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Chi trova un amico…

di Maria e Raimondo Scotto
da www.cittànuova.it
@Riproduzione Riservata del 05 dicembre 2021

Ha senso oggi, nell’era dei social-network, in un mondo tutto centrato sulla soddisfazione dei bisogni, sull’utilitarismo, parlare ancora di amicizia?.-

amico

A volte si parla di amici, ma in realtà si tratta di compagni di partito o di associazione, di colleghi o di persone con cui si trascorre il tempo libero per interessi comuni. Si tratta di rapporti che spesso svaniscono col variare delle situazioni della vita. Per non parlare di chi si considera amico attraverso Facebook, rapporti che spesso sono solo amicizie virtuali.

Oggi la parola “amicizia”, più che in altre epoche, si presta ad equivoci e viene utilizzata per indicare relazioni di vario tipo. In fondo al cuore, però, tutti intuiamo il valore di un amico “vero”… difficile da trovare, ma di cui abbiamo estremo bisogno perché, senza relazioni significative, il cuore si può ammalare. Ci ha sempre colpito una frase drammatica di una canzone di De Gregori: «Povero me, povero me! Non ho nessuno con cui bere un caffè…». Forse tutti abbiamo sperimentato qualche momento simile quando, per circostanze varie, le persone su cui potevamo veramente contare non erano disponibili.

Qualcuno potrebbe chiedersi: «Se io amo il mio prossimo, cerco di aiutarlo, di consolarlo, non è sufficiente? Che differenza c’è tra amore e amicizia?».

In realtà l’amicizia ha un suo carattere specifico. Mentre siamo chiamati ad amare tutti, non possiamo però sperimentare l’amicizia con tutti; anche se avessimo ideali comuni, non con tutti scatta quell’empatia speciale. L’amicizia tra due persone presuppone, oltre all’amore con tutte le sue caratteristiche, un’affinità elettiva, capace di generare un sentimento affettivo durevole. Due amici stanno bene in compagnia perché si stabilisce tra loro un rapporto di reciprocità in cui si sperimenta l’uguaglianza, la stima, la fedeltà, la serenità. L’amore può essere la strada maestra per costruire un’amicizia, ma non è sufficiente.

La reciprocità, però, non può mai essere pretesa in quanto, come tutti i legami veri, l’amicizia si nutre di libertà e di gratuità. Scrive Michel Pochet: «Spesso ci crediamo disinteressati ma quando l’altro non risponde alla nostra (presunta) gratuità siamo delusi e gli ritiriamo la nostra stima».

È però anche vero che, se ad un certo punto non scatta la reciprocità, non possiamo parlare di amicizia.

Un altro ingrediente che dà ossigeno ai rapporti amichevoli è la totale assenza di gelosia. Il vero amico non è mai possessivo, ma gode delle gioie altrui. Siamo veramente felici se i nostri amici frequentano altri amici, se non ci invitano sempre nei loro momenti di convivialità, di svago, ecc.?

L’amicizia vera desidera il bene dell’altro, ciò che lo rende più felice, che lo aiuta a realizzarsi, pronto a rispettare anche quelle sue scelte a volte per noi incomprensibili; Il rispetto della diversità è un elemento fondante.

Il detto noto “Chi trova un amico trova un tesoro” ci invita a custodire e a coltivare l’amicizia come un vero tesoro; senza assilli, ma anche senza abbandoni alla casualità. Dire “prima o poi ci ritroveremo” non funziona: bisogna cercare le occasioni per potersi ogni tanto incontrare. L’amicizia, infatti, si nutre del contatto umano, di una stretta di mano, di una condivisione di esperienze, di risate spensierate e di lacrime asciugate, di un ascolto senza fretta.

Ovviamente possono esserci dei periodi della vita molto difficili, situazioni drammatiche, momenti di lontananza, che rendono impossibile la frequentazione ma, quando l’amicizia è vera, appena ci si ritrova, anche se sono passati anni, si sperimenta subito la gioia, quel caratteristico senso di benessere psicofisico che non subisce mutamenti.

Concludiamo con una pagina indimenticabile di sant’Agostino sull’amicizia: «…massimo ristoro e sollievo mi veniva dal conforto degli amici con i quali avevo in comune l’amore per ciò che amavo: i colloqui, le risate, lo scambio di cortesie affettuose, le comuni letture di libri interessanti, i comuni passatempi… qualche incomprensione occasionale, i frequenti consensi… eravamo gli uni degli altri, ora maestri, ora discepoli».

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