di Milena/Cav
da www.cav-voghera.it
@Riproduzione Riservata del 24 marzo 2024
A tutti Voi gentili lettori che siete sempre vicino al nostro CAV, tantissimi auguri per una Serena Santa Pasqua, possa il Signore riempire la Vostra casa di pace, amore e serenità.
La Presidente Costantina Marzano
Il Vice Presidente Stefano Angeleri
Il Direttivo
I Volontari
da www.vogheranews.it
@Riproduzione Riservata del 22 marzo 2024
PAVIA STRADELLA – Data la carenza di Medici di Medicina Generale e di Pediatri di Libera Scelta, Regione Lombardia, il 14 marzo, ha provveduto alla pubblicazione degli incarichi vacanti di assistenza primaria a ciclo di scelta, di assistenza primaria ad attività oraria e di pediatria di libera scelta per tutte le province.
Nel territorio pavese, l’ASST di Pavia cerca Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta e Medici da Inserire in Continuità Assistenziale. Sono numerosi i posti disponibili.
Tre, nello specifico, quelli disponibili nell’ambito di Tromello, Borgo San Siro, Ottobiano e San Giorgio; territori nei quali il recente inserimento dell’Ambulatorio Medico Temporaneo e degli Infermieri di Famiglia da parte di ASST sta sopperendo alla mancanza di Medici di famiglia.
Sono invece 7 i posti disponibili a Vigevano e 3 quelli a Pavia, dati i numerosi pensionamenti dell’anno precedente.
Per quanto riguarda i Pediatri, si cercano Medici a Pavia, San Martino Siccomario, Belgioioso, Stradella.
Le domande dovranno essere presentate entro il 09/04/2024, ed i nuovi Medici incaricati prenderanno servizio entro 90 giorni dall’accettazione.
In condizioni di carenza, la Struttura Complessa Cure Primarie si attiva per cercare un medico incaricato Provvisorio attingendo dalla graduatoria regionale in vigore per l’anno corrente.
Se nessun medico presente in graduatoria si rende disponibile, le Cure Primarie contattano i Medici di Medicina Generale già attivi sul territorio interessato dalla carenza, per chiedere la disponibilità ad aumentare il massimale dei pazienti. In queste casi è necessaria, da parte dei cittadini, l’iscrizione volontaria nelle liste del medico (on-line tramite Fascicolo Sanitario Elettronico, oppure recandosi in Farmacia o allo Sportello Scelta/Revoca di ASST, preferibilmente su appuntamento, forniti di tessera sanitaria).
Nel caso permanga ancora la necessità di assistenza ai cittadini le Cure Primarie attivano un Ambulatorio Temporaneo Diurno, gestito dai Medici di Continuità Assistenziale, come nella recente esperienza a Tromello.
In questo caso i cittadini hanno accesso all’ambulatorio semplicemente esibendo la Tessera Sanitaria, senza la necessità di iscrizione.
Ai cittadini fragili e intrasportabili viene garantita l’assistenza infermieristica domiciliare, come sta già avvenendo nell’ambito di Tromello, Borgo San Siro, Ottobiano e San Giorgio.
di Giovanna Sciacchitano
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 18 marzo 2024
L'appello degli esperti: più spazio all'immaginazione, al pensiero divergente, anche all'ozio. I media digitali "sparano" immagini troppo rapide che finiscono per danneggiare i piccoli.-
Il nostro futuro sono i bambini, ma per garantire una migliore crescita collettiva c’è ancora molto da fare. Soprattutto sul fronte della povertà educativa. Se n’è parlato nel corso del convegno organizzato dal Centro studi Erickson “0-6 Facciamo la differenza!” che si è tenuto il 15 e 16 marzo a Trento. Secondo gli esperti le competenze cognitive, socio-emozionali e motorie per crescere e vivere si formano in gran parte nel periodo che va dalla nascita all’entrata a scuola. Nidi, servizi integrativi e scuole dell’infanzia giocano un ruolo decisivo nello sviluppo dei bambini e delle bambine, con benefici che si manifestano nell’arco della vita intera.
Ma i primi anni di vita sono anche quelli in cui emergono le disuguaglianze, determinate prevalentemente dalla condizione socio-economica dei genitori.
