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CAV - Centro di Accoglienza alla Vita Vogherese ODV

Via Mentana n. 43
27058 Voghera (PV)
Tel: 349 4026282
email: cavvoghera@virgilio.it

di Redazione

da www.today.it

@Riproduzione Riservata del 08 maggio 2020

 

Fase 2, scatta la ‘sindrome della capanna’: perché si ha paura di tornare alla normalità
„Secondo la Società italiana Psichiatria oltre 1 milione di italiani fa fatica ad uscire di casa dopo due mesi di lockdown“.-

La fase 2 dell’emergenza coronavirus sta riportando lentamente gli italiani ad una normalità che per molti si rivela fonte di ansia e frustrazione. Secondo le stime della Società italiana di psichiatria (Sip), sono oltre un milione gli italiani colpiti dalla 'sindrome della capanna' che, in individui predisposti, aumenta il rischio di sviluppare psicopatologie e disturbi dell’adattamento.

Stiamo percependo un numero enorme di persone in difficoltà per la paura di affrontare la vita precedente, uscire di nuovo e lasciare la casa che è diventata un rifugio che li ha protetti e tenuti al sicuro dal coronavirus, spiegano Massimo di Giannantonio ed Enrico Zanalda, presidenti Sip: Dopo due mesi di quarantena una quota consistente di popolazione che prima non aveva disturbi, vive l’agognata possibilità di un ritorno alla parvenza di normalità con l’ansia di riprendere i ritmi precedenti e la paura di non adattarsi ai nuovi.

È in realtà una reazione del tutto normale e comune anche per le persone più equilibrate psichicamente, conseguente all’eccezionalità della situazione, come già avvenuto dopo il crollo delle Torri Gemelle, precisano di Giannantonio e Zanalda: Ma se il disagio si protrae per più di tre settimane ed è acuito dall’incertezza verso il futuro, dalla preoccupazione per la situazione economica e per la precarietà del lavoro, in un caso su tre aumenta il rischio di sviluppare nel tempo veri e propri disturbi mentali, come la depressione maggiore, gli attacchi di panico e disturbi dell’adattamento.

È importante dunque affrontare le proprie paure e, se necessario, rivolgersi allo specialista se ansia, frustrazione, insonnia e irascibilità non sono temporanee. Si tratta di disturbi noti per i quali esistono trattamenti concreti e di comprovata efficacia che possono migliorare la qualità di vita, la forza di ripresa e la capacità di tornare a scommettere su sé stessi, concludono gli esperti.

 

di Redazione

da www.settenews.it/al-buzzi-di-milano-vince-la-vita-nascono-40-bambini-da-mamme-positive-al-covid-19-e-stanno-tutti-bene/

@Riproduzione Riservata del 26 marzo 2020

Segnali positivi, storie che danno speranza, in uno dei momenti più bui della storia contemporanea: all’Ospedale dei Bambini Buzzi di Milano sono nati nelle scorse ore una quarantina di bambini da mamme positive, o sospette positive, al Coronavirus.

I piccoli, subito sottoposti ai controlli del caso, sono risultati negativi ai test Covid-19 e godono tutti di ottima salute.

Nell’ospedale milanese, famoso per il suo reparto di maternità, è stata approntata in questi giorni un’isola neonatale, all’interno della sala parto. Vale a dire uno spazio dedicato ai neonati e alle loro mamme dove, con alcuni strumenti come un rianimatore t-piece (ventilatore a respirazione assistita), un lettino “infant warmer”, un saturimetro e un frequenzimetro, donati dalla SC Johnson con la OBM Onlus, è possibile assistere subito dopo il parto mamme e bambini in totale sicurezza.

Ogni misura è stata approntata affinché il momento della nascita, tra quelli più belli nella vita delle persone e delle famiglie, continui ad essere vissuto con tutta la gioia che merita.

