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Educazione. "Capire sesso e affetti? Mi basta internet”. Genitori irrilevanti

di Luciano Moia
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 24 giugno2025

Da una ricerca condotta da Eumetra per Telefono Donna una triste conferma: su affettività e sessualità i ragazzi imparano quasi solo dal web. Famiglia e scuola contano poco. E la comunità cristiana?.-

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L’educazione all’affettività e alla sessualità non è una delle tante emergenze che non riusciamo a gestire in modo corretto. È anche uno dei più vasti e paurosi baratri di senso in cui ogni giorno lasciamo precipitare i nostri ragazzi. Non si tratta di fornire nozioni tecniche o scientifiche, che si possono reperire ovunque – anche se spesso in modo disordinato e confuso - ma di accompagnare i nostri figli a cogliere le ragioni profonde dell’umano, la bellezza delle relazioni, il mistero delle generazioni in un lungo e faticoso processo di costruzione della propria identità che consente di costruire una relazione d’amore in modo rispettoso e maturo, in una prospettiva di consapevolezza e di responsabilità. Perché è urgente avviare e consolidare questo processo? Perché, senza questo sforzo, i ragazzi “si educano” da soli, sul web, il regno della confusione e della contraddizione.

La conferma arriva da una nuova ricerca: per tanti giovani, la rete è il principale punto di riferimento per quanto riguarda relazioni affettive e sessualità. Secondo una ricerca condotta da Eumetra per Telefono Donna Italia-organizzazione attiva da oltre 30 anni nella tutela dei diritti delle donne, nella prevenzione e contrasto alla violenza di genere e nel supporto psicologico e legale alle vittime - quasi il 45% dei ragazzi tra i 16 e i 25 anni utilizza internet per ottenere informazioni su relazioni e sentimenti; più della metà lo fa per tematiche legate alla sessualità. In oltre 4 casi su 10, il primo contatto con questi argomenti avviene attraverso la pornografia.

Una triste conferma di tutto quanto già messo in luce da tanti altri sondaggi. L’emergenza educazione diventa ancora più spinosa e più preoccupante quando si mettono al centro le questioni che riguardano le relazioni, gli affetti, la sessualità.

Ne abbiamo parlato tantissimo in questi spazi e sulle pagine dei nostri media. Abbiamo raccolto il parere di esperti, gli sforzi di associazioni e di comunità. Affermare che il mondo cattolico, in particolare le tante realtà impegnate sul fronte educativo, siano insensibili di fronte a questa emergenza sarebbe ingiusto e impreciso. Negli anni i progetti si sono susseguiti con alterna fortuna, le proposte si sono moltiplicate, le iniziative non mancano. Eppure, come è stato fatto notare da tanti esperti, ma anche da tanti genitori alle prese con lo sforzo di accompagnare i propri ragazzi, non è facile orientarsi in un mondo in cui, insieme a proposte rigorose ed approfondite, si trovano anche prospettive un po’ datate, oppure progetti che rischiano di confondere i piani, scambiando le buone ragioni dell’accoglienza e dell’inclusione con atteggiamenti culturali non sempre ben calibrati.

Parlando ai vescovi italiani, la scorsa settimana, papa Leone XIV ha rivolto loro un appello pressante: “Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame - l’etica si riduce a codice, e la fede rischia di diventare disincarnata”. Da qui l’auspicio che sia l’antropologia cristiana “lo strumento essenziale per il discernimento pastorale”. Ecco la grande missione sintetizzata in poche ma efficacissime battute dal Papa. Occorre ripartire dall’antropologia cristiana, attualizzandone linguaggi e proposte, per riproporre i fondamenti dell’umano. E anche – possiamo immaginare senza far torto al pensiero di papa Leone - per riformulare un progetto di educazione all’affettività e alla sessualità che sia in grado di intercettare e di diffondere gli spunti più originali provenienti dalle comunità, dalle associazioni, dai movimenti, dalle aggregazioni per coordinarne l’impegno, rilanciarne le idee, ma anche depurare le proposte da scorie di contenuto e di pensiero accumulatesi negli anni, fra tante tensioni e tanti sforzi di adattamento.

