IL PAPA: «NELLA CHIESA PIÙ RESPONSABILITÀ ALLE DONNE»
di Annachiara Valle
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 11 ottobre 2020
Papa Francesco ricorda la beatificazione di Carlo Acutis e il conflitto in Nagorno Karabakh. Chiede più posti protagonismo per i laici e, in particolare per le donne, e spiega che nessuno è escluso dalla grazia di Dio. Ma «non basta accettare l’invito a seguire il Signore, occorre essere disponibili a un cammino di conversione, che cambia il cuore».-
Più spazio per i laici, soprattutto per le donne, e una attenzione al conflitto che oppone Armenia e Azerbaigian per il controllo del Nagorno Karabakh. Papa Francesco, all’Angelus ricorda le vittime degli incendi in California e in America centrale («molti incendi sono conseguenza delle cattive azioni umane»), ricorda la beatificazione di Carlo Acutis, il millennial, chiede di pregare perché duri la tregua nella regione caucasica e perché ci sia libertà di culto.
In particolare ricorda che la prossima domenica l’organizzazione Aiuto alla Chiesa che soffre promuove l’iniziativa del rosario che sarà recitato da milioni di bambini nel mondo. Sui laici papa Francesco ha sottolineato che nessuno viene battezzato vescovo o prete, ma che tutti siamo battezzati come uomini e donne e ha auspicato che le donne assumano sempre di più posti di rilievo all’interno della Chiesa.
Prima aveva commentato la parabola del banchetto nuziale al quale tutti, anche i peccatori, sono invitati. «Gesù delinea il progetto che Dio ha pensato per l’umanità. Il re è immagine del Padre che ha predisposto per tutta la famiglia umana una meravigliosa festa di amore e di comunione intorno al suo Figlio unigenito. Per ben due volte il re manda i suoi servi a chiamare gli invitati ma questi rifiutano, perché hanno altro a cui pensare: i campi e gli affari. Tante volte anche noi anteponiamo i nostri interessi e le cose materiali al Signore che ci chiama. Ma il re della parabola non vuole che la sala resti vuota, perché desidera donare i tesori del suo regno. Allora dice ai servi: “Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli”». Così, sottolinea il Pontefice, «si comporta Dio: quando è rifiutato, invece di arrendersi, rilancia e invita a chiamare tutti quelli che si trovano ai crocicchi delle strade, senza escludere nessuno».
Dio si rivolge all’umanità che attende nei crocicchi, «fuori dall’abitato, dove la vita è precaria. È a questa umanità dei crocicchi che il re della parabola invia i suoi servi, nella certezza di trovare gente disposta a sedersi a mensa. Così la sala del banchetto si riempie di “esclusi”, di coloro che non erano mai sembrati degni di partecipare a una festa, a un banchetto nuziale. La Chiesa è chiamata a raggiungere i crocicchi odierni, cioè le periferie geografiche ed esistenziali dell’umanità, quei luoghi ai margini, quelle situazioni in cui si trovano accampati e vivono brandelli di umanità senza speranza. Si tratta di non adagiarsi sui comodi e abituali modi di evangelizzazione e di testimonianza della carità, ma di aprire le porte del nostro cuore e delle nostre comunità a tutti, perché il Vangelo non è riservato a pochi eletti».
E poi si sofferma sull’abito nuziale perché quella è la condizione per partecipare. «Quando la sala è piena, arriva il re e saluta gli invitati dell’ultima ora, ma vede uno di loro senza l’abito nuziale, quella specie di mantellina che all’entrata ciascun invitato riceveva in dono. Quel tale, avendo rifiutato il dono gratuito, si è autoescluso: così il re non può fare altro che gettarlo fuori. Quest’uomo ha accolto l’invito, ma poi ha deciso che esso non significava nulla per lui: era una persona autosufficiente, non aveva alcun desiderio di cambiare. L’abito nuziale simboleggia la misericordia che Dio ci dona gratuitamente. Non basta accettare l’invito a seguire il Signore, occorre essere disponibili a un cammino di conversione, che cambia il cuore. L’abito della misericordia, che Dio ci offre incessantemente, è un dono gratuito del suo amore, è grazia. E richiede di essere accolto con stupore e con gioia».