Aprite le porte alla vita -

  • Nel documento in vista della celebrazione della prossima Giornata Nazionale per la Vita, in calendario per il 2 febbraio 2020, il rifiuto di «ogni forma di aborto, abbandono, maltrattamento e abuso» e l’invito a promuovere «l’uguale dignità di ogni persona». In allegato il testo, firmato dal Consiglio Episcopale Permanente, suddiviso in tre paragrafi: “desiderio di una vita sensata”, “dalla riconoscenza alla cura”, “ospitare l’imprevedibile”.
  • In 41 edizioni (quella del 2020 sarà la 42ª) il tema della vita, è stato declinato dalle più diverse angolature. Basta scorrere i titoli delle Giornate per rendersene conto. Si è parlato del ruolo della madre (“Madre e figlio, unica via da accogliere”, 1981); del problema del lavoro (“Territorio e lavoro al servizio della vita”, 1983); della pace (“Quale pace se non salviamo ogni vita”, 1987); di famiglia (“La famiglia tempio della vita”, 1994); di paternità (“Paternità e maternità, dono e impegno”, 1999); di denatalità (“Senza figli non c’è futuro”, 2004); di sofferenza (“La forza della vita nella sofferenza”, 2009), di crisi economica (“Generare la vita vince la crisi”, 2013). E nel 2017 è stata ricordata anche Madre Teresa di Calcutta. (altro…)

di Redazione Web
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 13 settembre 2019
I medici dell'ospedale universitario di Brno salvano la piccola mantenendo le funzioni vitali della madre per tre mesi. Un lavoro d'equipe straordinario, la piccola pesava 2 chili.-
 
Una bambina sana è nata da una mamma morta a livello cerebrale da 117 giorni. I medici dell'Ospedale dell'Università di Brno (Repubblica Ceca) sono riusciti a salvare la piccola con un'impresa medica che probabilmente rappresenta una sorta di record mondiale, mantenendo per così tanto tempo le funzioni vitali della madre . Di certo è un caso rarissimo e difficile da trattare. Si contano circa 20 nascite del genere descritte nel mondo, ma stavolta si tratta del ricovero più lungo e del maggior peso mai ottenuto per il bebè (oltre 2 kg).
La donna di 27 anni era alla sedicesima settimana di gravidanza quando è stata ritrovata incosciente in casa ed è stata trasportata in elicottero all'Unità di emergenza di Brno, il 21 aprile 2019, con l'anamnesi di malformazioni artero-venose con manifestazioni di epilessia. I soccorritori hanno mantenuto la sua attività respiratoria e dalla Tac è poi emerso un ictus. Il respiro spontaneo è poi scomparso e un esame neurologico clinico ha confermato l'aflessia, cioè la morte cerebrale.
Da questo momento, i medici della clinica di Anestesia, rianimazione e medicina intensiva dell'ospedale universitario di Brno e della Facoltà di Medicina dell'Università di Masaryk insieme ai ginecologi, hanno fatto del loro meglio per stabilizzare le funzioni vitali della paziente e proteggere così il feto nel corpo della madre.
È stata avviata una complessa cura di rianimazione a lungo termine, che ha incluso il monitoraggio approfondito dell'attività del cuore e delle funzioni polmonari e renali, l'abbassamento della temperatura corporea, così come la somministrazione di diversi farmaci. È stata prestata la massima cura - indicano ancora i medici cechi - per mantenere l'integrità della pelle e prevenire complicanze infettive, molto comuni in situazioni simili. Particolare attenzione è stata prestata anche all'alimentazione, in modo da garantire non solo il fabbisogno energetico della madre, ma anche la crescita e lo sviluppo ottimali del feto.
In estate è stato rilevato che il feto cresceva: a fine giugno pesava 980 grammi, mentre a luglio era già di 1,5 kg. Il 15 agosto scorso è stato deciso di procedere con il parto cesareo, alla settimana 34+3 di
gravidanza, e la neonata è venuta al mondo sana, con un peso di 2.130 grammi e una lunghezza di 42 centimetri. Ad aiutare nella riuscita dell'operazione, le buone condizioni di salute della donna prima dell'ictus e la pronta assistenza medica subito dopo l'evento. Ma soprattutto "è la prova dell'enorme forza della vita umana e del corpo materno, che ha gestito molto bene, con l'aiuto di dottori e infermieri, questa difficile situazione e ha dato la vita a un bambino nonostante la morte cerebrale", commentano i dottori.

