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Perché la Giornata della Memoria viene celebrata il 27 gennaio per commemorare la Shoah

di Silvia Morosi

da vwww.corriere.it
@@Riproduzione Riservata del 27 gennaio 2023

Quando viene istituita la Giornata della memoria e perché è stato scelto proprio il 27 gennaio.-

Il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (2009, Ansa)

Il 27 gennaio di ogni anno viene celebrato in tutto il mondo il Giorno della Memoria, per commemorare le vittime dell’Olocausto. « Il pericolo dell’oblio c’è sempre», ha ricordato pochi giorni fa la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz. È grazie a lei se a Milano esiste un luogo come il Memoriale della Shoah, ubicato nei sotterranei della Stazione Centrale: tra il 1943 e il 1945 dal cosiddetto «Binario 21» — dedicato in precedenza al solo carico e scarico di treni postali — centinaia di ebrei, partigiani e deportati politici vennero deportati su vagoni bestiame ai campi di Auschwitz–Birkenau, Mauthausen, Bergen-Belsen, Ravensbrück, Flossenbürg, Fossoli e Bolzano.

1 - Ma quando venne istituita questa ricorrenza? La data venne scelta il 1° novembre del 2005 nel corso della 42esima riunione plenaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 60/7 , «condannando “senza riserve” tutte le manifestazioni (su base etnica o religiosa) di intolleranza, incitamento, molestia o violenza contro persone o comunità».

Un’immagine di alcune deportate all’interno del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (Ansa)

2 - Perché è stato scelto proprio il 27 gennaio? Questa data è particolarmente significativa perché il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, che marciavano in direzione della Germania, entrarono ad Auschwitz per liberarla. Varcando il famoso cancello con la scritta “Arbeit macht frei” (“il lavoro rende liberi”). Si stima che nel campo morirono da 1 a 1,5 milioni di persone, in maggioranza ebrei. «Noi trovammo quasi settemila persone ancora vive nel campo... C’erano cento bambini che il cameraman Vorontsov riprese mentre mostravano il numero tatuato sul braccio. In mezzo al campo principale giacevano 48 corpi. Altri 600 furono raccolti in varie parti del gigantesco complesso. Nei magazzini che non erano bruciati del tutto furono filmati i macabri reperti. E catalogati: 1.185.345 capi di vestiario maschili e femminili; 460 arti artificiali; sette tonnellate di capelli; 43.525 paia di scarpe... I capelli erano divisi per lunghezza e per colore, pronti per la spedizione. Andavano alla ditta Alex Zink della Baviera che li pagava 50 pfenning al chilo e li usava per imbottire gli abiti», raccontò il generale Vasilij Petrenko, che allora comandava la 100esima divisione di fanteria nel primo fronte ucraino, in un’intervista a Fabrizio Dragosei. Così —invece — Primo Levi, intellettuale e scrittore sopravvissuto ad Auschwitz, ha descritto l’arrivo dei soldati russi ne La Tregua , il seguito di Se questo è un uomo, testo che racconta il lungo viaggio affrontato dopo la liberazione per ritornare nella sua Torino, dopo mesi di spostamenti nell’Europa centro-orientale: «La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles e io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sòmogyi, il primo dei morti tra i nostri compagni di camera... Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, con i mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era più alta del campo) sui loro enormi cavalli, tra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo. Ci pareva, e così era, che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo...». Il libro vinse il Premio Campiello nel 1963.

3 - Cosa è successo nel nostro Paese? L’Italia, prima della risoluzione delle Nazioni Unite, aveva già istituito una Giornata in memoria delle vittime dell’Olocausto, scegliendo la data che sarebbe stata poi ripresa anche dall’Assemblea Generale Onu (con la legge del 20 luglio 2000 n. 211): «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere» (dagli articoli 1 e 2 della legge del 20 luglio 2000, numero 211). In questa giornata, ogni anno, vengono commemorati sia i morti della Shoah e delle leggi razziali, che tutti coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati ebrei, nonché tutti i deportati militari e i politici italiani nella Germania nazista.

4- Cosa sono le pietre d’inciampo? In tedesco si chiamano Stolpersteine, in italiano sono conosciute come «Pietre d’inciampo». Si tratta di piccoli blocchi quadrati di pietra (10×10 centimetri) ricoperti di ottone, posati nel selciato stradale delle città, davanti alle ultime abitazioni delle vittime di deportazioni. Sull’iscrizione sono riportati il nome della vittima, l’anno di nascita, il giorno e il luogo di deportazione e la data della morte. Un «museo diffuso» della memoria della deportazione ispirato da un progetto dall’artista tedesco Gunter Demnig a Colonia nel 1992 e ripreso oggi in molte città. L’artista le ha pensate come strumento contro l’oblio, il negazionismo e il revisionismo (qui la storia). «Per me sono ancora più importanti della Giornata della Memoria — ha spiegato ancora Segre alla presentazione delle iniziative per il 27 gennaio del 2023 — perché d anno un nome alle vittime, che sono morte per la colpa di essere nate». E proprio a Milano dal 2017 sono 171 le persone ricordate attraverso le pietre di inciampo, in 135 indirizzi diversi: la prima posata è stata quella dedicata ad Alberto Segre, padre della senatrice a vita, il 19 gennaio del 2017 in corso Magenta 55. In Italia, le prime «pietre d’inciampo» furono posate a Roma nel 2010, mentre in Europa — dove oggi se ne contano già 90mila — la prima venne posta a Colonia, in Germania, nel 1995. Una curiosità? Il 18 gennaio 2023 a Trieste è stata posta la prima «pietra d’inciampo» dedicata a una vittima rom-sinti (qui la vicenda di Romano Held).

5 - Sono tanti gli autori e le autrici che negli anni hanno scelto di dedicare libri, poesie o “semplici” riflessioni al ricordo della Shoah e dell’orrore nazista. Eccone alcune (qui una raccolta più ampia):

«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. Perché ciò che è accaduto può ritornare. Le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate: anche le nostre» (Primo Levi, Se questo è un uomo)

«Io non ammetto che in nome della patria e di dio si compiano massacri, si lascino affogare o crepare di freddo gli emigranti» (Edith Bruck)

«Chi ascolta un superstite dell’Olocausto diventa a sua volta un testimone» (Elie Wiesel)

«Ecco che fine avevano fatto i nostri fratelli più deboli, i piccoli, gli anziani. Uccisi col gas, bruciati con la legna che noi stessi raccoglievamo, o andati in fumo e volati via attraverso una ciminiera. Era quello l’unico modo per lasciare Birkenau» ( Sami Modiano, “Per questo ho vissuto: La mia vita ad Auschwitz-Birkenau e altri esili”)

«Pochi anni infatti ci separano dal più orribile crimine di massa che la storia moderna debba registrare: un crimine commesso non da una banda di fanatici, ma con freddo calcolo dal governo di una nazione potente. Il destino dei sopravvissuti alle persecuzioni tedesche testimonia fino a che punto sia decaduta la coscienza morale dell’umanità» (Albert Einstein)

«Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso» (Hannah Arendt)

«È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo» (Anna Frank)

«L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza» (Liliana Segre)

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