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CAV - Centro di Accoglienza alla Vita Vogherese ODV

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di Hylia Rossi

da www.leggo.it
@Riproduzione Riservata del 08 marzo 2024

Si sente spesso dire che la mamma ha i superpoteri, un'espressione che cela un'intenzione positiva, ovvero il riconoscimento di un valore speciale nel vederla muoversi tra un impegno e l'altro con efficienza e velocità, tanto da farci pensare a delle capacità sovrannaturali.

Eppure, se ci fermiamo un attimo a riflettere sulla realtà, ci rendiamo conto che di sovrumano non c'è nulla se non la determinazione necessaria per portare avanti la propria vita professionale e la gestione della famiglia e dei figli, due attività a tempo pieno da organizzare durante le ore limitate della giornata, un puzzle da completare in cui i pezzi non si incastrano.

Tante mamme, alla fine, si trovano davanti a una scelta: il lavoro o i figli. La carriera o la famiglia. Sonia Zappitelli ed Elisabetta Pesenti sanno bene quanto costi quella scelta, quanti dubbi, rinunce e strette al cuore si devono tenere a bada, nascosti, solo perché la società e le aziende non riconoscono queste problematiche o non hanno interesse a risolverle.

Per questo, hanno deciso di prendere in mano la situazione, alzare la testa e dire basta: basta licenziarsi per poter stare coi figli, basta guardare alla maternità e alla paternità con miopia. La loro startup, La luna del grano, è nata con l'obiettivo di «portare un cambiamento culturale, chiedendo a tutti (colleghi, responsabili delle risorse umane, team leader) di contribuire a valorizzare la maternità, mettendo al centro anche l’importanza di una genitorialità condivisa, in tutte le sue forme», spiega Sonia.

L'equilibrio tra vita privata e professionale

Da una parte la carriera, dall'altra i figli. Una scelta che per alcuni è facile, che si propenda da una parte o dall'altra, e per molti neppure si presenta. Per tanti, però, è un bivio obbligato fatto di rimpianti e rinunce. Sonia è entrata in maternità, ha partorito. Poi è tornata in ufficio e le difficoltà l'hanno subito aggredita: «Non mi concedevano il part-time - dichiara a Repubblica - e non era previsto neppure lo smart working. Stavo fuori tutto il giorno, non vedevo più mia figlia».

Perché questa resistenza nell'assicurare il benessere del lavoratore e permettergli di raggiungere gli obiettivi richiesti nel modo che più gli si addice? Le aziende hanno difficoltà a conciliare il pensiero di un dipendente e il suo ruolo in ambito professionale con la vita che conduce al di fuori. A quel punto, per Sonia, «l'unica motivazione per continuare a lavorare era quella economica». E non è poco... e allo stesso tempo è pochissimo.

Allora, la risoluzione: il licenziamento. Da quando ha avviato la startup insieme a Elisabetta, ha avuto la possibilità di costruirsi quell'elasticità che aveva chiesto a gran voce e le era stata negata, e se anche ora lo stipendio è più basso «ho il tempo sacrosanto per accompagnare mia figlia a scuola, andare a riprenderla e passare con lei alcuni pomeriggi».

La storia di Elisabetta è simile, ma la rottura è arrivata con il secondo figlio. Lavorava a Bruxelles e anche lì «on c’era nessuna flessibilità nei tempi, di smart working neanche a parlarne». Tornata in Italia ha lavorato per un po' come coach freelance, finché non ha incontrato Sonia e i loro obiettivi si sono allineati, concretizzati e hanno preso un nome: La luna del grano.

La luna del grano: la startup innovativa

Sonia Zappitelli ed Elisabetta Pesenti si sono licenziate dai rispettivi posti di lavoro perché impossibilitate a portare avanti una vita familiare in un contesto così stretto e pressante. Eppure, il loro progetto è quello di fare in modo che altre mamme non si trovino in quella situazione e non si sentano obbligate a fare una scelta tra la carriera e i figli.

«La maternità in azienda spesso viene percepita come un problema per i cambiamenti organizzativi e i periodi di assenza che questa comporta - viene spiegato sul sito web de La luna del grano -. Ma spesso il “problema” va oltre arrivando a una totale inconciliabilità del lavoro tale da portare la lavoratrice ad abbandonare il proprio posto di lavoro». Per questo motivo, si propongono una serie di pacchetti e servizi che siano d'aiuto alla neo mamma che decida di rientrare in ufficio, in modo da farlo per step, in modo graduale e non traumatico.

Il problema, poi, non è soltanto l'ambiente esterno, l'eventuale suo rifiuto e le difficoltà che comporta, ma anche «un senso di inadeguatezza» da parte della mamma, che anziché riconoscere come legittimi i propri limiti e i cambiamenti portati dalla presenza di un figlio, sia a livello fisico e mentale che di routine e gestione della quotidianità, se ne fa una colpa.

Inoltre, afferma Elisabetta, è necessario valorizzare tutte quelle competenze che derivano proprio dalla maternità e che «restano anche quando i figli crescono, mentre i problemi sono solo temporanei: per esempio saper capire gli altri con poche parole, o essere più efficienti nell’uso del tempo».

di Paola Molteni

da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 febbraio 2024

Carlotta Cerri, educatrice di formazione montessoriana, lancia un appello a mamme e papà: ribaltate le vecchie prospettive. Più che sull'obbedienza lavoriamo sulla fiducia.-

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Carlotta Cerri con il marito Alex e i figli - @elena.ph

È il mestiere più difficile che esista. Quello per cui Donald Winnicott, uno dei più grandi teorici della relazione genitore-figlio, invita ad accontentarsi di essere “sufficientemente buoni”. Mentre per lo psicoanalista Bruno Bettelheim i genitori possono solo augurarsi di diventare “quasi perfetti”.

E se invece a essere sbagliata fosse la prospettiva? Se il segreto per diventare le mamme e i papà migliori fosse proprio l’imperfezione e la libertà di sbagliare?

