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ANZIANI, IN LOMBARDIA UN TERZO VIVE DA SOLO. IL FUTURO? PIÙ VACANZE E COMPAGNIA

di Antonio Sanfrancesco

da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 08 febbraio 2022

L’indagine "Più fragili dopo la tempesta?” promossa da Spi Cgil, Fnp Cisl Lombardia e Uilp Uil Lombardia in collaborazione con l’Associazione per la Ricerca Sociale di Milano: il 14% degli ultraottantenni vive in una sorta di auto reclusione domestica importante. Per il futuro desiderano andare in vacanza e conoscere nuove persone. Il "caso Milano".-

Quasi un terzo degli anziani lombardi vive da solo. Ma questo non vuol dire che si sentano soli. Anzi, la solitudine percepita è maggiore nei piccoli centri, dove una quota minore di anziani vive da sola in casa, e si riduce fortemente a Milano, dove la percentuale dei “solitari” è maggiore della media regionale. Il senso di solitudine, percepito, inoltre, è del 5% tra i “giovani-anziani” (quelli che vanno dai 65 ai 70 anni) e arriva al 20% tra gli ultra ottantenni.

È uno dei dati più interessanti emersi da Più fragili dopo la tempesta? Ricerca sugli anziani in Lombardia: bisogni, desideri, risorse, l’indagine svolta sugli anziani lombardi dopo due anni di emergenza sanitaria, promossa da Spi Cgil Lombardia, Fnp Cisl Lombardia, Uilp Uil Lombardia che, in collaborazione con ARS (Associazione per la Ricerca Sociale di Milano) hanno costituito un Osservatorio regionale sulla terza età.

L’indagine è stata presentata martedì mattina alla Casa della Cultura di Milano e rappresenta la prima ampia ricognizione dopo due anni di pandemia: i dati sono stati raccolti tra luglio e settembre dell’anno scorso. Questi primi risultati saranno poi confrontati con quelli che saranno raccolti dopo l’estate prossima e presentati all’inizio del 2023. Un altro dato molto importante emerso è che il 14% degli anziani ultraottantenni vive in una sorta di un’autoreclusione domestica importante. Questo significa che oltre centomila anziani lombardi si trovano a vivere confinati in casa, con evidenti problemi nella fruizione dei necessari servizi quotidiani.

«Gli anziani», ha spiegato Federica Trapletti di Spi Cgil Lombardia nell’introdurre i lavori, «continuano ad essere considerati un peso per la società anziché adeguare il welfare sociale agli anziani. Vengono visti solo dal punto di vista del bisogno assistenziale e non come risorsa. Per questo è necessario ripensare i tempi, gli spazi e i servizi. A distanza di un anno da questa prima indagine ne svolgeremo un’altra per verificare se la situazione mostra segni di miglioramento». Trapletti ha concluso indicando qual è la sfida per il futuro in una società dove gli anziani rappresentano sempre di più una quota importante di popolazione: «Non bisogna aggiungere solo anni alla vita, e questo è il compito della scienza, ma vita agli anni, e questo è compito nostro, dalle istituzioni al mondo del Terzo settore alla società civile. Quello che manca nel pensare e attuare il welfare per gli anziani è una regia pubblica e un coordinamento. La ricerca vuole essere un contributo proprio in questa direzione».

A illustrare i dati c’erano Sergio Pasquinelli, Giulia Assirelli, Francesca Pozzoli dell’Associazione per la Ricerca Sociale di Milano. Il punto di partenza sono i dati Istat: gli ultra 65enni in Lombardia, sono circa 2,3 milioni (pari al 22,9% della popolazione) e aumentano al ritmo di 40 – 50 mila all’anno. Dal 2000 ad oggi la percentuale di anziani è aumentata del 25% (nel 2002 era pari al 18,2%) e secondo le previsioni demografiche elaborate dall’Istat potrebbe arrivare a quota 32% entro il 2050.

Lo studio, ha sottolineato Assirelli, ha coinvolto oltre 1000 anziani residenti in Lombardia, di età compresa tra i 65 e gli 85 anni: si tratta di un campione ampio, costituito secondo quote che ne garantiscono la rappresentatività rispetto alla popolazione anziana complessiva. Analizzando i risultati, si può dividere il “pianeta anziani” in due parti: quello dei “giovani anziani”, sessantacinquenni/settantenni e quella dei “grandi anziani”, gli ultraottantenni. I “giovani anziani” si distinguono per una maggiore istruzione e predisposizione alla socialità, per una vita dinamica e per una significativa familiarità con le tecnologie.