Senza questa decisione, l’esito è quello tratteggiato con efficacia dalla ricerca di Eumetra che restituisce un quadro in cui cresce la consapevolezza dell’importanza di un’educazione affettiva e sessuale di qualità, ma persistono forti criticità nei canali informativi che dovrebbe essere il punto di riferimento privilegiato. Invece il ruolo di scuola e famiglia è percepito come marginale, lasciando ampio spazio a contenuti digitali non sempre affidabili. Questo scenario contribuisce alla diffusione di atteggiamenti problematici, talvolta offensivi o violenti. Il 79% delle ragazze e il 74% dei ragazzi, ad esempio, ritiene che i social network favoriscano comportamenti denigratori verso le donne. Le piattaforme ritenute più problematiche sono Instagram, TikTok e YouTube.

“I dati della ricerca confortano almeno per questa ragione – racconta Stefania Bartoccetti, fondatrice di Telefono Donna Italia – I giovani sono consapevoli del problema. Per i ragazzi l’universo social rappresenta la loro zona d’ombra dal mondo, che però può risucchiarli senza aiutarli nei loro stessi bisogni. Siamo noi adulti a dover imparare come intervenire, rafforzando e migliorando i nostri messaggi e la nostra presenza”.

Il disagio si estende anche al vissuto quotidiano. Solo il 14% delle under 25 si sente pienamente libera nei contesti di svago, anche nella scelta di come vestirsi. Il 66% dichiara di avere timore di subire un’aggressione fisica e adotta precauzioni quando rientra a casa, come restare in contatto telefonico con un’amica o condividere i propri spostamenti. Le opinioni raccolte evidenziano inoltre una significativa distanza tra ragazze e ragazzi nella percezione della violenza di genere. Quasi due terzi (il 57% delle giovani intervistate ritiene che il tema sia sottovalutato dalla società, contro appena il 28% dei coetanei maschi.

“Non possiamo più sottovalutare l’impatto che i media hanno sulla formazione emotiva e sociale delle nuove generazioni – dichiara Matteo Lucchi, Ceo di Eumetra – È necessario ripensare il modo in cui raccontiamo le storie. I contenuti con cui i giovani entrano in contatto ogni giorno non sono solo intrattenimento: influenzano visioni del mondo, comportamenti e aspettative. Costruire una cultura basata sul rispetto, sull’empatia e sulla parità di genere significa anche intervenire sul piano narrativo”.

“Per comprendere fenomeni come la violenza di genere tra i giovani – conclude Laura Parolin, psicologa, psicoterapeuta e professoressa ordinaria di Psicologia dinamica all’Università di Milano-Bicocca – abbiamo bisogno di andare oltre l’impatto emotivo della cronaca e delle rappresentazioni mediatiche. In questo senso i dati di ricerca, introducendo uno sguardo sistematico sulla complessità, permettono di leggere in profondità dinamiche relazionali e culturali che troppo spesso restano opache. È solo attraverso strumenti conoscitivi solidi che possiamo evitare semplificazioni, orientare la riflessione pubblica e progettare interventi educativi e di prevenzione realmente efficaci”.

Che, detto in altri termini, è appunto l’appello per un ritorno alla centralità dell’antropologia cristiana in chiave educativa lanciato da papa Leone XIV. E il cuore vivo dell’antropologia batte nella quotidianità della famiglia, nelle relazioni tra genitori, figli, fratelli, nelle scelte educative che devono tornare ad essere coraggiose e competenti. Capaci quindi anche di affrontare la complessità della sfera affettiva e relazionale con parole e proposte adeguate al nostro tempo, da mettere a punto con il cuore, con la ragione ma anche con percorsi di formazione attenti e freschi, aggiornati, efficaci. Discernimento pastorale vuol dire anche, per riprendere ancora le parole di papa Leone, cogliere i segni dei tempi e rimettere in sintonia parole ed opere per non perdere il treno della storia. In questo caso dell’educazione.

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