Ne è convinta Carlotta Cerri, 38enne educatrice di formazione montessoriana, mamma di Oliver, 9 anni ed Emily, 7, che nel suo libro “Cosa sarò da grande” appena pubblicato da Vallardi (lo presenta domani, martedì, alle 18 presso la Libreria Rizzoli Galleria di Milano) lancia un messaggio a tutti i genitori. “Ribaltate le vecchie prospettive, crescete i vostri figli senza l’ansia della perfezione, della performance. Soprattutto cercate dentro di voi il modo per educarli, ricalibrando la vostra bussola, liberandovi di luoghi comuni, credenze limitanti e del “si è sempre fatto così”. Solo così possiamo mirare a conoscere davvero i nostri bambini e accompagnarli nella vita”

L’autrice evidenzia quel vizio di fondo dal quale parte la sua riflessione. “Tutti tendiamo a educare nel modo in cui siamo stati cresciuti. Nel testo ho usato l’immagine della ruota del criceto. Anche noi corriamo senza mai riuscire a staccare, replicando schemi e abitudini che abbiamo appreso e sedimentato, incapaci di metterci in discussione. Al contrario, scegliere di educare diversamente significa decidere di scendere dalla ruota, adottare uno sguardo rinnovato per riconoscere davvero chi sono i nostri figli e chi siamo noi genitori”.

Attorno a questa tesi ruota tutto il lavoro divulgativo di Carlotta, che è anche ideatrice del podcast Educare con calma e del blog latela.com, una vera e propria community dove madri e padri trovano suggerimenti ma anche strumenti ed esercizi pratici per affrontare la quotidianità familiare. Una piattaforma gestita insieme al marito Alex, che ha avuto un ruolo chiave nell’evoluzione del suo indirizzo educativo.

L’autrice lo racconta nel libro. “Quando nel 2007 conobbi mio marito Alex, finlandese, mi si aprì la mente non solo a un tipo di cultura diversa, ma anche a un approccio all’infanzia completamente nuovo per me, che accoglie le emozioni invece di stigmatizzarle, in cui gli adulti si prendono la responsabilità delle proprie azioni, parole e reazioni”.

Un’esperienza assai diversa da quella sperimentata da Carlotta. “Ho capito che da piccola cercavo sempre di compiacere i miei genitori per paura che mi privassero del loro amore. Su quella ruota dove ero salita da bambina continuavo a correre anche da adulta”. È questa consapevolezza che avvicina l’educatrice alla pedagogia Montessori che, in sintesi, si basa sull’indipendenza e sulla libertà di scelta del bambino e punta a sviluppare il suo pensiero critico, la consapevolezza e l’autostima. Carlotta ne abbraccia la filosofia, condivide la sua conoscenza sul blog e in breve tempo diventa una delle prime voci del panorama italiano a diffondere gli insegnamenti di Maria Montessori applicati alla famiglia.

Crea corsi online per genitori che desiderano educare diversamente da come sono stati cresciuti, scrive libri digitali per l’infanzia sull’educazione sessuale, la diversità di genere, la gestione delle crisi. Letture diverse con un unico fine: stimolare i genitori a mettersi in discussione su questioni educative controverse, che spesso diventano tabù.

Con il tempo però la blogger si rende conto che l’insegnamento montessoriano si scontra con dei limiti. “Innanzitutto il metodo stava diventando una moda, un’etichetta per vendere giocattoli, libri e iscrizioni a scuole dell’infanzia private, una tendenza che ha contribuito a creare confusione sui valori reali del suo insegnamento”. Carlotta poi ricorda che fissarsi con ostinazione su un metodo spesso porta a dimenticare le nostre risorse interne, a trascurare “la bussola del buon senso”. “Possiamo seguire il metodo, ma dobbiamo prima seguire chi abbiamo davanti: nostro figlio o nostra figlia”,

“Più che sull’obbedienza dobbiamo basarci sulla fiducia verso i nostri bambini, sintonizzandoci sulle loro caratteristiche e i loro comportamenti”. Un tipo di relazione che la formatrice chiama “educazione a lungo termine”. “Significa trattare i bambini come persone. Lo spiego nel mio libro. Se un’amica rovescia un bicchiere d’acqua io la aiuto ad asciugare, se lo rovescia mio figlio lo sgrido. Ecco, la genitorialità in cui credo sta proprio in questo: imparare a gestire le proprie emozioni e trovare alternative a urla e castighi. Grazie a questo modello, i nostri figli, da adulti, faranno la cosa giusta perché la sceglieranno e non perché avranno paura della punizione”.

Ed è proprio in questa visione della genitorialità che l’errore assume tutto il suo valore formativo. “Al mio bambino devo dimostrare che anch’io sbaglio, ma posso rimediare, e così lui, a sua volta, saprà accettare i suoi errori senza sentirsi, lui stesso, un fallimento. Un precetto educativo che diventa anche un prezioso antidoto al malessere così diffuso tra i giovani della nostra società dominata dalla performance, dove vali solo se sei perfetto”.

di Barbara Hugonin

da www.uppa.it
@Riproduzione Riservata

La pratica della misurazione della circonferenza cranica, eseguita con regolarità dai pediatri, fornisce preziose informazioni sul benessere e sulla crescita del bambino. Quali sono i valori normali di riferimento e a cosa prestare attenzione?.-

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La circonferenza cranica del neonato è un dato che ci permette di monitorare la crescita del cervello e lo sviluppo del piccolo. Si tratta infatti di un indicatore del normale sviluppo neurologico, che può fornire informazioni cruciali sulla presenza di eventuali anomalie. Si misura, come spiegheremo più avanti, prendendo in considerazione la parte più ampia della calotta cranica. 

Vediamo di seguito qual è la frequenza con cui va misurata la circonferenza cranica del bambino a partire dalla nascita, quali sono i valori normali e quali patologie può evidenziare questo indicatore.

Perché si misura la circonferenza cranica del neonato?

Perché si misura la circonferenza cranica? Questo dato riveste un ruolo rilevante nella valutazione dello sviluppo neurologico e fisico durante i primi mesi di vita e anche oltre. La pratica della misurazione, eseguita con regolarità dai pediatri, fornisce infatti preziose informazioni sul benessere e sulla crescita del bambino.

Quando si misura la circonferenza cranica? Viene effettuata poco dopo la nascita e poi a intervalli regolari durante le visite pediatriche e serve a identificare eventuali variazioni nella velocità di crescita della testa, così da rilevare precocemente potenziali problemi neurologici e anomalie dello sviluppo. La circonferenza cranica riflette infatti direttamente la dimensione del cervello in crescita, e la sua correlazione con altri parametri di sviluppo, oltre a fornire importanti indizi sullo stato di salute generale del bambino, consente di intervenire tempestivamente se qualcosa non va.

