”, da quel miracolo. Oggi, in quest’altra pesca non si parla di stupore. Si vede una certa naturalità, si vede che c’è stato un progresso, un cammino andato nella conoscenza del Signore, nell’intimità con il Signore; io dirò la parola giusta: nella familiarità con il Signore».

E poi sottolinea che, «quando Giovanni vide questo, disse a Pietro: “Ma è il Signore!”, e Pietro si strinse le vesti, si gettò in acqua per andare dal Signore. La prima volta, si è inginocchiato davanti a Lui: “Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore”. Questa volta non dice nulla, è più naturale. Nessuno domandava: “Chi sei?”. Sapevano che era il Signore, era naturale, l’incontro con il Signore. La familiarità degli apostoli con il Signore era cresciuta».

Anche noi cristiani, nel nostro cammino di vita siamo in questo stato di camminare, di progredire nella familiarità con il Signore. Il Signore, potrei dire, è un po’ “alla mano”, ma “alla mano” perché cammina con noi, conosciamo che è Lui». E racconta di un Gesù che, con gli apostoli, «sicuramente, hanno fatto la colazione insieme, con il pesce e il pane, sicuramente hanno parlato di tante cose con naturalità» per dire che «questa familiarità con il Signore, dei cristiani, è sempre comunitaria. Sì, è intima, è personale ma in comunità. Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa. Può diventare una familiarità – diciamo – gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio. La familiarità degli apostoli con il Signore sempre era comunitaria, sempre era a tavola, segno della comunità. Sempre era con il Sacramento, con il pane».

Ed è qui che ripete il pericolo della preghiera via social, delle messe seguite attraverso la televisione, della comunione spirituale. Una cosa obbligata per fermare il virus, ma che non deve farci perdere l’ideale della Chiesa che è un altro.

«Prima della Pasqua», confida, «quando è uscita la notizia che io avrei celebrato la Pasqua in San Pietro vuota, mi scrisse un vescovo – un bravo vescovo: bravo – e mi ha rimproverato. “Ma come mai, è così grande San Pietro, perché non mette 30 persone almeno, perché si veda gente? Non ci sarà pericolo …”. Io pensai: “Ma, questo che ha nella testa, per dirmi questo?”. Io non capii, nel momento. Ma siccome è un bravo vescovo, molto vicino al popolo, qualcosa vorrà dirmi. Quando lo troverò, gli domanderò. Poi ho capito. Lui mi diceva: “Stia attento a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i Sacramenti, a non viralizzare il Popolo di Dio". La Chiesa, i Sacramenti, il Popolo di Dio sono concreti. È vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo, ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci. E questa è la familiarità degli apostoli: non gnostica, non viralizzata, non egoistica per ognuno di loro, ma una familiarità concreta, nel popolo. La familiarità con il Signore nella vita quotidiana, la familiarità con il Signore nei Sacramenti, in mezzo al Popolo di Dio. Loro hanno fatto un cammino di maturità nella familiarità con il Signore: impariamo noi a farlo, pure. Dal primo momento, questi hanno capito che quella familiarità era diversa da quello che immaginavano, e sono arrivati a questo. Sapevano che era il Signore, condividevano tutto: la comunità, i Sacramenti, il Signore, la pace, la festa».

Infine, prima dell’antifona mariana del Regina Coeli, la preghiera per la Comunione spirituale con queste parole:

Ai tuoi piedi, o mio Gesù, mi prostro e ti offro il pentimento del mio cuore contrito che si abissa nel suo nulla e nella tua santa presenza. Ti adoro nel sacramento del Tuo amore, l’ineffabile Eucaristia. Desidero riceverti nella povera dimora che ti offre il mio cuore; in attesa della felicità della comunione sacramentale voglio possederti in spirito. Vieni a me, o Gesù, che io vengo da Te. Possa il tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in Te, spero in Te, ti amo.

https://www.pianetadonne.blog/torta-biscotto-al-limone-a-2-strati-freschissima-delicata-e-semplicissima/
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Torta biscotto al limone a 2 strati: freschissima, delicata e semplicissima!

La torta biscotto al limone è un dolce facile e veloce, dal sapore fresco e profumato; senza stress, otterrete un dessert che vi farà innamorare per il suo colore giallo sole, il suo profumo intenso e il suo sapore delicatissimo. Si realizza alternando uno strato di biscotti secchi alla famosissima crema inglese, la lemon curd, nota in tutto il mondo per la sua prelibatezza. Per una resa davvero ottimale, utilizzate limoni biologici, il successo è assicurato e la riuscita vi ruberà pochissimo tempo: porterete in tavola buonumore e allegria! Curiose? Iniziamo!

