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L'ABBRACCIO INFINITO DI TRASTEVERE, LA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO COMPIE 55 ANNI

di Annachiara Valle
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del,09 febbraio 2023

Nata il 7 febbraio 1968, oggi opera nelle periferie urbane ed esistenziali di oltre 70 Paesi. Fedele alle tre “p” delle origini: preghiera, poveri e pace. Ripubblichiamo la ricostruzione storica della nascita e della diffusione del movimento ecclesiale italiano curata da Annachiara Valle, pubblicata sul numero 18 di Famiglia Cristiana del 2018. Giovedì 9 una concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Matteo Zuppi.-

La Comunità di Sant'Egidio compie 55 anni. Nacque, infatti, il 7 febbraio 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi che, nel clima del rinnovamento suscitato dal Concilio Vaticano II cominciò a riunire un gruppo di studenti liceali, com'era lui stesso, per pregare, studiare e soprattutto vivere il Vangelo. In pochi anni, la loro esperienza si diffuse  in diversi ambienti studenteschi, via via struttruandosi in comunità tutta dedita agli emarginati. 

Andrea Riccardi, oggi 73 anni, con papa Giovanni Paolo II (1920-2005) nel 1979.

Giovedì 9 febbraio, alle 18.30, nella basilica di San Giovanni in Laterano il “popolo” di Sant’Egidio si ritrova per festaggiare con una concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. La basilica apre le braccia a gente di ogni età e condizione sociale insieme con gli amici della Comunità, che negli ultimi mesi hanno vissuto crescenti sofferenze, prima per la pandemia poi per le conseguenze, anche economiche, legate alla guerra in Ucraina. Proprio la memoria di quella, come di tante altre guerre in corso nel mondo, non viene dimenticata nel corso di questo anniversario, segnato dolorosamente anche dal recente terremoto che ha colpito la Siria e la Turchia. All’insegna della solidarietà, della preghiera e dell’impegno per la pace.

Nel “popolo” chiamato a celebrare coisì i 55 della Comuntà tanti i senza fissa dimora, gli anziani, le persone con disabilità, gli immigrati oggi integrati nel nostro Paese e i rifugiati venuti con i corridoi umanitari. Ma anche i profughi ucraini. Un popolo che ha fatto della gratuità dell’impegno per i più vulnerabili una costante della sua storia e che si interroga con responsabilità sulle nuove domande che salgono da un mondo lacerato dalla crisi economica, da tante guerre e dalla questione ambientale.  Dopo la liturgia prevista  festa con tutti i partecipanti. 

Quella di Roma è solo la prima di tante altre celebrazioni negli oltre 70 Paesi in cui è presente Sant’Egidio, dall’Europa all’Africa, dall’Asia all’America. 

La celebrazione di San Giovanni è trasmessa in streaming sul sito e la pagina Facebook di Sant’Egidio oltre che dai canali tv di Telepace e Padre Pio Tv.

Qui di seguito ripubblichiamo la storia del movimento curata da Annachiara Valle e pubblicata sul numero 18 del 2018 di Famiglia Cristiana

Non ci sono più i bambini per strada, nell’area dell’ex Cinodromo di ponte Marconi. Ma lungo il greto del  Tevere, dove nel 1968 alcuni studenti andavano a dare ripetizioni ai più piccoli, c’è ancora degrado  e povertà, anfratti dove si cerca un rifugio notturno, o anche solo un posto appartato per una dose o una  bottiglia. Le baracche sostituite da un centro sociale, le corse dei levrieri ormai fermate per sempre, il  campo rom adiacente sempre in procinto di essere sgombrato, mettono a disagio chi si avventura da solo  per queste strade a ridosso delle grandi arterie su cui sfreccia la città. Quegli studenti di allora, divenuti  grandi, si occupano ancora di questo pezzo di Roma, delle borgate della capitale, dei suoi poveri.  Allargando di continuo lo sguardo sul resto d’Italia e sul mondo.

