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MOGLI, MADRI E SUORE, IL SINODO "IN ROSA": «CHIESA DACCI SPAZIO»

di Chiara Pelizzoni

Sono più di trenta le donne che partecipano al Sinodo dei giovani. Religiose, laiche e anche una sposata con un musulmano. Sono invitate a intervenire, ma senza la possibilità di votare il documento finale. Ne parliamo con Paola Lazzarini, sociologa e fondatrice del movimento “Donne per la Chiesa”.-

Sono una trentina le donne coinvolte nel Sinodo dei giovani. Mamme, mogli e suore. Una novità per il numero delle partecipanti, non per la loro presenza. «Non è la prima volta» conferma Paola Lazzarini, sociologa e fondatrice di Donne per la Chiesa; «anche nell’ultimo Sinodo sulla Famiglia c’era la presenza femminile, per esempio Lucetta Scaraffia, ma le donne potevano parlare solo se interpellate e una, due volte al massimo. In questo Sinodo, invece, sono più di trenta: possono parlare, ma non possono votare».

Del resto come si poteva pensare di parlare di giovani senza coinvolgere le donne…

«Infatti. Questo è un aspetto che trovo particolarmente inquietante. Leggendo l’Instrumentum Laboris emerge dal questionario sottoposto ai ragazzi la mancanza dei padri, ovvero le madri sono per la stragrande maggioranza un punto di riferimento per loro. Eppure questa evidenza emersa dai questionari ha interpellato più nei termini di assenza dei padri nella vita, piuttosto che di assenza delle madri nella Chiesa. Le donne non sono coinvolte nel processo di discernimento ecclesiale che riguarda i loro figli o i bambini che accolgono a catechismo. Questi giovani li tiriamo su noi, in tanti ambiti, e il non essere pienamente coinvolte è grave. Si dirà questo è il Sinodo dei vescovi, non è questo il luogo. Ma allora qual è il luogo, visto che il Sinodo muove i primi passi nei consigli presbiterali dove non ci sono donne, nei consigli pastorali dove ci sono, ma sono poche. Anche nell’Episcopalis Communio il Papa dice dovrebbe rappresentare l’intero popolo di Dio. Ma se sono tutti maschi celibi che rappresentazione è?».

Poche e in più non votano

«Esatto, anche quando ci sono non votano. Ed ecco la delusione. Possono votare anche i laici, ma allora perché non le laiche? O almeno le religiose, già loro andrebbe benissimo purché possano votare. Noi ci sentiamo rappresentate da queste donne, il loro voto è fondamentale per noi. Ecco perché quando abbiamo saputo che erano state invitate in una trentina con altri due gruppi internazionali, quello inglese Catholic Women Speak e quello americano Women's Ordination Conference abbiamo mandato una lettera dicendo: «Noi vi appoggiamo, siamo con voi; ma voi per prime chiedete di votare».

Perché è importante che le donne abbiano un ruolo nella Chiesa?

«Perché le donne sono la Chiesa tanto quanto gli uomini. Perché numericamente sono più della metà, perché trasmettono la fede, perché l’annuncio di Pasqua è stato fatto da una donna. Gesù per primo è inclusivo e non esclusivo. Allora, quando le donne erano protagoniste, reggevano le comunità e ospitavano, come oggi la Chiesa deve guardare al cammino che la società fa. Per fedeltà al presente abbiamo bisogno che le donne trovino il loro posto nella Chiesa. Io che sono mamma di Miriam, una bambina di sei anni e mezzo, non voglio che crescendo trovi la Chiesa che ho conosciuto io».

Donne e servizio, non servitù

«Esatto. Il che riguarda da un lato il tema della vita religiosa femminile che non ha la stessa dignità di quella maschile e spesso viene interpretata come mano d’opera a basso costo; dall’altro, il ruolo delle donne laiche come me che all’interno delle parrocchie, pur di fare andare avanti le cose e creare spazi per tutti, accettano di essere trattate come manovalanza spiccia. Quasi non potessero esprimere opinioni o, in alcuni casi, determinate ad accettare certi atteggiamenti pur di raggiungere i risultati, non educando i nostri pastori ad avere stima di noi».

Anche perché sono le donne che tengono aperte le nostre Chiese, sono le nostre catechiste, le presidenti di associazioni di volontariato. Francesco ha fatto qualche apertura reale verso le donne nella Chiesa?

«Diciamo che il Papa manifesta una grande attenzione e un grande, vero amore per le donne. Ma nella Chiesa di passi avanti non ne abbiamo visti. Il Sinodo era una grande occasione, ma è stata persa. Detto ciò noi riponiamo grande fiducia e tanto amore per Lui, ma vorremmo vedere dei cambiamenti reali. Per esempio, includendo le donne nei principali processi decisionali della Chiesa, poi superando quel clericalismo di cui Lui stesso ha parlato. Clericalismo che potrà essere superato solo con un maggior protagonismo delle donne. Perché la tentazione di una casta tutta al maschile è davvero forte e si ricadrebbe nuovamente in questo peccato (di clericalismo)».

Donne "Dall'ultimo banco" come direbbe la Scaraffia. Eppure in Italia non alzano mai la voce

«Quando il nostro gruppo ha iniziato a lavorare al manifesto che abbiamo pubblicato a febbraio è nato il desiderio di smarcarci dall’idea della donna al seguito dell’uomo, donnine che danno una mano  mentre in realtà siamo donne competenti, professioniste che soffrono terribilmente questa rappresentazione errata. Quando l'abbiamo pubblicato abbiamo scoperto che all’estero le donne hanno meno soggezione e sono scattate delle vere e proprie alleanze; alleanze internazionali che ci fanno sentire meno sole. Il problema è che di fondo c’è un grande maschilismo e una deferenza verso la gerarchia ecclesiastica che noi scontiamo rispetto ad altri Paesi. Forse anche perché qui da noi il cattolicesimo è il credo religioso principale, più diffuso,  e manca il confronto gli altri, per esempio con lo stile dei fratelli protestanti. Così viene meno una riflessione critica».

C’è ancora tanta strada. Cosa possono e devono fare le donne per avere un ruolo?

«Tanta davvero. Io suggerisco sempre tre criteri: assertività, ovvero non temere di parlare. E non per creare scontro, ma per dire chi siamo in tutte le situazioni. Ecco allora che nel Consiglio pastorale parrocchiale una donna commercialista dovrà proporsi per il suo ruolo, non solo come una mamma. La seconda è la libertà che ci permette di superare questo senso di inferiorità e di vivere il rapporto con la Chiesa da figlie e non da serve. Il terzo è l’alleanza femminile: quando siamo libere dall’approvazione maschile sappiamo essere alleate, sappiamo sostenerci: sappiamo essere sorelle».

da www.famigliacristiana.it

@Riproduzione Riservata del 04 ottobre 2018

 

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