di Antonio Maria Mira
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 07 settembre 2019
La piccola, nel pancione di sua madre, rifiutata da tutti. Tranne che dalla Caritas.-
Alle 2.22 della notte tra il 28 e il 29 agosto è nata Karima, finita per strada nel pancione di mamma Malika, marocchina di meno di trenta anni. Accolta ancora una volta grazie al volontariato cattolico. Così una nuova luce si è accesa nel limbo. Per loro non c’era posto a Reggio Calabria. Come a Treviso, dove Malika (i nomi sono di fantasia) aveva perso il lavoro di badante, licenziata perché incinta. Non aveva voluto dire di no alla nuova vita che cresceva nel suo grembo. Così aveva fatto più di 1.200 chilometri fino a Reggio Calabria, dove era già stata. Ma anche qui tante porte chiuse.
Solo la strada per lei e la piccola che stava per nascere. Alla fine una porta si è aperta, quella dell’help center 'Casa di Lena' opera segno della Caritas diocesana per senza fissa dimora. Dopo essere stata rifocillata e ascoltata, è stata accolta a 'Casa Anawim' (che in aramaico significa 'casa dei poveri di Dio'), bene confiscato alla ’ndrangheta gestito dall’Associazione Abakhi. Era una bisca clandestina, a pian terreno un bar con le slot legali, al primo piano una cinquantina di “macchinette” illegali. Oggi ospita rifugiati, in particolare quelli giunti coi corridoi umanitari.
Per Malika i volontari della diocesi sono stati due volte l’unica risposta, l’unica zattera di salvataggio. Era arrivata in Italia nel 2016 col marito. Una storia familiare difficile. Lui la picchiava e poi con il primo figlio è andato in Norvegia. Lei lavorava a Rosarno e viveva da un’amica che però poi è partita e così nel 2018 si è trovata senza casa ed è arrivata a Reggio. Qui si è rivolta per la prima volta all’help center, è stata accolta a 'Casa Anawim' e ha rinnovato il permesso di soggiorno per lavoro autonomo. Poi ha provato a ricostruire la famiglia: è andata a trovare il marito in Norvegia, dove è rimasta incinta, ma lui continuava a picchiarla. E via, di nuovo, fino a Treviso, dove ha trovato lavoro come badante. Le avevano fornito anche una casa in comodato d’uso gratuito. Ma quando la famiglia italiana ha scoperto che era incinta l’ha subito licenziata. «Ha chiesto alla Asl di essere seguita per il parto ma le hanno detto che non era possibile a Treviso. Doveva andare nel luogo della sua residenza, cioè Rosarno. Ma il Sistema sanitario nazionale lo garantisce ovunque, anche a chi non ha residenza», denuncia Alessandro Cartisano dell’Associazione Abakhi. Un eccesso di rigidità, una forzatura provocata dal decreto sicurezza. Così, disperata, ha deciso di tornare dove era stata accolta una prima volta. «Si è ricordata di noi – dice ancora Alessandro –. È stata un giorno per strada dopo il viaggio in treno di 11 ore. Una situazione sicuramente non ideale per le sue condizioni».
I volontari l’hanno accolta, poi – dieci giorni fa – è nata Karima: «In un periodo dove abbiamo ascoltato odio, violenze e bambini e uomini tenuti settimane e settimane sulle navi, qualcosa da noi accade che vorremmo condividere – aggiunge Bruna Mangiola, anche lei volontaria e scout del Masci–. Una nuova luce è venuta al mondo per insegnarci ancora una volta che niente e nessuno può fermare la bellezza della vita umana». E così è stato per Karima e Malika che dopo il parto in ospedale da lunedì sono a Palmi, in un centro di accoglienza per mamme con bambini accreditato con la Regione. «Ora è contenta. Se non trovava noi partoriva per strada. E chissà che fine avrebbe fatto», riflette Alessandro. Invece ha trovato tanti amici. Ma i volontari non stanno zitti. «Non possiamo sempre togliere il peso alle istituzioni. Noi accogliamo, ma chiediamo che si assumano le loro responsabilità».

