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SINODO, PARLA UN WRITER: «CHIESA, COLORA I SOGNI DEI MILLENNIALS»

di Lorenzo Montanaro

«Io i muri li dipingo, ma le gerarchie ecclesiastiche dovrebbero buttare giù quelli che li separano dalle nuove generazioni», dice Andrea Sergio, in arte Mr. Wany, lo street artist che a Torino ha raffigurato la storia di san Giovanni Bosco.-

«Io li dipingo, alla Chiesa chiedo di abbatterli». Parla di muri, sia di quelli fisici, sia di quelli invisibili fatti di pregiudizi, di incomprensioni, di diffidenze e d’incomunicabilità, Andrea Sergio, in arte Mr. Wany, brindisino, classe 1978, writer (in italiano “graffitista”, ma il termine è riduttivo) di fama internazionale. Con i suoi colori, porta la bellezza anche dove non ci si aspetterebbe di trovarla, negli angoli urbani più anonimi e dimenticati.

A Torino, su una parete esterna della casa madre salesiana di Valdocco, a due passi dalla basilica di Maria Ausiliatrice, ha appena terminato un murale di grandi dimensioni, dedicato alla figura di don Bosco. Un’opera venata di rimandi e simbolismi, che ripercorre, come un nastro, l’intera esperienza umana del Santo dei giovani. È un’occasione per incontrare questo particolarissimo artista, il cui linguaggio sa parlare alle nuove generazioni di più e meglio di tante parole.

«In famiglia sono stato educato ai valori cristiani. Ricordo i campi estivi della parrocchia e un periodo negli scout: esperienze che mi hanno fatto crescere». Poi, a 17 anni, il grande salto. Andrea si trasferisce a Roma, per dare una forma più compiuta al suo precoce talento.

Andrea Sergio ha elaborato un personale percorso spirituale: «Non riesco a “pregare a comando”, lo faccio quando ne sento l’esigenza. Ma i valori cristiani sono un costante orientamento: amare la vita, fare con amore ciò che si fa, aiutare chi ha bisogno. Questo vorrei insegnare a mio figlio di 8 anni e mezzo». Ideali che sembrano affiorare anche dalle sue opere, inni alla vita, di puro colore.

Quanto ai rapporti tra Chiesa cattolica e chi s’affaccia alla vita, anche in vista dell’imminente Sinodo dei giovani, Mr. Wany ritiene che siano ancora molte le barriere da abbattere. «Ci sono reciproci pregiudizi. Un ragazzo tatuato o pieno di piercing magari viene guardato con un po’ di diffidenza. Però, volendo, una chiave di dialogo si trova».

E in tutto questo, don Bosco? «Ha aperto una porta. Ha trovato una strada per parlare ai ragazzi, valorizzando anche i momenti di gioco. E ha dato voce a chi, nella società del suo tempo, non aveva alcuna possibilità di essere ascoltato: i giovani, appunto».

Oggi Mr. Wany è un artista a tutto tondo, in viaggio tra l’Italia e l’Europa, con qualche puntata oltre oceano. Incontra tanta gente, «sacerdoti, tatuatori, insegnanti di arti marziali: da tutti ricevo qualcosa, perché ciò che conta non sono le strutture, ma le persone».

Pensando ai giovani e alle loro fatiche, l’artista si riallaccia all’esperienza personale. «Sono cresciuto in un quartiere difficile. C’era delinquenza. Ero timido e chiuso in me stesso. Gli altri giocavano a calcio, io ascoltavo musica o disegnavo. Ma dentro sentivo un urlo». E in effetti il nome Wany nasce dall’incontro tra le parole inglesi corrispondenti a “urlo pallido”. «La pittura mi ha dato una strada, mi ha permesso di esprimermi, distogliendomi dal perdere tempo in cose poco costruttive. Per questo dico ai ragazzi: seguite le vostre passioni; tutti abbiamo dentro un talento».

da www.famigliacristiana.it

@Riproduzione Riservata del 03 ottobre 2018

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