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L'Italia senza figli è figlia dell'ansia di chi preferisce non essere genitore

di Antonella Boralevi
da www.huffingtonpost.it
@Riproduzione Riservata del 22 settembre 2022

Penso che la questione del rifiuto o della riduzione della maternità abbia a che fare anche con ragioni che economiche o di crescita professionale non sono. Oggi siamo consapevoli che non si tratta tanto di un atto biologico, quanto di un comportamento emotivo.-

La demografia, in Italia, è una di quelle scienze fondamentali ma bistrattate, a partire dal nome ostico (rimanda al greco “demos”, cioè popolo). Chi la studia viene apparentato agli statistici, i dati sono cifre incolonnate poco comprensibili ai più. Ma ecco che ieri è arrivata l’ISTAT con una frase efficacissima e lampante. “Nel 2045 le coppie con figli saranno la minoranza”.

Insomma, oggi le famiglie con figli sono un terzo, invece nel 2049 i morti saranno il doppio dei nati. Una società che invecchia è un disastro economico, lo sappiamo. E anche un disastro spirituale ed emotivo. È una società che non crede a un Futuro e ci rinuncia.

Le ragioni per cui gli italiani hanno da tempo smesso di fare figli sono indagate, studiate, censite da decenni. E tuttavia, il trend non cambia. La voce accreditata è che le italiane non fanno più figli, o ne fanno uno solo, perché non esiste il supporto sociale al lavoro di maternage: gli asili sono pochi, i costi per allevare un bambino troppo alti, gli aiuti statali scarsi. Il sacrificio dei propri sogni va messo in conto. Lavoro e maternità non vanno facilmente insieme. Non a caso, i governi recenti si sono impegnati molto sul tema degli aiuti alla famiglia e adesso contiamo anche noi su assegni e una tantum per ciascun figlio. Si discute anche di modelli di sgravio della tassazione, basati sul principio che ogni figlio è anche un servitore della società.

Tutto corretto, certo. Eppure, io penso che la questione del rifiuto o della riduzione della maternità abbia a che fare anche con ragioni che economiche o di crescita personale professionale non sono. Magari sbaglio, ma credo che pur in una Italia magnifica e progressiva in cui ogni nuovo bambino ricevesse appena nato assegni, asilo, scuole di eccellenza, sgravi fiscali, non torneremmo ai livelli di natalità di 50, 60 anni fa.

C’è un tema sotterraneo che è tabù. E non ha a che fare con le baby sitter troppo costose, con i nonni che si risposano e scelgono di vivere una terza età da ragazzini, con il numero dei familiari da mettere a tavola tre volte al giorno. Riguarda il cuore.

Amare i cuccioli è un dato di ogni specie, e noi italiani non facciamo eccezione. Ma, proverei a dire, proprio perché li amiamo, forse adesso ci pensiamo tre volte prima di generarli. Se c’è una condizione di pericolo, oggi, in Italia, è l’essere bambino e adolescente. E non parlo delle paure ancestrali e generiche come la paura della guerra, delle pandemia, della fame, del cambiamento climatico. Paure reali ma in qualche modo già metabolizzate dai genitori. No, parlo precisamente della condizione di bambino.

Bambini abusati da familiari e insegnanti.
Bambini malati di cancro per inquinamento ambientale.
Bambini alcolisti a 12 anni.
Bambini a cui si vende droga furi dalla porta delle elementari e delle medie, e spesso sono gli stessi compagni a farlo.
Bambini a cui non arriva il sentimento dell’essere amati, che è la precondizione allo sviluppo di qualsiasi essere umano, e dunque si autoferiscono, si isolano, diventano hikikomori, sequestrati di internet.
Bambini bulli e vittime dei bulli.
Bambini che fanno sesso ispirati dal porno che vedono tranquillamente da soli  in rete, senza protezioni, senza divieti.
Bambini incapaci di sostenere la sconfitta, la delusione, i No.
Bambini che non trovano pace col loro corpo e diventano anoressici, bulimici.
Bambini che la scuola lascia indietro.
Bambini che finiscono in ospedale per aver ingerito la droga dei genitori.
Bambini suicidi per i giochi di morte che fanno in rete.
Bambini prede dei pedofili e bambini che diventano armi contundenti per la guerra tra i genitori.
Bambini vittima di abbandono, incuria, distrazione dei genitori dal loro  obbligo  di protezione. Bambini considerati un ingombro.
Bambini sfidanti, complicati, infelici.

È arduo e rischioso essere oggi un bambino, secondo me. L’infanzia è sempre una dura impresa di sopravvivenza. ma adesso sta diventando un privilegio di pochi bambini fortunati. La gioia è la ragione per cui si mettono al mondo i figli, ma quanta gioia hanno a disposizione adesso i nostri bambini? Le antiche culture africane prevedevano riti di pubertà eseguiti abbandonando il bambino solo nella foresta, senza cibo né armi. Se tornava vivo, era accolto nel mondo adulto. È davvero tanto diverso quello che noi ci siamo assuefatti a far vivere ai nostri figli? E allora, forse, non pochi adulti vengono afferrati dall’ansia. Ansia di mantenere tuo figlio, ma anche ansia di regalargli la gioia di esistere, oltre a un mondo migliore.

E siccome la società è cambiata e alle donne non viene finalmente più imposta (come negli anni 50 e 60 del boom demografico) la scelta binaria tra essere moglie o arcigna zitella, viene meno anche l’obbligo sociale a essere madre. Siamo ormai consapevoli che la maternità non è tanto un atto biologico, quanto un comportamento emotivo. Si è madre con o senza figli. Ma senza figli, il nostro mondo muore.

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