di Ferdinando Camon
E' una notizia così pasquale che più pasquale non si può. Una resurrezione. Nella forma umana in cui una resurrezione può avvenire, e cioè nella forma della lentezza: prima una inarrestabile perdita della vita, poi una lenta risalita verso la pienezza della vita. Sto parlando del bambino anglo-italiano Alex Montresor, figlio d’italiani, ma vivente in Inghilterra, che ha due anni e s’è scoperto che ha una malattia genetica inguaribile, per la quale l’unico rimedio possibile è un trapianto di cellule da organismo compatibile. Fu lanciato un appello, da tutto il mondo si presentarono ai centri di prelievo della saliva a migliaia (dalla saliva si poteva risalire alla compatibilità delle cellule), ma nessuno risultò compatibile.
L’unico compatibile, a metà, rimaneva il padre, e dunque fu lui il donatore delle cellule staminali, che dopo adeguato trattamento furono innestate nel piccolo, quattro mesi fa. E ora, all’ultimo controllo, risulta che hanno svolto in pieno la loro funzione: hanno sostituito interamente le cellule malate, e l’organismo del piccolo può dirsi sano (stavo per scrivere 'sanificato') al cento per cento. Il piccolo può rientrare a casa. La vita è tornata, riparte dal suo inizio.
La madre dice ai giornali: 'È come averlo partorito di nuovo'. 'Partorito' è un termine che rimanda al ruolo della donna. Le donne, quando si tratta di vita che comincia o ricomincia, tendono immediatamente ad attribuirsi un ruolo esclusivo. Ma qui ha avuto un ruolo anche il padre, o no? Se lui dice che è come averlo generato di nuovo, dice qualcosa d’improprio? Io penso di no. Dicevo, la lentezza. È una resurrezione che ha richiesto mesi. Le resurrezioni che ci raccontano i Vangeli sono fulminee. Come quella, decisiva, che si ricorda oggi: il morto si alza e se ne va, gli amici che vengono per trovarlo non lo trovano più. Quelle resurrezioni mostrano potenza.
La potenza dell’atto e delle parole che lo raccontano. Non conosco espressione più potente della fanciulla risorta raccontata nei Vangeli: «Puella, tibi dico, surge; et surrexit puella, et ambulabat, erat enim annorum duodecim». Quell’«enim» è esplicativo, se muori e risorgi a 12 anni cammini subito. Da noi, un ritorno alla vita è microscopico e c’impiega mesi o anni, nei Vangeli è titanico e fulmineo. Microscopico ma continuo è questo del bambino italo-inglese. È la sua seconda nascita. 'Nati due volte' è il titolo del libro più bello del mio amico Giuseppe Pontiggia, e indica il padre di un bambino nato con problemi, e deve anche lui rinascere con gli stessi problemi per convivere col figlio e aiutarlo a vivere. È difficile parlare della rinascita. È la difficoltà per eccellenza. È difficile parlare di questo bambino che ricomincia a vivere.
È difficile parlare del padre che gli ha donato le cellule. È il bene. È difficile parlare del bene. Non è questione di grandezza. Se mi mandano a Cape Canaveral e devo descrivere la partenza di un razzo gigantesco, io ci provo. Ma se mi mandano in una sala chirurgica e devo descrivere un trapianto di cornee donate, non so da dove cominciare. Leggo questa notizia di un bambino che era incamminato verso la morte e invece l’amore del padre lo riporta verso la vita, e oggi, nel tempo di Pasqua, vien proclamato guarito al cento per cento, e provo una gioia che non ha espressione. Pare amore perfetto, di padre con figlio, e dunque di figlio con padre.
Litigherà mai, quel figlio con quel padre? Ma certamente: la vita che riottiene è completa per questa libertà, se non avesse questa libertà non sarebbe completa. Il piccolo è tornato quel che era. E sarà quel che è nato per essere.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 21 aprile 2019

Pubblichiamo il Messaggio del Consiglio episcopale permanente della Cei per la 41ª Giornata nazionale per la vita che sarà celebrata in tutte le diocesi domenica 3 febbraio 2019.-

