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Coronavirus. «Caritas è a fianco degli invisibili. Non lasciamo nessuno per strada»

di Paolo Lambruschi
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 22 febbraio 2022

Il direttore, don Marco Pagniello: nei mesi della pandemia creati nuovi luoghi di accoglienza. Tutte le realtà di impegno nel sociale hanno fatto bene la propria parte.-

Un Centro vaccinale mobile per i senza dimora a Milano

La pandemia non ha fermato la Caritas. Nel 2020 i 6.780 servizi diocesani e parrocchiale, e gli oltre 93mila volontari a cui si aggiungono circa 1.300 volontari religiosi e 833 giovani in servizio civile, hanno sostenuto più di 1,9 milioni di persone. In un recente comunicato la Caritas chiarisce: «Tutto è stato fatto nel rispetto delle regole e delle persone, cercando di non interrompere i servizi e rimodulandoli dove possibile per essere fedeli alla nostra missione: stare accanto ai poveri e a chi soffre. Ogni Caritas diocesana si è organizzata in base alle specificità e alle indicazioni dei territori, alle strutture disponibili e alle criticità del periodo, in modo da salvaguardare gli operatori e le persone accolte non esponendole a rischi e nel contempo riuscire ad assistere in sicurezza quante più persone in condizioni di fragilità». E senza questi accorgimenti molti non ce l’avrebbero fatta.

Don Marco Pagniello
Don Marco Pagniello

In due anni di emergenza nessuno è rimasto fuori dalla porta delle Caritas dove ha bussato. Ora è il tempo di nuove risposte alle sfide della pandemia sociale che non ha creato nuovi poveri, bensì volti nuovi di poveri. Lo sostiene don Marco Pagniello, 51 anni, dallo scorso novembre quinto direttore della Caritas italiana, il quale traccia un bilancio di 24 mesi in prima fila accanto agli ultimi di operatori e volontari «ai quali gli italiani devono un grazie, come quello dato dal Papa e dal capo dello Stato agli operatori sanitari».

Partiamo dagli 'invisibili'. Come sono stati aiutati i senza dimora?
Credo che la pandemia ci abbia dato l’occasione di anticipare la creatività che il Papa ci ha chiesto lo scorso giugno nell’udienza per il 50° di Caritas italiana. Proprio con gli 'invisibili' le Caritas hanno sperimentato molta fantasia per essere prossimi a questi fratelli e sorelle. Hanno creato nuovi luoghi di accoglienza, come ad esempio le esperienze di cohousing, andandoli a cercare e convincendoli a volte a mettersi al riparo. Nessuno è rimasto escluso, nessun senza dimora secondo i dati ufficiali è morto nel periodo più duro del lockdown. Segno che la rete, che non è costituita solo dalla Caritas, ma da tutte le realtà di impegno nel sociale, ha fatto bene la propria parte.

Quali sono i nuovi strumenti creati in questi due anni per aiutare i più poveri?
Quando le mense non potevano distribuire cibo per evitare assembramenti, volontari e operatori hanno distribuito i pacchi all’esterno oppure a domicilio ad anziani e ammalati. Poi hanno istituito più turni e allestito nuovi spazi. In molti territori questi i servizi sono riconosciuti come essenziali. Questo ha permesso di adottare le norme nazionali per non lasciare nessuno fuori. Oggi da tutte le mense Caritas, in Italia, nessuno se ne va senza aver mangiato. E nessuno resta per strada. A meno che rifiuti il posto letto.

Ma le Caritas chiedono ai poveri il Green pass per accedere ai servizi?
Dipende dalle disposizioni delle autorità sanitarie locali, cui spetta la decisione. Quindi in alcune sì, in molte altre no. Però si fa di tutto per consentire a chi lo vuole di vaccinarsi. In diverse Caritas diocesane si è vaccinato direttamente, in altre viene offerto un servizio di accompagnamento negli hub.

Dalle cronache emerge il disagio sempre più forte di adolescenti e giovani che sviluppano violenza e aggressività. Come affrontarlo?
I nostri dati ci dicono che i figli stanno peggio dei genitori a causa della pandemia. Purtroppo le cronache recenti confermano il malessere e come i giovani abbiano bisogno di sostegno nel rileggere l’esperienza vissuta negli ultimi due anni dandogli senso per capire un mondo cambiato. Diverse diocesi stanno progettando la creazione di centri di aggregazione con figure specializzate. La pandemia ha fatto anche esplodere anche il disagio psicosociale dei giovani, come rileva l’80% delle diocesi. Noi dobbiamo anzitutto accogliere e accompagnare ai servizi territoriali. Poi, nella logica delle opere segno, aprire vie nuove con centri diurni per il disagio mentale in collaborazione con l’ente pubblico.

A proposito di vie nuove, in questi 24 mesi è scoppiata la povertà digitale nelle scuole. Cosa si è fatto?
Le Caritas hanno utilizzato buona parte dei fondi otto per mille che la Cei ha messo a disposizione delle diocesi italiane per l’acquisto di strumenti. Chi ne aveva di più, li ha messi a disposizione di chi non li aveva, sono state organizzate raccolte di pc e tablet, molte aziende li hanno donati alle famiglie in difficoltà. Ma questo problema ha messo a nudo una povertà dimenticata.

Quale?
La casa. Molti non si volevano collegare perché si vergognavano delle loro abitazione. Va riaffermato il diritto alla casa. Spero che le politiche abitative tornino al centro del dibattito politico e delle scelte di governo. Poi attendiamo le decisioni sul caro bollette perché ci arrivano segnali di enorme difficoltà nel pagare le utenze da parte di disoccupati e anziani con la pensione sociale. Oltre ai sussidi e ai fondi diocesani per contrastare la pandemia sociale le Caritas si stanno sempre più attrezzando nell’accompagnamento sia di chi cerca lavoro sia di chi vuole attrezzarsi per i nuovi. Soprattutto non va abolito il reddito di cittadinanza, va razionalizzato per traghettare i poveri verso l’occupazione o per sostenere chi non può lavorare.

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