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«ATTENTI A NON "VIRALIZZARE" I SACRAMENTI. QUELLA VIRTUALE È LA CHIESA DEI TEMPI DIFFICILI, NON L'IDEALE»

di Annachiara Valle

da www.famigliacristiana.it

@Riproduzione Riservata del 17 aprile 2020

Papa Francesco riflette su come si prega al tempo del coronavirus e mette in guardia dai rischi di questa Chiesa in cui si sta insieme senza stare insieme. "Il Signore lo permette", dice, "ma ricordatevi che la Chiesa è con il popolo".

Il Papa prega per le «donne che sono in attesa, le donne incinte che diventeranno mamme e sono inquiete, si preoccupano» perché si chiedono: «“In quale mondo vivrà mio figlio?”. Preghiamo per loro, perché il Signore dia loro il coraggio di portare avanti questi figli con la fiducia che sarà certamente un mondo diverso, ma sempre sarà un mondo che il Signore amerà tanto».

E poi mette in guardia dal rischio di una fede virtuale. Quella che stiamo vivendo con la pandemia, «che ha fatto sì che tutti ci comunicassimo anche religiosamente attraverso i media, attraverso i mezzi di comunicazione, anche questa Messa, siamo tutti comunicati, ma non insieme, spiritualmente insieme. Il popolo è piccolo. C’è un grande popolo: stiamo insieme, ma non insieme. Anche il Sacramento: oggi ce l’avete, l’Eucaristia, ma la gente che è collegata con noi, soltanto la Comunione spirituale. E questa non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore lo permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i Sacramenti. Sempre».

E lo spiega anche attraverso il Vangelo che racconta la chiamata degli apostoli, la familiarità del Signore con ciascuno. Andrea e Pietro «che  stavano lavorando con le reti, lasciarono le reti e seguirono Gesù. Giovanni e Giacomo, lo stesso: lasciarono il padre e i ragazzi che lavoravano con loro e seguirono Gesù. La chiamata è stata proprio nel loro mestiere di pescatori. E questo passo del Vangelo di oggi, questo miracolo, della pesca miracolosa ci fa pensare ad altra pesca miracolosa, quella che racconta Luca, nel capitolo quinto: anche lì è successo lo stesso. Hanno avuto una pesca, quando loro pensavano di non averne. Dopo la predica, Gesù ha detto: “Prendete il largo” – “Ma abbiamo lavorato tutta la notte e non abbiamo preso nulla!” – “Andate”. “Fiducioso nella tua parola – disse Pietro – getterò le reti”. Lì era tanta la quantità – dice il Vangelo – che “furono presi da stupore”, da quel miracolo. Oggi, in quest’altra pesca non si parla di stupore. Si vede una certa naturalità, si vede che c’è stato un progresso, un cammino andato nella conoscenza del Signore, nell’intimità con il Signore; io dirò la parola giusta: nella familiarità con il Signore».

E poi sottolinea che, «quando Giovanni vide questo, disse a Pietro: “Ma è il Signore!”, e Pietro si strinse le vesti, si gettò in acqua per andare dal Signore. La prima volta, si è inginocchiato davanti a Lui: “Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore”. Questa volta non dice nulla, è più naturale. Nessuno domandava: “Chi sei?”. Sapevano che era il Signore, era naturale, l’incontro con il Signore. La familiarità degli apostoli con il Signore era cresciuta».

Anche noi cristiani, nel nostro cammino di vita siamo in questo stato di camminare, di progredire nella familiarità con il Signore. Il Signore, potrei dire, è un po’ “alla mano”, ma “alla mano” perché cammina con noi, conosciamo che è Lui». E racconta di un Gesù che, con gli apostoli, «sicuramente, hanno fatto la colazione insieme, con il pesce e il pane, sicuramente hanno parlato di tante cose con naturalità» per dire che «questa familiarità con il Signore, dei cristiani, è sempre comunitaria. Sì, è intima, è personale ma in comunità. Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa. Può diventare una familiarità – diciamo – gnostica, una familiarità per me soltanto, staccata dal popolo di Dio. La familiarità degli apostoli con il Signore sempre era comunitaria, sempre era a tavola, segno della comunità. Sempre era con il Sacramento, con il pane».

Ed è qui che ripete il pericolo della preghiera via social, delle messe seguite attraverso la televisione, della comunione spirituale. Una cosa obbligata per fermare il virus, ma che non deve farci perdere l’ideale della Chiesa che è un altro.

«Prima della Pasqua», confida, «quando è uscita la notizia che io avrei celebrato la Pasqua in San Pietro vuota, mi scrisse un vescovo – un bravo vescovo: bravo – e mi ha rimproverato. “Ma come mai, è così grande San Pietro, perché non mette 30 persone almeno, perché si veda gente? Non ci sarà pericolo …”. Io pensai: “Ma, questo che ha nella testa, per dirmi questo?”. Io non capii, nel momento. Ma siccome è un bravo vescovo, molto vicino al popolo, qualcosa vorrà dirmi. Quando lo troverò, gli domanderò. Poi ho capito. Lui mi diceva: “Stia attento a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i Sacramenti, a non viralizzare il Popolo di Dio". La Chiesa, i Sacramenti, il Popolo di Dio sono concreti. È vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo, ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci. E questa è la familiarità degli apostoli: non gnostica, non viralizzata, non egoistica per ognuno di loro, ma una familiarità concreta, nel popolo. La familiarità con il Signore nella vita quotidiana, la familiarità con il Signore nei Sacramenti, in mezzo al Popolo di Dio. Loro hanno fatto un cammino di maturità nella familiarità con il Signore: impariamo noi a farlo, pure. Dal primo momento, questi hanno capito che quella familiarità era diversa da quello che immaginavano, e sono arrivati a questo. Sapevano che era il Signore, condividevano tutto: la comunità, i Sacramenti, il Signore, la pace, la festa».

Infine, prima dell’antifona mariana del Regina Coeli, la preghiera per la Comunione spirituale con queste parole:

Ai tuoi piedi, o mio Gesù, mi prostro e ti offro il pentimento del mio cuore contrito che si abissa nel suo nulla e nella tua santa presenza. Ti adoro nel sacramento del Tuo amore, l’ineffabile Eucaristia. Desidero riceverti nella povera dimora che ti offre il mio cuore; in attesa della felicità della comunione sacramentale voglio possederti in spirito. Vieni a me, o Gesù, che io vengo da Te. Possa il tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in Te, spero in Te, ti amo.

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