Le bambine e i bambini che frequentano il nido hanno più spesso entrambi i genitori occupati, con un maggior livello di istruzione e con un reddito più alto rispetto ai coetanei che non lo frequentano. A fronte di questo contesto, nel 2017 è stato istituito in Italia il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai 6 anni, con l’obiettivo di superare disuguaglianze e barriere garantendo pari opportunità di sviluppo in un ambiente professionalmente qualificato. Nonostante questo importante passo avanti non mancano forti criticità: i dati più recenti (2021/2022) mostrano come i posti a disposizione nei servizi per la prima infanzia siano 28 ogni 100 minori, molto lontani dall’obiettivo europeo del 45% da raggiungere entro il 2030. Significativi anche i divari territoriali: a fronte di un Centro-Italia e di un Nord-Est con una copertura dei posti dei bambini e delle bambine pari al 36,7% e al 36,2%, il Sud e le Isole si fermano ancora rispettivamente al 16 % e 16,6%.
«Il sistema integrato prevede una relazione tra agenzie educative che operano in sinergia arricchendosi e completandosi a vicenda, con la famiglia e il territorio, per offrire ai bambini nei primi duemila giorni di vita un’educazione e un’istruzione di qualità – ha detto Stefania Bigi, pedagogista della Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici del ministero dell’Istruzione e del Merito -. In questo modo si dà una risposta strategica alle sfide sociali, culturali ed economiche del nostro tempo, uno strumento di prevenzione e contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica».
Un approccio che merita di essere attuato pienamente perché, dicono medici e psicologi, assicura al cittadino abilità cognitive, competenze linguistiche e logico-matematiche, migliore sviluppo fisico e motorio, capacità di problem solving, competenze relazionali e sociali e resilienza. Ma si traduce anche in un investimento per la comunità dal momento che contribuisce a ottenere stipendi più alti e un elevato grado culturale con maggiori entrate per lo Stato, professioni più soddisfacenti, stili di vita più salutari, con minor rischio di dipendenze e crimini, meno assistenza sociale, fenomeni di esclusione ed emarginazione sociale.
Moira Sannipoli, docente di pedagogia dell’Università di Perugia, ha spiegato che i bambini conoscono il mondo attraverso la percezione, la relazione e l’azione. «La corporeità e la sensorialità sono per loro un importante veicolo di comunicazione e di conoscenza – ha sottolineato -. Il loro modo di vedere e rapportarsi al mondo è fortemente colorato dai vissuti emotivi e da tensioni che si avviano a padroneggiare. L’adulto ha un ruolo importante nell’aiutarli a riconoscere le proprie emozioni al fine di sostenere l’autoregolazione. I bambini manifestano un’intensa attività fantastica connessa alla rappresentazione del mondo, dei propri desideri e sentimenti. Occorre dare ampio spazio all’immaginazione, al possibile, al pensiero divergente, lasciando anche il tempo per l’ozio, generatore di idee creative».
Alberto Oliveiro, professore emerito di psicobiologia presso l’Università La Sapienza di Roma, ha ricordato che per fare esperienze significative è necessaria un’attenzione selettiva. «La labilità dell’attenzione di un lattante o di un bambino piccolo è legata soprattutto all’immaturità della corteccia prefrontale che ha il compito di reprimere gli stimoli irrilevanti e di conseguenza di consentire e sostenere l’attenzione - ha detto l’esperto -. Anche nei bambini più grandi l’attenzione è di breve durata. Un bambino di 6-7 anni comincia a distrarsi dopo appena 15 minuti». Per Oliveiro l’attenzione e l’apprendimento sono favoriti dalla mancanza di distrazioni, esperienze intervallate, multimedialità, esperienze di gruppo e attività fisica aerobica. «Uno dei problemi maggiori riguarda la labilità dell’attenzione che può derivare da un eccesso di “cattiva” stimolazione – ha continuato -. Molti bambini e ragazzi sono abituati a un bombardamento di messaggi (Tv e videogiochi) molto rapidi. In numerosi videoclip ci sono quasi 100 immagini che si succedono in un minuto per cui le situazioni che richiedono lentezza vengono vissute con intolleranza. È necessario cercare di insegnare la lentezza e la concentrazione. Ad esempio, si può tentare di favorire la capacità di osservare il comportamento animale, le variazioni stagionali della natura, la cura delle piante… Tutte queste sono strategie indirette, ma utili per assumere nuovi tempi e modi di interagire con la realtà».
Infine, Giorgio Tamburlini, pediatra e presidente del Centro per la salute del Bambino Onlus, ha ribadito l’importanza di investire nell’infanzia. «La combinazione di incertezza sul futuro e di carenza di punti di riferimento conduce a un disagio crescente – ha chiarito -, che si esprime sempre più diffusamente e sempre più precocemente, con varie modalità. Dai disturbi del comportamento e di apprendimento dei primi anni di scolarizzazione, alle manifestazioni di autolesionismo, isolamento, drop out scolastico, aggressività verso l’altro e di franca psicopatologia più tipiche dell’adolescenza».
