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Figlio ribelle: come comportarsi e gestire le situazioni più comuni a 11-14 anni

di Natalia Piemontese

da www.trend-online.com
@Riproduzione Riservata del 29 marzo 2023

Chi ha figli tra 11 e 14 anni lo sa bene. Botta e risposta continuo, si alza la voce, litigi per nulla. Come comportarsi con un figlio ribelle?.-

Chi ha un figlio di età compresa tra 11 e 14 anni lo sa bene. In casa sembra di avere a volte uno sconosciuto, che usa l’abitazione come un albergo, non vuole che si tocchino le sue cose ma prende, usa e getta a piacimento quelle degli altri.

Insomma, un figlio ribelle: ma come comportarsi?

Se fino all’ingresso alle scuole medie si ha ancora a che fare con un dolce bambino (o dolce bambina), da questo momento in poi la trasformazione verso la versione adulta di quel cucciolo ha inizio.

Botta e risposta continuo, alza la voce, scatta per nulla, si chiude nella sua stanza e si trasforma nell’essere più simpatico e sorridente del mondo con gli amici.

Certo che però a volte in casa l’aria è davvero irrespirabile. Come comportarsi con un figlio ribelle?

Ecco i consigli dello psicoterapeuta.

Come comportarsi con i figli ribelli

I consigli che qui di seguito riportiamo arrivano dal dott. Alberto Pellai, medico, psicoterapeu­ta dell'età evolutiva, ricercatore presso il dipartimento di scienze bio­mediche dell'Università degli Studi di Milano.

Innanzitutto, bisogna accettare che questo tipo di comportamento sia fisiologico. È legato al passaggio che il proprio figlio vive tra il bambino che si lascia alle spalle e l’adolescente che si affaccerà alla vita adulta.

Se fino ai 10 anni è ancora relativamente semplice gestire il suo comportamento (anche il modo di vestire, per esempio) e il bambino è ancora “incollato” alla mamma, dopo questa soglia di età, il preadolescente inizia ad affermare la propria personalità, senza più essere in linea con le aspettative dei genitori.

Ovviamente però non ha ancora la maturità giusta per rapportarsi con l’altro, soprattutto con un genitore, quindi usa i mezzi che ha a disposizione, in maniera un po’ maldestra, per così dire.

Chiude la porta della camera, appende cartelli “Do not disturb”, insomma vuole essere lasciato in pace.

Oppure provoca il genitore dicendo che ha preferenze con l’altro figlio. In questo caso, è importante ricordare che tale atteggiamento non ha nulla a che vedere con l’affetto che nutre per i genitori o il fratello o sorella.

Meglio mantenere la calma e spiegare che le esigenze da gestire sono diverse, soprattutto quando ci sono differenze di età.

Cosa fare con figli aggressivi

Se ad esempio la discussione diventa accesa, il genitore (che ricordiamo è l’unico adulto della situazione) non deve continuare nella contesa. Deve restare pacato e dire al figlio di andare in camera sua oppure è il genitore a uscire dalla stanza.

Bisogna far capire che si è aperti al dialogo e all’ascolto, ma non disposti a farsi insultare o gridare in faccia.

Purtroppo la vera piaga dei figli adolescenti o preadolescenti sono i genitori “amici”.

Il padre che con fare amichevole invita il figlio a bere una birra o fuma con lui una sigaretta per “rilassarsi”. Accettare un linguaggio scurrile perché tanto è così che fanno i giovani oggi. E via di seguito. Alla prima parolaccia, il figlio deve capire immediatamente che è un errore e una mancanza di rispetto nei confronti dell’altro.

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Ovviamente questo sottinteso “patto di non aggressività” deve essere reciproco. Il genitore non deve sentirsi autorizzato a gridare e insultare, solo in quanto “più grande”.

Il rispetto si impara da chi lo pratica, non da chi lo predica.

E soprattutto, attenzione a non impartire punizioni “restrittive”. Un classico oggigiorno, se il figlio non si comporta bene, è privarlo del cellulare. Questo non fa altro che aumentare la rabbia nei confronti del genitore, tra l’altro perché il ragazzo non può nemmeno sfogarsi con gli amici.

Le punizioni devono far parte dell’educazione del proprio figlio, ma in quanto “aggiuntive” e quindi che aumentano le responsabilità. Ad esempio, per una settimana dovrà occuparsi in esclusiva della cura del cane oppure apparecchiare e lavare i piatti.

Solitamente, quando sbollisce la rabbia, il figlio torna a essere quello che conosciamo. Ecco, in questo momento, bisogna mostrarsi aperti al dialogo e assolutamente non ritornare sull’episodio con paternali o peggio la richiesta di scuse reverenziali -assolutamente ipocrite e fini a se stesse- nei propri confronti.

Come comportarsi con un figlio che non ti rispetta

Mantenere ferma e stabile la propria figura di genitore è fondamentale per la crescita stessa del proprio figlio.

È chiaro che dire di sì o lasciar correre è una strada in discesa, rispetto a quella che invece prevede molti no sul proprio percorso.

Ma evitare l’atteggiamento amichevole consente anche di mantenere autorevolezza nel momento in cui si dovrà dire per forza no a una richiesta, da parte del figlio, che appare decisamente eccessiva.

Una volta definiti gli spazi di libertà da concedere (ad esempio l’uscita in comitiva il sabato), l’autonomia si concede per le ore pomeridiane, ma il no arriva nel momento in cui il figlio vuole rimanere fuori fino alle 22-23 già a quell’età.

È ovvio che al no del genitore seguirà sempre la ribellione del figlio. Le frasi tipiche che sentiremo sono quelle che riguardano il nostro ruolo, perché siamo i peggiori genitori del mondo e lui non si sente capito.

Anche in questo caso, non bisogna cedere al ricatto e ritornare sui propri passi. È un atteggiamento che indebolisce l’autorevolezza del genitore, che deve avere le idee chiare e non gridare più del figlio.

Il classico “Tu non mi capisci” mette in crisi i genitori, che temono di non essere un punto di riferimento e che il figlio vada a cercarlo altrove.

Cosa fare in questo momento? Sicuramente non chiudere la discussione con “basta, io sono tuo padre e si fa così”. L’atteggiamento giusto invece è chiedere al ragazzo perché non si sente capito, cosa invece avrebbe voluto sentirsi dire, in un momento così.

E a volte, con grande sorpresa dei genitori, alla fine i figli non insistono neppure più di tanto. Infatti accade che, pur sapendo che la richiesta è esagerata, inconsciamente sono portati a difendere comunque la propria posizione ma, dentro di loro, si sentono sollevati da avere di fronte un genitore “adulto” che sa sempre cosa è meglio fare per loro.

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