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“I dodici mesi più belli dell’anno”

di Marco Milazzo
Un calendario che parla di fragilità e sviluppo per un grande progetto. Sette opere d’arte reinterpretate per lo più da bambini con la sindrome di Down, da loro parenti e amici.-

Lo hanno definito “I dodici mesi più belli dell’anno” e che non sia il solito calendario non ci sono dubbi. Lo guardi, lo sfogli e resti colpito. Stupisce e sorprende e non sai se perché prevalga l’ammirazione per la bellezza delle immagini o il sentirsi interrogati da quei “primi attori” inusuali.

Sono sette opere d’arte reinterpretate per lo più da bambini con la sindrome di Down, da loro parenti e amici, tutti appartenenti ad uno dei territori più poveri d’Italia, quel “Centro Sicilia” che le statistiche Istat hanno descritto, di recente e per l’ennesima volta, in regressione.

Si inizia con l’Uomo Vitruviano di Leonardo e si finisce con la Madonna del Granduca di Raffaello, passando per Il primo bacio di William Adolphe Bouguereau, L’ultima cena, sempre di Leonardo, I Putti di Raffaello, La creazione di Adamo e Il tondo Doni di Michelangelo: capolavori popolari e noti ai più e, per questo, familiari all’osservatore.  

Ciò che non è familiare, forse, è vedere modelli con gli occhi a mandorla, bocche semi aperte e posture asimmetriche.

Il calendario, ormai diffuso in tante città d’Italia, è stato ideato e realizzato da un’associazione ennese di cui abbiamo già parlato, Vita 21 Enna, e serve anche per raccogliere fondi.  Essa, insieme ad una realtà simile per finalità di Caltanissetta, Un Mondo di Bene, sta lavorando ad un progetto ambizioso: la creazione di una Fondazione di comunità.

In Italia sarebbe la trentaseiesima. Queste particolari Fondazioni, espressioni dell’economia civile, sono basate sul principio secondo cui il territorio si prende cura del territorio, volgendo ad esso attenzione particolare per quanti si trovano in condizioni di fragilità e svantaggio.

Alla costituzione del fondo concorre chi lo desideri e chi lo “senta”, partecipando efficacemente anche con poco perché se tanti danno poco alla fine il poco diventa molto. Ma le parti coinvolte possono essere tutte le espressione della “Finanza buona”: imprenditori, Istituti di credito popolare, Fondazioni bancarie che pongono alla base del loro operato principi e prassi ispirate all’etica e alla legalità, mettendo in risalto la cultura del dono e della persona nella sua interezza. A riprova AIPEC (Associazione Italiana Imprenditori per l’Economia di Comunione), nota a molti nostri lettori, è partner del progetto.

Una delle persone che ha dato vita al progetto, padre di un figlio disabile, ci confida: «Attraverso di esso, narriamo la nostra idea di bellezza, di perfezione e di armonia nelle relazioni. Sono immagini piene di quell’umanesimo che i nostri figli ci hanno rivelato e che ci ha reso sensibili per tutte le fragilità che presenta il nostro territorio».

Qui sta il bello. La Fondazione ha sì le sue radici nei cuori delle persone con una disabilità, ma è anche rivolta a tutti coloro che vivono anche altri disagi: chi è senza un lavoro dignitoso, chi subisce la frustrazione che scaturisce dal volere avviare un’attività produttiva senza possedere i mezzi necessari o chi sente il bisogno di un’offerta culturale assente all’interno del territorio.

A noi piace leggere in quella manina del “Bimbo vitruviano” che non raggiunge il lato del quadrato, come invece appare nell’originale a significare l’idea della perfezione, uno spazio che può essere riempito da chiunque creda che, insieme, si possano raggiungere molti obiettivi e, perché no, invertire le tendenze.

Per approfondire visita la pagina www.facebook.com/vita21enna.

Contatti: ass.vita21enna@gmail.com

da www.cittànuova.it
@Riproduzione Riservata del 09 gennaio 2019

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