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Adolescenti e anoressia, il libro di Fiorenza Sarzanini: «Quella mia disperazione ancora senza un perché»

di Manuela Croci
da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 13 aprile 2022

Fiorenza Sarzanini racconta la sua esperienza con i disturbi alimentari, che la pandemia ha trasformato in un’emergenza diffusa. «Sono passati 30 anni, sono guarita. Ma quando viaggio porto la bilancia». Dialogo con la psicoterapeuta Stefania Andreoli per fare il punto su tutto quello che sappiamo.-

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In Italia, il 36,2% dei pazienti con disturbi alimentari soffrono di anoressia nervosa, il 17,9% ha una bulimia nervosa, il 12,4% il bing eating e il 33,5% altri disturbi

«Quando sei malata non lo capisci. Arrivi al fondo e non te ne rendi conto. L’immagine che vedi riflessa nello specchio è un’altra. Una te che non corrisponde alla realtà. Si chiama “dispercezione”, adesso lo so. All’epoca non ne avevo idea. In realtà trent’anni fa i disturbi alimentari erano quasi sconosciuti ». Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere della Sera, parla così nel suo libro Affamati d’amore (Solferino) dell’anoressia di cui è stata vittima quando aveva ventitré anni. «La mia vita era piena di soddisfazioni, di amici, di affetto», continua qualche pagina dopo. «Avevo realizzato il sogno coltivato fin da bambina: diventare giornalista». Ma qualcosa non andava, quell’apparente perfezione nascondeva un senso di inadeguatezza, un perché ben nascosto nel profondo.

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La giornalista e scrittrice Fiorenza Sarzanini

«Alla fine non ho più cercato una spiegazione, il motivo scatenante che mi ha portato all’anoressia. Sicuramente c’era qualcosa che non andava in quella vita apparentemente perfetta. Forse aver raggiunto a soli 23 anni l’obiettivo che mi ero prefissata — diventare giornalista e soddisfare mio padre — è stato quasi troppo. Non sono riuscita allora a capire la causa e non ci riesco adesso. E forse non è neanche importante capirlo. Se ti concentri solo su questo rimani avvitato nel problema. Credo che l’importante non sia individuare la causa, ma cercare il rimedio. Rovesciare il problema », spiega Sarzanini. «Le cause sono spesso più di una, intrecciate e multifattoriali», aggiunge Stefania Andreoli, psicologa, psicoterapeuta e analista che lavora da sempre con gli adolescenti. «Per la mia esperienza, il cuore pulsante sta sempre dentro ad una matrice affettiva che riguarda il valore, l’uso e il significato simbolico e affettivo che si attribuisce al cibo. Ovvero: non si tratta di pazienti che non sanno mangiare. Lo sanno benissimo, spesso sono nutrizionisti honoris causa . Ma non lo fanno. In questo modo, comunicano un messaggio che va tradotto, da persona a persona, a sé stessi e al loro mondo degli affetti».

ANDREOLI: «IO SUGGERISCO DI NON ASPETTARE. DIMOSTRIAMO DI AVER VISTO LA SOFFERENZA E DI ESSERE DAVVERO PREOCCUPATI»

Ammettere che si ha un problema e lasciarsi aiutare può essere un primo passo, anche se a volte non è sufficiente. «Si tratta di faccende raffinate e complesse che non basta pensare e razionalizzare, ma occorre incontrare nella loro profonda e dolorosa dignità», precisa la psicologa. «Per questo il mio suggerimento in questi casi è di mostrare al ragazzo o alla ragazza in questione che li abbiamo visti, che ci siamo accorti di loro. E che siamo sinceramente preoccupati». La difficoltà in più è che il disturbo alimentare ti dà una forza inaspettata. All’esterno sembri fragilissimo, ma dentro ti fa trovare un vigore pazzesco. «È la forza del controllo maniacale del tuo corpo», prosegue la scrittrice. «Ai ragazzi dico: quando vi scatta questa cosa, ammettete con voi stessi che non è una forza, ma che in realtà rischia di indebolirvi troppo. Cercate vicino a voi una persona, un amico, un familiare, qualcuno che vi possa aiutare a uscirne fuori. Privarsi del cibo non è controllare il proprio corpo, ma distruggerlo ».

IL 36,2% DEI PAZIENTI SOFFRONO DI ANORESSIA NERVOSA, IL 17,9% HA UNA BULIMIA NERVOSA, IL 12,4% IL BING EATING E IL 33,5% HA ALTRI DISTURBI ALIMENTARI (FONTE: ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ). L’IMPORTANZA DI SAPER COGLIERE I SEGNALI

Spesso i segnali non sono improvvisi e dobbiamo saperli cogliere, leggerli per quelli che realmente sono costruendo uno sguardo attento. «Non si ha un disturbo alimentare solo se è la bilancia a dirlo: ben prima di un drastico dimagrimento o di un “effetto yo-yo” i segnali sono una sistematica selezione del cibo, l’intensificarsi della attività fisica, l’annullamento delle situazioni sociali e famigliari in cui si mangia, un’alterazione dell’umore », precisa la psicologa. «Per i più piccoli, saltare ripetutamente la merenda a scuola, dire che si ha mal di testa per non stare a tavola durante il pasto, reagire ai litigi e alle tensioni dicendo “allora non mangio” sono campanelli d’allarme». In questi anni l’attenzione per questo tipo di disturbi è certamente cresciuta, in Italia coinvolge circa 2,4 milioni di persone. È la seconda causa di morte tra gli adolescenti, preceduta solo dagli incidenti stradali. «Trent’anni fa quasi ci si vergognava a dire “mia figlia soffre di un disturbo alimentare”, per i genitori o facevi i capricci e quindi dovevi finirla e sederti a tavola oppure eri matta», continua Sarzanini. «In entrambi i casi c’era una sottovalutazione del problema, ora c’è più consapevolezza. Ai genitori dico: “Tuo figlio non è matto, è malato. E non c’è niente di male”. Se si rompe un braccio, lo fai curare. E senza vergognarti. Lo stesso vale se soffre di anoressia o bulimia».

