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L’immagine sociale della violenza sessuale

di Giulio Meazzini
da www.cittànuova.it
@Riproduzione Riservata del 27 novembre 2019
Il rapporto Istat. Le opinioni degli Italiani sull’accettabilità dell’aggressività verso le donne. Gli stereotipi e i pregiudizi.-

Nell’ambito della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, l’Istituto nazionale di Statistica (Istat) ha pubblicato un rapporto con le opinioni degli italiani sui “ruoli” che uomo e donna dovrebbero avere nella società, ma anche, per la prima volta, «sullaccettabilità della violenza sulle donne, sulla sua diffusione e sulle sue cause». Hanno risposto alle domande circa 15 mila persone, dai 18 ai 74 anni di età (nel 2018).

L’Istat conduce questi studi perché l’Italia nel 2013 ha ratificato la Convenzione di Istanbul, la quale impegna gli Stati, tra l’altro, a eliminare i pregiudizi basati sull’idea dell’inferiorità della donna o su certi ruoli predefiniti, e cambiare i comportamenti socio-culturali.

Appena pubblicato il rapporto, su giornali e tv è apparsa una valanga di titoli simili tra loro. I commentatori sono scandalizzati soprattutto per un fatto: una persona su 4, tra gli intervistati, ritiene che la violenza sessuale sia provocata dal modo di vestire della donna.

Prima di commentare, proviamo ad analizzare più in dettaglio qualche dato, ricordando che si tratta di un campione statistico composto di uomini e donne, che alcune persone mentono all’intervistatore e che molti non esprimono un’opinione. Gli intervistati (uomini e donne) si possono dividere grosso modo in 4 gruppi:

  • Gli estremisti (per fortuna solo l’8,5%) ritengono che la donna sia in parte responsabile delle violenze subite e che l’uomo vada favorito nella ricerca di lavoro. Per loro la violenza è accettabile e normale nella relazione di coppia. Molti sono uomini con basso titolo di studio, età alta, insoddisfatti del proprio lavoro e del proprio stipendio, residenti in Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata e Calabria.
  • I vecchio stile (27,8%) ritengono che per l’uomo sia più importante avere successo nel lavoro e che l’uomo sia meno competente nelle faccende di casa. Ma comunque non considerano la donna un oggetto, né si sentono superiori a lei. La maggior parte delle persone con basso titolo di studio ed età elevata è in questo gruppo.
  • Gli equilibrati (62%) non accettano la violenza sulle donne. Ritengono che non ci sia responsabilità della donna in caso di violenza, né che l’uomo vada privilegiato in campo lavorativo. Pensano che la violenza abbia soprattutto radici culturali, e che si scateni quando l’uomo ha bisogno di ribadire la propria superiorità o ritiene la donna di sua proprietà. Sono soprattutto uomini e donne con titolo di studio elevato, occupati, giovani e celibi. Residenti in misura maggiore in Emilia, Toscana, Sardegna, Liguria e Lombardia.
  • Gli indifferenti (solo 1,8%) non si intromettono, non dicono la propria opinione, né danno consigli alle vittime. Sono soprattutto uomini, siciliani, di età tra i 45 e i 59 anni.

Possiamo anche notare quanto segue:

  • Importanza del livello di studio: la metà di chi ha studi elementari ritiene che gli uomini debbano provvedere alle necessità economiche della famiglia e che siano inadeguati in casa.
  • Cause di violenza fisica nella coppia: La donna come oggetto di proprietà è indicata come la causa più frequente di violenza. Quasi metà delle donne intervistate pensa che la violenza nella coppia sia un fenomeno molto diffuso.
  • Accettabilità della violenza: il 91% degli intervistati non darebbe mai uno schiaffo alla propria ragazza perché ha flirtato con un altro uomo. Ma ci sono grandi differenze tra le regioni, con due estremi: Basilicata (il 50% dei maschi e il 20% delle donne ritengono la violenza accettabile almeno in alcune circostanze) e Valle d’Aosta (il 20% delle donne e il 17% degli uomini la ritengono accettabile in alcune circostanze).
  • Violenza in caso di ubriachezza: il 15% della popolazione ritiene che la donna sia in parte responsabile se è ubriaca o drogata. In particolare, il 23,7% delle donne con studi elementari ritiene la donna colpevole, contro il 6,3% delle laureate.
  • Controllo cellulare del partner: è ammesso, soprattutto dai giovani (30,3% dei ragazzi e 27,1% delle ragazze tra 18 e 29 anni.

Infine l’idea che il modo di vestire della donna possa provocare una violenza sessuale trova d’accordo il 23,9% della popolazionecon quote simili tra uomini e donne, ma molto differenziate per età e livello di istruzione. Solo il 15,4% dei giovani tra 18 e 29 anni, infatti, sono d’accordo con questa idea.

Un breve commento: la società evolve velocemente. I giovani stanno superando molti degli stereotipi. Rimane uno zoccolo duro di uomini che, per varie ragioni (culturali, di posizione sociale, di tradizione), giustifica ancora la violenza. Qui occorre essere molto chiari: la violenza non è mai giustificabileQuindi basta con la violenza sulle donne. Punto.

A questa affermazione vorrei aggiungere, però, un’altra considerazione. In un libro appena uscito, Crescere uomini – le parole dei ragazzi su sessualità, pornografia e sessismo (Erickson), l’autrice Monica Lanfranco cerca di capire cosa ci sia nella testa dei giovani maschi. Se da una parte c’è fragilità, vergogna e voglia di liberarsi dall’etichetta di violenti a loro attribuita, dall’altra c’è spesso disprezzo per le ragazze che “se la vanno a cercare” e forse “sono contente” di un po’ di sesso violento. Sono messaggi trasmessi, più o meno esplicitamente, dai video pornografici.

Per ridurre al massimo la violenza, allora, forse potrebbero essere utili due cose:

  • Per i giovani, un programma nazionale (video, clip, pubblicità progresso ecc.) che smonti l’immagine della donna (e dell’uomo) proposta dalla pornografia (e qualche volta dalle fiction).
  • Per tutti, l’anno prossimo, completare il report Istat con una domanda su quali sono gli atteggiamenti femminili che più mettono in difficoltà (e in discussione) i maschi. Confrontando la percezione delle due parti, sarà più facile comprendere e ridurre le cause della violenza stessa.

Infine una speranza: non aggiungiamo alla violenza dei maschi verso le donne una corrispondente violenza (o disprezzo) delle femmine verso i maschi. Non abbiamo bisogno di ulteriori separazioni e fossati. Abbiamo invece necessità di allearci, di risolvere insieme il problema.

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