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L'udienza. Pace, giustizia, verità, famiglia e vita. Il vocabolario di Leone XIV

di Mimmo Muolo
da www.avvenire.it

@Riproduzione Riservata del 16 maggio 2025

Nell'incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, il Papa declina le condizioni essenziali per la convivenza tra i popoli. Stop alle armi, no al lavoro indegno, attenzione all'IA.-

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Il Papa saluta il decano del Corpo Diplomatico George Poulides - ANSA

Un mondo che sia davvero «una famiglia di popoli» ha bisogno soprattutto di tre parole: pace, giustizia e verità (e verità sull'uomo senza ambiguità). Se aggiungiamo la speranza, le parole diventano quattro. Ma in questo particolare vocabolario figurano anche la famiglia come unione stabile di uomo e donna, la dignità della vita di tutti, bambini, anziani e migranti. La libertà religiosa e la tutela del lavoro da certe condizioni indegne. Sono le parole adoperate da Leone XIV nel suo primo discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un incontro, quello odierno, che ha raccolto nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico i rappresentanti dei 184 Paesi di tutto il mondo con cui la Sede Apostolica intrattiene rapporti diplomatici bilaterali. Di questi Paesi 91 hanno a Roma anche un'ambasciata presso la Santa Sede, distinta da quella presso il Quirinale. E papa Prevost non ha fatto mistero della sua intenzione di avvalersi del «costante e paziente lavoro della Segreteria di Stato» per «consolidare - ha detto - la conoscenza e il dialogo con voi e con i vostri Paesi». «In un certo senso, la mia stessa esperienza di vita, sviluppatasi tra Nord America, Sud America ed Europa, è rappresentativa di questa aspirazione a travalicare i confini per incontrare persone e culture diverse».

Torna in campo, dunque, la grande diplomazia vaticana, «espressione della cattolicità stessa della Chiesa», perché questo - ha sottolineato il Pontefice - è il tempo in cui «è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensate anzitutto per porre rimedio alle contese che potessero insorgere in seno alla Comunità internazionale». E da questo punto di vista, «nella sua azione diplomatica, la Santa Sede è animata da una urgenza pastorale che la spinge non a cercare privilegi ma ad intensificare la sua missione evangelica a servizio dell’umanità». Essa, infatti, «combatte ogni indifferenza e richiama continuamente le coscienze, come ha fatto instancabilmente il mio venerato Predecessore, sempre attento al grido dei poveri, dei bisognosi e degli emarginati, come pure alle sfide che contraddistinguono il nostro tempo, dalla salvaguardia del creato all’intelligenza artificiale».

La parola pace

Leone XIV ha declinato quindi i tre vocaboli posti a fondamento di ogni pacifica convivenza. A partire proprio dalla pace. Da non intendere solo in senso negativo, come assenza di conflitto. «Nella prospettiva cristiana – come anche in quella di altre esperienze religiose – la pace è anzitutto un dono - ha detto il Papa -: il primo dono di Cristo: «Vi do la mia pace» (Gv 14,27). Essa è però un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa, e che esige anzitutto un lavoro su sé stessi. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi».

Il Pontefice ha poi sottolineato l'importanza della «libertà religiosa in ogni Paese, poiché l’esperienza religiosa è una dimensione fondamentale della persona umana, tralasciando la quale è difficile, se non impossibile, compiere quella purificazione del cuore necessaria per costruire relazioni di pace». A partire da questo lavoro, «che tutti siamo chiamati a fare - ha quindi sottolineato -, si possono sradicare le premesse di ogni conflitto e di ogni distruttiva volontà di conquista. Ciò esige anche una sincera volontà di dialogo, animata dal desiderio di incontrarsi più che di scontrarsi». Ecco dunque che «bisogna ridare respiro all'azione diplomatica e occorre «smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte, poiché, come ricordava Papa Francesco nel suo ultimo Messaggio Urbi et Orbi, "nessuna pace è possibile senza un vero disarmo [e] l’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo"».

La parola giustizia

Citando quindi il suo predecessore Leone XIII la sua enciclica Rerum novarum, Leone XIV ha aggiunto: «Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la Santa Sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre peraltro adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società».

Di qui la sottolineatura del «compito di chi ha responsabilità di governo di adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate». Il Papa ha chiesto innanzitutto un investimento «sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna, società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società». Inoltre, ha domandato di «favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino
o immigrato». E facendo poi riferimento alla sua stessa storia familiare e personale, «cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato», ha notato: «Ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio».

La parola verità

La terza parola è verità. «Non si possono costruire relazioni veramente pacifiche, anche in seno alla Comunità internazionale, senza verità - ha ammonito il Papa -. Laddove le parole assumono connotati ambigui e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, prende il sopravvento senza controllo, è arduo costruire rapporti autentici, poiché vengono meno le premesse oggettive e reali della comunicazione». Per questo motivo «la Chiesa non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche ad un linguaggio schietto, che può suscitare qualche iniziale incomprensione. La verità però non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna».

Per i cristiani tuttavia , ha ricordato il Pontefice, «la verità non è l’affermazione di principi astratti e disincarnati, ma l’incontro con la persona stessa di Cristo, che vive nella comunità dei credenti. Così la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra. Sono sfide che richiedono l’impegno e la collaborazione di tutti, poiché nessuno può pensare di affrontarle da solo».

La speranza

Nel pieno del Giubileo della Speranza, Leone XIV ha espresso infine l'auspicio che si possa «costruire, lavorando insieme, ciascuno secondo le proprie sensibilità e responsabilità, un mondo in cui ognuno possa realizzare la propria umanità nella verità, nella giustizia e nella pace. Mi auguro che ciò possa avvenire in tutti i contesti, a partire da quelli più provati come l’Ucraina e la Terra Santa». Questo infatti, «è un tempo di conversione e di rinnovamento e soprattutto l’occasione per lasciare alle spalle le contese e cominciare un cammino nuovo».

Al Papa aveva rivolto il suo saluto, a nome di tutti, l'ambasciatore di Cipro e decano del Collegio cardinalizio, George Poulides. Che aveva riaffermato la volontà di «intraprendere» con il Pontefice Lei «un cammino di Pace, di costruzione di ponti per alleviare le sofferenze del mondo, per fronteggiare le sfide della modernità, per ridurre le conseguenze sempre più devastanti dei cambiamenti climatici, per combattere le diseguaglianze tra persone e popoli che si allargano come ferite aperte, per aiutare gli ultimi, gli indifesi, i dimenticati».

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