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In corsia, ma senza Cristo. Come cambiano i cappellani

di Andrea Zambrano
da www.lanuovabq.it
@Riproduzione Riservata del 23 agosto 2019
Sono laici, formati dalla curia e stipendiati dall'Asl, hanno fatto corsi teologici, vogliono una cappellina delle religioni e offrono assistenza alle varie "colorazioni spirituali" e ai "diversamente fedeli". Ovviamente senza la pretesa di portare Cristo e il valore della sofferenza nella croce “perché viviamo tutti in una grande casa”. Sono i nuovi cappellani dell'ospedale di Bolzano che fanno del dialogo la loro forza. Ma preferiscono non rispondere a certe domande.-
C’era una volta il cappellano dell’ospedale. Per molti malati e moribondi era un’àncora di salvezza - eterna è il caso di dire - dopo una vita passata lontano dalla fede. Poteva essere un cappuccino o un prete diocesano e arrivava al capezzale della persona in punta di piedi, spesso affaticato, per offrire quel conforto religioso dei sacramenti (confessione dei peccati, comunione e unzione degli infermi) grazie ai quali presentarsi al cospetto di Dio.
Oggi quel conforto si sta trasformando sempre più in un conforto umano e genericamente spirituale. I cappellani ospedalieri ci sono ancora e dietro il paravento che l’infermiera appronta durante l’agonia del malato operano ancora instancabilmente, ma i tempi cambiano e in alcuni ospedali si stanno lentamente trasformando in generici assistenti spirituali.
DA ASSISTENZA RELIGIOSA A SPIRITUALE
A Bolzano ad esempio, l’assistenza religiosa si è infatti trasformata in assistenza spirituale. La distinzione linguistica non è casuale e apre a una visione abissale del senso del dolore.
La Nuova BQ se n’è interessata a proposito della mostra sulle religioni promossa dalla diocesi altoatesina nel foyer dell’ospedale che ha aperto i battenti proprio ieri. L’evento infatti, che illustra la teologia dell’umanesimo universale di Hans Kung, è sostenuto anche con l’apporto degli Assistenti Ospedalieri del nosocomio locale.
Ebbene. Sul sito dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige si presentano le attività del servizio che può contare su un numero ragguardevole di addetti. Variegata l’offerta che va dall’amministrazione dell’olio degli infermi alla Santa Messa fino al conforto eucaristico. C’è però un passaggio della presentazione che apre a qualche cosa di nuovo: «Anche se l’Assistenza spirituale ha un orientamento cristiano-cattolico, è aperta all'incontro con tutte le persone indipendentemente dalla loro fede e visione del mondo».
Certo, di fronte alla morte non si può andare tanto per il sottile, ma come può confrontarsi con chi non crede un assistente che si definisce cattolico? Con quali prospettive e conforti può offrire la sua chiamata?
UN LAVORO DA LAICI
Abbiamo deciso di saperne un po’
 di più e siamo entrati in contatto con questa realtà. «Noi Assistenti spirituali in ospedale dipendiamo moralmente dalla curia - ci spiega Piero Gobbo, laico che opera nel team - nello specifico dall'Ufficio Pastorale, retto dal Dr. Reinhard Demetz. Amministrativamente, però, siamo in tutto e per tutto dipendenti dell'Azienda Sanitaria in virtù di una Legge Provinciale del 1992, che in Alto Adige prevede anche per i laici e le laiche la funzione tradizionalmente affidata ai cappellani ospedalieri, principalmente Cappuccini e Camilliani».
Ecco una prima novità: il conforto spirituale è anzitutto un mestiere, che viene affidato a laici più che a religiosi: «Nel nostro team - prosegue infatti - operano come volontari anche due padri Concezionisti, entrambi del Kerala, ma siamo tutti dotati di una formazione teologica di livello universitario.  Abbiamo una conoscenza delle due lingue certificata da Patentino "A" o almeno "B", sosteniamo successivamente alla nostra assunzione un corso in Pastorale clinica, che ci dà poi diritto al conferimento del mandato da parte del Vescovo con una celebrazione ad hoc». Gobbo precisa che l'ultima è stata proprio la sua, avvenuta nell'ambito di una celebrazione liturgica nella cappella centrale dell'ospedale il 10 febbraio 2018 e che la loro formazione avviene costantemente attraverso corsi di aggiornamento.
