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«CON I GIOVANI FRANCESCO VUOLE CAMBIARE IL MONDO»

di Gerolamo Fazzini

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 19 novembre 2020

Il Papa ha affidato all’economista dei Focolarini la direzione dell’incontro che si apre oggi via Web. Perché un sistema più giusto che sappia ridurre il divario tra ricchi e poveri nel mondo è possibile.-

54 anni, ordinario di Economia politica e Storia del pensiero economico alla Lumsa di Roma e docente di Economia politica presso l’Istituto universitario Sophia di Loppiano (Firenze), Luigino Bruni, formazione e sguardo da umanista, si interessa anche di etica, filosofia e teologia, come dimostra la sua ampia produzione scientifica. L’ultimo dei suoi libri (molti dei quali tradotti anche all’estero) è I colori del cigno. Quando le persone sono più grandi delle loro organizzazioni (Città nuova). Coordinatore del progetto Economia di comunione, è l’ispiratore della Scuola di economia civile, fondata nel 2013 a Incisa Val d’Arno.
«Chi, se non papa Francesco, avrebbe potuto lanciare un appello ai leader del mondo per dare vita a “un’Assisi dell’economia” sulla scorta di quella del 1986, promossa da Giovanni Paolo II, dedicata alla pace?». L’economista Luigino Bruni torna col pensiero alla primavera del 2018, l’anno del Sinodo dei giovani, per ripercorrere l’origine di The Economy of Francesco, l’evento internazionale che si tiene in questo week end (interamente on line) nella città del Poverello. Continua Bruni, che di quest’incontro dalle tinte profetiche è il direttore scientifico: «Scrissi una lettera a papa Bergoglio, poi ci incontrammo il 2 giugno. E da lì nacque l’idea di un evento che mettesse insieme i giovani, l’economia ed Assisi. Il Papa è convinto, infatti, che un cambiamento radicale nel pensiero e negli stili dell’economia non potrà venire se non dalle giovani generazioni». Proposta immediatamente raccolta dal sindaco di Assisi, Stefania Proietti, e dal vescovo, Domenico Sorrentino. «La risposta all’invito del Papa, formalizzato in una lettera nel maggio 2019, è stata entusiasmante: oltre 3.200 persone, da 115 Paesi».
The Economy of Francesco si sarebbe dovuta tenere tra il 26 e il 28 marzo scorso; ma proprio in quei giorni si era nel pieno della prima ondata della pandemia. Tant’è che il 27 marzo è passato alla storia per la solitaria e drammatica preghiera di Francesco in una spettrale piazza San Pietro. «Stavolta l’incontro sarà forzatamente via web, a motivo del Covid-19, ma Bergoglio ci ha già dato appuntamento “in presenza” per l’autunno 2021», spiega sorridendo Bruni.
Tra i tanti partecipanti chi l’ha colpita di più?
«Mi vengono in mente tanti volti, a cominciare da Ralyn Satidtanasarn, detta Lilly, la “Greta della Thailandia”, di soli 12 anni: raccoglie la plastica nei canali di Bangkok e si batte per sensibilizzare adulti e coetanei sui rischi dell’inquinamento. Ho incontrato, fra gli altri, un gruppo di giovani brasiliani imbevuti di Teologia della liberazione, così come studiosi e imprenditori coreani, che si sono alleati per cambiare questa economia».
E dall’Italia?
«Non posso dimenticare un giovane italiano, indeciso se iscriversi a Economia o a Medicina, il quale, superati entrambi i test, ha scelto di pensarsi economista, “ma col cuore da medico”. Oppure Francesco Mondora, imprenditore della Valtellina: da piccolo aveva l’asma e, quando seppe che a suo padre fu trattenuto lo stipendio per le ore “perse” per accompagnarlo dal medico, decise in cuor suo di dar vita a un’azienda che funzionasse con una logica differente. Un’altra bella storia è quella di Anna Fiscali, che a Verona ha creato Quid che dà lavoro a un centinaio di donne con problemi, creando abiti di moda con materiali di riciclo».
Un universo a dir poco variegato…
«Attorno a The Economy of Francesco, grazie al Papa, si sono messi insieme persone con percorsi ecclesiali molto diversi, dall’Opus Dei a Cl, all’Agesci, Nomadelfia, Comunità Papa Giovanni XXIII, ecc., che solitamente procedevano per conto proprio. Qui si vede all’opera il carisma di sintesi tipico di Pietro: grazie a lui sta nascendo il primo movimento giovanile economico globale nella Chiesa».
Dove andrà? Cosa possiamo aspettarci?