Torta biscotto al limone: ingredienti e preparazione della base

Per preparare la base di torta da 24 cm, dovrete disporre di:

  • biscotti secchi, 200 gr
  • burro fuso, 100 gr
  • miele, 1 cucchiaino.

In un pentolino fate fondere il burro e toglietelo dal fuoco prima che scurisca. Sbriciolate i biscotti fino a renderli una poltiglia, non troppo fine per evitare che si spezzino al taglio. Aggiungete ora il burro fuso e il miele e mescolate per amalgamare tutto! Trasferite velocemente il composto in una teglia antiaderente e apribile. Compattate benissimo l’impasto con il dorso di un cucchiaio. Riponete in frigorifero per almeno 2 ore e lasciatela raffreddare.

Lemon curd: ingredienti e preparazione della crema al limone.

Preparate ora la lemon curd, procuratevi quindi:

  • maizena (amido di mais), 30 g
  • burro, 100 g
  • uova, 3
  • limoni, 3
  • zucchero, 220 g
  • tuorli, 2.

Grattugiate la scorza dei 3 limoni, spremete e filtrate il succo, incorporate la maizena setacciata. A parte, tagliate il burro a pezzetti e ponetelo in un pentolino con fondo doppio per il bagnomaria. Fatelo sciogliere a fuoco dolce; aggiungete ora lo zucchero e mescolate con un cucchiaio di legno. In un’altra ciotola, sbattete con le fruste elettriche le uova e trasferitele nella crema di burro. Amalgamate bene e aggiungete il composto di limone e maizena. Fate addensare il tutto a fiamma bassa per evitare che le uova si raggrumino; la crema non deve mai bollire. Quando la crema avrà raggiunto la giusta consistenza, prendete un colino a maglie fini e setacciatela per eliminare grumi e buccia di limone. La lemon curd è ora pronta.

Riprendete la vostra base, guarnitela con la crema al limone. Con una spatola, livellate la superficie e rimettetela in frigorifero per altre due ore… poi gustate tutto il sapore del Mediterraneo concentrato nel vostro piatto!

da www.blog.giallozafferano.it/cucinoperpassione/banane-al-cioccolato-fondente/

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Banane al cioccolato fondente

  • 2 banane
  • 200 g cioccolato fondente
  • codette colorate
  • granella di nocciole
  • bastoncini di legno o in plastica

In un pentolino a bagnomaria fate sciogliere il cioccolato fondente, volendo lo potete sciogliere anche in microonde. Quando il cioccolato sarà sciolto potete sbucciare le banane e tagliarle a metà, infilzate la banana con uno stecchino di legno per gelati o eventualmente dei ciupa ciupa dalla parte che avete appena tagliato, tenendo la banana per lo stecchino, ricopritela con il cioccolato fondente da tutti i lati, aiutatevi a versatelo con un cucchiaino, e facendola colare per eliminare il cioccolato in eccesso, non abbiate fretta nel fare questa operazione.

Ora distribuite la granella di nocciola o le codette sulla cioccolata e sistemate  le banane su un vassoio ricoperto di carta forno e riponetele in frigorifero per almeno un’oretta prima di servirle.

CSV Lombardia

@Riproduzione Riservata

 

Pubblichiamo il testo integrale delle indicazioni diffuse Regione Lombardia, grazie a un lavoro svolto tra il settore sanitario, la Protezione civile, ANCI, UPL e la Consulta del Volontariato, per l’impiego del volontariato in relazione all’emergenza Covid-19.

Raccomandiamo a tutti di attenersi scrupolosamente alle linee guida.-

 

A seguito dell’emanazione da parte del Dipartimento della Protezione Civile della nota del data 4 marzo 2020, con cui sono state fornite indicazioni sulle misure operative da adottare per strutturare la catena di comando e controllo ed il flusso delle comunicazioni e delle procedure da attivare in relazione allo stato emergenziale determinato dal diffondersi del virus Covid-19, e del DPCM del 08/03/2020, Regione Lombardia ritiene necessario stabilire un modello operativo condiviso tra il sistema regionale di Protezione Civile, il Sistema Sanitario, le Amministrazioni locali (Province e Comuni) e il Volontariato organizzato di protezione civile.

