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Gite scolastiche, perché gli insegnanti non vogliono più accompagnare gli studenti

di Maurizio Tucci, Presidente Laboratorio Adolescenza
Senza diaria, con maggiori responsabilità, le famiglie sul collo e gli studenti sempre più irrequieti, per i prof la gita d’istruzione diventa un vero e proprio inferno.-

Tutti i motivi del no

«Insegnante disponibile accompagnare classe in gita scolastica cercasi». Non è escluso che presto inizino a comparire, in rete o sulle pagine di qualche quotidiano locale, annunci di questo tipo o che sul curriculum di un insegnante venga richiesto di indicare se si sia «obiettori di coscienza» o meno riguardo le gite scolastiche. Certo è che trovare prof che siano disponibili ad accompagnare i loro studenti in gita – nonostante l’impeccabile modifica semantica che da un po’ di anni le ha trasformate da «gite scolastiche» a «gite di istruzione» – è impresa sempre più ardua. La conseguenza è che molte classi devono rinunciare a questo tradizionale appuntamento per mancanza di accompagnatori o devono organizzarsi autonomamente, ma in questi casi possono partire solo i maggiorenni, perdendo così il valore dell’esperienza del gruppo classe. La penuria di insegnanti con la guida Touring in mano è un fenomeno in rapida crescita, ma relativamente recente, tanto che ci si chiede: cosa è successo? Perché questa improvvisa sedentarietà che disincentiva i prof a lasciare la cattedra? Sono aumentate le responsabilità? Peggiorati i ragazzi? Diventati oggettivamente più pericolosi i viaggi?
Diaria Addio
Parlando con gli insegnati emerge che non c’è un’unica causa specifica ma che – come diceva l’indimenticabile Totò – «è la somma che fa il totale». Ecco i motivi principali per cui gli insegnanti tendono a dire di no alle uscite con i loro alunni. Da anni non c’è più alcun incentivo economico: da anni è stata tolta la cosiddetta «diaria» che gli insegnati accompagnatori ricevevano e che quantomeno – seppur minima – copriva i costi extra di un pranzo «fuori pacchetto» o di un caffè. A questo si aggiunge che non c’è neppure alcun riconoscimento professionale.
La responsabilità dell'autista
Un altro deterrente sono le nuove e più rigide norme di sicurezza e di controllo a cui devono sottostare i vettori (specie se si va in gita in pullman). Norme ovviamente apprezzatissime dagli insegnanti, ma che talvolta li mettono in difficoltà oggettiva se è a loro carico anche verificare che gli pneumatici del pullman non siano «lisci» o se l’autista si sia bevuto un bicchiere di vino prima di mettersi alla guida.
Insegnanti più vecchi
Un dettaglio non indifferente è poi l’aumento, dell’età media degli insegnanti per cui le notti in bianco a sorvegliare e le giornate a fare decine di chilometri diventano insopportabili. Infatti la gita è un impegno h24 per cercare di tenere sotto controllo studenti spesso incontrollabili. Sull’ultimo punto la conferma ce la fornisce direttamente la cronaca (spesso nera) in cui gli eventi riportati descrivono sempre più gite «distruzione»” piuttosto che gite «di istruzione».
Tutta colpa dello smartphone
Ma, ci si chiede, sono cambiati così tanto i ragazzi-in-gita rispetto al passato? Anche solo attingendo a reminiscenze personali d’altri tempi ritroviamo notti in bianco, gavettoni e tentativi di raggiungere le stanze d’albergo abitate dal «sesso opposto». E allora? A sentire gli insegnanti non sono cambiati gli studenti in quanto tali, ma gli strumenti a loro disposizione per «far danno». E – anche riguardo le gite scolastiche – compare l’immancabile e deleterio smartphone. Non solo per video e foto borderline, favorite dalla convivenza diurna e notturna, ma anche come strumento di comunicazione istantanea per aggirare il controllo degli insegnanti o, addirittura, per contattare i propri «basisti» sul posto. Basisti che nella migliore delle ipotesi sono normali amici di qualcuno del gruppo (che comunque favoriscono la dispersione serale e notturna del gregge), ma talvolta sono anche pusher veri e propri (i canali che i ragazzi hanno per contattarli sono infiniti) che – come ci riferisce una insegnante – ci «accolgono» già all’arrivo in albergo.
Il peso delle famiglie
Il grido di dolore degli insegnati riguarda anche la presenza incombente, anche questa h24, delle famiglie, sempre attraverso le comunicazioni social e le chat di classe. Anche un comunissimo sbaglio di strada, tradotto in un messaggio alla mamma «ci siamo persi», scatena l’inferno, con telefonate, richieste di chiarimenti, raccomandazioni e moniti. Per non parlare di un banalissimo mal di pancia per eccesso di gelati mangiati, la cui informazione arriva all’insegnante non direttamente dal «malato» ma triangola attraverso il genitore disperato del suddetto.
La fine di un'epoca?
Le gite, scolastiche o d’istruzione, sono dunque in via di naturale estinzione per impraticabilità del campo? Forse qualche insegnante stacanovista pronto al sacrificio si troverà sempre, ma forse sarebbe da riconsiderare il tutto. Oggi i ragazzi viaggiano molto più che in passato e città e posti normalmente visitati in gita hanno certamente un’attrattiva minore. Sempre più spesso o ci sono già stati o sanno di poterci tornare quando vogliono con un biglietto low cost a 20 euro. Per i ragazzi – salvo le dovute eccezioni, naturalmente – la gita «vera» è la sera, la notte, in albergo o, se ci riescono, fuggendo dall’albergo. Una gita che per loro è contemporaneamente d’istruzione e distruzione con e senza apostrofo. Perché dobbiamo renderci conto che per gli adolescenti è anche straordinariamente istruttivo (sebbene potenzialmente distruttivo) vivere insieme, per una volta senza orari, dovendo contare solo sulle proprie «forze psicologiche» in una socialità che può essere affascinante e spietata. Il problema è, allora, che non si possono mettere insieme la finalità didattica della scuola (sulla carta le gite sono il completamento di un percorso avviato in aula) ed il desiderio/aspettativa dei ragazzi di un momento di condivisione di spazi e tempi con i compagni e gli amici a prescindere dalla destinazione che è spesso un dettaglio, per loro, del tutto secondario. Soprattutto, non si può pretendere di mettere gli insegnanti a governare il traffico di questo delicatissimo crocevia.
da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 06 maggio 2019
 

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