Pubblichiamo il Messaggio del Consiglio episcopale permanente della Cei per la 41ª Giornata nazionale per la vita che sarà celebrata in tutte le diocesi domenica 3 febbraio 2019

Germoglia la speranza
«Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,19). L’annuncio di Isaia al popolo testimonia una speranza affidabile nel domani di ogni donna e ogni uomo, che ha radici di certezza nel presente, in quello che possiamo riconoscere dell’opera sorgiva di Dio, in ciascun essere umano e in ciascuna famiglia. È vita, è futuro nella famiglia! L’esistenza è il dono più prezioso fatto all’uomo, attraverso il quale siamo chiamati a partecipare al soffio vitale di Dio nel figlio suo Gesù. Questa è l’eredità, il germoglio, che possiamo lasciare alle nuove generazioni: «facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera» (1Tim 6, 18-19).

Vita che "ringiovanisce"
Gli anziani, che arricchiscono questo nostro Paese, sono la memoria del popolo. Dalla singola cellula all’intera composizione fisica del corpo, dai pensieri, dalle emozioni e dalle relazioni alla vita spirituale, non vi è dimensione dell’esistenza che non si trasformi nel tempo, «ringiovanendosi» anche nella maturità e nell’anzianità, quando non si spegne l’entusiasmo di essere in questo mondo. Accogliere, servire, promuovere la vita umana e custodire la sua dimora che è la terra significa scegliere di rinnovarsi e rinnovare, di lavorare per il bene comune guardando in avanti. Proprio lo sguardo saggio e ricco di esperienza degli anziani consentirà di rialzarsi dai terremoti - geologici e dell’anima - che il nostro Paese attraversa.

Generazioni solidali
Costruiamo oggi, pertanto, una solidale «alleanza tra le generazioni», come ci ricorda con insistenza papa Francesco. Così si consolida la certezza per il domani dei nostri figli e si spalanca l’orizzonte del dono di sé, che riempie di senso l’esistenza. «Il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide», antiche e nuove. La mancanza di un lavoro stabile e dignitoso spegne nei più giovani l’anelito al futuro e aggrava il calo demografico, dovuto anche ad una mentalità antinatalista che, «non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire». Si rende sempre più necessario un patto per la natalità, che coinvolga tutte le forze culturali e politiche e, oltre ogni sterile contrapposizione, riconosca la famiglia come grembo generativo del nostro Paese.

L’abbraccio alla vita fragile genera futuro
Per aprire il futuro siamo chiamati all’accoglienza della vita prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale. Nello stesso tempo ci è chiesta la cura di chi soffre per la malattia, per la violenza subita o per l’emarginazione, con il rispetto dovuto a ogni essere umano quando si presenta fragile. Non vanno poi dimenticati i rischi causati dall’indifferenza, dagli attentati all’integrità e alla salute della "casa comune", che è il nostro pianeta. La vera ecologia è sempre integrale e custodisce la vita sin dai primi istanti.
La vita fragile si genera in un abbraccio: «La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo». Alla «piaga dell’aborto» – che «non è un male minore, è un crimine» – si aggiunge il dolore per le donne, gli uomini e i bambini la cui vita, bisognosa di trovare rifugio in una terra sicura, incontra tentativi crescenti di «respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze».
Incoraggiamo quindi la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine. Il futuro inizia oggi: è un investimento nel presente, con la certezza che «la vita è sempre un bene», per noi e per i nostri figli. Per tutti. È un bene desiderabile e conseguibile.

