Crepet: “Tanti genitori non sanno dire no”. Come l’accondiscendenza sta rovinando un’intera generazione di giovani senza regole e senza sogni
di Andrea Carlino
da www.orizzontescuola
@Riproduzione Riservata del 29 giugno 2025
Smettila di lamentarti dei giovani di oggi se sei tu il primo ad aver gettato la spugna. Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, non usa mezzi termini nel suo ultimo pamphlet “L’autorità perduta: Il coraggio che i figli ci chiedono”, (Einaudi Editore). Il messaggio è chiaro e brutale: i genitori moderni hanno tradito il loro ruolo educativo, trasformando l’amore in accondiscendenza e condannando un’intera generazione all’apatia.

Paolo Crepet
L’epidemia del “sì” facile che uccide il desiderio
Bambini maleducati, adolescenti senza regole, ragazzi ubriachi e indifferenti: il quadro dipinto da Crepet è impietoso ma realistico. Dietro questa generazione arresa si nasconde una verità scomoda che molti genitori faticano ad accettare. “Dire no è difficile”, ammette l’autore, soprattutto quando significa affrontare “battaglie campali, reazioni isteriche, interminabili silenzi”.
Eppure, questa difficoltà ha portato a una capitolazione educativa senza precedenti. I genitori, nel tentativo di preservare un “quotidiano quieto vivere”, hanno privato i figli dell’elemento più prezioso: il desiderio. Senza ostacoli da superare, senza limiti da rispettare, i giovani perdono la capacità di stupirsi e di ambire a qualcosa di più grande.
Dal lamento sterile alla responsabilità educativa
La critica sociale diventa l’alibi perfetto per genitori che preferiscono incolpare la politica e la società piuttosto che guardarsi allo specchio. “Come se questo mondo non l’avessero creato proprio loro”, osserva sarcasticamente Crepet.
Il paradosso è evidente: gli stessi adulti che si lamentano dei giovani senza occupazione che “vegetano senza studiare né lavorare” sono quelli che hanno rinunciato al “magnifico mestiere di educare”.
La soluzione, secondo il direttore scientifico della Scuola per Genitori, non sta nel continuare a piangersi addosso, ma nel recuperare il coraggio di essere genitori autorevoli. Educare significa preparare le nuove generazioni alle “difficili, ma anche stimolanti, sfide del futuro”, non proteggerle da ogni minima frustrazione.
La sindrome del genitore-amico: quando l’autorità si dissolve nell’amicizia
Diversi i temi che emergono dalle parole di Crepet. Il primo riguarda il fenomeno del genitore-amico rappresenta una delle derive più pericolose dell’educazione contemporanea. La tendenza, sempre più diffusa, nasce dal desiderio comprensibile di mantenere un rapporto aperto e confidenziale con i propri figli, ma finisce per annullare completamente la necessaria asimmetria che deve caratterizzare il rapporto educativo.
Il genitore-amico evita sistematicamente il conflitto, preferisce essere “cool” piuttosto che autorevole, e cerca costantemente l’approvazione del figlio invece di guidarlo. L’atteggiamento crea una confusione di ruoli devastante: il bambino o l’adolescente perde i punti di riferimento stabili di cui ha bisogno per crescere. Senza una figura adulta che sappia dire “no” con fermezza, il giovane si trova paradossalmente più solo e insicuro, costretto a navigare in un mondo senza bussola morale.
La conseguenza più grave è che questi ragazzi, abituati a non incontrare resistenze in famiglia, si scontrano brutalmente con la realtà quando escono dal nucleo familiare. Il mondo esterno non li tratterà come “amici”, ma pretenderà da loro rispetto delle regole, disciplina e responsabilità – competenze che non hanno mai sviluppato.
L’impatto devastante dei social media sull’educazione familiare
Altro tema, poi, è quello dei social media, che hanno rivoluzionato non solo il modo in cui i giovani comunicano, ma anche le dinamiche educative all’interno delle famiglie. Piattaforme come Instagram, TikTok e Snapchat hanno creato un universo parallelo dove i ragazzi vivono gran parte della loro vita emotiva e sociale, spesso completamente al di fuori del controllo genitoriale.
Il problema non è solo il tempo eccessivo trascorso davanti agli schermi, ma la qualità delle relazioni che si instaurano online. I social media offrono gratificazioni immediate attraverso like, commenti e condivisioni, creando una dipendenza da approvazione che rende ancora più difficile per i genitori stabilire regole e limiti. Come può un genitore competere con l’adrenalina di un video virale o con l’eccitazione di centinaia di “mi piace”?
Inoltre, i social media espongono i giovani a modelli comportamentali discutibili e a pressioni sociali amplificate. Gli influencer diventano spesso più credibili dei genitori, e i valori trasmessi online – spesso incentrati su apparenza, consumismo e successo facile – entrano in conflitto diretto con quelli che la famiglia cerca di trasmettere. I genitori si trovano così a dover competere con algoritmi progettati per catturare e mantenere l’attenzione, una battaglia impari che molti preferiscono evitare piuttosto che affrontare.
Boomer vs Millennial: lo scontro generazionale nell’approccio educativo
Ultimo, ma non meno importante, invece, è il tema che riguarda la differenza generazionale tra genitori boomer e millennial nell’approccio educativo. I genitori boomer, cresciuti in un’epoca di maggiore rigidità sociale, tendevano ad applicare un modello educativo più autoritario e gerarchico. Le regole erano chiare, i ruoli definiti, e l’autorità genitoriale raramente veniva messa in discussione.
I genitori millennial, al contrario, sono cresciuti durante la transizione verso modelli educativi più democratici e dialoganti. Avendo spesso sperimentato sulla propria pelle gli eccessi dell’autoritarismo, tendono a privilegiare l’ascolto, la negoziazione e il coinvolgimento emotivo. L’approccio, pur avendo aspetti positivi, rischia di sfociare nell’iperprotezione e nella difficoltà a stabilire limiti chiari.
La generazione millennial di genitori si trova inoltre ad affrontare pressioni sociali uniche: la competizione educativa è più intensa, le aspettative sociali più elevate, e la paura del giudizio degli altri genitori spesso influenza le scelte educative. Molti genitori millennial vivono l’educazione come una performance da ottimizzare, documentando ogni momento sui social e cercando costantemente conferme esterne sulla propria competenza genitoriale.
Tale ansia da prestazione educativa porta spesso a oscillare tra estremi: da un lato l’ipercontrollo e la programmazione ossessiva di ogni attività del figlio, dall’altro la rinuncia totale all’autorità per paura di essere giudicati troppo severi. Il risultato è una generazione di genitori emotivamente coinvolti ma educativamente insicuri, che faticano a trovare l’equilibrio tra amore e fermezza che caratterizzava, nel bene e nel male, le generazioni precedenti.