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Frontiere sociali. Cure palliative: l'inevitabile "presa in carico" del Terzo Settore

Giulia Galera Ricercatrice Euricse e Giuseppe Moretto, Neurologo
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 13 gennaio 2022

L'emergenza Covid ha messo in luce i limiti e l'inadeguatezza del sistema sanitario nazionale. Urge passare alla cosiddetta Medicina di prossimità per fornire servizi alla comunità.-

La pandemia da SARS-Cov-2 ha messo in tutta evidenza quanto anche il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) sia ormai inadeguato a fronteggiare le sfide della salute della popolazione del III millennio, rendendo non più procrastinabile una sua riorganizzazione.La necessità di integrare il prevalente "modello ospedale-centrico" con un sistema di servizi territoriali, rimarcata a gran voce all’esordio della pandemia da più parti, ha tuttavia perso vigore man mano che l’emergenza sanitaria è diventata quasi strutturale. La direzione verso cui riformare il SSN è un tema di enorme rilevanza, al quale i mezzi di informazione non stanno riservando l’attenzione dovuta. Gli sbocchi possibili sembrano essere due.

Cure palliative, il ruolo indispensabile del Terzo Settore
Cure palliative, il ruolo indispensabile del Terzo Settore

Da un lato, un profondo investimento sulla "medicina di prossimità", con la partecipazione degli enti del Terzo settore (ETS) nel progettare ed erogare servizi per la comunità, come sperimentato in alcuni territori (esempio le micro-aree a Trieste).
Dall’altra, un’ulteriore espansione della sanità privata for profit, orientata quasi esclusivamente alla cura della malattia acuta, mediante l’utilizzo di sempre più costose tecnologie, a scapito di investimenti nella prevenzione (esempio la recente riforma sanitaria lombarda). L’unico scenario in grado di contrastare efficacemente la vera sfida della salute di questo nostro tempo, vale a dire la qualità della vita nella dimensione della cronicità, è a nostro avviso il primo.
Pertanto, oltre alla necessità di costruire il mai attuato sistema di prevenzione previsto dalla Riforma Sanitaria 833/1978, vi sono numerose questioni di natura socio-sanitaria, legate all’incapacità di adeguarsi alle trasformazioni demografiche e sociali, che reclamano a gran voce soluzioni.

Ebbene, queste sfide potrebbero essere affrontate grazie anche a un rinnovato impegno civico, di cui gli ETS potrebbero farsi co-promotori. Se guardiamo al grado di copertura dei bisogni, è innegabile che il merito di aver colmato il vuoto lasciato da un sistema di welfare pubblico incapace di dare risposta ai bisogni connessi con nuove problematiche e povertà, è del Terzo settore (TS). Sono infatti gli ETS ad aver avviato le prime comunità terapeutiche per tossicodipendenti, le case famiglia per persone con problemi psichiatrici, e l’assistenza domiciliare.A questo punto è opportuno riflettere criticamente sul ruolo che gli ETS potrebbero rivestire all’interno di un SSN rinnovato: se considerarli produttori di servizi, a basso costo e in funzione subalterna rispetto al settore pubblico, oppure valorizzarli nella co-progettazione e realizzazione di interventi socio-sanitari.
Tra gli ambiti in cui gli ETS hanno svolto un ruolo pionieristico in una logica di prossimità vi è quello delle Cure Palliative (CP). Nate al di fuori delle istituzioni sanitarie nella seconda metà del secolo scorso, le CP sono definite dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) come un complesso di interventi di varia natura rivolti alla persona con malattia inguaribile a decorso progressivo, e ai suoi familiari, con l’intento di alleviarne la sofferenza fisica, psicologica, spirituale e sociale.
Ancora oggi la maggior parte degli ETS che offre CP non si limita a fornire prestazioni sanitarie per conto della sanità pubblica. Grazie al coinvolgimento di professionisti altamente specializzati, professionisti volontari, volontari non specializzati, familiari e amici del/la paziente, e alla capacità di dialogare con una pluralità di attori, gli ETS sperimentano innovative strategie d’intervento ritagliate sui bisogni specifici della persona malata di cui ci si prende cura.
Quello delle CP è un approccio che, sovvertendo il paradigma sanitario dominante centrato sulla malattia, offre importanti spunti di riflessioni su come riformare il sistema sanitario.

Un approccio non solo possibile, ma che è già sperimentato in diverse parti d’Italia, come dimostra il caso dell’associazione l’Acero di Daphne (www.lacerodidaphne.org). L’Acero di Daphne integra prestazioni medico-infermieristiche con interventi gratuiti domiciliari di fisioterapia, di counselling, di musicoterapia, di psicoterapia, di sostegno psicologico e di mindful yoga e anche di supporto all’elaborazione del lutto, nell’ottica di una "presa in carico globale" della persona malata e della sua famiglia. Come altre organizzazioni attive in questo ambito, L’Acero di Daphne organizza corsi di formazione in CP per i sanitari, sostiene il lavoro in equipe multidisciplinari e multi-professionali, e promuove la collaborazione tra professionisti e volontari, a riprova dell’attenzione riservata all’ascolto e alla cura degli aspetti relazionali.
Ebbene, è dalle iniziative virtuose di TS, come quelle che si occupano di CP, che bisognerebbe trarre spunto per riflettere su come costruire un sistema socio-sanitario più equo e più vicino ai bisogni della comunità, dando così piena attuazione al concetto di salute definito dall’OMS e ai principi cardine del nostro Sistema Sanitario Nazionale.

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