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IL PAPA CHIAMA A UNA VEGLIA ECUMENICA

di Annachiara Valle

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 15 gennaio 2023

Il prossimo 30 settembre, in vista del Sinodo straordinario, Francesco invita alla preghiera con un programma speciale per i giovani curato dalla Comunità di Taizé. E poi insiste sull'attenzione all'Ucraina e sull'importanza di aiutare gli altri nella crescita senza invidie.-

Appuntamento al 30 settembre per una veglia ecumenica. Papa Francesco ricorda l’importanza dell’unità dei cristiani richiamando l’attenzione sulla settimana di preghiera che si svolge dal 18 al 25 gennaio e che quest’anno ha per tema “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” e poi invita tutti in piazza San Pietro per l’ultimo sabato di settembre per affidare «a Dio i lavori della XVI Assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi». Un momento speciale sarà dedicato ai giovani con un programma curato dalla Comunità di Taizé. «Fin da ora», dice il Papa, «invito tutti i fratelli e le sorelle di tutte le confessioni cristiane a partecipare a questo raduno del popolo di Dio». Poi, come di consueto, il pensiero «al martoriato popolo ucraino che soffre tanto».

Prima aveva spiegato il Vangelo di Giovanni con l’episodio di Giovanni il Battista che dice di Gesù, dopo averlo battezzato nel fiume Giordano: «Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me».

Il Papa prende spunto per dire che questo è il vero spirito di servizio: portare a Gesù e farsi da parte.

«Questa la testimonianza. Questa dichiarazione, questa testimonianza rivela lo spirito di servizio di Giovanni. Egli era stato inviato a preparare la strada al Messia e l’aveva fatto senza risparmiarsi. Umanamente si potrebbe pensare che gli venga riconosciuto un “premio”, un posto di rilievo nella vita pubblica di Gesù. Invece no. Giovanni, compiuta la sua missione, sa farsi da parte, si ritira dalla scena per fare posto a Gesù». Ha formato i discepoli, «eppure non lega nessuno a sé. E questo è difficile ma è il segno del vero educatore: non legare le persone a sé. Giovanni fa così: mette i suoi discepoli sulle orme di Gesù. Non è interessato ad avere un seguito per sé, a ottenere prestigio e successo, ma dà testimonianza e poi fa un passo indietro, perché molti abbiano la gioia di incontrare Gesù. Possiamo dire: apre la porta e se ne va».

Questo ci insegna la «libertà dagli attaccamenti». È facile, continua il Pontefice, «attaccarsi a ruoli e posizioni, al bisogno di essere stimati, riconosciuti e premiati. E questo, pur essendo naturale, non è una cosa buona, perché il servizio comporta la gratuità, il servizio vero comporta la gratuità, il prendersi cura degli altri senza vantaggi per sé, senza secondi fini, senza aspettare il contraccambio. Farà bene anche a noi coltivare, come Giovanni, la virtù di farci da parte al momento opportuno, testimoniando che il punto di riferimento della vita è Gesù. Farsi da parte, imparare a congedarsi: ho fatto questa missione, ho fatto questo incontro, mi faccio da parte e faccio posto al Signore. Imparare a farsi da parte, non prendere qualcosa come un contraccambio per noi».Una testimonianza importate per i sacerdoti, chiamati «a predicare e celebrare non per protagonismo o per interesse, ma per accompagnare gli altri a Gesù». Ma anche per i genitori, «che crescono i figli con tanti sacrifici, ma poi li devono lasciare liberi di prendere la loro strada nel lavoro, nel matrimonio, nella vita». Lasciando loro la libertà di crescere. Vale in tanti ambiti e per tutti: nell’amicizia, nella vita di coppia, nella vita comunitaria. «Liberarsi dagli attaccamenti del proprio io e saper farsi da parte costa, ma è molto importante: è il passo decisivo per crescere nello spirito di servizio. Questo crescere nello spirito di servizio facendo le cose e facendosi da parte, non cercare il contraccambio». Il Papa chiede a ciascuno se «siamo capaci di fare posto agli altri. Di ascoltarli, di lasciarli liberi, di non legarli a noi pretendendo riconoscimenti. Anche di lasciarli parlare». Dobbiamo chiederci se «sappiamo gioire del fatto che le persone prendano la loro strada e seguano la loro chiamata, anche se questo comporta un po’ di distacco nei nostri confronti», se «ci rallegriamo per i loro traguardi, con sincerità e senza invidia», se «ci rallegriamo quando gli altri vanno avanti, con sincerità e senza invidia». Perché questo «è lasciare crescere gli altri».

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