LA CASA PERCEPITA COME "FATTORE PROTETTIVO"

Molti i temi toccati dallo studio. Una prima riflessione è stata fatta sullo stato di salute generale: nonostante ci siano ampie quote di anziani che vivono un relativo benessere, emerge un 15% di anziani con problemi di non autosufficienza parziale o totale. Contando anche la fascia di popolazione che supera gli 85 anni, dove si è fermata la ricerca, si calcolano oltre 400 000 anziani lombardi con problemi di non autosufficienza. Sono soprattutto “grandi anziani”, che abitano da soli e che spesso hanno bassi livelli d’istruzione.

Grande spazio è stato dedicato anche al tema della casa, percepita come “fattore protettivo”: è emersa, infatti, una bassissima propensione degli anziani lombardi a cambiare residenza. Un dato questo che implica, a sua volta un basso livello d’interesse per le soluzioni abitative alternative, come co – housing, probabilmente perché ancora poco conosciute. Un aspetto, del tema della casa, che rimane particolarmente problematico è quello dell’accesso all’abitazione: un anziano su tre riporta la presenza di ostacoli, anche lievi - come gradini o porte strette, che rendono difficoltosa la deambulazione a casa propria.

Molto interessante la parte sulla percezione del futuro. La maggiore preoccupazione è la salute, seguita dalla situazione finanziaria, rapporto con i familiari, la situazione dei figli e la paura della solitudine. Mentre alla domanda su quali sono i desideri per il futuro la stragrande maggioranza, soprattutto nella fascia d’età dai 65 agli 80, ha risposto che vorrebbe andare in vacanza e avere più compagnia.

«La vacanza», hanno sottolineato i ricercatori, «significa “staccare”, uscire dal contesto abitativo e dalla routine che da due anni, a causa della pandemia, impedisce grandi spostamenti fuori città e ha ridotto fortemente le occasioni di svago e di socialità». Sui diversi aspetti indagati, la città di Milano emerge sempre in controtendenza rispetto al resto della Regione e questo ha permesso ai ricercatori di parlare di un vero e proprio “caso Milano”. Nel capoluogo, la percentuale di anziani che riceve aiuti da familiari per attività quotidiane è del 30,5%, molto più bassa rispetto al 53% dei piccoli comuni. Inoltre, in città gli anziani sembrano essere un po’ più autonomi, più capaci di arrangiarsi anche da soli, grazie a relazioni e supporti che evidentemente fanno meno affidamento sulla famiglia rispetto agli contesti della regione.

Complessivamente, alla domanda che dà il titolo alla ricerca “Più fragili dopo la tempesta?” i dati e le esperienze raccolte danno una risposta affermativa: laddove l’83% degli aiuti ricevuti dagli anziani per rispondere ai loro vari bisogni, proviene da familiari, oggi di fonte ai nuovi bisogni causati dall’emergenza pandemica, i familiari sono riusciti ad offrire un’azione di supporto solo nel 49% dei casi. La pandemia ha reso più fragile chi lo era già.

Dopo la presentazione dell’indagine, è intervenuta con un videomessaggio l’assessore regionale al Welfare Letizia Moratti: «Come già è accaduto nel momento più drammatico della pandemia, come Regione e assessorato al Welfare abbiamo avuto una particolare attenzione alla fascia di popolazione anziana. L'impegno è di continuare ad avere questa attenzione», ha detto, «la pandemia ha allentato le relazioni sociali degli anziani sul territorio. L'impoverimento delle relazioni, la solitudine nei quartieri, nelle periferie, nelle aree interne, ha reso i nostri anziani più fragili ed esposti nella prospettiva dell'accelerazione del rischio di decadimento cognitivo», ha evidenziato Moratti. Il Covid, ha proseguito, «ha infatti rappresentato per gli anziani non solo un rischio molto più elevato in termini di ospedalizzazione e di mortalità», ma in prospettiva, «anche un aumentato rischio di stati di decadimento cognitivo collegati all'impoverimento e allentamento delle relazioni sociali». Dunque, «nella definizione di interventi e servizi per la popolazione anziana, occorre tenere conto di questo contesto di partenza» ha concluso l'assessore, «attivando interventi territoriali di contrasto alla vulnerabilità non solo socio sanitaria, ma anche sociale».

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