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«Oggi il credente chiede dov'è Dio, l'ateo invece prega»

da www.famigliacristiana.it

@Riproduzione Riservata del 02 aprile 2020

 

L'autore: 

Don Damiano Modena, nato a Bussolengo di Verona il 17 novembre 1968, è attualmente parroco di quattro parrocchie del Cilento e insegna morale all'Istituto di Scienze religiose di Salerno. Dal 2009 è stato segretario particolare del cardinale Carlo Maria Martini assistendolo fino alla morte avvenuta il 31 agosto 2012.

 

Fede e coronavirus. La Quaresima di quest’anno, davvero inedita, ci coglie in cammino verso il buio del Getsemani, la brutalità del Calvario, ma anche verso la luce che promana dalla Resurrezione dell’alba di Pasqua. “Nell'angoscia ho gridato al Signore; mi ha risposto, il Signore” (Salmo 118). Abbiamo voluto aprire un Diario della speranza e raccogliere le riflessioni di diversi personaggi, dal cardinale al prete di strada, dal monaco al vescovo, che ci accompagnano verso la Pasqua. A ognuno abbiamo posto proposto questa traccia di riflessione: «Cosa suggerisce, basandosi sull’Antico e Nuovo Testamento, sulla scorta del Magistero e della sua esperienza pastorale, ai familiari che hanno perso un loro caro, agli ammalati che stanno combattendo contro il virus, alle persone che hanno una paura profonda e paralizzante per sé, per i propri cari, per l’Italia?».

Dai balconi, dalle finestre, dalle terrazze uomini e donne, piccoli e anziani accarezzano con il cuore gli operatori sanitari resi irriconoscibili più dalla stanchezza che dalle protezioni che nascondono e sfigurano il volto. Gesù Ben Sira, autore del Siracide (II sec. a.C.), inizia il capitolo 38 così: «Onora il medico per le sue prestazioni, perché il Signore ha creato anche lui (Sir. 1).[…] La scienza del medico lo fa procedere a testa alta, egli è ammirato anche tra i grandi (Sir. 3)». I “grandi” oggi si affidano alla scienza del medico, attendono i suoi studi, i suoi calcoli, i risultati dei miglioramenti, delle guarigioni, della geniale capacità di adattarsi in situazioni estreme: adattare una maschera da sub a respiratore polmonare o trovare una vena al tatto con tre paia di guanti in lattice uno sopra l’altro. Come accade sempre nelle grandi tragedie che trafiggono la storia, i credenti cominciano a domandarsi che fine abbia fatto Dio e gli atei cominciano a chiedere di pregare. «Ed Egli ha dato agli uomini la scienza perché fosse glorificato nelle sue meraviglie. Con esse il medico cura e toglie il dolore, con queste il farmacista prepara le misture» (Sir.6-8), continua il Siracide in un crescendo simile a quello di un concerto dove il direttore accompagna i musicisti verso la vetta dello spartito. Mentre medici, infermieri, farmacisti, sono chini sulle persone e sui dati, al malato, dice Ben Sira, «figlio, non trascurarti nella malattia, ma prega il Signore ed egli ti guarirà. Allontana l’errore, regola le tue mani, purifica il cuore da ogni peccato […]. Poi ricorri pure al medico […], non stia lontano da te, perché c’è bisogno di lui»(Sir. 9-12). Come a voler dire: mentre il medico cura il tuo corpo, tu collabora. Cura la tua anima. Fascia le ferite interiori, applica la scienza interiore sugli sbagli passati. Aiuta il medico e cura te stesso, mentre lui cura te. «Ci sono casi in cui il successo è nelle loro mani; anch’essi infatti pregano il Signore perché conceda loro di dare sollievo e guarigione per salvare la vita» (Sir. 13-14). Gesù di Nazareth si innesta qui, come colui che fin da subito (Mt 4,23; Mc 1,31; Lc 4,40) accosta i malati e li guarisce con successo. Prega il Padre da solo ma poi interviene su ciascuno, senza previe “confessioni”, senza certificati di fede, senza accrediti previ di speranza.

«Ed Egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva». La luce di questo versetto non sta sul gesto dell’imposizione delle mani, ma sul «ciascuno». Gesù avrebbe potuto stare sulla soglia della casa di Pietro, con la mascherina e lo scanner per la temperatura, stendere le mani, fare una preghiera generalizzata e rimandare tutti a casa, felici e contenti come nella migliore delle favole. Invece entra in relazione profonda con ciascuno, lo guarda negli occhi, ne ascolta la storia, fa una anamnesi accurata, lo tocca, anche contro le prescrizioni della legge. Ogni malato davanti a lui è unico e come tale viene guarito. Anzi meglio, essendo ciascuno “unico” non solo è guarito: è salvato. Come a dire: altro è fare una copia quasi perfetta di un opera d’arte, altro è salvare l’opera stessa.

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