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QUEL TEST PER EVITARE LA NASCITA DI CHI È "DIVERSO"

di Marina Casini Bandini
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 31 marzo 2023

A chi pratica la cultura dello scarto, come la Regione Emilia Romagna che propone test prenatali come veri e propri setacci per individuare bambini con la trisomia 21, rispondono le mamme. Con le loro voci testimoniano che i loro figli sono felici, dimostrano una affettività particolare, studiano, possono trovare un posto nella società e la migliorano perché insegnano ad amare (M. Casini Bandini).-

Ha fatto giustamente discutere quanto deciso dalla Regione Emilia Romagna a proposito del test indicato alle donne in gravidanza residenti sul proprio territorio per individuare la presenza della trisomia 21 (sindrome di Down), 13 e 18, in modo da effettuare un vero e proprio setaccio per evitare la nascita di bambini portatori di una di queste patologie cromosomiche. Bene ha fatto Michela, la mamma di un bambino c.d. “Down”, a ribellarsi a questa decisione pesantemente discriminatoria che cade come una mannaia sulla vita di piccoli e inermi bambini che la società invece di accogliere rifiuta. «Un figlio non è meno figlio – ha detto Michela  ̶  se ha determinate caratteristiche genetiche o se è malato, evento che, peraltro, si può scoprire o verificare anche dopo la nascita».

Vengono in mente le parole di Pattarmon Chambua, giovane donna thailandese, sposata e madre di due bambini, che, avendo affittato il proprio utero, si era rifiutata di abortire il bimbo in grembo affetto dalla “sindrome di down” come invece prevedeva il contratto stipulato con la facoltosa coppia australiana committente (la previsione dell’aborto nel contratto di maternità surrogata è uno degli aspetti che rendono abominevole la pratica dell’utero in affitto). Pattaramon ha tenuto il figlio, Gammy, e quando per questo ha ricevuto a Parigi il premio “Uno di noi” da parte della federazione europea “One of us”, ha detto: «Ogni individuo ha diritto alla vita. Sono arrivata a questa convinzione attraverso le esperienze che ho vissuto con Gammy. Si tratta di un bambino che ha bisogno di amore, come tutti gli esseri umani. È socievole, gentile e amato da tutti. Voglio dire alle famiglie in attesa di un bambino con trisomia 21 che avranno una perla tra le perle, un dono che vi farà vedere le cose in modo diverso e vi farà conoscere l’amore con la A maiuscola». Le parole di queste due mamme  ̶  a cui si potrebbero aggiungere le testimonianze di accoglienza di Chiara, Annamaria, Paola, Antonella, Laura, Antonietta, Elvira, Veronica, Fabiana e di tante altre mamme i cui figli sono proprio coloro che la “cultura dello scarto” vorrebbe espellere dalla comunità degli uomini  ̶  sono la più grande risposta nei confronti della decisione della Regione Emilia Romagna. Questa rivolta delle madri ricorda quella che avvenne quando Richard Dawkins, anni fa scrisse che «è immorale mettere al mondo un figlio down»: i nostri figli down – dissero le madri – sono felici, dimostrano una affettività particolare, studiano, possono trovare un posto nella società e la migliorano perché insegnano ad amare.

Tuttavia, desta inquietudine il limite incolpevole dei figli e il dolore innocente. Ai genitori che hanno un figlio malato o disabile si può dire, giustamente, che il figlio è sempre un’avventura e una sfida. Certo, poi c’è la preoccupazione del “dopo di noi” che è una sfida per tutta la società. Tuttavia, è l’aborto pianificato e cercato come una “soluzione”, è la risposta giusta? È da ricordare che in questo nostro intricato, complesso e contraddittorio mondo, accanto a persistenti e nuove discriminazioni e violazioni della dignità umana, in particolare nei riguardi dei figli prima di nascere, vi è una linea di crescita in termini di civiltà e di attenzione ai meno fortunati. A Roma i bambini malformati venivano uccisi facendoli precipitare dalla Rupe Tarpea e a Sparta dal Monte Taigeto. In altri paesi venivano lasciati nella foresta. Ed anche in anni vicini a noi le famiglie si vergognavano dei figli portatori di taluni handicap e li tenevano nascosti in casa. L’offerta del test per andare a caccia dei “diversi” è in pieno contrasto con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18 del 3 marzo 2009, in cui si riconosce che «la discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità e del valore connaturati alla persona umana», che la dignità umana è “intrinseca”, che va vietata «ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità», che «il diritto alla vita è connaturato alla persona umana» e che vanno adottate «tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri». Si potrebbe obiettare che il termine “persona” va riferito solo ai nati e che perciò queste affermazioni non riguardano i bimbi non nati. Tuttavia, a parte il fatto che l’uso della parola persona in chiave discriminatoria è, culturalmente un’operazione violenta, proprio la Convenzione sui diritti del fanciullo (Onu, 1989) chiarisce che la fanciullezza riguarda anche la vita prima della nascita.  Jèrôme Lejeune, lo scienziato francese, genetista di fama internazionale, che ha scoperto la trisomia del cromosoma 21 quale causa della sindrome di Down, ripeteva: «l’embrione umano è l’essere umano nella fase più giovane  della sua esistenza».

In ogni caso resta il mistero dell’“imperfezione” (ma chi è “perfetto”?), talora gravissima, di quell’opera d’arte, di quel dono, che è il figlio. La sola risposta possibile è la testimonianza dell’amore che può raggiungere i vertici più toccanti e convincenti. Francesco, padre di un meraviglioso bambino con la trisomia 21, dice: «Colui che crea, crea per Amore. Questa è la nostra speranza». Parole che si commentano da sole e aprono il nostro cuore alla solidarietà, alla condivisione, all’accoglienza.

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