Il controllo della circonferenza cranica non è limitato in realtà solo ai primi mesi di vita. Resta infatti essenziale durante i primi anni del bambino. Questo perché il monitoraggio regolare può rivelare informazioni preziose sulle variazioni nella crescita cerebrale nell’arco di tutta l’infanzia.

La misurazione viene eseguita attraverso l’utilizzo di un nastro metrico flessibile, strumento che si adatta perfettamente alla forma della testa del neonato e consente una valutazione accurata senza causare alcun disagio al bambino. Si posiziona il nastro metrico intorno alla parte più ampia della testa, che di solito passa sopra le sopracciglia e le orecchie, assicurandosi che il nastro sia orizzontale e ben aderente al cranio, e si procede con la lettura della circonferenza cranica in centimetri.

Misure e valori normali

Vediamo ora come variano le misure della circonferenza cranica del neonato man mano che si va avanti con l’età. Il primo aspetto da sottolineare è che durante le prime settimane di vita la crescita del cranio è molto rapida e che le misurazioni possono essere più frequenti. 

valori normali della circonferenza cranica, a seconda della fascia d’età, sono:

  • 0-3 mesi. La circonferenza cranica può variare tra i 32 e i 38 cm, con una media di circa 35 cm.
  • 3-12 mesi. La crescita è accelerata, la circonferenza cranica può aumentare in media di 2 cm al mese. I valori medi si aggirano in un intervallo tra i 40 e i 48 cm. In media intorno ai 12 mesi è di 46 cm.
  • 1-3 anni. La crescita rallenta, ma la circonferenza cranica continua ad aumentare costantemente, arrivando a valori medi che si collocano tra i 47 e i 52 cm. Intorno ai due anni è di circa 48 cm. 

È però fondamentale osservare che questi valori possono variare leggermente in base a fattori come l’etnia, il genere, la storia familiare e le condizioni di salute del bambino. Infatti, per poter monitorare correttamente la crescita della circonferenza cranica, si mette in relazione questo parametro con la circonferenza toracica e addominale, la lunghezza e il peso. 

Il pediatra può avvalersi di tabelle e linee guida, che forniscono valori standard per la circonferenza cranica nei neonati e nei bambini, come ad esempio le curve di crescita sviluppate dall’OMS e dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) negli Stati Uniti, ampiamente utilizzate come riferimento. 

Anomalie e problemi della circonferenza cranica

Le anomalie della circonferenza cranica possono avere cause specifiche e vanno monitorate in maniera tempestiva. Va sottolineato però che non sempre caratteristiche o valori anomali sono associati a conseguenze patologiche o a complicanze.

Le due più importanti sono la Microcefalia e la Macrocefalia. Oltre a queste, vedremo anche delle deformazioni che derivano da posizioni costanti durante il sonno o da altri fattori ambientali. Queste ultime, se non trattate, possono portare a deformità craniche permanenti. Tuttavia, interventi precoci come la terapia posizionale possono aiutare a correggerle.

Microcefalia

Si diagnostica quando la circonferenza cranica è significativamente inferiore rispetto ai valori medi per i bambini della stessa età, sesso ed etnia nella regione di riferimento, precisamente con valori inferiori al 3° percentile (in questo articolo spieghiamo cosa sono i percentili e a cosa servono). Si può diagnosticare anche se il valore è nella media ma nelle settimane successive la crescita è molto più lenta rispetto al normale.

È molto importante valutare anche la circonferenza cranica dei genitori, per capire se si tratta di una caratteristica ereditaria che potrebbe rientrare in una microcefalia familiare benigna: generalmente è correlata allo sviluppo ridotto del cervello, può essere confermata da un’ecografia in età prenatale e, dopo la nascita, con la misurazione della circonferenza cranica, nonché da indagini più approfondite (TC, tomografia computerizzata; RM, risonanza magnetica), soprattutto per valutare la presenza di anomalie cerebrali. 

La microcefalia può essere associata a oltre 450 condizioni genetiche, dalle forme ereditarie come la microcefalia ereditaria autosomica recessiva (cioè entrambi i genitori sono portatori di una copia della mutazione e la trasmettono al bambino), alle anomalie cromosomiche, alcune sindromi (Sindrome di Wolf-Hirshhorn, Sindrome di Mowat-Wilson), oppure a mutazioni che non si ereditano dai genitori ma si presentano durante lo sviluppo embrionale.

Altre cause non sono di natura genetica ma ambientale e sono responsabili di microcefalia acquisita, come:

  • malnutrizione grave;
  • sostanze chimiche (come il metilmercurio presente nel pesce);
  • danni cerebrali prenatali dovuti a ipossia (scarso apporto di ossigeno), traumi e ischemia;
  • infezioni da Toxoplasmosi, rosolia, Citomegalovirus, Virus Zika, Herpes, HIV;
  • consumo di stupefacenti e alcol.

La microcefalia può essere associata a sintomi di ritardo nello sviluppo cognitivo e motorio, crescita ridotta, presenza di dismorfismi cranio-facciali, crisi epilettiche. È molto importante una diagnosi precoce per migliorare la qualità della vita del bambino nel corso del tempo, intervenendo con percorsi di riabilitazione, logopedia e psicomotricità, con controlli neurologici nel caso siano presenti forme di epilessia e trattamenti chirurgici se invece ci sono anomalie delle ossa craniche.

Macrocefalia

In questo caso la circonferenza cranica del neonato risulta maggiore rispetto ai valori medi per i bambini della stessa età, sesso ed etnia nella regione di riferimento, precisamente quando i valori superano il 97° percentile. La macrocefalia può essere disproporzionata, quando le dimensioni del cranio sono maggiori rispetto alle dimensioni generali, o proporzionata, se le dimensioni del cranio sono grandi ma lo sono anche quelle del resto del corpo (in molti casi, infatti, nel tempo non viene più considerata un’anomalia).

Il livello di gravità dipende dalla causa specifica, come nei casi di macrocefalia anomala causata da un ingrossamento della massa cerebrale (megalencefalia) o da un aumento della quantità di liquido cerebrale (idrocefalo) o dalla crescita eccessiva delle ossa del cranio (iperostosi cranica); qui all’origine troviamo difetti congeniti cerebrali, vascolari, sindromi genetiche complesse i cui sintomi possono presentarsi alla nascita o immediatamente dopo. 

La macrocefalia può essere causata anche da infezioni in utero (Toxoplasmosi, Citomegalovirus, rosolia) o da meningiti batteriche e virali. 