1. A livello regionale, è attiva un’unità di crisi regionale che supporta il Presidente della Regione Lombardia nominato soggetto attuatore per la gestione dell’emergenza dal Commissario nazionale per l’emergenza COVID-19. Nell’unità di crisi regionale è presente la componente sanitaria, che coordina tutti gli aspetti sanitari dell’emergenza (AREU, Ospedali, ATS, ecc.) a cui la Protezione Civile Regionale, con tutte le componenti del sistema regionale, fornisce il necessario supporto.

2. A livello provinciale, a seconda della gravità della situazione sui diversi territori, possono essere attivati da parte delle Prefetture i Centri di Coordinamento Soccorsi (CCS), operativi con tutte le funzioni previste, o in configurazione parziale, su valutazione delle Prefetture medesime, con il ruolo principale di verifica di attuazione delle misure dell’Art. 1 del DPCM 08/03/2020 e di monitoraggio del territorio, in raccordo con l’Unità di Crisi Regionale e, se del caso, con il Comitato Operativo di PC.

Nel CCS il rappresentante provinciale del settore Protezione Civile cura la funzione volontariato di protezione civile, per assicurare il supporto al territorio principalmente per gli aspetti logistici e di assistenza alla popolazione.
Per gli aspetti di carattere sanitario si dovrà fare riferimento, a livello di Prefettura/CCS, al rappresentante sanitario territoriale; non è prevista la presenza di un rappresentante sanitario presso il Centro Operativo Comunale (COC).
In caso di necessità potranno essere attivati uno o più Centro Operativo Misto (COM), su decisione della Prefettura/CCS.

A seconda dei casi descritti nel comunicato congiunto Dipartimento Nazionale di protezione Civile-Anci riguardante i comuni con presenza di numero significativo di contagi, comuni con numeri ridotti di contagi, comuni senza contagi, deve essere valutata dall’amministrazione Comunale l’eventuale attivazione dei COC, con l’istituzione di tutte le funzioni, o solamente di una parte di esse, per razionalizzare le risorse disponibili in vista di una possibile escalation dell’emergenza i cui tempi non sono al momento prevedibili.

Il COC potrà avere anche solo una funzione di monitoraggio della situazione e un’operatività preventiva per la valutazione e la pianificazione di quelle che potrebbero essere le necessità all’aumentare della gravità del contagio, come ad esempio numero di persone a cui prestare assistenza domiciliare, ecc.

Ulteriori indicazioni per le attivazioni dei COC sono contenute nella Circolare Anci/Regione Lombardia n. 1 – Attivazione COC.

Nell’ambito del COC i volontari di protezione civile, oltre alle consuete attività di supporto alla struttura comunale, nella gestione degli aspetti logistici e amministrativi e delle TLC, potranno svolgere le seguenti attività, con le prescrizioni indicate, condivise e concordate per gli aspetti sanitari di prevenzione con i referenti sanitari dell’unità di crisi regionale:

1. Supporto ai soggetti “fragili”, noti ai servizi sociali comunali, o comunicati ai Sindaci dalle ATS, che non manifestano sintomi del Covid-19 – QUESTA ATTIVITA’ POTRA’ ESSERE SVOLTA SENZA NESSUNA MISURA DI PROTEZIONE INDIVIDUALE, MANTENENDO COMUNQUE TUTTE LE PRECAUZIONI DI CUI ALL’ALLEGATO 1 DEL DPCM 08/03/2020.

2. Supporto ai soggetti in quarantena presso la propria abitazione, ma NON positivi al Covid-19 – QUESTA ATTIVITA’ POTRA’ ESSERE SVOLTA SENZA L’UTILIZZO PRECAUZIONALE DI DPI, MANTENENDO
COMUNQUE TUTTE LE PRECAUZIONI DI CUI ALL’ALLEGATO 1 DEL DPCM 08/03/2020, fatto salvo che
il soggetto in quarantena indossi idonei DPI. Altrimenti si fa riferimento al caso 3.

