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Generazione smartphone in crisi: perché gli adolescenti di oggi preferiscono la cameretta al mondo reale e come questo sta cambiando per sempre il loro cervello. Le parole di Alberto Pellai

di Andrea Carlino

da www.orizzontescuola.it
@Riproduzione Riservata del 29 giugno 2025

“Mi sembra di essere un pesce senza pinne che deve nuotare nell’oceano”. Con queste parole una quattordicenne descriveva, quindici anni fa, la sua paura di crescere. Oggi quella stessa frase risuona come una profezia: un’intera generazione di adolescenti si trova a navigare in un mare digitale senza gli strumenti emotivi necessari per affrontare la realtà.

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Alberto Pellai

La mutazione antropologica dell’adolescenza

Il neuropsichiatra Alberto Pellai, intervenuto il 21 giugno presso l’auditorium della Biblioteca Mozzi-Borgetti di Macerata per celebrare i 130 anni dell’associazione, ha delineato uno scenario allarmante: “Abbiamo indicatori di salute mentale che in adolescenza sono i peggiori degli ultimi 50-70 anni”. La causa? Una mutazione antropologica che ha ribaltato millenni di evoluzione umana.

Fino a quindici anni fa il conflitto generazionale ruotava attorno al motorino: l’adolescente voleva uscire, esplorare, rischiare, mentre il genitore frenava per proteggerlo. “Il peggiore dei castighi era ‘in camera tua e non uscire'”, ricorda Pellai. Oggi la situazione si è capovolta: sono i genitori a supplicare i figli di uscire, mentre il castigo è “ti stacco il wifi, ti porto via la console”. La cameretta è diventata da prigione a parco giochi digitale, dove si può accedere a tutto senza mai confrontarsi con il principio di realtà.

Il 2012: l’anno che ha cambiato tutto

La svolta è arrivata nel 2012 con la diffusione degli smartphone. Prima di quella data, spiega l’esperto, “quando l’adolescente usciva nel mondo stava immerso 100% nel principio di realtà”. La connessione era possibile solo da fermi, davanti a uno schermo fisso. Dal 2012 in poi, invece, la vita online è diventata portatile: “Vai all’ipermercato e hai a disposizione uno strumento di navigazione”.

Il cambiamento ha compromesso l’allenamento alla vita: se prima un genitore doveva intrattenere il figlio in coda al supermercato stimolando relazioni e osservazione dell’ambiente, oggi basta uno schermo per silenziare qualsiasi frustrazione. Il risultato è una generazione che Jonathan Haidt, nel suo libro “Generazione Ansiosa”, definisce la prima ad avere livelli così elevati di ansia, depressione, autolesionismo e ritiro sociale.

La sfida educativa del nostro tempo non è più frenare l’esuberanza adolescenziale, ma riportare i ragazzi nel mondo reale, restituendo loro quelle “pinne” necessarie per nuotare nell’oceano della crescita.

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