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Il contatto materno riduce la sensazione di dolore del neonato

di Maria Teresa Bianco 
da www.gravidanzaonline.it
@Riproduzione Riservata del 30 settembre 2020

Lo studio dell'University College London ha evidenziato come il contatto materno pelle a pelle riduca la sensazione di dolore percepita dal bambino e sviluppi un comportamento positivo in esso.-

Il contatto materno riduce la sensazione di dolore del neonato

Il contatto materno riduce la sensazione di dolore percepita dal neonato. A darne prova certa uno studio effettuato dall’University College London e dai ricercatori della York University in Canada.
La ricerca medica ha riferito come, un neonato a contatto diretto (pelle a pelle) con un genitore, abbia delle reazioni differenti rispetto al dolore percepito durante una visita medica, come per esempio, la puntura di una siringa.
Lo studio ha evidenziato le differenze tra neonati tenuti in braccio da genitori vestiti o lasciati in culla e genitori cui tenevano il proprio bambino a contatto diretto con la propria pelle, dunque, svestiti durante l’esame pediatrico. I risultati sono eccellenti e riguardanoin modo particolare lo sviluppo mnemonico del bebè e la sua percezione della soglia del dolore.
Analizziamo i dati emersi e l’importanza che il tocco della mamma sul neonato ha sullo sviluppo celebrare del bimbo.

Il contatto materno riduce la sensazione di dolore del neonato: lo studio

Essere tenuto da un genitore a contatto diretto pelle a pelle riduce la forza con cui il cervello di un neonato risponde a un doloroso colpo medico.

Queste le osservazioni scaturite dal nuovo studio effettuato dai ricercatori londinesi e canadesi. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica European Journal of Pain, ha evidenziato la differenza di dolore percepita da un neonato se quest’ultimo percepisce il tocco della mamma o del papà durante una visita medica.
Mentre, per i neonati che durante la suddetta visita, sono stati tenuti in braccio da genitori ma non a contatto diretto con la pelle, la reazione scaturita dal piccolo era diversa: vi era più attività nel cervello di quest’ultimi in reazione al dolore.
Lo studio svoltosi presso l’Ospedale universitario del College London, ha coinvolto 27 neonati, di età compresa tra 0 e i 3 mesi di vita tra questi vi erano i nati prematuri e i nati a termine.
I ricercatori hanno misurato la risposta dei piccoli pazienti al dolore infliggendo loro una piccola puntura al tallone come per eseguire un classico esame del sangue. L’attività cerebrale è stata, poi, registrata con elettrodi EEG (elettroencefalografia) posizionati sul cuoio capelluto.
I neonati sono stati divisi in tre gruppi:

  • bambini con solo addosso un pannolino appoggiati al petto della madre non vestita, dunque pelle a pelle.
  • bambini con solo il pannolino tenuti in braccio dalla madre vestita
  • bambini lasciati nelle proprie culle o incubatrici (fasciati)

Da questo piccolo esame i ricercatori hanno scoperto che la risposta iniziale del cervello al dolore del bimbo era la stessa, ma poiché la puntura inferta loro ha suscitato una serie da quattro a cinque onde di attività cerebrale, le successive ondate di attività sono state influenzate dal fatto che il neonato fosse tenuto pelle a pelle dalla madre o con i vestiti.

L’importanza del contatto materno per il neonato: i risultati scientifici

Dallo studio effettuato sul campione di neonati posti in esame, i ricercatori hanno evidenziato come il dolore possa essere influenzato in modo positivo, dunque percepito di meno dal bambino se questo ha un contatto diretto con la pelle della mamma.
A tal riguardo, l’autore senior congiunto, il dottor Lorenzo Fabrizi(UCL Neuroscience, Physiology & Pharmacology) ha dichiarato:

Abbiamo scoperto che quando un bambino viene tenuto in braccio dai genitori, con contatto pelle a pelle, l’elaborazione cerebrale di livello superiore in risposta al dolore è minore poiché il cervello del bambino sta usando un percorso diverso per elaborare la sua risposta al dolore.
Anche se non possiamo confermare se il bambino sente effettivamente meno dolore, i nostri risultati rafforzano il ruolo importante del tatto tra i genitori e i loro neonati.

Il comportamento dei bambini non era significativamente diverso nei 3 gruppi, sebbene il primo gruppo abbia mostrato risposte leggermente ridotte in termini di espressione facciale e frequenza cardiaca.
Per ciò che riguarda i neonati rimasti in culla, emerge come anche il cervello di questi ultimi ha reagito in maniera meno forte al dolore rispetto a quelli tenuti in braccio da genitori vestiti.
Questo risultato, riferiscono i ricercatori, può essere scaturito dal fatto che, prima dell’esame effettivo, i neonati non fossero stati “disturbati” da manovre di spostamento e lasciati direttamente in culla.
La dott.ssa Laura Jones (UCL Neuroscience, Physiology & Pharmacology) ha dichiarato:

Il cervello dei neonati ha un alto grado di plasticità, in modo particolare quelli nati pre-termine e, il loro sviluppo dipende fortemente dalle interazioni con i loro genitori.
I nostri risultati possono dare nuove intuizioni su come i bambini imparano a elaborare le minacce, poiché sono molto più sensibili ai segnali materni.

Ad avvalorare i risultati ottenuti, la prof.ssa Rebecca Pillai Riddell (Dipartimento di psicologia, Università di York, Canada) autrice senior congiunta dello studio, ha dichiarato:

La risposta leggermente ritardata al dolore è stata attenuata se c’era il contatto della pelle con la madre, il che suggerisce che il tocco dei genitori influisce sull’elaborazione di livello superiore del cervello. Il dolore potrebbe essere lo stesso, ma il modo in cui il cervello del neonato elabora e reagisce a quel dolore dipende dal suo contatto con la madre.

I risultati supportano l’idea che tenere un neonato a contatto diretto con la pelle di uno dei genitori è un’azione di vitale importanza per lo sviluppo comportamentale futuro del bambino.
La coautrice Dott.ssa  Judith Meek (University College London Hospitals) ha dichiarato:

I medici sanno da molti anni quanto sia importante il contatto della pelle per i bambini in terapia intensiva neonatale. Ora siamo stati in grado di dimostrare che questo ha una solida base neurofisiologica e ciò è una scoperta entusiasmante!

 

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