Come per la microcefalia, anche per la macrocefalia può esserci un’origine genetica e la presenza di sindromi complesse scheletriche quali l’osteogenesi imperfetta, l’acondroplasia, il morbo di Paget; in tutti questi casi si ha un’anomalia nei processi di ricrescita, metabolismo e rimodellamento osseo. Anche alcune malattie rare da accumulo come la mucopolisaccaridosi, o sindromi come la quella di Joubert e di Alexander, possono essere responsabili. Le cause più rare oltre a quelle genetiche possono essere le emorragie cerebrali e le encefaliti.

Una diagnosi completa di macrocefalia richiede anche l’ausilio di indagini strumentali come la TC e la RM (per valutare la presenza di un’anomalia cerebrale e la necessità di una correzione chirurgica) e di una terapia mirata. Quando la macrocefalia è secondaria rispetto a una sindrome complessa, quindi è una conseguenza di una serie di altri problemi, allora può essere associata a ritardo psicomotorio e/o linguistico e intellettivo, con la necessità di un supporto riabilitativo per migliorare la progressione dei sintomi. Ci sono poi situazioni in cui non si riscontrano particolari sintomi né si richiedono particolari terapie.

Plagiocefalia

Può essere considerata una forma di anomalia della circonferenza cranica, in quanto riguarda un appiattimento o una deformità asimmetrica del cranio. Tuttavia, viene classificata come “posizionale” quando è causata principalmente da posizioni frequenti della testa in un’unica direzione, cosa che avviene spesso durante il sonno. La plagiocefalia posizionale è generalmente benigna e può essere corretta con alcuni interventi, come il cambio frequente della posizione del neonato o il tummy time (ne abbiamo parlato in questo articolo). Altre forme di plagiocefalia possono essere invece indicative di condizioni più gravi o di problemi di sviluppo e quindi necessitano di un’assistenza più complessa

Brachicefalia

Si verifica quando il cranio presenta una forma più larga e più corta rispetto alla norma. Questa condizione può essere causata da vari fattori, tra cui il posizionamento costante della testa in una determinata direzione durante il sonno o altri periodi di riposo (brachicefalia posizionale). Anche in questo caso è importante distinguere tra la brachicefalia posizionale, che è spesso benigna e può correggersi con il tempo, e i casi di brachicefalia dovuti ad altre cause (sindromi genetiche) e associate a condizioni mediche più gravi.

Dolicocefalia

Condizione in cui il cranio è più lungo e più stretto rispetto alla norma. È una delle anomalie meno conosciute e non sempre diagnosticate immediatamente. Spesso all’origine ci sono errori posizionali, rotazione della testa, posizione prona o sul fianco (sconsigliate nelle indicazioni per prevenire il rischio di SIDS).

Trigonocefalia

Alterazione nella forma del cranio caratterizzata da una testa a forma di trigono (comunemente definita “testa a punta”), causata da fattori genetici e ambientali, è più frequente nei maschi rispetto alle femmine. 

Scafocefalia

Detta anche “craniostenosi sagittale”, è una condizione in cui il cranio è lungo e stretto con una forma simile a una barca. Nel 50% è dipende da sindromi genetiche ed è dovuta a una prematura fusione delle ossa craniche (più precisamente della sutura sagittale).

Oxicefalia

Detta anche “craniostenosi non sindromica” (e un tempo definita con il termine “turricefalia”), riguarda un’aumentata altezza del cranio, spesso associata a un appiattimento sulla parte posteriore. È molto rara e può essere associata a problemi del nervo ottico e ritardo cognitivo.

Come gestire le anomalie

La gestione delle anomalie della circonferenza cranica richiede una valutazione approfondita da parte di diversi specialisti, tra cui pediatri e neonatologi, neurologi, chirurghi, genetisti. Di fronte a problemi della circonferenza cranica, un intervento tempestivo e un adeguato trattamento possono contribuire a minimizzare le conseguenze a lungo termine e favorire lo sviluppo ottimale del bambino, oltre a una qualità di vita migliore nel tempo sotto l’aspetto psicofisico e sociale.

Alcune possibili soluzioni includono:

  • Monitoraggio regolare. In molti casi, soprattutto se l’anomalia è lieve e non comporta rischi significativi, il pediatra potrebbe optare per questa strada al fine di valutare la progressione nel tempo.
  • Terapie conservative. Possono essere raccomandate per alcune condizioni, come la plagiocefalia o la brachicefalia. La terapia posizionale, ad esempio, mira a correggere la forma della testa attraverso modifiche nelle abitudini posturali del bambino.
  • Trattamenti medici. Possono essere prescritti nei casi più gravi o se vi è un sospetto di problemi neurologici. Ad esempio, per la pressione intracranica elevata, potrebbe essere necessario un intervento chirurgico o altri approcci medici.
  • Interventi terapeutici. Ovvero l’intervento di specialisti, come fisioterapisti, ortopedici o neurologi per gestire specifiche condizioni neuromotorie legate alle anomalie della circonferenza cranica.
  • Follow-Up a lungo termine. Richiesto in molti casi per garantire che lo sviluppo del bambino progredisca in modo ottimale e per apportare eventuali aggiustamenti al piano di trattamento.

Lo scopo essenziale è quello di seguire correttamente l’evolversi della crescita e dello sviluppo del bambino con possibile anomalia della crescita del cranio, di non sottovalutare i rischi ma allo stesso tempo informare e sostenere le famiglie per supportare, senza timori, le necessità terapeutiche e riabilitative del piccolo, garantendogli una qualità di vita ottimale

da www.vogheranews.it
@Riproduzione Riservata del 31 gennaio 2024

RIVANAZZANO TERME – Come comportarsi quando si è al cospetto di una persona colpita da arresto cardiaco? Sappiamo effettuare le cosiddette manovre salvavita? E’ ormai noto a tutti che la tempestività e la correttezza di questo primo soccorso è fondamentale.

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Per consentire anche ai cittadini di Rivanazzano Terme, ma non solo, di apprendere queste tecniche, nel prossimo mese di febbraio l’Associazione Onlus “Pavia nel Cuore”, centro di formazione per la preparazione al primo soccorso, con il patrocinio del Comune, organizza due giornate di corso di formazione, rivolti alla cittadinanza e alle diverse associazioni del territorio, per sensibilizzare la popolazione sull’importanza delle manovre salvavita.

