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Le neomamme dormono molto meno dei neopapà
di Alessia Altavilla
da www.bampinopoli.it
@Riproduzione Riservata del 25 gennaio 2021
Un recente studio ha evidenziato come nella coppia di neogenitori sono le mamme quelle che dormono il numero più basso di ore. E che il ritorno a una vita notturna regolare avviene, generalmente, dopo i 6 anni.-
È stata una recente ricerca condotta dalla McGill University e pubblicata sul Journal of Sleep Research a mettere in luce come, nella 'gara' del sonno tra neogenitori, a perderci sia quasi sempre la mamma, a prescindere dal fatto che il bambino sia allattato al seno o con il biberon.
Sempre dal medesimo studio, condotto su un campione di 111 famiglie, si evince che il sonno delle madri con più di un figlio sia molto più frammentato e discontinuo del sonno di una mamma con figlio unico; così come il fatto che si ritorna a una normalità notturna, generalmente, dopo il compimento del 6° anno da parte del bambino.
I motivi, come ha spiegato la ricercatrice Marie-Hélène Pennestri che ha condotto lo studio, sono molteplici e non tutti giustificabili con la scusa dell'allattamento al seno.
Per esempio, sembrerebbe che anche dopo lo svezzamento, il ruolo di consolare il piccolo, di tranquillizzarlo se piange, di controllare che tutto sia a posto, sia svolto molto più frequentemente dalla donna piuttosto che dall'uomo (e questo a prescindere dal fatto che lavori o meno o dal numero di figli).
A questo proposito, la presenza di uno o più fratelli non moltiplica le ore di viglia rispetto alla presenza di un solo bimbo, ma rende il sonno della mamma più frammentato, spesso interrotto, sicuramente non sereno.
La buona notizia è che quasi tutte le donne intervistate hanno dichiarato di essere tornate alla normalità del ritmo sonno-veglia dopo il compimento del 6° anno dei piccolo.
E I PAPÀ?
Vuoi che non allattino, vuoi con la scusa del lavoro, vuoi perché l'istinto materno spesso prevarica quello paterno, soprattutto nei primissimi mesi di vita del bebè, la nascita di un figlio non sembrerebbe sconvolgere più di tanto il sonno dei neopapà che continuano a dormire sonni tranquilli e rilassati anche dopo.
Tutto questo, complice anche la stanchezza, alla lunga può logorare i rapporti, portare la mamma a uno stato di stanchezza cronica permanente e, nei casi più gravi, può anche contribuire a far insorgere la depressione post partum.
Che fare, dunque, in questi casi?
È fondamentale, per la gestione quotidiana del piccolo e per la salute della coppia, che mamma e papà cerchino, per quanto possibile, di suddividersi i compiti.
Se mamma deve svegliarsi per allattare, papà può preoccuparsi della colazione permettendole di recuperare al mattino il sonno perso durante la notte; oppure rendersi utile nei lavori di casa e nella gestione degli altri bambini per consentire alla mamma di fare un pisolino pomeridiano.
I motivi, come ha spiegato la ricercatrice Marie-Hélène Pennestri che ha condotto lo studio, sono molteplici e non tutti giustificabili con la scusa dell'allattamento al seno.
Per esempio, sembrerebbe che anche dopo lo svezzamento, il ruolo di consolare il piccolo, di tranquillizzarlo se piange, di controllare che tutto sia a posto, sia svolto molto più frequentemente dalla donna piuttosto che dall'uomo (e questo a prescindere dal fatto che lavori o meno o dal numero di figli).
A questo proposito, la presenza di uno o più fratelli non moltiplica le ore di viglia rispetto alla presenza di un solo bimbo, ma rende il sonno della mamma più frammentato, spesso interrotto, sicuramente non sereno.
La buona notizia è che quasi tutte le donne intervistate hanno dichiarato di essere tornate alla normalità del ritmo sonno-veglia dopo il compimento del 6° anno dei piccolo.
E I PAPÀ?
Vuoi che non allattino, vuoi con la scusa del lavoro, vuoi perché l'istinto materno spesso prevarica quello paterno, soprattutto nei primissimi mesi di vita del bebè, la nascita di un figlio non sembrerebbe sconvolgere più di tanto il sonno dei neopapà che continuano a dormire sonni tranquilli e rilassati anche dopo.
Tutto questo, complice anche la stanchezza, alla lunga può logorare i rapporti, portare la mamma a uno stato di stanchezza cronica permanente e, nei casi più gravi, può anche contribuire a far insorgere la depressione post partum.
Che fare, dunque, in questi casi?
È fondamentale, per la gestione quotidiana del piccolo e per la salute della coppia, che mamma e papà cerchino, per quanto possibile, di suddividersi i compiti.
Se mamma deve svegliarsi per allattare, papà può preoccuparsi della colazione permettendole di recuperare al mattino il sonno perso durante la notte; oppure rendersi utile nei lavori di casa e nella gestione degli altri bambini per consentire alla mamma di fare un pisolino pomeridiano.
Infine, ma non ultimo, sarebbe bene abituare i papà, sin dai primissimi giorni di vita del bebè, a intervenire in caso di pianto notturno a prescindere dal fatto che la richiesta sia di tipo nutritivo o altro.
Alzarsi insieme alla mamma per controllare cosa sia successo e quale sia l'esigenza del piccolo, innanzitutto è un segno di rispetto verso il partner, inoltre consente di alleviare lei di ogni incombenza lasciandola libera di allattare (se questa è la richiesta del momento) e sostituendola qualora lo fosse possibile.
Alzarsi insieme alla mamma per controllare cosa sia successo e quale sia l'esigenza del piccolo, innanzitutto è un segno di rispetto verso il partner, inoltre consente di alleviare lei di ogni incombenza lasciandola libera di allattare (se questa è la richiesta del momento) e sostituendola qualora lo fosse possibile.