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Non autosufficienti, la rabbia di associazioni e famiglie: «Signora Meloni, la Lombardia ritiri i tagli o scenderemo in piazza»

di Paolo Foschini

da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 16 febbraio 2024

Le associazioni e le famiglie dei non autosufficienti lombardi scrivono al Governo e minacciano di scendere in piazza se la Lombardia non cambierà la delibera con cui - unica regione in Italia - ha tradotto in tagli «drastici» l’applicazione del Piano nazionale per la non autosufficienza.-

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Famiglie di disabili e anziani non autosufficienti sul piede di guerra in Lombardia: il Governo faccia qualcosa - scrivono in una lettera - o scenderemo in piazza. La lettera comincia così: «Egregi Ministri, egregio Presidente, come vi sarà certamente noto, l’applicazione del Piano nazionale per la non autosufficienza in Lombardia sta destando enorme preoccupazione tra migliaia di persone con disabilità ed i loro familiari». A firmarla è una lunga lista di associazioni, per dire al Governo che se in Lombardia le cose non cambieranno entro il primo giugno «migliaia di persone» in condizioni gravissime «vedranno ridursi in modo drastico» il sostegno attuale e la loro vita «peggiorerà in maniera drammatica» senza che allo stato sia prevista alcuna alternativa. In mancanza di una risposta entro il 29 febbraio - scrivono le associazioni - «scenderemo in piazza sotto palazzo Lombardia», sede della Regione.

La premessa è che la delibera regionale 1669 approvata il 28 dicembre 2023, prevede una riduzione delle risorse destinate alle misure di assistenza indiretta (B1 disabilità gravissima e B2 disabilità grave), che rappresentano un sostegno essenziale per le famiglie e che sono finanziate con il Fondo nazionale per la non Autosufficienza (Fna) e con fondi regionali. Respinta una mozione che aveva chiesto l’annullamento dei tagli. Senza risposta altre lettere scritte tanto Ministero quanto all’assessorato lombardo delle Politiche sociali. «Ribadiamo che finora nessuna regione italiana a parte la Lombardia - scrivono ora i firmatari della nuova lettera -ha “interpretato” i dettami del Pnna in maniera tanto penalizzante per i caregiver familiari conviventi, quanto immotivata. Il contributo economico indiretto non è e non sarà mai alternativo ai servizi erogati in forma diretta, peraltro assolutamente inadeguati come segnalato praticamente dalla totalità dei comuni capoluoghi lombardi. Nell’ambito del progetto di vita individuale e partecipato, così come sottolineato dalla Convenzione Onu, (ratificata dall’Italia nel 2009 e diventato legge dello Stato), la libertà di scelta tra assistenza diretta e/ indiretta, è un principio cardine da rafforzare e non certamente da eliminare».

Le famiglie chiudono con alcune richieste semplici e precise: «Modifica sostanziale della delibera 1669, per consentire di non modificare gli importi dei contributi odierni, ma semmai di aumentarli», anche rispetto ai voucher sociosanitari»; e poi «rimodulazione del sistema di offerta di servizi che ad oggi riteniamo assolutamente inadeguata, sia sul versate sociosanitario sia su quello sociale, in quanto eccessivamente standardizzati e non in linea con i reali bisogni individuali»; infine «un tavolo di lavoro con la necessaria presenza delle associazioni di familiari, affinché si possa costruire insieme un percorso che vada nella direzione della costruzione e implementazione dei Leps, senza penalizzare la assistenza indiretta che deve rimanere un punto fermo».

La lettera è indirizzata specificamente al ministro delle Politiche sociali Marina Calderone, al ministro delle Disabilità Alessandra Locatelli, al ministro della Salute Orazio Schillaci e per conoscenza alla premier Giorgia Meloni. «Confidiamo che le nostre richieste siano prese in considerazione - concludono le associazioni - mettendo in atto le conseguenti azioni necessarie a rispondere alle nostre esigenze. Tuttavia annunciamo che se ciò non avvenisse entro il 29 febbraio saremo costretti a scendere in piazza per manifestare nel prossimo mese di marzo, chiedendo la massima partecipazione non solo alle famiglie coinvolte ma anche ad altre realtà associative, istituzioni, media e a tutta la società civile».

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