“Si tratta di un primo ciclo di formazione di BLSD (acronimo di Basic Life Support Defibrillation) – afferma Antonella Maini Presidente del Consiglio Comunale e consigliere con delega all’Istruzione e Sanità -, nel corso del quale si potranno apprendere le tecniche e le manovre di primo soccorso e l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico (DAE). E, a tale proposito, ricordo che Rivanazzano Terme è munito di un proprio defibrillatore installato sulla parete esterna dell’edificio comunale in Piazza Cornaggia. Queste giornate di formazione – conclude Antonella Maini – nascono da un’esigenza emersa dal territorio che il Comune di Rivanazzano Terme, tramite “Pavia nel Cuore”, è ben lieto di sostenere” con lo scopo di educare quante più persone possibile ad intervenire in caso di arresto cardiaco in attesa dell’arrivo dei sanitari”.

I corsi, in questa prima fase, saranno riservati a componenti delle Associazioni Rivanazzanesi ed al personale comunale, e si terranno presso l’Oasi della Pace il 3 e 17 febbraio dalle 13.30 alle 18.30.

Per la popolazione, con ogni probabilità, saranno programmati corsi nei prossimi mesi, chi fosse interessato a partecipare può contattare gli uffici comunali al numero 0383-945125 e lasciare il proprio nominativo.

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da www.chiesadimilano.it
@Riproduzione Riservata del 26 gennaio 2024

Con l’apporto di docenti e ricercatori di Cattolica, Bicocca e Politecnico, Fom e Ambrosianeum hanno realizzato una ricerca multidisciplinare sulla presenza e sull'attività in città, che sarà presentata il 31 gennaio presso la Fondazione.-

Mercoledì 31 gennaio, alle 11, all’Ambrosianeum di Milano (via delle Ore 3), verranno presentati i risultati della ricerca «Il posto degli oratori», realizzata dalla Fondazione Oratori Milanesi e dalla Fondazione Ambrosianeum, con l’apporto multidisciplinare di docenti e ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dell’Università di Milano-Bicocca e del Politecnico.

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Con questa ricerca è stata realizzata una utile mappa delle proposte educative e ricreative offerte dagli oratori milanese, tenendo conto dell’insieme delle proposte offerte dal pubblico e dal privato (profit e non profit), rivolte in particolare a preadolescenti e adolescenti.

Grazie ai risultati – non sono solo quantitativi, ma anche qualitativi – lo studio approfondisce i bisogni e le necessità degli adolescenti, per come si riflettono e trovano risposta negli oratori, anche con l’intento di offrire elementi utili alla progettazione educativa, con uno sguardo al lavoro d’insieme nei Decanati e al lavoro di rete con altre realtà esterne all’ambito ecclesiale.

Verrà dunque offerta una panoramica il più possibile completa delle proposte per gli adolescenti a Milano, per comprendere “i pieni e i vuoti” che la connotano rispetto a criteri di lettura di carattere sociologico, statistico e pedagogico: la copertura del territorio (vi sono zone che restano scoperte? quali possono essere le ragioni? quali i punti di forza e di debolezza?); la copertura di determinati bisogni (su quali tipologie di intervento si concentrano le risposte? vi sono bisogni/target di beneficiari che restano senza risposta?); l’integrazione e la rete tra le proposte (vi è complementarietà/sovrapposizione tra le proposte?).

Alla presentazione sarà presente il Vicario episcopale di settore, don Giuseppe Como. Interverrà il vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, mentre la ricerca sarà presentata dalla curatrice, Rosangela Lodigiani, docente del Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica. Sono invitati quanti operano negli oratori di Milano: presbiteri e religiosi/e, educatori professionali, volontari, ecc., ma anche tutte le figure professionali e volontarie di altre realtà educative e sociali della città. Sarà anche l’occasione per incontrare i membri della Cordata educativa «Missione possibile».

di Paolo Crepet
da www.bambiniegenitori.it
@Riproduzione Riservata

«I sentimenti esistono se, a monte, esistono le emozioni. E le emozioni bisogna seminarle sin dal parto. Anzi prima...».-

Abbiamo incontrato lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet in piazza Maggiore a Bologna (sede storica della nostra Associazione NOprofit a sostegno delle famiglie), durante l'ultima edizione del Festival francescano.

Davanti ad una folta platea di cittadini, Crepet ha colto l'occasione per presentare il suo ultimo libro, Prendetevi la luna (Mondadori), e di insistere «sulla necessità di un'educazione non sentimentale, ma emotiva».

«Quando una donna in attesa si accarezza la pancia – spiega – è come se infondesse a chi sta per arrivare una lezione di sogni. E noi abbiamo bisogno, oggi più che mai, di sogni e di ispirare i nostri figli a fare qualcosa di straordinario».

Professore, qual è il ruolo dei genitori nell'aiutare i ragazzi a districarsi fra le proprie emozioni?

«Sinceramente, i genitori non so dove siano. Bisogna scovarli, andarli a cercare col lanternino. Sono troppi quelli che fanno di tutto per non esserci. Il benessere, il concedere sempre tutto e subito è il più grande errore della loro assenza; un'assenza che ha portato al declino dell'empatia. Gli adulti non sono più capaci di mettersi nei panni dell'altro e, di conseguenza, non lo sono i loro figli. I ragazzi guardano, innanzitutto, le figure di riferimento che hanno in famiglia. È dalla madre e dal padre che prendono ispirazione, nel bene e nel male».


Dice sempre che i ragazzi di oggi hanno troppo, eppure sono arrabbiati, sfuggenti... cosa manca loro?

«La cosa più importante: l'ascolto. Si sentono soli, invisibili. Con i figli bisogna parlare, trovare il tempo per loro. Guardarli, ascoltarli, porre dei limiti. I genitori devono essere più coraggiosi, smettere di assecondare i ragazzi e fare gli amiconi. Le famiglie devono prendersi delle responsabilità e, soprattutto, non devono aver paura di dire dei "no" per tutelare, anche con severità, i propri figli. Un genitore deve essere una guida e fare scelte impopolari. I nostri ragazzi non sono più capaci di gestire le frustrazioni, il rifiuto, la fine di un amore. E la colpa è dei genitori che non glielo hanno insegnato, proteggendoli troppo, facendo addirittura lo zaino di scuola al posto loro. Stanno crescendo adulti che non saranno mai davvero autonomi e in grado di vivere le sconfitte».


E il rispetto per l'altro? Come insegnare loro a vivere le proprie emozioni, rispettando quelle dell'altro?

