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Il Movimento. Padri, giovani, reti di relazioni. Le nuove sfide per servire la vita

di Francesco Ognibene
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 20 novembre 2022

Nel 2040 non ci saranno più aborti? Le cifre in calo sembrano dirlo, ma le interruzioni sono destinate a restare (molte meno di oggi). Ma emergono altre ferite. Ne parla il Movimento per la Vita.-

Il convegno nazionale del Movimento per la Vita e dei Centri di aiuto alla Vita a Capaci (Palermo)

Avanti così, e l’ultimo aborto in Italia sarà «nel 2040». Fermi tutti, cos’ha detto? Tony Persico non è tipo che la spara grossa: specialista in economia statistica, ha lavorato al Fondo monetario internazionale e ora è tornato in Italia per una chiamata nelle istituzioni, da tecnico. Con i numeri ci ha fatto una carriera, pur ancora giovane. E setacciando i report di Istat e Ministero della Salute è arrivato a una conclusione aritmetica (le interruzioni di gravidanza sono scese nel 2020 al minimo storico di 66mila, con un crescente trend ribassista) clamorosa quanto provocatoria: ai 400 e passa volontari del Movimento per la Vita, riuniti alle porte di Palermo sotto la presidenza di Marina Casini per il convegno annuale, spiega infatti che «i dati ci raccontano che resisterà uno zoccolo di aborti, per disagio sociale, povertà e selezione eugenetica. Parliamo di 10-20mila all’anno».

Vuol dire che il Movimento e i Centri aiuto alla Vita possono rifiatare? È vero l’esatto contrario. Anzitutto, avverte Persico, «ad abortire è in particolare la fascia di età che già lo faceva 10 anni fa e che oggi è fra i 35 e i 39 anni, mentre le donne tra i 20 e i 24 sembrano meno propense, consumatrici di contraccezione molto più della generazione precedente. E poi, attenzione: i numeri non dicono che dipende tutto dalle pillole dei vari “giorni dopo”, perché la loro massiccia irruzione sul mercato dal 2018 non si è tradotta in un proporzionale crollo degli aborti». Che calano, ma restano tanti. Neppure la riduzione delle donne fertili spiega del tutto la tendenza ribassista in atto, che pare legata a un dato generazionale e alle condizioni sociali (abortisce di più chi è precaria e single, fattori certificati di rischio).

Da grafici e tabelle esce una situazione in chiaroscuro che i Cav locali stanno “sentendo” a pelle: stando a mollo nella realtà si trovano davanti a nuove domande. E si stanno già muovendo per intercettare le esigenze che vedono avanzare. Ricorrente è ad esempio la formula scelta, tra gli altri, dal Cav di Messina, che sta puntando sulla riattivazione della rete di relazioni attorno alla donna: «Abbiamo creato un centro polifunzionale per la famiglia – racconta la presidente Irene Barbaro –, seguiamo 60 nuclei in quartieri poveri, tra italiani e immigrati, con la consulenza di medici e psicologi. Una mamma non è mai sola con il suo figlio, occorre farsi carico del suo futuro in un tessuto di rapporti, a cominciare ovviamente dal padre».

La figura maschile è l’altro tema emergente nelle decine di panel formativi per i volontari del Movimento e dei Centri nella tre giorni siciliana (si conclude oggi) e nelle nuove scelte dei Cav: il “risveglio” della figura paterna si sta dimostrando determinante. «Dove c’è un padre chiamato a rendersi corresponsabile lo scenario cambia – spiega Soemia Sibillo, che dall’osservatorio del più grande Cav d’Italia (Mangiagalli di Milano, 700 bambini accompagnati alla nascita ogni anno) ne sa più di un demografo –. Nel colloquio con una donna da sola sono protagoniste le paure, i bisogni materiali, l’incertezza sul futuro. L’uomo chiamato al suo fianco sposta l’asse sul progetto per la vita».

Ecco perché al Cav milanese si pensa a un progetto per avviare al lavoro l’uomo e non più solo la donna, sempre dentro un contesto che l’erede di Paola Bonzi definisce di «ascolto attivo: dobbiamo andare in profondità, oltre la richiesta di aiuto concreto». Nelle nuove campagne social e di affissioni di Sos Vita non a caso compaiono per la prima volta due soggetti maschili che si interrogano su un figlio che è anche loro: «Noi siamo quelli che si fanno trovare in rete tra un test di gravidanza positivo e la decisione sull’aborto – dice Lara Morandi, responsabile del prezioso servizio telefonico e di chat del Movimento –. Per sapere come aprire una relazione con una ragazza nel panico servono volontari formati. E abbiamo creato una piattaforma di e-learning», varata giusto ieri mattina.

Chi tra i giovani ha iniziato a starci con esiti inattesi è il Cav di Udine: «Entriamo nelle classi delle scuole superiori – spiega Elisa Gasparotto –, al triennio, e poniamo temi sui quali accendere le domande dei ragazzi, che si scoprono assai meno competenti di quel che pensavano. Li invitiamo al Cav per dare una mano con un paio d’ore di lavoretti e un the con le mamme. E capiscono dal vivo la gioia della vita».

Stessa intuizione a Treviso, come racconta la vicepresidente del Cav Alessandra Gallina: «A scuola ci facciamo aprire la porta col nostro motto: “Sentite anche noi”, è giusto che per essere consapevoli i ragazzi conoscano tutte le voci. E cerchiamo di aprire interrogativi imprevisti».

A Brolo, in Sicilia, provano a rimettere in moto il «dialogo tra le generazioni – riferisce il presidente del Cav Mario Giuliano –, nelle scuole proponiamo a genitori, prof e studenti un nostro percorso, “Educare per educarsi”». Insieme al saper fare rete con altre associazioni del territorio, sono queste le intuizioni per affrontare un orizzonte che cambia di continuo. Basterà? Bruna Rigoni, del Cav di Bassano del Grappa, voce storica del Movimento: «Noi ci siamo per testimoniare sempre la gioia di ogni vita accolta – dice col disarmante sorriso che ha convinto centinaia di donne a diventare mamme –. Il nostro servizio è portare luce. Anche una fiammella può cambiare molte cose».

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