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Riuscire ad essere se stessi

di Angela Mammana

Quante maschere ogni giorno coprono il nostro volto: servono per raccontare al mondo ciò che desideriamo, quando magari attraverso i social network costruiamo un’immagine perfetta della vita impeccabile che vorremmo.-

Viaggiando tra le mode del momento, qualche volta fermiamoci e cerchiamo di fare il punto, magari chiedendoci se siamo veramente felici! Cosa dobbiamo fare o come dobbiamo comportarci per poter essere centrati, per esprimere la nostra essenza più profonda?

Mentre la politica è in crisi , siamo stizziti davanti alle ingiustizie sociali e l’attualità ci inquieta, ci chiediamo comunque: “Chi sono e dove sto andando?”. Perché quello che avviene fuori dalle mura di casa dipende anche da noi. Esprimere ciò che siamo passa dall’espressione della nostra personalità, dal riconoscimento delle nostre emozioni, dalle credenze, dall’etica. Essere noi stessi è un percorso di conoscenza e consapevolezza interiore in dialogo col mondo esterno. Non siamo soli e non possiamo crescere in solitudine: senza uno scambio relazionale con gli altri non possiamo neanche conoscere pienamente noi stessi.

Il sociologo Alain Ehrenberg nel suo libro “La fatica di essere se stessi” (un po’ provocatorio e anticonformista) vede nel XX secolo un contesto sociale in cui l’individuo è oppresso dalla necessità di mostrarsi sempre all’altezza, le norme della convivenza civile non sono più fondate sui concetti di colpevolezza e disciplina, ma sulla responsabilità e sullo spirito d’iniziativa. Lo studioso suggerisce che questo provoca una correlazione tra la depressione e il funzionamento della nostra società contemporanea. Sottolinea come l’individuo debba spendere tante energie per diventare se stesso. La realizzazione di una persona passa quindi per una strada fluida e tortuosa dove non è semplice e immediato trovare un motivo o un lavoro o una relazione per cui spendersi, e trovare in queste situazioni i luoghi dove mettere in condivisione e in moto le parti più personali e preziose. E quando non si sceglie qualcosa, ci si può sempre lamentare dei condizionamenti altrui (genitori, stato, aziende), si può dare la colpa a qualcun altro.

Questo percorso può attraversare la professione, le relazioni familiari, la disaffezione di un adolescente per la scuola, la preoccupazione di un genitore verso il figlio che si isola, la performance di un professionista, l’autostima di una giovane donna, la paura di non riuscire, la ricerca di una persona con cui costruire una famiglia ecc.. Ogni situazione può essere un’occasione per tirar fuori se stessi e far fruttificare i talenti, in un continuo divenire, perché il tempo e le situazioni ci chiedono dei cambiamenti. Quando a volte pensiamo di essere arrivati o di conoscerci abbastanza è possibile che incontriamo una novità che ci mette in discussione, ci chiede cose nuove.

Essere se stessi ed essere capaci di attuare delle trasformazioni ha un costo, occorre fermarsi e fare ordine, ricercare e recuperare le proprie risorse, curare bene le relazioni e sanare le vecchie ferite. Ma questa fatica ha un doppio sapore, non solo quello dato da Ehrenberg, ma anche quello della bellezza di lavorare su se stessi e di “essere” pienamente.

La scoperta di noi stessi è fatta di luci e di ombre, finchè non guarderemo in faccia le nostre ombre, gli aspetti che non ci piacciono, i nostri limiti, non saremo completi e non saremo molto capaci di accogliere i limiti dell’altro. Questo gioco di scoperta implica l’accettazione di ciò che siamo, a tal proposito, mi fa molto riflettere una frase dello psicologo Carls Rogers: “Esiste un curioso paradosso: quando mi accetto così come sono, allora posso cambiare.”

da www.cittànuova.it

Riproduzione Riservata del 19 luglio 2018

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