3. Supporto ai soggetti positivi al Covid-19 ed isolati presso il proprio domicilio – QUESTA ATTIVITA’
DOVRA’ ESSERE SVOLTA CON L’UTILIZZO PRECAUZIONALE DI DPI (ES. MASCHERINE DI TIPO
CHIRURGICO E GUANTI), MANTENENDO COMUNQUE TUTTE LE PRECAUZIONI DI CUI ALL’ALLEGATO
1 DEL DPCM 08/03/2020

Il supporto potrà riguardare:

  • la consegna di generi alimentari a domicilio
  • la consegna di medicinali, di DPI forniti dal soggetto sanitario competente
  • la consegna di altri beni di prima necessità
  • Il servizio di consegna, nei casi di cui ai punti 2 e 3, dovrà avvenire senza contatto diretto, valutando le
    caratteristiche dei soggetti destinatari (es. valutazione dell’età e delle possibilità di deambulazione e
    movimentazione di oggetti pesanti) e del loro domicilio.
  • Il Comune dovrà fornire ai volontari impiegati su questi servizi tutti i DPI necessari allo svolgimento degli
    stessi. Nel caso le amministrazioni comunali ne siano sprovviste potranno rivolgersi al CCS/Prefettura che
    raccoglierà le istanze per il successivo inoltro alla Regione che, tramite la funzione dell’Unità di Crisi “Approvvigionamento materiale Sanitario” provvederà, a dotare i comuni dei necessari DPI.
    Le informazioni che potranno essere comunicate ai volontari, relativamente alle caratteristiche dei soggetti
    assistiti, saranno da considerare strettamente riservate e finalizzate al corretto svolgimento delle attività di
    supporto, con particolare riferimento all’impiego dei DPI.

È fatto assoluto divieto ai volontari che svolgeranno questi servizi di divulgare le informazioni assunte,
anche attraverso supporti visivi ed audiovisivi pubblicabili sui social network. Qualsiasi violazione a questa prescrizione sarà oggetto di provvedimento disciplinare, condotto d’ufficio da Regione Lombardia.

I responsabili delle Organizzazioni dovranno avere cura che lo svolgimento dei servizi richiesti sia conforme
alle presenti disposizioni.

Il Sindaco, quale autorità di Protezione Civile, potrà attivare i volontari del proprio Gruppo Comunale o di
Associazioni di Protezione Civile convenzionate.

In caso di ulteriori necessità di Volontari, non gestibili con le risorse a disposizione, il Sindaco potrà rivolgersi
alla struttura provinciale di protezione civile.

Ai volontari impiegati a supporto dei COC formalmente istituiti è assicurato, già a partire dal 4 febbraio 2020,
il riconoscimento dei benefici di Legge artt. 39 e 40, come stabilito dal Dipartimento Protezione Civile con
nota del 19 febbraio 2020.

Nel provvedimento sindacale di istituzione del COC dovrà essere dettagliata la catena di comando a livello
comunale e l’indicazione delle figure interne all’amministrazione e del coordinatore delle attività del
volontariato.

Il Comune trasmetterà a Prefettura, Provincia e Regione (Sala Operativa Regionale) i provvedimenti di
attivazione dei COC, contenenti tutti i riferimenti dei componenti degli stessi (recapiti telefonici ed email).
Il Comune, attraverso la funzione volontariato del proprio COC, avrà cura di trasmettere quotidianamente
alla relativa Provincia (con le modalità determinate dal sistema organizzativo di cui ogni Provincia/Città
Metropolitana si è dotata) l’elenco dei volontari impegnati.

Il rilascio degli attestati di presenza per i volontari attivati sarà a cura del COC.

A titolo indicativo, le attività sinora svolte dal sistema regionale di Protezione Civile attraverso il ricorso al
volontariato, e che potranno essere svolte anche a livello comunale, in aggiunta a quelle indicate ai citati
punti 1-2-3, sono:

  • montaggio di tende per pre-triage fuori dagli ospedali o strutture sanitarie;
  • montaggio tende per prefiltraggio all’ingresso delle carceri;
  • trasporto urgente di dotazioni sanitarie e dei DPI verso gli ospedali;
  • supporto all’approntamento di luoghi destinati alla quarantena;
  • supporto ai centri di comando e controllo attivati a livello provinciale R (CCS), sovracomunale (COM)
    e comunale (COC-UCL – unità di crisi locale);
  • supporto alle comunicazioni con l’approntamento di reti radio TLC.

La gestione amministrativa (caricamento nel sistema informativo regionale, istruttoria delle domande di
rimborso presentate da organizzazioni e datori di lavoro) dei volontari attivati a livello comunale e provinciale
sarà a carico delle strutture di protezione civile provinciali, con esclusione delle organizzazioni appartenenti
alla Colonna Mobile Regionale, solo per le attività richieste direttamente da Regione e che saranno a carico
della stessa.