da www.avvenire.it

@Riproduzione Riservata del 01 dicembre 2018

di Costanza Signorelli
Una neonata nasce dalla mamma in coma da oltre tre mesi. Durante il parto la donna apre gli occhi per due volte. La stampa mainstream la definisce "la mamma senza saperlo", perchè "incosciente". Intanto, la realtà parla un altro linguaggio, privo di arroganza, ma assai più potente: la bimba è nata e la mamma, consapevole o meno, è stata un umile e meraviglioso strumento a servizio della Creazione.-
Ci sono storie in cui medici, infermieri e operatori sanitari diventano autentici strumenti nella mani del Creatore ad esclusivo servizio della vita. Piaccia o no, è accaduto esattamente questo lo scorso giovedì, alle ore 11,30 di mattina, presso l’ospedale Carlo Poma di Mantova. Un’equipe di 30 professionisti ha fatto nascere una dolcissima bambina dal grembo della sua mamma. Ebbene: il miracolo della vita, questa volta, è apparso ancor "più miracoloso" dal momento che la neo-mamma ha portato a termine la gravidanza e poi partorito in coma da oltre tre mesi. La neonata, per parte sua, ha salutato la vita come si conviene, con un vagito cha ha sentenziato le sue buone condizioni di salute.
La vicenda è tra i casi più rari che si possano verificare ed ha visto protagonista una giovane donna di 33 anni. La gestante al quarto mese di gravidanza è rimasta vittima di un improvviso arresto cardio-circolatorio sfociato in un ictus. Successivamente il quadro clinico è anche peggiorato, per via di importanti danni di natura neurologica. La diagnosi finale sentenzia: encefalopatia post anossica in forma grave. In poche parole, la donna verte in uno stato di coma leggero, in alcuni momenti vigile, con totale assenza di parola e respirazione spontanea.
E però, con buona pace di tutti coloro che oggi considerano gli stadi di coma prolungato come un “inutile qualità della vita”, la giovane mamma ha combattuto con tutte le sue forze, giorno dopo giorno, per quasi quattro mesi, al fine di portare a termine la sua maternità. E ce l’ha fatta alla grande: la sua bambina è nata sana all’ottavo mese, una volta giunti a maturazione di tutti gli organi vitali. Una vicenda che testimonia con forza quella verità che oggi è sempre più rifiutata: il mistero della vita sfugge ad ogni calcolo e supera ogni umana previsione, perciò, chiede anzitutto uno sguardo di umiltà.
E sebbene tutti i media mainstream hanno tenuto ad assicurare la totale assenza di coscienza in relazione allo stato di coma permanente della donna – definita “mamma senza saperlo” - dall’ospedale trapela che la stessa abbia aperto gli occhi più di una volta durante il parto. “E' incosciente”, si replica a più riprese sulle colonne della stampa. Ma chi può dirlo davvero con certezza? Intanto, la realtà parla un altro linguaggio privo di arroganza, ma assai più potente: la bambina è nata e la mamma, cosciente o meno, è stata un umile e meraviglioso strumento a servizio della Creazione.
Questa volta poi, anche l’ospedale e i medici hanno mostrato cosa significhi agire secondo la propria vocazione, facendo di tutto per ospitare, appunto, una nuova vita e prendersi cura di quella nel bisogno. «Ci siamo sentiti tutti coinvolti, sia emotivamente che scientificamente» hanno dichiarato il direttore sanitario di Mantova Maurizio Galavotti e il ginecologo Giampaolo Grisolia a capo dell’equipe di professionisti. «È tutto l’ospedale che ha fatto da ostetrica in questo caso molto complesso. C’è stato un grande spirito di solidarietà fra medici, infermieri, ostetrici, tecnici, specialisti. Tutto è stato calibrato sulla paziente: spostamenti, anestesia, alimentazione. Dovevamo salvare entrambe le vite». Non teme invece di definirlo un vero e proprio «miracolo», Valeria Fasolato, direttore del reparto di neonatologia e terapia intensiva neonatale ove la piccola è ora ricoverata: «Un miracolo a cui abbiamo dato il nostro contribuito».
Già da settimane infatti il direttore sanitario dell’Asst di Mantova, Maurizio Galavotti, e il direttore sanitario di presidio, Consuelo Basili, avevano creato una task force multidisciplinare composta da specialisti di sette reparti: Ostetricia e ginecologia, Terapia intensiva neonatale, Riabilitazione, Nutrizione clinica, Terapia intensiva anestesia e rianimazione, Fisiatria, Otorinolaringoiatria, Cardiologia. L'équipe di 30 specialisti, in due ore intense, ha portato a termine la complicatissima operazione: "Si è reso necessario il ricorso al taglio cesareo – spiegano dallo staff ospedaliero - praticato in anticipo rispetto al termine di gravidanza per complicanze ostetriche. L'intervento è risultato particolarmente difficoltoso anche a causa della posizione della donna - continuano i sanitari - perchè la sua malattia determina una contrazione degli arti. Tutto è stato eseguito in anestesia loco regionale (spino epidurale) per salvaguardare la salute di mamma e piccola".
Ferme restando le difficili condizioni, la donna ha superato bene l’operazione, senza ulteriori complicanze, ed ora è tornata nel reparto di terapia intensiva cardiologica sotto costante monitoraggio. La piccola invece, per precauzione, è stata ricoverata in Patologia Neonatale e tenuta sotto osservazione: «Mamma e bimba sono in condizioni stabili. La piccola pesa meno di un chilo e mezzo. E’ ancora presto per dire che è fuori pericolo, ma le sensazioni sono buone. Non nascondo che al termine del primo giorno siamo davvero contenti». La dottoressa Fasolato, ha così spiegato che la bambina è assistita dal punto di vista respiratorio, essendo nata a pochi giorni dalla scadenza della trentaduesima settimana di gravidanza. Ma assicura: «Ha una gran voglia di reagire. Oggi abbiamo cominciato ad alimentarla con un po’ di latte».
Non ci rimane che augurare a mamma e piccola di continuare a combattere sempre e con forza per la vita, con la certezza che, nonostante tutto, esse siano davvero in ottime mani. Quelle stesse mani che realizzano il Miracolo della Vita in ogni istante.
da www.lanuovabq.it
@Riproduzione Riservata del 18 giugno 2018

