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DALLE DONNE AI GIOVANI: LA MILANO CHE VUOLE ESSERE ASCOLTATA DI PIÙ DALLA CHIESA

di Chiara Pelizzoni

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 10 maggio 2022

Don Walter Magni, portavoce dell'arcivescovo Delpini e referente diocesano per il Sinodo, illustra i risultati delle consultazioni sottoposte al Consiglio episcopale milanese e da lui riporati in una sintesi ragionata, diventata un documento destinato alla Conferenza episcopale italiana. L'entusiasmo delle religiose, la richiesta di superare il deficit di preghiera e di dialogo, l'invocata attenzione alle nuove generazioni, la ribadita disponibiltà ad impegnarsi: i passaggi più significativi.

Si sono concluse le consultazioni nella Diocesi milanese per il Sinodo avviate tra novembre 2021 e aprile 2022 e don Walter Magni ha redatto un documento di sintesi finale, che dopo l’approvazione del Cem (Consiglio episcopale milanese) verrà inviato alla Cei. Ma questo è solo il primo atto di un cammino ancora molto lungo.

Don Walter com’è andata?

Don Walter Magni, portavoce dell'arcivescovo di Milano Mario Delpini
Don Walter Magni, portavoce dell'arcivescovo di Milano Mario Delpini

«L’intenzione, richiesta dalla stessa segreteria del Sinodo, era che questa consultazione diocesana raggiungesse tutti i fedeli, ma la Diocesi ambrosiana è vastissima. In questo senso mi sono avvalso, dopo averli sensibilizzati sul tema, dei consiglieri del Consiglio pastorale e presbiterale della Diocesi. I primi si sono rivolti prevalentemente alle organizzazioni ecclesiali del territorio (parrocchie, comunità pastorali e decanati con i loro rispettivi consigli), i consiglieri del Presbiterale hanno raggiunto le fraternità sacerdotali dei 63 decanati diocesani. La risposta è stata molto buona quantitativamente, nonostante i tempi fossero molto stretti (tra dicembre e2021 e marzo 2022). I dati raccolti dai due Consigli sono stati sintetizzati e presentati nella sessione di febbraio di quest’anno, tenendo presente che a loro volta i consiglieri del Pastorale e del Presbiterale si sono messi in stato di consultazione sinodale. Naturalmente non mi sono avvalso solo di questi apporti, ma anche di tanti – gruppi e singoli fedeli – che mi hanno voluto inviare le loro riflessioni in reazione alla traccia suggerita dalla segreteria del Sinodo dei vescovi per questa consultazione. Inoltre un ampio consultazione è stata curata da molti istituti di vita consacrata e da diversi gruppi e singoli fedeli che meno si sentono rappresentati dalle comunità parrocchiali»«.

Quali sono le priorità emerse? I problemi, le urgenze, le ferite?

«È emersa soprattutto una grande domanda di ascolto. Intanto la Traccia era introdotta da una domanda fondamentale “come avviene questo cammino sinodale nelle nostre comunità e quali passi lo Spirito ci chiede di fare?”. Il secondo passaggio della traccia, riguardante propriamente l’analisi dell’ascolto, è a mio parere il tema più considerato. Quasi venisse a toccare un’esigenza molto presente nelle nostre comunità cristiane e rispondesse a un grande bisogno di ascoltare andando oltre certi schemi ecclesiali ordinari e soprattutto di essere profondamente ascoltati. Quasi si sentissi forte questa richiesta dalle comunità: “vorremmo essere più ascoltati”. L’altra questione, che emerge dai dati raccolti è il riscontro di una sorta di dialettica tra chi presiede la comunità e i fedeli in genere. Il dato non può essere generalizzato oltre misura, ma segnala una sorta di clericalismo – non solo da parte dei preti, ma anche di molti laici - che attraversa profondamente le comunità. E questo potrebbe frenare molto il processo sinodale avviato. Il terzo passaggio che evidenzio nel documento di sintesi è - evidenziando una forte debolezza nella applicazione di un metodo di ascolto - la mancanza in genere di un ascolto spirituale, di un ascolto “nello Spirito”. Manca cioè la consapevolezza che proprio perché ci si ascolta in un certo modo nelle nostre comunità questo permette allo Spirito santo di esprimersi con evidenza in vista di un annuncio più promettente del Vangelo. C’è un rapporto tra ascolto sinodale e missione che va recuperato».

