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Il nuovo anno liturgico. Riecco, proprio ora, l'inizio di un cammino di fiducia

di don Mauro Leonardi  Riecco, proprio ora, l'inizio di un cammino di fiducia
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 27 novembre 2020
Il nuovo anno liturgico comincia domenica, centrato su Cristo e per noi L’anno liturgico inizia non con il Capodanno, ma con la prima domenica d’Avvento, che sarà domenica prossima. Nel cristianesimo il calendario volta pagina con la conversione dei cuori, non con gli spari dei fuochi d’artificio. L’anno liturgico cristiano infatti è costruito in modo tale da far ripercorrere grosso modo la vita di Gesù. Il senso dello scorrere del tempo per il credente è che il suo cuore si adegui a quello di Cristo, come scrive san Paolo ai Filippesi «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5).
I momenti apicali dell’anno cristiano sono il Triduo Sacro, ovvero la Passione, Morte e Resurrezione del Signore, che viene calcolato in modo lunare; e la nascita di Cristo, da sempre fissata al 25 dicembre. In certi casi la Chiesa proietta sull’anno solare la stessa misura di tempo della vita storica di Cristo, per esempio i tre giorni summenzionati, oppure i quaranta giorni della Quaresima, e cioè il periodo preparatorio alla Pasqua; in altri invece il trascorre del tempo ha un senso solo simbolico. In ogni caso l’anno religioso non comincia il primo gennaio ma con l’attesa della nascita di Cristo che, nell’attuale congiuntura, si mescola con l’attesa, sempre più spasmodica, della fine della pandemia o per lo meno di una svolta che ci porti in maniera decisa verso la soluzione.
Moltissimi invocano il vaccino come fosse un nuovo Messia; altri, non pochissimi, ne diffidano. Come può fare ciascuno di noi per saldare l’attesa della venuta di Cristo con il veder materializzare la speranza che scompaia la minaccia del coronavirus? L’anno liturgico non è qualcosa che il cristiano vive solo quando entra nel Tempio perché, come ci ha ricordato proprio il vangelo di domenica scorsa, il luogo ordinario dell’incontro con Cristo è il nostro prossimo. L’anno liturgico che inizia in tempo di Coronavirus, e che spera di veder finita l’emergenza sanitaria prima della sua conclusione, può ispirare alcuni atteggiamenti profondamente cristiani che però non sono solamente cristiani. Penso innanzitutto al rispetto, e in primo luogo al rispetto per i morti, che porta alla responsabilità personale. I comportamenti di prudenza suggeriti dalle autorità – l’igiene, il distanziamento, l’utilizzo dei dispositivi, la decisione di fare a meno di incontri non irrinunciabili – non possono essere vissuti solo perché l’autorità ce li chiede ma anche perché siamo convinti di doverci fare carico anche della salute altrui: quanti, anche giovani, che hanno pensato di essere risparmiati dal virus, sono morti.
La Sacra Famiglia mentre si reca a Gerusalemme non trova nessuno che rispetti la gravidanza di Maria: quella fragilità non trovò chi se ne facesse carico. Non venne custodita né tutelata. C’è poi il rischio della divisione. I più giovani trovano troppo eccessive per l’economia le misure restrittive, e divisioni simili riguardano i più o meno ricchi. Ma vediamo che anche le istituzioni non concordano. Il Vangelo ci racconta di istituzioni che preferirono schierarsi contro un debole bambino piuttosto che guardare al comune obiettivo di realizzare quanto narravano le scritture.
I Magi seppero avere fiducia persino di Erode, nonostante fosse evidente la sua intenzione non retta, e ne trassero il bene dell’incontro con Gesù. Non persero tempo in polemiche scomposte e non si dispersero, ritrovando così la stella dell’unità che li aveva condotti fino a quel momento. Tutto ciò andrà fatto giorno per giorno, un passo dopo l’altro. Nei quarant’anni durante i quali il popolo d’Israele vagò per il deserto, dopo essere uscito dall’Egitto per andare verso la Terra Promessa, veniva sostenuto dalla manna che il Signore mandava dal cielo e che si trovava sul terreno il mattino, come fosse una specie di rugiada. Tale invio si sospendeva il settimo giorno e per questo il sesto, cioè il nostro venerdì, la manna veniva donata in quantità doppia. In tal modo, i figli d’Israele impararono a vivere secondo il ritmo della fiducia in Dio. E noi con loro.

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