di Danilo Poggio
E’ un percorso che tocca tutta l’Italia quello del camper del progetto «In viaggio per la vita». Nel 40° della legge 194 è partito da Firenze il 22 maggio.-
E’ un percorso che tocca tutta l’Italia quello del camper del progetto «In viaggio per la vita». Nel 40° della legge 194 è partito da Firenze il 22 maggio (anniversario dell’entrata in vigore) per rilanciare «in maniera originale e propositiva una campagna nazionale per la vita», utilizzando il mezzo «per veicolare stimoli, spunti e riflessioni sulla bellezza della vita umana prima della nascita e della maternità durante la gravidanza».
A distanza di 40 anni è fondamentale il ruolo dei Centri di aiuto alla vita che, rinnovandosi "in uscita", continuano a essere presidio per la tutela della vita nascente, raggiungendo migliaia di mamme in difficoltà. Il camper ha ieri lasciato la Liguria, dopo aver toccato Chiavari, La Spezia, Sestri Levante, San Salvatore dei Fieschi e Rapallo: «C’è ancora molta disinformazione – spiega Giovanni Rocchi di Federvita Liguria –, spesso c’è meraviglia da parte delle persone quando scoprono come sia un feto a undici settimane, spostando l’attenzione sul nascituro.
Il nostro scopo è proprio creare consapevolezza, con un lavoro di informazione che passa anche dalle piazze, nell’incontro con ogni persona che vuole fermarsi a parlare con noi».
Il passaggio del testimone è avvenuto ieri pomeriggio: da oggi il camper si trova in Piemonte, dove i volontari continuano a raccontare l’attività dei Centri di aiuto alla vita, del servizio telefonico Sos vita 8008.13000 e del Progetto Gemma (adozione prenatale a distanza) per aiutare le future mamme. Spiega Claudio Larocca, di Federvita Piemonte: «Saremo ad Asti, Acqui Terme, Torino, Rivoli, Savigliano e Ciriè.
Queste iniziative aiutano a farci conoscere e soprattutto a far conoscere la nostra offerta di aiuto a chi può salvare una vita, condannando l’atto e mai la persona. In piazza, ma anche attraverso i social network, possiamo trasmettere direttamente il nostro messaggio e la nostra presenza capillare sul territorio. In regione abbiamo 35 Cav, e ogni anno portiamo aiuto ad almeno duemila donne».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 07 giugno 2018
 
 

CAV Voghera

L'Associazione Vogherese di volontariato, che aiuta gratuitamente la donna in difficoltà ad accogliere la vita, superando le difficoltà.

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