Perugia. Il cardinale Bassetti: fermare la guerra e apriamo le porte ai profughi
di Giacomo Gambassi
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 05 marzo 2022
Il richiamo del presidente della Cei alla veglia di preghiera per la pace e alla Messa con i sindaci dell'Umbria. «È l’ora della generosità. Prendiamoci cura di chi soffre».-
Dall’Umbria, terra del dialogo e dell’incontro, «orgogliosa delle sue radici cristiane», si leva «un grido di pace e di speranza» di fronte alla «follia sta prevalendo sul senso di umanità e sulla fraternità». Ma anche un richiamo all’accoglienza dei profughi: è «un segno di civiltà aprire le braccia ai sofferenti». Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, abbraccia l’Ucraina dalla regione in cui è pastore. E rivolge la sua «preghiera a tutti i morti, senza distinzione di nazione», a «tutte quelle persone che adesso si trovano nei rifugi sotterranei e a coloro che stanno fuggendo». Le sue parole risuonano a distanza di poche ore in due celebrazioni: la prima è la veglia di preghiera diocesana con l’adorazione eucaristica per la pace in Ucraina promossa dall’arcidiocesi la sera scorsa nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia; l’altra la Messa per la pace con i sindaci dell’Umbria presieduta oggi sempre nella Cattedrale.
Bassetti parla di «giorni di grande paura e sgomento dinanzi all’orrore della guerra nel cuore d’Europa», si dice scosso da «scene così assurde e raccapriccianti», definisce l’aggressione russa un’«immane sciagura» che «miete vittime innocenti e ignare, distrugge famiglie e comunità; costringe a un esodo forzato donne e bambini, con il terrore negli occhi (molti profughi sono accolti anche qui a Perugia); riaccende la fiamma dell’odio in quelle terre che già nel secolo scorso sono state bagnate da tanto sangue e bruciate dal fuoco della violenza scatenata da ideologie devastanti».
Alle istituzioni il presidente della Cei chiede di alzare «la voce» perché tutti siano esortati «al rispetto dell’uomo e della sua dignità, al rispetto della libertà dei popoli; al rispetto della vita umana». Ai numerosi ucraini residenti nel capoluogo che si sono uniti alla gente umbra per il momento di preghiera serale, Bassetti dice che la Chiesa italiana «vi è madre» ed «è madre anche di tutti gli ucraini lontani, i vostri parenti: qualcuno ha i genitori, qualcuno ha i fratelli in guerra, richiamati alle armi». Nella notte perugina i volti di chi si raccoglie in Cattedrale sono spesso segnati dalle lacrime e dalla commozione. «Io appartengo a una generazione che ha visto cos’è la devastazione della guerra – racconta Bassetti che è nato nel 1942 sull’Appennino tosco-romagnolo –. Sono cresciuto e vissuto in un paese di orfani e di poveri. Una tragedia immensa per la piccola comunità del luogo, tuttora impressa sui volti di quei ragazzini orfani che oggi sono diventati anziani come me. Una grande tragedia della quale ancora portiamo le ferite». Ecco perché «oggi dobbiamo far nostra una sfida enorme: far vincere la pace, far cessare il fragore delle armi». Una pace nel nome di Cristo che parte basso, dalla vita quotidiana. C’è bisogno di «superare ogni nostro meschino interesse», di «mettere da parte gli egoismi quotidiani, le piccole vanità, le rivalità negli ambienti di lavoro, il desiderio di potere in ogni ambito in cui viviamo, persino nella Chiesa», afferma il cardinale. E così «saremo capaci di rinnovarci».
Bassetti pone l’accento anche sulla «tragedia umanitaria» di quanti stanno lasciando l’Ucraina. In migliaia «stanno venendo nella nostra terra cercando riparo: dobbiamo prenderci cura di loro. Ciò comporterà un grande impegno, ma la generosità della nostra gente non mancherà; anzi in tanti luoghi si stanno già facendo raccolte di fondi e viveri di prima necessità». Ai credenti il presidente della Cei chiede di affidarsi alla «arma potentissima» della preghiera. «Se fatta con animo puro e con insistenza, arriva al cuore di Dio, l’unico in grado di agire sulla volontà dei potenti». E cita Giorgio La Pira secondo il quale «la preghiera è la forza motrice della storia». Infine il monito. «Abbiamo bisogno, soprattutto oggi, di profeti di pace per rompere il muro di iniquità che gli uomini avidi hanno costruito».