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La forza di Beatrice Ion

di Giorgio Tosto
da www.cittànuova.it
@Riproduzione Riservata del 13 luglio 2020
Alfiere della nazionale azzurra di basket in carrozzina, è stata vittima assieme al padre di una aggressione a sfondo razziale. Le sue parole e la sua storia di vita, però, sono uno straordinario insegnamento a non abbassare mai la testa.-

«A voi che ci avete aggrediti, vergognatevi. Saremo anche stranieri, ma abbiamo più dignità di voi: e voi che avete guardato il tutto senza alzare un dito, vi dovreste vergognare più di loro». Il racconto dell’aggressione subita lo scorso 10 luglio ad Ardea (Roma) dalla giocatrice dell’Amicacci Giulianova e da suo padre, Viorel Eduard, mette i brividi. Il motivo che ha scatenato la violenza, poi, lascia ancor più esterrefatti: l’increscioso episodio, infatti, sarebbe scaturito da una discussione legata alla necessità di lasciar libero il passaggio per i disabili davanti al loro cancello di casa.
«Io e mamma – continua a raccontare Beatrice Ion in un messaggio apparso sul suo profilo Facebook – eravamo dentro l’auto e un tipo ci urlava di uscire. Papà stava tornando dalla consueta passeggiata e non è riuscito quasi a parlare, colpito da una testata: sono stati davvero brutti momenti». Il padre dell’atleta è stato costretto al ricovero in ospedale, a causa di uno zigomo rotto: le ferite nell’anima di Beatrice, insultata perché straniera e disabile, fanno ugualmente male. «Non dite che il razzismo in Italia non esiste – prosegue la giocatrice di basket nel suo lungo post – perché io l’ho vissuto oggi, dopo 16 anni che vivo qui».
L’immediata reazione da parte del mondo politico e sportivo avrà sicuramente contribuito a sollevare il morale di una ragazza che, a prescindere da tutto, è abituata a lottare sin dai primi momenti di vita. A soli tre mesi dalla nascita, infatti, una reazione legata a un’errata somministrazione del vaccino anti-polio ha costretto Beatrice alla sfida più dura: quella di lottare contro la poliomielite, malattia che le è stata diagnosticata soltanto dopo il suo arrivo in Italia. La famiglia decide infatti di lasciare la Romania, con l’obiettivo di trovare cure e assistenze migliori per la bambina: la vita nel Bel Paese non è tutta rose e fiori, ma permette comunque ai genitori di Beatrice di costruirsi a Roma un futuro stabile.
L’amore per lo sport, poi, fiorisce grazie agli aiuti della fisioterapista di fiducia: il consiglio, data la forza fisica e la predisposizione alla mobilità, è quello di intraprendere la strada del Basket in carrozzina. È il 2007 quando una giovanissima Beatrice, col Santa Lucia, inizia un percorso ricco di soddisfazioni che arriverà a portarla prima alla vittoria dello scudetto e quindi, una volta ottenuta la cittadinanza, a vestire anche la maglia azzurra. «Il basket – ha detto la Ion in una intervista al Messaggero del 2011 – mi ha reso felice ed indipendente: giro l’Italia per le trasferte e sono piena di amici. Amo Roma: le sue gelaterie, le sue pizzerie e l’arte che si ammira ovunque. Vorrei diventare una giocatrice professionista».
Missione compiuta: a distanza di quasi un decennio, infatti, Beatrice è una delle atlete di punta dell’Italia. Una vera e propria stella (già capitano della squadra mista del Porto Torres) che, con i suoi 23 anni, ha ancora ampi margini di miglioramento. Di fronte a una storia di vita ancora breve, ma già così intensa e ricca di significato, la vigliaccheria di chi l’ha insultata per le sue origini e il suo handicap quasi scompare. «Sono convinta che tutto succede per una ragione – ha dichiarato a Rai Sport –, anche il fatto dell’incidente accadutomi da bambina: se non fosse successo non sarei la persona che sono adesso. Lo sport mi ha fatto capire che in giro per il mondo c’erano tante persone come me e che non avrei dovuto vergognarmi. Se non ami te stesso non riesci a fare niente nella vita. Ovviamente non finisce qui – ribadisce Beatrice Ion – mi piacerebbe diventare tra le più forti al Mondo».

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