Inclusione. Non è una scuola per dislessici
di Paolo Ferrario
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 26 maggio 2023
Un'indagine dell'Associazione italiana dislessia mette in evidenza le difficoltà che i ragazzi con Dsa incontrano nel loro percorso scolastico. «Serve un Osservatorio».-
Gli alunni con Dsa costituiscono il 5% della popolazione scolastica italiana - Associazione italiana dislessia
La legge c’è e gli strumenti pure. Ma, come spesso capita in Italia, la prima non è completamente attuata e i secondi non sono correttamente utilizzati. Risultato? Migliaia di studenti dislessici, disortografici, disagrafici e discalculici, cioè con Disturbi specifici dell’apprendimento, non hanno la possibilità di affermare pienamente un diritto che è universalmente riconosciuto: il diritto allo studio. È per certi aspetti allarmante, l’indagine dell’Associazione italiana dislessia (Aid) che, per la, prima volta, ha cercato di misurare l’impatto della legge 170/2010, che ha dato diritti agli alunni con Dsa. Analizzando i risultati del sondaggio – a cui hanno partecipato 802 studenti, 2.375 genitori e 6.630 insegnanti – l’impressione è che, a tredici anni dal varo della legge, «sia stato fatto un significativo passo indietro», si legge in un documento dell’Aid. Conferma di questo quadro a tinte fosche, sono le telefonate, sempre più numerose, «di genitori in grave difficoltà per il mancato rispetto del Piano didattico personalizzato dei propri figli», ricevute ogni giorno all’help desk nazionale e agli sportelli locali dell’Associazione.
I dati, allora. Il primo, emblematico della situazione, riguarda il fatto che il 35% dei genitori e il 36% degli studenti intervistati (oltre un terzo del campione) concordi nel dire che «i docenti non hanno un’adeguata conoscenza di che cosa siano i Disturbi specifici dell’apprendimento». E ancora. Nonostante nel 97% dei casi sia redatto il Piano didattico personalizzato, che per l’83,3% è «molto o abbastanza coerente con le indicazioni contenute nella diagnosi», succede che i due terzi degli alunni con Dsa dichiarino che il Pdp «non sempre è stato rispettato nel percorso scolastico». E anche le famiglie «non sono sufficientemente coinvolte nella stesura del documento». «La legge non basta se poi non viene correttamente applicata», denuncia il presidente dell'Aid, Andrea Novelli.
Altro punto dolente sono gli strumenti compensativi, dispositivi, digitali o cartacei, che gli studenti possono utilizzare per raggiungere l’obiettivo, compensando, appunto, le difficoltà. Ebbene, «il 50% degli alunni – si legge nella ricerca dell’Aid - afferma di aver avuto, di norma, accesso agli strumenti compensativi e alle misure compensative richiesti e il 37% di loro ogni tanto. Percentuali simili emergono per interrogazioni e compiti in classe programmati, mentre il 53% degli studenti evidenzia di non aver mai o quasi mai ricevuto aiuto dai docenti nell’utilizzo degli strumenti compensativi». Una situazione gravissima, che ha importanti ricadute negative sulla vita scolastica di queste persone. E anche sulla vita in generale, dato che, è sempre la ricerca ad evidenziarlo, «il 75% degli studenti ha dichiarato di essersi sentito diverso dagli altri e poco accolto, all'interno della classe (il 35% spesso e il 40% talvolta) e oltre il 60% dichiara di aver ricevuto un voto inferiore a quello che gli sarebbe spettato, a causa dell'utilizzo degli strumenti compensativi (21% quasi sempre, 41% ogni tanto)».
«Paradossalmente - prosegue il presidente Novelli - abbiamo meno problemi nelle aziende, dove gli strumenti compensativi per i lavoratori con Dsa, sono stati introdotti più recentemente, con la legge 25 del 2022. Innanzitutto, dobbiamo ripetere che i Dsa non sono una moda. Anzi, in Italia rappresentano il 5% della popolazione studentesca, mentre in altri Paesi arrivano anche al 15%. In secondo luogo, gli strumenti compensativi non vengono in aiuto soltanto ai ragazzi con Dsa ma possono essere utili a tutta la classe. Terzo: è una questione di equità. Cioè, dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno. E, invece, abbiamo ancora tanti studenti ai quali gli insegnanti assegnano voti inferiori di quelli che meriterebbero perché, nelle verifiche, utilizzano gli strumenti compensativi. Non è giusto».
L’indagine ha messo in luce anche le problematiche cui vanno incontro gli insegnanti che vorrebbero applicare correttamente la legge ma, solo nel 28% dei casi, per esempio, dichiarano di «trovare sempre nelle certificazioni cliniche le indicazioni necessarie per un’adeguata stesura del Pdp e poco più della metà conferma che è previsto un protocollo di accoglienza per gli studenti con Dsa, all’interno della scuola in cui insegna». «Ai docenti - sottolinea Novelli - suggerisco di puntare sulla formazione e di metterla in pratica in classe. Ma soprattutto, di ragionare intorno a un’idea di inclusione che vada al di là delle etichette che appiccichiamo ai ragazzi».
In ogni caso, l’82% degli insegnanti dice di «riconoscere gli strumenti compensativi e il 63,8% di aver cambiato la propria didattica per venire incontro alle esigenze degli alunni con Dsa. Ma, chiosa l’Aid, si tratta di docenti «più disponibili e inclusivi» e che hanno «partecipato a corsi di formazione sui Dsa». Per “svegliare” tutto il resto del corpo docente, l’Associazione chiede di rafforzare il dialogo con le istituzioni, prevedendo anche la costituzione di un Osservatorio nazionale sull’applicazione della legge 170. «Allo scopo di fornire al Ministero dell’Istruzione – conclude il documento dell’Aid – dati certi per apportare eventuali correttivi e dare maggiore certezza di diritto agli studenti con Dsa».