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Mamma single?

di Redazione Quimamme  Redazione Quimamme
da www.quimamme.corriere.it
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Sono sempre più numerose le donne che si trovano a vivere e a sostenere la crescita dei figli da sole. E che, oltre al ‘lavoro’ di mamma, devono necessariamente sobbarcarsi quello fuori casa. Con il risultato di vivere la condizione di mamma-single tra sensi di colpa, affanno e solitudine.
Quasi mai è una scelta
La loro è senza dubbio un’esperienza molto particolare: non poter condividere con un compagno le responsabilità e gli impegni, ma anche le soddisfazioni e il piacere che derivano dal crescere i figli. Una situazione che quasi mai è frutto di una scelta, ma che spesso rappresenta la conseguenza di una separazione, di una vedovanza o dell’incapacità del compagno di affrontare la paternità.
I sentimenti che prevalgono
Essere soli spesso rende più intensi gli sforzi, le fatiche e le preoccupazioni, che comunque avvertono tutti i genitori, anche quando affrontano in coppia il compito di crescere un figlio. Allo stesso modo può acuire il senso di colpa e inadeguatezza, alimentato proprio dall’assenza del partner.
La difficoltà più grande per un genitore solo è proprio dover ridimensionare il progetto familiare, così come è inteso tradizionalmente e di riuscire a immaginarsi come l’unico punto di riferimento per il proprio bambino.
Tanti, poi, sono gli ostacoli di tipo pratico, dai tempi sempre troppo stretti per gestire e organizzare tutto, agli inevitabili problemi economici.
E, infine, ci sono le remore psicologiche, quelle che fanno più paura, perché a volte proprio non permettono a una mamma di andare avanti con la necessaria serenità.
Nelle famiglie dove è presente un unico genitore, si potrebbe determinare una situazione di reale difficoltà solo nel momento in cui il nucleo dovesse isolarsi e chiudersi nei confronti dell’ambiente circostante e, così, nutrire un sentimento di inferiorità, rispetto allo stereotipo diffuso, che riconosce la famiglia ideale soltanto nel modello tradizionale.
Insomma, lo ‘svantaggio’, se c’è, della famiglia monoparentale si materializza esclusivamente quando sono le madri stesse a percepirsi come inadeguate nel loro ruolo e a considerare determinante per lo sviluppo armonico della personalità di un figlio la presenza di entrambe le figure parentali, quella materna e quella paterna”.
Quante trappole da evitare! La tentazione, per la mamma single, è… fare per due! Pretendendo tanto (troppo) da se stessa e cadendo vittima di una controproducente ansia di perfezione.

  • Una donna sola potrebbe essere tentata di investire tutte le sue energie e risorse nel ruolo di madre, proprio nell’intento di riuscire a compensare l’assenza della figura paterna, assumendo a volte atteggiamenti iperprotettivi. Ma, così facendo, si corre il rischio di assumere comportamenti non favorevoli a stabilire un’equilibrata relazione madre-figlio e, così, di ostacolare uno sviluppo armonico del bambino”.
  • Inoltre, se una mamma sola ritiene erroneamente - come spesso accade - il proprio bambino ‘svantaggiato’ rispetto ai suoi coetanei, potrebbe finire per viziarlo proprio in funzione di risarcimento, magari esaudendo ogni suo desiderio. Invece, per dimostrare il proprio amore ai figli, la cosa migliore è stare loro accanto, trascorrendo insieme più tempo possibile.

A volte, sola è meglio! Quel che serve a un bambino perchè cresca sereno e sicuro di sé, è presto detto: generose dosi di amore, sicurezza e fiducia. Ma anche un modo di comunicare basato sull’ascolto e sull’apertura al dialogo, che comporti, per lui, la possibilità di sentirsi libero di esprimere i propri sentimenti. Tutto questo è possibile anche in una famiglia monoparentale.
I nuclei considerati ‘normali’, dove sono presenti sia la madre che il padre, non garantiscono necessariamente una condizione ottimale: a volte, anzi, si creano problematiche e disagi non indifferenti. Basti pensare, per esempio, ai conflitti tra i coniugi che coinvolgono i figli, oppure a stili educativi molto rigidi e autoritari, che possono determinare una distanza emotiva dai figli.
Insomma, vivere in una famiglia monoparentale può anche offrire ai bambini un’esperienza di crescita coinvolgente e interessante: questo è il dato più significativo che emerge dall’analisi delle dinamiche relazionali e su cui conviene concentrarsi e ‘scommettere’. Più che in una famiglia tradizionale, infatti, i figli possono essere stimolati a partecipare alle scelte che li riguardano. Tuttavia, l’ultima decisione spetta sempre alla mamma, per non gravare i piccoli di responsabilità superiori alle loro forze.
Amicizie, baby sitter e autostima le parole chiave

  • È molto importante che intorno alla coppia mamma-bambino sia presente una rete di relazioni parentali e di amicizie che permetta di distribuire e di delegare, nei limiti del possibile, gli impegni familiari. Resta così la possibilità, per una mamma ‘single’, di riconoscere come legittimo il desiderio di avere spazi e interessi propri, in qualità di individuo adulto e non solo come genitore. Il benessere personale, in fondo, è un presupposto fondamentale per offrire ai figli un modello positivo cui ispirarsi, un esempio di persona adulta, in senso più ampio e completo, ossia matura, libera e autonoma.
  • Riconoscere valore a se stessi regala forza e determinazione: una mamma sola deve essere fiera di sé, perché si sforza di trovare soluzioni efficaci per tutto, anche per colmare nel modo migliore il vuoto della figura paterna. Come fare? Contando su se stessa, ma anche sulle amicizie e sul contesto che la circonda. È necessario coinvolgere altre persone nell’organizzazione della vita familiare, cercando sostegno e confidando loro i propri dubbi. Così, si potrà condividere l’onere delle scelte di ogni giorno e creare uno scambio di idee costruttivo, in grado di allentare la tensione psicologica. E proprio l’intraprendenza della mamma – intesa come fiducia in se stessa, ma anche disponibilità al confronto – rappresenterà per il bambino un modello positivo, che lo aiuterà a crescere.
  • Per lo stesso motivo è importante non frequentare solo mamme single, ma aprirsi con famiglie di ogni tipo per un confronto sull’educazione e la crescita dei figli.
  • Un appoggio importante lo può dare anche la baby sitter. Dopo aver individuato la candidata giusta, è utile spiegarle fin da subito, in maniera dettagliata, quali saranno i suoi compiti e cosa ci si aspetta da lei. Questo per non creare confusione di ruoli e, soprattutto, per instaurare un rapporto di collaborazione e non di rivalità: il bambino ne risentirebbe.

E se il bambino chiedesse notizie del suo papà? È naturale che accada. In questo caso è importante sforzarsi di mettere da parte rancori, bugie o alibi: i bambini hanno il diritto di essere informati sulla loro storia e non bisogna dar loro modo di pensare che siano stati oggetto di un rifiuto.
A volte, però, si presenta il problema opposto, cioè il bambino non chiede notizie del suo papà. Probabilmente perché non è ancora riuscito ad accettare l’idea di un padre assente. La cosa migliore, allora, è quella di rispettarne il silenzio, senza anticipare i tempi e senza obbligarlo ad ascoltare spiegazioni che non è pronto a capire. Si deve cercare di creare un’immagine positiva della figura paterna, che possa imprimersi nella mente del bimbo, per farlo crescere serenamente

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