Andrea Riccardi ricorda ancora quei giorni  nelle conversazioni con Massimo Naro (Tutto può cambiare, San Paolo). Allora il fondatore della  Comunità di Sant’Egidio, fresco di studi e di Concilio, coagulava attorno a sé un gruppo di liceali che,  come lui, erano animati dalla preghiera e avevano a cuore la sorte dei poveri. Nascevano le scuole  popolari, che oggi si chiamano Scuole di pace, per mettere in pratica il Vangelo. Condividendo, con gli  ultimi, pane e cultura. «I poveri sono nostri parenti, quindi come tu ti occupi di tua mamma anziana, così ti preoccupi di quell’altra persona anziana: così la famiglia s’allarga», spiega oggi Riccardi, ordinario di  Storia contemporanea e già ministro per la Cooperazione e l’integrazione nel Governo Monti. «C’è un legame profondo tra la Comunità e i poveri, tanto che non si può dire che i poveri siano esterni a essa»,  prosegue. «Mi piace definire la Comunità come un popolo che vive il legame tra gli umili e i poveri.Umili sono quelli che cercano di non vive re per sé stessi». Il “manifesto” della Comunità è tutto racchiuso in  uno scatto: la facciata della chiesa di Sant’Egidio, dove i ragazzi cominciarono a riunirsi e pregare sin dal  1973, e l’opera Homeless Jesus, dello scultore canadese Timoty Schmalz. Un senza dimora sdraiato  sulla panchina, con i piedi segnati dal foro della croci‰ssione, e un posto libero «per chiunque voglia farsi  vicino a chi è povero e solo».

Cuamba, Mozambico: il pranzo di Natale organizzato nel 2022 dalla Comunità di Sant'Egidio attiva nel Paese africano.

Dietro l’ingresso della sede della Comunità e della chiesa, nel cuore di  Roma. Una chiesa più grande a due passi da qui, la basilica di Santa Maria in Trastevere, affidata alla Comunità da Giovanni Paolo II, vede tutte le sere frotte di persone ritrovarsi alle 20.30 per la preghiera  quotidiana. Una preghiera aperta a tutti così come avviene per le altre comunità, ormai diffuse in oltre 70  Paesi del mondo, che al termine del giorno si raccolgono per ascoltare la Parola di Dio e portare a Lui il  grido dei poveri. Preghiera, poveri e pace diventano così tre riferimenti fondamentali indissolubili.  Consapevoli anche che è la guerra la madre di ogni povertà e che per sradicare le ingiustizie è necessario  lavorare per la riconciliazione. Le parole, qui, sono esperienza. Un polmone cui attinge la città e le singole  persone. Li conoscono tutti a Trastevere. Sanno che nella chiesa di San Calisto ci sono alcune  decine di senza dimora che hanno trovato rifugio nelle gelide notti di questo mese; che a San Bartolomeo,  dove ogni anno si svolge la cerimonia per ricordare i martiri del Novecento, ci sono la stola e il Messale di monsignor Romero, il vescovo salvadoregno ucciso mentre celebrava l’Eucarestia; che nei  centri di accoglienza, oltre al cibo, al vestiario, alle docce e agli ambulatori medici, c’è anche la possibilità  di farsi recapitare la posta e di tenere così i contatti con le persone care anche quando non si  ha più una casa e un domicilio… Sanno, in tutta Roma, che sono aperte le scuole di italiano per  immigrati, rifugiati, rom e sinti. A Primavalle, a Tor Pignattara e a Torre Angela, a Ostia, ma anche  all’Esquilino e nella stessa Trastevere, si pensa all’integrazione degli studenti. Si ascoltano gli anziani, si  pranza alla “Trattoria degli Amici”, gestita da una cooperativa di disabili, si servono i pasti alla mensa, si  studia la geopolitica internazionale…

I progetti della Comunità si diramano in mille direzioni. Sapendo, come spiega Andrea Riccardi, che tutto si gioca su una questione: «Il Vangelo: che cresca, sia  comunicato, che diventi vivo e operante». 

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