Questo percorso vi ha permesso di intercettare dei “segni dei tempi”. Quali?

«Segni dei tempi ai quali guardare con speranza e attesa sono ad esempio la vita consacrata che dal punto di vista sinodale, all’interno dei propri istituti sta lavorando molto; ma anche gruppi di donne che forse meno si sentono interpretate e accolte nelle nostre comunità, ma hanno un sincero e profondo desiderio di dare un preciso contributo alla vita della Chiesa e ai suoi dinamismi. Molti hanno chiesto di saper guardare ai giovani non più solo come oggetto, ma come soggetto vivace, portatore di una sensibilità e di nuovi linguaggi ai quali dobbiamo saper guardare, a partire dai giovani che già sono presenti nelle comunità. Molto ci si aspetta poi dalle assemblee sinodali che stanno per essere avviate nei decanati della diocesi per l’impulso dei gruppi Barnaba: piccole equipe composte prevalentemente di laici in serio ascolto di quelle realtà sociali e culturali apparentemente esterne alle nostre organizzazioni ecclesiastiche (ospedali, scuole, aziente ecc.)».

Ora che avete consegnato alla Cei le conclusioni come prosegue il percorso?

«Credo che il grande passo sarà per un verso proseguire in questa sempre più operazione di ascolto, ma elaborando – come dice l’Arcivescovo Mario Delpini – una metodologia di ascolto, dei prototipi, dei modelli di ascolto capaci realmente di intercettare le questioni che contano e predisporre la gente ad esprimersi e a farsi ascoltare. Soprattutto in questi anni, nei quali la Diocesi sta riflettendo sulla riorganizzazione della Chiesa nel territorio diocesano – soprattutto il passaggio dalla parrocchia tradizionale alle comunità pastorali ecc.. – dovrà essere seriamente preservato la centralità dell’Eucaristia “che fa la Chiesa” rispetto a tutte le sue dinamiche organizzative.  Altra questione poi sarà insistere in modo organico sulla dinamica formativa: come fare tesoro di molti insegnanti credenti presenti nelle scuole pubbliche? Come valorizzare al meglio, in senso propriamente ecclesiale, le scuole cattoliche, gli insegnanti di religione ecc.  E, sempre sul fronte formativo, andranno avviate in diocesi dei laboratori di formazione alla sinodalità, coinvolgendo tutti, presbiteri e laici, soprattutto coloro che già operano all’interno dei consigli pastorali etc».

Quali sono le opportunità di questo metodo sinodale?

«Certamente una questione sinodale e che spetterà ai Vescovi affrontare in modo specifico, è il passaggio, all’interno dei nostri consigli, dal dinamismo proprio della consultazione alla capacità, da parte dei consiglieri che rappresentano una comunità, di giungere ad una deliberazione condivisa da tutti. Questo è certamente un punto ad un tempo delicato, ma decisamente interessante».

Che impatto avrà questo percorso sulla vita concreta della Diocesi ambrosiana?

«Sono percorsi lenti. La stessa dinamica di questa consultazione: documenti diocesani che vengono sintetizzati poi dalla segreteria della CEI dedicata e poi mandati da questa alla segreteria del Sinodo dei vescovi in vista della composizione dell’Instrumentum laboris, dice un iter molto articolato e complesso. Espletata questa consultazione il cammino sinodale continua. Dobbiamo imparare ad ascoltarci, acquisire una metodologia non scontata; dare credito all’altro, allargare la fascia di ascolto (anche a quelli che non vengono in Chiesa per esempio). Per arrivare lì ci vorranno anni, la Cei stessa ha previsto che tutto ciò accadrà tra il 2021 e il 2026. Con una fase di ascolto ‘21-‘23; una fase sapienziale di elaborazione e discernimento sulle tematiche più interessanti delle diocesi ‘23-‘24; e nel ‘25 (Anno Santo) e ’26 il rilancio operativo delle tematiche scelte dai vescovi d’accordo con le chiese che durerà fino al 2030. Ci aspetta un lavoro enorme. È una metodologia che va acquisita con una grande pazienza. Ma c’è molto più ascolto e sinodalità di quel che pensiamo».

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