«Con l'esempio e la cura. Se qualcosa sfugge si tende a dare le colpe al mondo esterno. Alle cattive compagnie, ai social, alla scuola. Il comportamento di qualsiasi ragazzo dipende invece da quello che ha visto fare intorno a sé, per prima cosa in casa».


Serve l'educazione all'affettività e al rispetto delle differenze a scuola?

«Alla scuola servirebbe riconoscere l'autorevolezza degli insegnanti. Si è dato troppo spazio alle famiglie, che pretendono di giudicare i docenti, di cui dovrebbero fidarsi. Da un lato si toglie valore all'insegnamento, dall'altro si delega alla scuola tutto ciò che non riescono o sanno fare. Un ragazzo come potrà rispettare l'insegnante se i primi a non farlo sono i suoi genitori?».


Quanto pesa l'invadenza del mondo digitale nei comportamenti dei nostri figli e nella gestione delle loro relazioni?

«Esattamente come pesa sui vostri comportamenti di adulti. Anche i genitori sono sempre con la testa nello smartphone. Servirebbe buon senso: evitare un'esposizione prolungata e la dipendenza che ne deriva e che rischia di diventare totale. Si può fare tutto, con moderazione. E, anche in questo caso, è fondamentale esserci come genitore. Fino ad una certa età, la presenza e la mediazione di un adulto sono indispensabili. Come ho scritto nel mio libro Baciami senza rete, lo ripeto anche ai ragazzi: spegnete quel telefonino e baciatevi».

PAVIA – Trasferirsi a Pavia è una scelta che nasconde certamente diversi aspetti positivi, legati soprattutto alla qualità della vita per i servizi offerti ai cittadini, alla posizione geografica e al patrimonio storico e culturale.

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Università

Un primo aspetto interessante da porre in evidenza è la presenza di una delle università più antiche del mondo, fondata nel 1361, attira studenti e accademici da tutto il mondo. Offre una vasta gamma di corsi in diverse discipline e assicura un elevato standard qualitativo. Nel 2022 l’Università di Pavia è stata indicata dal Times Higher Education (autorevole rivista britannica specializzata in notizie e approfondimenti sul mondo dell’università e in generale sull’istruzione superiore) tra i primi 10 atenei in Italia e tra i 300 migliori a livello mondiale.

Qualità della vita e servizi

Per quel che concerne la qualità della vita, Pavia come molte città di dimensioni medie offre molti servizi e opportunità culturali senza i problemi di caos tipici delle grandi metropoli. Nella classifica del 2022 la provincia pavese è risultata 62esima in Italia su complessive 107 province con un miglioramento di sanità, istruzione e sicurezza e 47esima posizione per il capitolo economico dedicato a ricchezza e consumi. I servizi sono di qualità nei più diversi ambiti, dalla scuola all’università, dalla sanità alla sicurezza, dai servizi amministrativi alle assicurazioni. Un servizio per le assicurazioni a Pavia ad esempio viene fornito da personale altamente qualificato sia per la stipula di polizze su casa, auto, salute, professione, vita o patrimonio. Considerando la posizione geografica, Pavia è situata non lontano da Milano, raggiungibile con un’ora circa di auto e circa 25 minuti se ci si sposta con i mezzi pubblici.

Patrimonio storico e culturale

Altro vantaggio di vivere a Pavia è la possibilità di godere della ricchezza storica e culturale. Il centro storico conserva un layout ortogonale originario dal I secolo a.C., epoca della fondazione della città. Lo schema urbanistico è visibile non solo nel nucleo antico ma anche nelle zone che si sono sviluppate durante il Medioevo oltre le mura classiche. La città ospita numerosi edifici di rilevanza storica sia religiosi che civili. Per quanto riguarda l’architettura religiosa, spiccano opere come la Basilica di San Michele Maggiore, il monumento medievale più celebre di Pavia, il Duomo, dedicato a Santa Maria Assunta e a Santo Stefano Protomartire, che colpisce per un0imponente struttura a croce greca, e la Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, risalente all’inizio dell’VIII secolo e tradizionalmente attribuita al re Liutprando. Nell’ambito delle costruzioni civili, meritano menzione il Palazzo Regio e il Ponte Coperto. In centro si possono ammirare molte abitazioni storiche appartenute a influenti famiglie locali, che testimoniano la ricchezza e l’importanza di Pavia nel corso dei secoli.

Pavia è dotata inoltre di un notevole tesoro artistico, lascito del prestigioso passato della città, ripartito in più collezioni. In questo caso vanno citate la Pinacoteca Malaspina e la rete museale dell’università (che comprende il Museo per la storia dell’università di Pavia), il Museo diocesano e FabbricaPoggi, un museo, centro del design e dell’arte contemporanea nato nel 2022.

Cucina

Infine, Pavia come molte altre città della Lombardia vanta diversi piatti tradizionali. La cucina tipica della città si caratterizza per l’ampio uso del riso, grazie alla ricca produzione locale (legata alla presenza di numerosi corsi d’acqua). Tra i piatti a base di riso spiccano il risotto alla Certosina (preparato con gamberi di fiume e carote), il risotto con i fagioli dell’occhio, quello con salsiccia e bonarda, o con luppolo selvatico. Altri primi piatti includono la zuppa alla pavese (che si prepara con brodo, uova e formaggio). Tra i secondi bisogna elencare il ragù alla pavese (una sorta di cassoeula con sole costine di maiale), lo stufato alla pavese, la trippa alla pavese e gli ossibuchi con piselli.

di Francesca Finiguerra, ostetrica
da www.uppa.it
@Riproduzione Riservata

Nell’arco dei nove mesi di attesa non solo la quantità degli ormoni che circolano nel sangue aumenta ma compaiono ormoni specifici, prodotti direttamente dalla placenta fin dalle prime settimane. Come funzionano? E quali sono i loro effetti?.-

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Beatrice è alla sua prima gravidanza: ha fatto il test qualche settimana fa e ha scoperto così di essere incinta. Da allora amici e parenti le ripetono che tutti i suoi sintomi, in particolare la nausea persistente e la stanchezza costante nell’arco della giornata, sono dovuti agli ormoni della gravidanza. Gonadotropina corionica, estrogeni, progesterone… Beatrice ne ha solo sentito parlare in passato, non sa quali sono le loro funzioni. 

Cerchiamo allora di conoscere insieme i principali ormoni coinvolti nel corso della gestazione e in che modo questi determinano i fastidi e i problemi durante le 40 settimane.