Eventuali richieste di materiale logistico, di DPI sanitari e di materiali per ogni altra necessità a supporto delle
attività del volontariato, dovranno essere inoltrate alla Prefettura competente per territorio ai sensi dell’Art.
4 del DPCM 08/03/2020 per consentirne la tracciatura e la presa in carico delle richieste.

Regione Lombardia mette a disposizione la casella di posta elettronica: volontariato@protezionecivile.regione.lombardia.it a cui potranno essere inoltrati, da parte delle Prefetture, gli elenchi delle richieste pervenute dai COC.

da www.gravidanzaonline.it

@Riproduzione Riservata del 10 marzo 2020

 

In questa fase di emergenza coronavirus cosa cambia per le donne in gravidanza? Come funziona l'accesso al pronto soccorso per chi deve partorire? E le visite dei parenti sono consentite?

Le risposte dell'ostetrica, la dottoressa Elena Gabutti.-

       

Coronavirus e parto: l’accesso al pronto soccorso

Innanzitutto una rassicurazione: l’accesso al pronto soccorso è assolutamente garantito alle donne in                     travaglio. Spiega Gabutti:

Molte donne ci chiedono preoccupate se riusciranno a entrare in ospedale, o se saranno ‘fermate’ ai posti di blocco. Niente di tutto questo: a chi deve partorire è ovviamente garantito l’accesso ai pronto soccorso degli ospedali. In questo senso sono arrivate precise rassicurazioni dal Ministero della Salute: anche nelle zone blindate si può passare per andare in ospedale per il travaglio.

 

Sala parto: il papà può entrare?

I reparti degli ospedali, in questi giorni di emergenza, sono ancora più “blindate”, e, ad esempio, il personale medico indossa le mascherine anche fuori dalle sale parto, per limitare il rischio di contagio.

Anche in questo caso, però, per le donne che devono partorire una rassicurazione: rimane consentito l’accesso di una persona (solitamente il futuro papà) anche in sala parto, spiega la dottoressa Gabutti:

La donna non viene lasciata sola durante il parto, ma può chiedere di essere accompagnata da una persona, che di solito è il proprio compagno.

 

Come si partorisce ai tempi del Coronavirus?

Normalmente, rassicura di nuovo l’ostetrica: come confermato dagli studi e dall’esperienza di queste ultime settimane, non ci sono prove di una trasmissione verticale dalla mamma al feto durante la gravidanza o il parto, quindi non è necessario praticare un parto cesareo di routine.

I neonati non hanno mostrato di contrarre il virus neanche da madri positive, hanno un sistema immunitario diverso dal nostro e finora hanno mostrato di essere più resistenti al virus

 

Le visite dei parenti sono consentite?

Per quanto riguarda invece l’accesso dei parenti le regole sono cambiate, e  i reparti di ginecologia e ostetricia, spiega la dottoressa Gabutti, sono off limits per le visite:

Solo una persona può recarsi a fare visita alla partoriente e al bambino, solo negli orari di visita, e solo la persona che l’ha già accompagnata durante il parto. Le visite dei familiari e dei parenti non sono più consentite. La stessa cosa vale per le dimissioni, che avvengono normalmente, ma sempre e solo con la persona che è già entrata in reparto durante la degenza della neomamma.

 

Esami in gravidanza: cosa cambia?

Anche in questo senso ci sono dei cambiamenti, che variano però da ospedale a ospedale e a seconda della zona in cui ci si trova. In alcune strutture alcune visite ed esami della gravidanza, se non urgenti, vengono rimandati, spiega ancora Gabutti:

Bisogna contattare la propria struttura di riferimento per avere indicazioni, in linea di massima se ci sono visite con scadenza particolare oppure urgenti non vengono posticipate ma si effettuano normalmente. Ogni struttura darà indicazioni in merito.

Per avere tutte le informazioni, dal momento che ciascuna regione e ciascun ospedale può introdurre specifiche regole, è opportuno rivolgersi al proprio ginecologo e quindi all’ospedale in cui si intende partorire, per avere le indicazioni più aggiornate sulle modalità di accesso ai servizi.

CAV Voghera

L'Associazione Vogherese di volontariato, che aiuta gratuitamente la donna in difficoltà ad accogliere la vita, superando le difficoltà.

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L'Associazione Vogherese di volontariato, che aiuta gratuitamente la donna in difficoltà ad accogliere la vita, superando le difficoltà.
Cod. Fiscale:  95007440183
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