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«Sgomberano umanità e servizi sociali». Il buon governo inizia nelle coscienze

di Marco Tarquinio
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 luglio 2019
 
Gentile direttore,
scrivo a proposito dello sgombero avvenuto nella notte del 14 luglio 2019 delle famiglie residenti da molti anni in un edificio in via Cardinal Capranica a Roma. Sono assistente sociale da più di 30 anni, per circa 20 di questi, ho svolto il mio lavoro proprio a Primavalle, conosco questo quartiere di Roma in modo capillare, dal punto di vista urbanistico ma soprattutto nelle pieghe delle famiglie che vi abitano. Sempre, come professionista, di Ente locale, ho cercato, assieme ad altri professionisti di prevenire (parola ornai scomparsa dall’orizzonte delle politiche sociali) derive del genere, nelle periferie della nostra città. Con le risorse istituzionali a cui un tempo potevamo accedere, formulando soluzioni personalizzate, dignitose, umane, in accordo con le famiglie, anche le più riottose; ma soprattutto rispettose della salvaguardia dei minori. Le tante e diverse difficoltà: alloggiative, economiche, di salute, che spesso nascono dalla povertà e che in alcune famiglie convivono tutte insieme danno luogo a situazioni di complessità di difficile soluzione (difficile però non significa impossibile!) ma a mio avviso, queste, non debbono essere un peso che ricade sulla pelle dei più esposti e vulnerabili: i piccoli! Nessun genitore vorrebbe vedere il proprio figlio portare via i suoi libri e quaderni sotto lo sguardo di agenti in tenuta anti sommossa! Cosa rimarrà nella narrazione della sua infanzia in quel bambino? Come affronterà gli anni della crescita dopo queste esperienze di forte e violenta discriminazione? Quali pensieri e forti emozioni lo accompagneranno nel corso della sua vita? Che tipo di personalità e carattere si formerà dopo questi vissuti? Certo che queste non sono le domande che affiorano alla mente dei nostri attuali politici, governanti di Roma e seduti nelle aule parlamentari e sugli scranni del Governo, e sì che sono genitori loro stessi! In tanti anni di lavoro nel sociale mai mi sono vergognata di essere cittadina di Roma, dalla notte del 14 luglio, sì. Non succederà nulla, tra pochi giorni tutto sarà dimenticato, molti magari applaudiranno al lavoro svolto, ma io credo che lo sdegno rimarrà in tanti cittadini. Verso azioni arroganti compiute senza progettualità, al solo scopo di parlare alle pance, guadagnando voti, di quei romani e italiani che non guardano più in là del loro naso, che sono senza memoria, e che non si accorgono che sono quotidianamente presi in giro, perché sanità e agenzie del sociale sono allo stremo, risorse economiche e umane sono sempre più esigue e probabilmente sarà sempre più difficile rispettare l’art.3 e l’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana. Questo sarà un grave problema per tutti, per noi oggi, per i nostri figli domani, per il futuro di Roma e di tutta l’Italia. Grazie.
Marina
 
Risponde il Direttore
Lei, gentile e cara signora Marconi, tocca con competenza e umanità un punto nevralgico. In fondo, lo stesso punto che cercai di richiamare e sottolineare nel mio editoriale del 16 maggio scorso intitolato «Il dito, la luna e il contatore» ( https:// tinyurl.com/ditolunaconta ). Credo che ancora per un po’, ma solo per un po’, non pochi italiani continueranno a non vedere e altri semplicemente a ignorare (per lontananza e/o indifferenza) il vero e grande problema che sta montando nel nostro Paese. Che non è quello degli 'abusi' veri o presunti (che, nell’un caso come nell’altro, vanno sanati e non esacerbati) di qualcuno, ma della condizione di 'abusivi' in cui sono confinati gruppi di esseri umani 'marginali' che sembra non possano più aspirare alla condizione di cittadini e verso i quali lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, mostra sempre più spesso un volto arcigno e respingente e non la preoccupazione inclusiva che pure ha costruito il nostro modello sociale nei decenni passati. Meno servizi, meno vicinanza, più repressione e maledizione. Non si va lontano per questa strada. E in un Paese che sta mettendo progressivamente in crisi, riducendolo e svuotandone pezzi e servizi, il suo Stato sociale questa è una pessima notizia per tutti. Per gli sgomberati come per chi oggi guarda, applaude, s’interroga e s’addolora. Per questo dico che ancora «solo per un po’» si faticherà a vedere dove porta la china sulla quale ci stiamo passo dopo passo spingendo, quella china che ho chiamato dello «Stato asociale». Mi torna in mente la riflessione amarissima e il monito fulminante di un uomo di Dio, il pastore evangelico Martin Niemöller, ad altro e più tragico proposito. «Quando i nazisti presero i comunisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero comunista./ Quando rinchiusero i socialdemocratici/ io non dissi nulla/ perché non ero socialdemocratico./ Quando presero i sindacalisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero sindacalista./ Quindi presero i cattolici,/ e io non dissi nulla / perché non ero cattolico./ Poi ancora presero gli ebrei,/ e io non dissi nulla/ perché non ero ebreo./ Infine vennero a prendere me./ E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa». Niemöller scriveva di qualcosa che aveva sperimentato sulla sua stessa pelle, da cristiano e da tedesco, in principio addirittura simpatizzante delle parole d’ordine e di riscatto nazionale del partito hitleriano, poi sempre più avvertito del disastro che stava montando e alla fine, per ordine diretto della 'guida suprema', arrestato e deportato nei lager nazisti di Sachsenhausen e Dachau fino a ritrovarsi in un gruppo di ostaggi trascinati dalle SS in Alto Adige, dove – dopo otto anni di prigionia e di stenti – venne liberato dagli Alleati. Ci sono varie versioni di quei versi (alcune attribuite, non si sa perché, a Bertolt Brecht), ho riportato quella che si dice che l’autore sentisse più sua. Oggi, in questo tempo e nella nostra situazione italiana, potremmo dire: «Ci dissero che la solidarietà era soltanto un affare, ma io avevo visto troppe cose storte per obiettare, e non dissi nulla. Cancellarono i permessi umanitari ai richiedenti asilo e proibirono di salvare i migranti in mare, ma io non ero un profugo né uno che rischiava di morire affogato, e non dissi nulla. Contemporaneamente, ricominciarono a bersagliare gli 'zingari', tutti indistintamente: rom, sinti e caminanti, e a metterli sempre più ai margini, ma anche io li sopportavo a stento, e non dissi nulla. Quindi, svuotarono il sistema dei servizi sociali, ma io non ne avevo bisogno, e non dissi nulla. Poco dopo, spiegarono mentre riducevano strutture e servizi sanitari che il vero diritto è quello di morire a comando, ma io tutto sommato stavo bene e per di più avevo una piccola assicurazione, e non dissi nulla. Poi, vennero a togliere di colpo il tetto agli okkupanti, adulti e piccini, di edifici un tempo abbandonati, ma io stavo a casa mia senza occupare niente, e non dissi nulla. Quando mi accorsi che un decoroso sistema di Welfare e una decente prudenza nel maneggiare la vita delle persone erano solo un ricordo, era ormai troppo tardi…». Meglio di no. Grazie, gentile e cara amica, per aver suonato di nuovo la sveglia. Ciò che proviamo a fare anche noi con il nostro quotidiano lavoro di informazione. Il buon governo di un Paese e un vero e civile ordine cominciano sempre dalla coscienza dei cittadini. Dal senso del limite e delle vere urgenze. Dalla consapevolezza di doveri che vengono prima di ogni diritto. 

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