Quali sono gli ormoni della gravidanza?

Le modifiche cui l’organismo della donna va incontro durante la gravidanza riguardano anche il sistema endocrino, ovvero l’apparato che assicura la produzione di ormoni necessaria per lo svolgimento dei singoli processi fisiologici. In particolare, nell’arco dei nove mesi di attesa non solo la quantità di alcuni che circolano nel sangue aumenta ma compaiono ormoni specifici, prodotti direttamente dalla placenta fin dalle prime settimane. 

principali ormoni della gravidanza sono: 

  • Gonadotropina corionica umana (β-HCG). Il cosiddetto “ormone della gravidanza”, tanto che è il primo che viene ricercato, nel sangue o nelle urine, proprio per la diagnosi di gestazione. Questo ormone aumenta e raggiunge il picco durante i primi mesi, per poi diminuire e stabilizzarsi per tutto il resto della gravidanza. 
  • Progesterone. Contribuisce alla crescita del feto e alle modificazioni fisiche del corpo della donna per portare avanti la gravidanza. Aumenta costantemente durante i nove mesi per poi diminuire in prossimità del parto, affinché si possano verificare tutte le modificazioni del travaglio.
  • Estrogeni (estrone, estradiolo ed estriolo). Contribuiscono allo sviluppo del feto e delle ghiandole mammarie e dell’utero. Proprio come il progesterone, questi ormoni aumentano costantemente durante la gravidanza.
  • gravidanza.
  • Ossitocina. Il cosiddetto “ormone dell’amore” che aiuta la maturazione uterina e determina le contrazioni preparatorie di Braxton-Hicks. Anche l’ossitocina aumenta con il progredire della gravidanza e raggiunge il suo picco per il travaglio di parto.
  • Relaxina. Determina il rilassamento dei legamenti in previsione del travaglio di parto e contribuisce alla maturazione della cervice uterina. La sua produzione non è costante durante la gravidanza. 
  • Tanti altri sono gli ormoni prodotti in gravidanza, con diverse funzionalità, come l’alfafetoproteina e l’ormone placentare della crescita. 
  • Ormoni in gravidanza: come influiscono sul corpo
  • Cerchiamo ora di capire quali sono gli effetti degli ormoni gravidanza. Cominciamo col dire che non riguardano solo il sistema riproduttivo ma l’intero organismo della donna, compresi alcuni apparati, in particolare: 
  • Nell’apparato cardio-circolatorio aumentano il volume di sangue in circolo e le quantità di globuli rossi e bianchi. Aumenta anche la frequenza cardiaca mentre la pressione arteriosa tende a diminuire.
  • Nell’apparato renale e urinario aumenta il flusso che passa attraverso i reni, il che determina cambiamenti nei sali minerali in circolazione, come il sodio.
  • Nell’apparato respiratorio, i cambiamenti dipendono dal progesterone prodotto e dall’aumento del volume uterino, che interferisce con l’espansione polmonare e determina una difficoltà respiratoria da sforzo, anche minima.
  • Nell’apparato endocrino, tutte le ghiandole e le loro funzionalità vengono modificate a causa della maggior produzione di alcuni ormoni tipici della gravidanza, il che va a determinare anche altre modifiche, come quelle della funzionalità tiroidea o la riduzione della risposta dell’insulina.  
  • In conclusione, la funzione degli ormoni in gravidanza è quella di far progredire la gestazione e far sì che il feto in utero riceva tutto il nutrimento per crescere correttamente. 
  • I problemi ormonali in gravidanza
  • Gli ormoni in gravidanza, quindi, sono parte integrante e fondamentale dell’intero percorso, dal concepimento al travaglio di parto, e potrebbero determinare nel corpo della donna alcuni disturbi del tutto normali. In alcuni casi, però, questi disturbi possono aumentare fino a essere invalidanti. 
  • Il progesterone, ad esempio, contribuisce alla preparazione di un ambiente uterino confortevole all’impianto dopo il concepimento e prepara la ghiandola mammaria alla produzione di latte, ma allo stesso tempo può comportare una forte sensazione di stanchezza nelle prime settimane di gravidanza. Gli estrogeni, invece, fondamentali per lo sviluppo del feto e per l’aumento del volume uterino, possono determinare problemi più o meno evidenti e soggettivi, come la sensazione di nausea e di vomito nel primo trimestre.
  • Nel caso in cui si verifichino problemi ormonali in gravidanza di questo tipo, sarà bene confrontarsi con lo specialista che segue la gestazione, al fine di valutare assieme eventuali interventi o terapie farmacologiche per alleviare i disturbi, in ogni caso spesso passeggeri. Ancora più necessari sono i controlli in caso di patologie endocrine già conosciute oppure che insorgono durante la gravidanza, come ad esempio tireopatie o diabete.

di Sara Roversi
da www.laprovinciapavese.gelocal.it
@Riproduzione Riservata del 14 gernnaio 2024

Il Pontefice e l'invito a passare dalla follia del ventre alla sobrietà per accantonare l’avidità che minaccia l’equilibrio ecologico del nostro pianeta.-

«Gastrimargia»: è con questo termine, traducibile come «follia del ventre», che gli antichi Padri si riferivano al vizio della gola. Un vizio che – come ha sottolineato Bergoglio con parole memorabili, nel corso della sua udienza generale – non è un peccato individuale ma, piuttosto, l’emblema dell’avidità che minaccia l’equilibrio ecologico del nostro pianeta. Nella società odierna siamo passati inosservatamente dall’essere umani a essere «consumatori» (di cibo, di beni, di ideologie, di immagini, e così via, potenzialmente all’infinito): un terribile cambiamento di identità che riflette una crescente disconnessione dalla natura e dai nostri bisogni più autentici. Questa trasformazione è sintomo di quella che Bergoglio già nella Laudate Deum aveva definito come la «malattia silenziosa che colpisce tutti noi»: ovvero l’inconsapevolezza di quanto tutto sia collegato, di quanto ognuno di noi sia parte integrante della natura.

Se un ambiente sano è il risultato dell’interazione sana con tutto ciò che ci circonda, allora – spiega il Papa – «la voracità con cui ci siamo tutti scatenati, da qualche secolo a questa parte, verso i beni del pianeta» dimostra palesamente quanto malato sia il nostro modo di rapportarci non tanto e non solo al cibo, ma al mondo stesso. Il vizio della gola (che, attenzione, non è rifiuto della «simpatia nei confronti delle gioie umane» – come ci tiene a precisare il Papa) diventa quindi metafora di un più ampio disordine nel rapporto con le risorse del nostro pianeta. 