«Assisi 2020 sarà ricordata come l’evento possibile in questo annus horribilis. L’alternativa era non farlo, quindi già possiamo parlare di un miracolo. Di sicuro non resterà un fatto isolato: il Papa, come detto, ci ha già dato appuntamento con lui a novembre 2021, a epidemia finita (speriamo!) o, almeno, “addomesticata” come il lupo di Gubbio. Per il futuro? Tutto dipenderà dalla capacità generativa dei giovani, dalla loro voglia di impegnarsi per cambiare il mondo».
The Economy of Francesco rappresenta una sorta di rivincita della visione economica cattolica, a lungo considerata perdente, su quella capitalistica classica?
«La visione del Papa e di san Francesco era marginale fino a qualche anno fa, prima che esplodesse la crisi ambientale. Oggi è evidente a tutti che un’economia fondata sul mercato come idolo e sull’interesse del singolo non funziona più. La crisi in atto ci dice che categorie quali reciprocità, bene comune, felicità pubblica rispondono molto meglio al dramma che stiamo vivendo che non il consumismo e l’individualismo. Fortunatamente, stanno cambiando le prassi, in direzione di una nuova economia, più attenta a giustizia e rispetto del creato».
L’economia “nuova” riuscirà a contagiare anche quella “mainstream”? Avete segnali in tale direzione?
«Sì e no. Tante aziende si sono fatte avanti manifestando interesse, così come abbiamo registrato curiosità dal “settore giovani” del Forum di Davos e di varie università, non solo cattoliche. Purtroppo, in una larga parte del mondo economico, permane una sorta di cinismo».
Veniamo alla sua storia personale. Quanto c’entrano la sua famiglia e le sue origini con il modello dell’economia civile che lei sostiene?
«Molto. Vengo da un paesino della montagna marchigiana e sono cresciuto, primo di 4 figli, in una famiglia di contadini, dalla quale ho imparato alcuni valori forti, tra cui l’amore per la terra. Ho conosciuto di persona la fatica del vivere delle persone semplici: buona parte dei miei antenati sono emigrati in America, in Belgio, in Svizzera. Papà, in vita sua, ha svolto molti lavori, ma di fatto era un precario. Da lui ho appreso la capacità di indignarsi per le ingiustizie. Quando ero piccolo in casa mia non c’erano libri, si parlava in dialetto; io sono il primo della parentela ad essermi laureato. Ripensandoci, non è casuale che la mia tesi di laurea sia dedicata all’economista premio Nobel indiano Amartya Sen e al rapporto tra economia ed etica».
Come ha incontrato il movimento dei Focolari, esperienza destinata a segnare la sua vita?
«Come tanti giovani, sono cresciuto in una famiglia cattolica, ma ero credente per abitudine. Nell’agosto 1981 - all’età di 15 anni - durante un campo scuola a Montemonaco sui Monti Sibillini è avvenuta la svolta della mia vita: ho fatto veramente esperienza di Dio. E ho capito, che se Lui esiste, tutto cambia: lo dicevo anche agli amici con l’entusiasmo di chi ha fatto la scoperta dell’esistenza».
Cos’ha portato tale appartenenza nel suo modo di vivere la fede?
«Sono entrato nella comunità dei Focolari e non ne sono più uscito. Lì sento di poter vivere pienamente la mia vocazione. Del resto, quella focolarina è una spiritualità molto laica, secondo la quale Dio lo incontri non solo in chiesa, ma nelle strade, nella vita concreta di ogni giorno. La stessa scelta di studiare Economia derivò dal desiderio di impegnarmi, da cattolico, per cambiare le cose. Negli anni questo seme ha prodotto vari frutti, per esempio quella lettura della Bibbia in chiave economica che da alcuni anni vado proponendo».
Dal 1998 lei è il referente dell’Economia di comunione, un modello imprenditoriale “alternativo” adottato in vari Paesi del mondo. Un episodio che le è rimasto impresso?
«Avevo poco più di trent’anni quando Chiara Lubich in persona mi chiese di aiutarla a dare un fondamento scientifico a un’esperienza profetica che stava crescendo. Difficile selezionare un ricordo. Tra i tanti, indimenticabile rimane la storia di un’impresa brasiliana che produce detersivi per la casa, che perse una grossa commessa pur di non sottostare al ricatto della tangente. Fortunatamente, da lì a qualche tempo riottenne la commessa, perché nei supermercati le persone chiedevano i suoi prodotti. Altrettanto commuovente è stato un episodio del 2017, quando alla sede centrale di EdC arrivò un assegno per i poveri da un’impresa africana delle nostre. Erano solo 150 euro, ma quel gesto aveva un valore infinito».

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