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Ginecologi e vita umana. L’obiezione di coscienza sempre più sotto pressione

di Daniele Zappalà                      

Il caso del leader sindacale dei ginecologi francesi, bersagliato da pesanti critiche dopo essersi dichiarato obiettore, mostra quanto stia crescendo la pressione su un diritto decisivo della persona.-

In Europa la criticano aspramente in tanti, mentre altri sperano e progettano di eliminarla. Di certo, per i medici e infermieri che continuano a praticarla sulla base delle proprie più intime convinzioni l’obiezione di coscienza all’aborto è diventata un diritto a rischio da difendere strenuamente ogni giorno, come mostra da tempo la situazione in Francia. In questa chiave, sembra emblematico il gran polverone mediatico sollevato attorno alle recenti dichiarazioni di un noto ginecologo e ostetrico transalpino, Bertrand De Rochambeau, presidente del Syngof, associazione professionale di categoria.

Al microfono di una televisione privata il medico ha tenuto a spiegare chiaro e tondo che da tempo non pratica più aborti: «Faccio il mestiere con la mia anima. Mi alzo di notte a qualsiasi ora. Faccio operazioni molto difficili con l’anima, dunque non faccio più cose a cui non credo. Non siamo lì per togliere delle vite». Incalzato dalla giornalista, pronta a obiettargli che l’aborto «non è un omicidio », il medico non si è scomposto, ricordando di avere il diritto di pensarla diversamente. Il termine «omicidio», ha sottolineato il medico, fu impiegato a suo tempo anche dall’ormai defunta Simone Veil, l’allora ministro della Sanità che fece votare la depenalizzazione entrata in vigore nel 1975. De Rochambeau ha ricordato di essere protetto proprio da quella legge, oltre che dalla propria coscienza. Sono frasi che richiamano paradigmaticamente, senza ambiguità, pro- prio quelle intime convinzioni personali e quella libertà di pensiero per le quali esiste lo scudo dell’obiezione di coscienza.

Frasi sgorgate di getto dal pozzo interiore di un uomo al servizio degli altri e della vita in ogni sua forma. Parole che avrebbero potuto semplicemente suscitare, in altri contesti, una certa ammirazione persino da chi non condivide le stesse posizioni. Ma su un tema come l’aborto, designato anche oltralpe con la sigla neutra Ivg (interruzione volontaria di gravidanza), sembra incepparsi e annaspare anche la tradizionale passione tutta francese per lo scambio aperto di punti di vista e idee. Così sul medico, nel volgere di poche ore, si è riversata un’autentica valanga di attacchi. Il ministro della Sanità, Agnès Buzyn, ha dichiarato di voler ordinare uno studio per «assicurarsi che non ci sia un aumento del numero di medici che fanno valere la clausola di coscienza», una posizione per reagire anche alle ricorrenti notizie su strutture ospedaliere di provincia dove l’aborto sarebbe praticato assai meno che in passato proprio per via del ricorso all’obiezione di coscienza.

Pur riconoscendo il diritto all’obiezione di coscienza in linea di principio, lo stesso ministro non ha voluto mostrarsi neutrale verso il medico nel comunicato firmato assieme alla collega Marlène Schiappa, segretaria di Stato per le Pari opportunità: «Condanniamo le dichiarazioni del presidente del Syngof e siamo determinate a difendere dappertutto il diritto all’Ivg. Ogni donna deve poterlo esercitare in piena libertà». Secondo il Codice della Sanità, un medico francese «non è mai tenuto a praticare un’Ivg». Lo stesso diritto è tutelato per il personale ospedaliero. Ma in caso di rifiuto, i medici devono «comunicare immediatamente il nome di specialisti in grado di effettuare quest’intervento». Il Syngof, che si è parzialmente dissociato dalle dichiarazioni del suo presidente, aveva già affermato che «non è certamente sottraendo la loro etica e la loro coscienza ai medici che la nazione permetterà un accesso equo all’aborto per le francesi che lo richiedono».

Il tema suscita nuovamente profonde tensioni, come ha sottolineato lo stesso De Rochambeau in un’intervista al settimanale cattolico Famille Chrétienne: «Dal 2013, ascoltiamo crescenti richieste, in particolare dal Planning familiare o dall’Alto consiglio per le pari opportunità, per esigere la soppressione della clausola di coscienza specifica sull’Ivg. Lo consideriamo come un grande pericolo per la pratica medica». Lo specialista ricorda che far abortire «non è un intervento come un altro», poiché i medici «ritirano una vita per aiutare una donna in situazione di grande difficoltà». Assicurando di ricevere pure tanti sostegni, De Rochambeau non demorde: «Mi rendo conto che questo tema è ancora molto divisivo, ma accetto di battermi per quei medici che, qualunque sia il loro credo, hanno considerazione per l’inizio della vita».

In Francia il numero di aborti oscilla da tempo ufficialmente attorno ai 210mila casi all’anno (in Italia si è scesi sotto i 90mila), in un contesto segnato da un interventismo pronunciato dello Stato e da frequenti strumentalizzazioni politiche sulla questione. Durante la scorsa legislatura, a trazione socialista, era stata votata una legge per punire «l’ostruzione » all’aborto su Internet prendendo di mira alcuni siti pro life considerati in concorrenza con l’informazione diffusa dal Ministero della Sanità.

da www.avvenire.it

@Riproduzione Riservata del 20 settembre 2018

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