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IL MIO STRANO NATALE COI TRE FIGLI IN QUARANTENA

di Orsola Vetri

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 28 dicembre 2021

Le mie figlie isolate ciascuna nella propria camera, il terzo all'estero, anch'egli bloccato. Si comunica coi messaggi. Hanno creato un gruppo di amici positivi al Covid. E i negativi? Vengono sconsolati sotto la finestra, annoiati come i positivi.-

“Ho fame, è pronto?”; “mi portate un the?”; “mi stampate queste pagine”; “mi annoioooooo”; “non so più quale serie vedere”; "perché nessuno mi risponde?". Sono alcuni dei messaggi scambiati nella chat di famiglia su Whatsapp delle mie due figlie. Stanno ciascuna dentro una stanza, isolate dal resto del mondo (isolate si fa per dire, perchè sono eternamente connesse) e comunicano così con papà e mamma. Febbre (bassa), tosse e raffreddore, escono solo per andare in bagno. Hanno creato anche un'altra chat di amici positivi al Covid. Si esce dal gruppo quando ci si negativizza. La sensazione è che anche i “negativi” si sentano un po’ soli… (non sanno con chi uscire). Prodigi della tecnologia.  Mi inteneriscono le loro visite sotto casa per salutare e filmare gli amici positivi al balcone o sul pianerottolo dove, dopo aver suonato, lasciano velocemente regali e cibarie. Così come le numerose e gentili offerte di chi può muoversi liberamente e accollarsi spese o commissioni. A Milano un abitante su 18, a essere ottimisti, è in quarantena. Sono soprattutto giovani.

E’ precipitato tutto in pochi giorni. Prima del 20 dicembre la situazione era questa: il weekend di Natale prenotato sulle piste da sci con i miei tre figli, il grande sarebbe arrivato dalla Spagna dove studia, e poi ognun per sé per il resto delle vacanze. Noi genitori in Puglia e i ragazzi ormai grandi chissà dove con gli amici. Con quegli stessi numerosissimi amici che al momento sono positivi e isolati. Proprio come loro.
Perché questa ondata, non ricordo più a quale numero siamo, ha travolto, per fortuna con esiti non preoccupanti, proprio i ragazzi. E di conseguenza le loro famiglie. Forse un po’ colpevoli di non essersi imposte e preoccupate per tempo dei rischi che i figli si stavano assumendo quando già si parlava dell’arrivo della variante Omicron.  Tutto ha avuto inizio, infatti, con una festa di laurea, alla quale è giusto ricordarlo, si accedeva solo con tampone negativo. Ma evidentemente non è bastato. Perché dei 70 invitati oggi si parla di 60 positivi. E come in un domino al mattino dopo, il 20 dicembre, Antonio, tanto atteso per Natale, ci comunica che all’aeroporto di Barcellona il suo tampone, obbligatorio per salire sull’aereo, è risultato positivo. Non può più raggiungerci. Intanto a Milano nel pomeriggio, in seguito alle prime notizie di positività tra i partecipanti alla festa, annulliamo il nostro the natalizio con i parenti e la famiglia allargata. Disdiciamo tutte le prenotazioni per le vacanze (siamo ancora in tempo per perdere solo pochi euro). Verso sera viene annullata anche la veglia scout cui avrebbero partecipato le mie figlie Natalìa e Letizia…  che nel giro di pochi giorni, con i primi sintomi, si aggiungono alla schiera dei sempre più numerosi amici positivi. Notizie accolte questa volta, a dire il vero, senza preoccupazione ma piuttosto con gratitudine per i vaccini grazie ai quali, nessuno andrà a sovraccaricare di lavoro i medici e gli infermieri negli ospedali.

Così in questi giorni, con un clima ben diverso dello scorso anno, ci atteniamo al copione previsto. Le lunghe file al freddo per un tampone molecolare ufficiale che attesti la malattia, la corsa spesso inutile a comprare i tamponi casalinghi da tenere per sicurezza (il cui miracoloso arrivo o presenza nelle farmacie o nei negozi viene comunicato come una "breaking news"  dai sempre ben informati sulle chat), l’isolamento per le ragazze positive, la quarantena fiduciaria per noi genitori contatti stretti, le ore inutili di attesa con il numero di Ats, le telefonate con i medici di base che vanno più consolati che consultati. E poi tanti altri aspetti a volte divertenti, spesso commoventi. Come il bollettino nei vari gruppi di whapp dove amici o parenti annunciano con un ritmo inquietante l’esito positivo dei tamponi (sia a Milano che a Barcellona). 

E poi il giorno di Natale… Che ci immaginavamo triste e malinconico ma che così non è stato. Io e mio marito in cucina, a capotavola un tablet ci collega con il corridoio, dove abbiamo sistemato Natalìa e Letizia, con Barcellona, dove Antonio nella sua stanza spoglia da fuorisede aspetta che il coinquilino portoghese cucini per lui un gustoso baccalà, con il vicino appartamento di mia sorella e mia nipote, ospiti fissi dei Natali passati, anche loro private della nostra compagnia diretta. Chiacchieriamo senza difficoltà. Sereni, straniti per la situazione, sollevati perché a noi è andata bene, consapevoli che per molti ahimè non è stato così, e speranzosi di essere sulla strada giusta perché tutto questo abbia fine.

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