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Domenica della Divina Misericordia . Il Papa: non viviamo una fede a metà

di Redazione Internet
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 12 aprile 2021
Francesco invita i fedeli a non cedere all’indifferenza, ma a vivere la condivisione e a chinarsi sulle “ferite” di chi ha più bisogno.-
Il Papa: non viviamo una fede a metà
I cristiani non restino indifferenti, non vivano una fede a metà. Nella II Domenica di Pasqua della Divina Misericordia, Francesco, celebrando la messa nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, invita i fedeli a capire se Dio ha toccato le loro vite.
Verifica se ti chini sulle piaghe degli altri. Oggi è il giorno in cui chiederci: “Io, che tante volte ho ricevuto la pace di Dio, che tante volte ho ricevuto il suo perdono e la sua misericordia, sono misericordioso con gli altri? Io, che tante volte mi sono nutrito del Corpo di Gesù, faccio qualcosa per sfamare chi è povero?”. Non rimaniamo indifferenti. Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono
Nell’omelia il Papa parla di quando i discepoli da “misericordiati, diventano misericordiosi”, grazie agli esempi di Gesù che da risorto “consola i loro cuori sfiduciati”, “li rialza con la misericordia”, operando così la loro “risurrezione”. "E' molto difficile - prosegue Francesco - essere misericordioso se uno non si accorge di essere misericordiato". Sono tre i doni attraverso i quali vengono misericordiati: pace, Spirito e piaghe. Il primo, la pace, li fa passare dalla paura e angoscia di essere arrestati e fare la stessa fine del Signore, da loro abbandonato e rinnegato, alla riappacificazione con loro stessi:
Gesù arriva e ripete due volte: «Pace a voi!». Non porta una pace che toglie i problemi dal di fuori, ma una pace che infonde fiducia dentro. Non una pace esteriore, ma la pace del cuore.
La pace di Gesù – spiega il Papa – li fa passare dal rimorso alla missione: Non è tranquillità, non è comodità, è uscire da sé. La pace di Gesù libera dalle chiusure che paralizzano, spezza le catene che tengono prigioniero il cuore. E i discepoli si sentono misericordiati: sentono che Dio non li condanna, non li umilia, ma crede in loro. Sì, crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi.
Nessuno è sbagliato agli occhi di Dio, ripete Francesco, “nessuno è inutile, nessuno escluso”, perché ognuno è prezioso, importante e insostituibile ai suoi occhi.
Dopo quello della pace, Gesù offre ai discepoli il dono dello Spirito Santo, per la remissione dei peccati di quei discepoli colpevoli di aver abbandonato il Maestro fuggendo via e poi tormentati dal peccato:
Il nostro peccato, dice il Salmo (cfr 51,5), ci sta sempre dinanzi. Da soli non possiamo cancellarlo. Solo Dio lo elimina, solo Lui con la sua misericordia ci fa uscire dalle nostre miserie più profonde. Come quei discepoli, abbiamo bisogno di lasciarci perdonare, dire dal cuore: "Perdono Signore". Aprire il cuore per lasciarci perdonare. Il perdono nello Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro. Chiediamo la grazia di accoglierlo, di abbracciare il Sacramento del perdono. E di capire che al centro della Confessione non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia.
La Confessione non è per abbattere ma per risollevare. Tutti ne hanno bisogno, continua Francesco, come i bambini piccoli che vengono rialzati dal papà quando cadono, così “la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e a farci andare avanti”:
Questa mano sicura e affidabile è la Confessione. È il Sacramento che ci rialza, che non ci lascia a terra a piangere sui pavimenti duri delle nostre cadute. È il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura. E chi riceve le Confessioni deve far sentire la dolcezza della misericordia. E questa è la via di coloro che ricevono le confessioni della gente: far sentire la dolcezza della misericordia di Gesù che perdona tutto. Dio perdona tutto.
Infine il terzo dono, “dopo la pace che riabilita e il perdono che risolleva”, Gesù offre “le piaghe” che guariscono con “la misericordia”. Così come è stato per Tommaso, in quelle ferite si tocca “con mano che Dio ci ama fino in fondo”, sono “canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie”, attraverso le quali si entra “nella sua tenerezza”, senza dubitare più della sua misericordia e scoprendo che “ogni nostra debolezza è accolta nella sua tenerezza”. Questo è ciò che accade in ogni Messa, “dove Gesù ci offre il suo Corpo piagato e risorto: Lo tocchiamo e Lui tocca le nostre vite”:
Da qui comincia il cammino cristiano. Se invece ci basiamo sulle nostre capacità, sull’efficienza delle nostre strutture e dei nostri progetti, non andremo lontano. Solo se accogliamo l’amore di Dio potremo dare qualcosa di nuovo al mondo.
I discepoli misericordiati sono diventati misericordiosi, nessuno di loro “considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune”:
Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro. Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro. Condividere i beni terreni – conclude il Papa – diventa una conseguenza naturale dell’aver visto “nell’altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita” e di aver scoperto di avere in comune “la missione, il perdono e il Corpo di Gesù”. Toccando le piaghe del Signore, “non hanno paura di curare le piaghe dei bisognosi. Perché lì vedono Gesù. Perché lì c’è Gesù, nelle piaghe dei bisognosi”:
Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi. Perché se l’amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore (cfr Gc 2,17). Fratelli, sorelle, lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso. E chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Solo così la fede sarà viva. E la vita sarà unificata. Solo così annunceremo il Vangelo di Dio, che è Vangelo di misericordia.
Alla fine della messa, Francesco ha recitato il Regina Coeli, salutando i presenti nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, tra i quali personale infermieristico, Suore Ospedaliere della Divina Misericordia e volontari della Protezione civile, definendoli realtà "nelle quali la misericordia si fa concreta, si fa vicinanza, si fa servizio, attenzione alle persone in difficoltà". Il Papa ha quindi augurato loro di sentirsi sempre "misericordiati per essere a vostra volta misericordiosi".

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