Genitori disarmati e disorientati

Non bisogna quindi nascondere ma affrontare il problema senza lasciar trascorrere troppo tempo. La conferma arriva anche nelle parole di Andreoli. «Trovo che la cura d’elezione sia la terapia psicologica - non solo per il paziente, ma anche per i suoi genitori: spesso, le mamme e i papà sono disarmati e disorientati e aiutarli a stare con il figlio o la figlia malati è parte fondamentale della cura. A seconda della severità della situazione, poi, un approccio combinato che affianchi il medico e il nutrizionista è imprescindibile e può fare la qualità diversa. Il mio suggerimento comunque è di non aspettare ». E di parlarne sempre di più, come si sta facendo con Affamati d’amore, con il podcast Specchio - sempre della stessa autrice - e come è stato fatto lo scorso 15 marzo in occasione della Giornata del fiocchetto lilla, nata proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sui disturbi dell’alimentazione e della nutrizione. Disturbi che - a differenza di quanto siamo abituati a pensare - non coinvolgono solo giovani ragazze che “vogliono fare le modelle”, come si diceva semplificando fino a qualche anno fa.

«I CASI RIGUARDANO ANCHE GLI ADULTI». SONO 2,4 MILIONI I PAZIENTI IN TRATTAMENTO IN ITALIA NEL 2020. SI RITIENE PERO’ CHE IL DATO SIA SOTTOSTIMATO PERCHÉ UN’IMPORTANTE QUOTA DI PERSONE NON CHIEDE AIUTO E NON ACCEDE ALLE CURE

«I casi sono molto più trasversali di quanto si creda e riguardano anche gli adulti, nonché forme senili », precisa Andreoli. Il 90% delle persone che ne soffrono sono donne, ma ci sono anche tanti uomini che hanno questi disturbi. Nel libro di Sarzanini si raccontano le storie di Paolo e Matteo: uno 290 kg, l’altro tutto muscoli. «Tanti ragazzi si vergognano o faticano a comprendere. La vigoressia, che è un vero, gravissimo disturbo perché somma la fatica fisica alla privazione del cibo, è quasi tipicamente maschile. Però quello che tu vedi spesso sono giovani muscolosi che è difficile riescano ad ammettere che hanno un problema, perché lo pensano come un segno di cedimento rispetto al proprio culto del corpo». Proprio per questo ci vuole molta attenzione nei confronti di chi ci sta vicino.

Il cibo partner d’elezione a discapito di altri affetti

Spiega Stefania Andreoli: «La perdita o l’aumento di peso sono esclusivamente quanto si osserva in superficie. I movimenti profondi della mente dietro ad un disturbo alimentare parlano di dipendenza e controllo, di regolazione del pieno e del vuoto emotivi, di relazione con il cibo che viene scelto come partner d’elezione a discapito del legame con le altre figure affettive di riferimento, che in questo modo finiscono sotto ricatto: nessuna madre la spunta con una persona anoressica chiedendole di sforzarsi a mangiare e nessun fidanzato ha la meglio su una con un binge eating disorder, proponendole di provare a trattenersi. Si scoprirà, al contrario, che sia controproducente: per chi è affetto da un disturbo del comportamento alimentare, prima viene sempre il pensiero del cibo». E un periodo complesso come quello della pandemia ha acuito la situazione, si stima che i casi siano aumentati anche del 40%. Stare tutti in casa ha evidenziato le tensioni familiari e soprattutto i bambini hanno risentito del distanziamento con i loro pari, della mancanza di dialogo e gioco con gli amici.

L’AUMENTO DEI DISTURBI IN PANDEMIA E I CENTRI DI CURA IN ITALIA SONO 108 LE STRUTTURE ACCREDITATE (101 DEL SSN E 7 DEL PRIVATO ACCREDITATO): 55 CENTRI AL NORD (DI CUI 19 IN EMILIA-ROMAGNA), 18 AL CENTRO ITALIA E 35 TRA SUD E ISOLE

«Sono passati da andare a scuola, magari anche il pomeriggio, e fare poi attività sportiva, musicale, uscite con gli amici a restare chiusi con mamma e papà. Circondati da tensioni, e non mi riferisco necessariamente a liti. Così, purtroppo, in molti casi hanno spostato l’attenzione: guardate me, occupatevi di me, vi do io un problema. E hanno iniziato a non mangiare o a mangiare male. C’è sempre un rapporto con i genitori alla base, nel bene o nel male», riflette Fiorenza Sarzanini. A lei abbiamo chiesto un ultimo commento: sono trascorsi 30 anni da quella foto in cui ha capito di avere un problema, si guarisce completamente o quel disagio avuto resta latente nella testa e un cambiamento come la pandemia o un lutto possono risvegliarlo? « Il rapporto con il cibo, anche per le persone che non hanno avuto nessun disturbo o malattia, è sempre la spia dello stato d’animo: chi ha un pensiero o nervosismo non mangia o mangia tanto. Le persone sfogano nel cibo le proprie emozioni. Quando vai oltre, allora si crea uno scompenso. Posso dire che si guarisce, perché si guarisce e io sono guarita, ma in fondo una spia, un allarme resta. Io viaggio con la bilancia, è la mia coperta di Linus».

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