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Divorando tutto, avventandoci su tutto per «diventare padroni di ogni cosa», ci stiamo autodivorando, diventando predatori di noi stessi.  

Quelle di Bergoglio sono parole che tutti noi dovremmo tenere a mente: «l’attenzione che dobbiamo avere è quella interiore: dunque non sul cibo in sé, ma sulla nostra relazione con esso». Come ripeto molto spesso, non si tratta solo di ciò che mangiamo, ma del come e del perché lo facciamo. Di una consapevolezza alimentare che va oltre la nutrizione, abbracciando aspetti etici, ambientali e sociali. Il cibo è  uno specchio delle nostre scelte e dei nostri valori, riflettendo la nostra predisposizione all’equilibrio o alla smodatezza, la nostra generosità o la nostra arroganza, la nostra empatia o il nostro egoismo. 

«Dimmi come mangi, e ti dirò che anima possiedi» – afferma con parole potentissime Bergoglio. Questo perché «nel modo di mangiare si rivela la nostra interiorità, le nostre abitudini, i nostri atteggiamenti psichici». Se valutiamo il mondo attraverso questa lente, è evidente che la nostra “interiorità collettiva” è allora profondamente fratturata. Il nostro attuale modello di consumo alimentare ha scaraventato il pianeta in una crisi multidimensionale, caratterizzata da insicurezza alimentare, un’emergenza ambientale devastante, provocata in gran parte dall’industria alimentare, e da crescenti problemi di salute pubblica. È una situazione che chiama in causa non solo le nostre scelte individuali ma anche le strutture e i sistemi globali che supportano e perpetuano queste dinamiche me questa è una verità valida non solo a livello individuale. 

Già nell’Enciclica Laudate Deum, con una semplicità straordinaria, il Papa ci aveva detto che non ci «viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo». Che non dobbiamo fare altro che curare la nostra casa, riconciliarci con il mondo che ci ospita, «impreziosirlo con il proprio contributo». Con un tempismo allarmante, oggi ci siamo tutti svegliati con la notizia diffusa da Copernicus, apparsa sulle prime pagine della stampa globale: il 2023 è l’anno stato il più caldo mai registrato. E, verosimilmente, la situazione peggiorerà.

Forse allora è davvero giunto il tempo – citando Francesco – di unirci nella strada della sobrietà: affinché le varie forme di gola non si impadroniscano della nostra vita. Una sobrietà che non è rinuncia, ma equilibrio consapevole, approccio misurato alla vita. Una moderazione che non sacrifica la gioia, ma rafforza l’autocontrollo, nel rispetto, nell’amore e nella cura per l’altro, per la nostra comunità, per il nostro pianeta. 

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di Benedetta Ionata, Psicologa Psicoterapeuta
da www.citttànuova.it
@Riproduzione Riservata del 11 gennaio2024

Come affrontare con successo le delusioni o gli eventuali limiti della vita? Cosa significa il dolore che proviamo? Quale desiderio profondo c'è dietro ai nostri obiettivi?.-

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Quando ci poniamo degli obiettivi un elemento cruciale per il loro raggiungimento è la presenza della motivazione, vista come una spinta ad agire in direzione di ciò che ci siamo prefissati. Viene considerata una delle forze che influenzano il comportamento umano e alimenta la competizione, stimola la connessione sociale e comprende il desiderio di continuare a lottare verso i propri valori.

Ma a tutti noi può succedere di non riuscire a raggiungere i propri obiettivi e sogni nonostante gli sforzi, e spesso ciò non dipende neanche da noi. Questa è una delle sfide della vita: imparare ad adattarsi alle delusioni della vita, alla perdita dei nostri sogni e ai rimpianti. Mentre la delusione è il risultato della discrepanza tra le aspettative del soggetto e il risultato effettivo, il rimpianto invece è un’emozione negativa che sperimentiamo quando realizziamo o immaginiamo che la nostra situazione attuale sarebbe stata migliore se avessimo agito diversamente.

Ma, in ogni caso, con la perdita arriva un sentimento di dolore. Ciò che speravamo e per cui abbiamo lavorato è svanito e ognuno di noi risponde a modo suo. Alcuni riescono ad andare avanti dopo aver sofferto per un po’, altri non si addolorano nemmeno e vanno avanti come se nulla fosse mai successo, solo per scoprire in seguito che quei sentimenti si ripercuotono nelle loro vite. Altri ancora rimangono bloccati, immersi nel rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere, ovvero non vanno avanti ma rimuginano sul passato, sul fallimento e non riescono a godersi il presente o a immaginare un futuro positivo.

Indipendentemente dalla reazione, per ognuno di noi gli obiettivi prefissati possono rappresentare la punta di un iceberg dei nostri bisogni più profondi, poiché da qualche parte sotto i primissimi strati di qualsiasi obiettivo c’è una motivazione ancora più profonda, un bisogno più specifico. Ad esempio, l’obiettivo di avere un bambino senza ombra di dubbio significa voler diventare padre o madre e creare una propria famiglia. Allo stesso tempo al di sotto di questo obiettivo potrebbero essercene anche altri, quali un forte desiderio di essere una persona che si prende cura degli altri o di voler trasmettere la propria saggezza, o addirittura di voler rimediare al proprio passato.

Affrontare con successo le delusioni o gli eventuali limiti della vita non significa solo “andare avanti” o “trarne il meglio”, ma approfondire, scoprire cosa significava quell’obiettivo per noi, quale nucleo più profondo si celava e poi trasformarlo in un qualcosa di nuovo.

Di certo questo nuovo obiettivo può non cancellare la delusione e il senso di perdita del passato, e a seconda delle dimensioni della ferita, è probabile che rimangano tracce di dolore che si ripresenteranno in base a ciò che accade mentre si procede per la propria strada.

Il nuovo obiettivo sarà soddisfacente quanto quello che è venuto meno? Questo non possiamo saperlo, ma di sicuro possiamo sentirci orgogliosi di ciò che abbiamo trasformato dalle ceneri della delusione. E se ora dovessimo fare il punto sui nostri obiettivi, sogni e delusioni, cosa possiamo portare avanti e trasformare?

CAV Voghera

L'Associazione Vogherese di volontariato, che aiuta gratuitamente la donna in difficoltà ad accogliere la vita, superando le difficoltà.

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