Sembra farsi strada ancora una volta il primato del laico sul religioso che - se da un lato fa aumentare l’efficientismo - dall’altro però pregiudica e non poco la dimensione sacramentale dell’assistenza. La Confessione ad esempio viene sacrificata in partenza.
E poi si fa largo - dovendo spingere l’acceleratore sui laici - l’idea che per certi servizi bastino corsi di aggiornamento, contratti di lavoro dipendente, lezioni e preparazione linguistica. Eppure, un pretino appena uscito dal seminario, digiuno di pastorale clinica, ma con in mano aspersorio e formulario delle benedizioni, potrebbe fare molto di più perché è molto di più Colui che può portare. Ma anche questa è una conseguenza del pensiero affermatosi nella Chiesa secondo cui ormai l’amministrazione dei Sacramenti è diventata un mero servizio e non una offerta costante della propria vita.
MA QUALE EVANGELIZZAZIONE?
Veniamo al contenuto dell’offerta, che suscita più di una perplessità. L’assistente Gobbo ci spiega che «un grosso dibattito ci ha portato ultimamente a rinominare la nostra attività: da Assistenti religiosi siamo diventati Assistenti spirituali». E per forza! «Vogliamo rimarcare che non ci rivolgiamo esclusivamente a fedeli cristiani, bensì a persone bisognose di qualsiasi credo ed anche atee o agnostiche, consapevoli della forza insita nel dialogo e nella comunicazione verbale e non verbale».
Eccoci arrivati al dialogo capace di aprire tutte le porte. Un dialogo nel quale però è completamente assente ogni tipo di sollecitudine religiosa, che in altri tempi avremmo chiamato evangelizzazione, e che un moribondo spesso chiede lui per primo dovendo fare i conti finalmente con la verità ultima. Se non si può offrire la sofferenza di Cristo, la sua croce come unica via per comprendere e accettare il dolore, in che cosa consisterà mai questo dialogo e che forza si trarrà mai da una comunicazione che appare vuota del soggetto principale della redenzione?
Da notare infatti che le parole Cristo, come anche croce o Paradiso, non vengono mai riportate. E questo vale anche per quei casi di fedeli che fino a ieri avremmo definito di altre religioni e che secondo il linguaggio del politicamente corretto vengono chiamati “diversamente fedeli”. «Nei casi di supporto a persone diversamente fedeli, veniamo loro incontro anche mettendole in contatto con religiosi della loro fede, pur rimanendo a disposizione per colloqui o altre forme di aiuto».
“COLORAZIONI SPIRITUALI”
Questo spiega il senso della mostra che si è aperta ieri: «Va proprio nella direzione di una maggiore apertura nei confronti delle colorazioni spirituali e religiose in ambito ospedaliero, convinti come siamo di operare in una grande casa (Krankenhaus = Casa dei malati) ed in certo qual modo essendo tutti parte di una vasta famiglia».
“Colorazioni spirituali”, “grande casa”, “vasta famiglia”, sembra di ascoltare Jovanotti e la sua idea di “grande Chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa”. E per una grande casa senza Cristo e senza Paradiso, completamente umana, serve un luogo adatto: «Abbiamo proposto di implementare l'offerta di spazi di carattere spirituale attraverso una cappellina della spiritualità parallela alle due cappelle propriamente cristiane. Speriamo si possa addivenire presto alla presenza di uno spazio inteso ad offrire a tutti la possibilità di qualche momento di silenzio e raccoglimento interiore, valido per ogni confessione, credo o altro».
QUALE DOLORE SENZA LA CROCE?
A questo punto le domande diventano numerose: se vengono tolti i simboli religiosi che aiutano al richiamo con il trascendente, in che cosa consiste la spiritualità? Non c’è il rischio di creare una realtà un po’ new age e vagamente gnostica? E ancora: «Quale valore viene dato alla sofferenza se non la si può associare alla croce di Cristo?»; «D’accordo rispettare le sensibilità religiose, ma se si rinuncia a leggere la sofferenza attraverso la teologia cristiana, che differenza c’è con un qualunque psicologo specializzato in dolore?» e «che spazio dare, se tutto è uniforme e vuoto, a quella che un grande cappellano dei tempi nostri, don Vincent Nagle chiama l'ipotesi di valore?». Domande che resteranno senza risposta, vista la non disponibilità di Gobbo a proseguire nel confronto.
E poi loro sono quelli della forza del dialogo.

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