Il nostro futuro sono i bambini, ma per garantire una migliore crescita collettiva c’è ancora molto da fare. Soprattutto sul fronte della povertà educativa. Se n’è parlato nel corso del convegno organizzato dal Centro studi Erickson “0-6 Facciamo la differenza!” che si è tenuto il 15 e 16 marzo a Trento. Secondo gli esperti le competenze cognitive, socio-emozionali e motorie per crescere e vivere si formano in gran parte nel periodo che va dalla nascita all’entrata a scuola. Nidi, servizi integrativi e scuole dell’infanzia giocano un ruolo decisivo nello sviluppo dei bambini e delle bambine, con benefici che si manifestano nell’arco della vita intera.
Ma i primi anni di vita sono anche quelli in cui emergono le disuguaglianze, determinate prevalentemente dalla condizione socio-economica dei genitori.
Le bambine e i bambini che frequentano il nido hanno più spesso entrambi i genitori occupati, con un maggior livello di istruzione e con un reddito più alto rispetto ai coetanei che non lo frequentano. A fronte di questo contesto, nel 2017 è stato istituito in Italia il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai 6 anni, con l’obiettivo di superare disuguaglianze e barriere garantendo pari opportunità di sviluppo in un ambiente professionalmente qualificato. Nonostante questo importante passo avanti non mancano forti criticità: i dati più recenti (2021/2022) mostrano come i posti a disposizione nei servizi per la prima infanzia siano 28 ogni 100 minori, molto lontani dall’obiettivo europeo del 45% da raggiungere entro il 2030. Significativi anche i divari territoriali: a fronte di un Centro-Italia e di un Nord-Est con una copertura dei posti dei bambini e delle bambine pari al 36,7% e al 36,2%, il Sud e le Isole si fermano ancora rispettivamente al 16 % e 16,6%.
«Il sistema integrato prevede una relazione tra agenzie educative che operano in sinergia arricchendosi e completandosi a vicenda, con la famiglia e il territorio, per offrire ai bambini nei primi duemila giorni di vita un’educazione e un’istruzione di qualità – ha detto Stefania Bigi, pedagogista della Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici del ministero dell’Istruzione e del Merito -. In questo modo si dà una risposta strategica alle sfide sociali, culturali ed economiche del nostro tempo, uno strumento di prevenzione e contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica».
Un approccio che merita di essere attuato pienamente perché, dicono medici e psicologi, assicura al cittadino abilità cognitive, competenze linguistiche e logico-matematiche, migliore sviluppo fisico e motorio, capacità di problem solving, competenze relazionali e sociali e resilienza. Ma si traduce anche in un investimento per la comunità dal momento che contribuisce a ottenere stipendi più alti e un elevato grado culturale con maggiori entrate per lo Stato, professioni più soddisfacenti, stili di vita più salutari, con minor rischio di dipendenze e crimini, meno assistenza sociale, fenomeni di esclusione ed emarginazione sociale.
Moira Sannipoli, docente di pedagogia dell’Università di Perugia, ha spiegato che i bambini conoscono il mondo attraverso la percezione, la relazione e l’azione. «La corporeità e la sensorialità sono per loro un importante veicolo di comunicazione e di conoscenza – ha sottolineato -. Il loro modo di vedere e rapportarsi al mondo è fortemente colorato dai vissuti emotivi e da tensioni che si avviano a padroneggiare. L’adulto ha un ruolo importante nell’aiutarli a riconoscere le proprie emozioni al fine di sostenere l’autoregolazione. I bambini manifestano un’intensa attività fantastica connessa alla rappresentazione del mondo, dei propri desideri e sentimenti. Occorre dare ampio spazio all’immaginazione, al possibile, al pensiero divergente, lasciando anche il tempo per l’ozio, generatore di idee creative».
Alberto Oliveiro, professore emerito di psicobiologia presso l’Università La Sapienza di Roma, ha ricordato che per fare esperienze significative è necessaria un’attenzione selettiva. «La labilità dell’attenzione di un lattante o di un bambino piccolo è legata soprattutto all’immaturità della corteccia prefrontale che ha il compito di reprimere gli stimoli irrilevanti e di conseguenza di consentire e sostenere l’attenzione - ha detto l’esperto -. Anche nei bambini più grandi l’attenzione è di breve durata. Un bambino di 6-7 anni comincia a distrarsi dopo appena 15 minuti». Per Oliveiro l’attenzione e l’apprendimento sono favoriti dalla mancanza di distrazioni, esperienze intervallate, multimedialità, esperienze di gruppo e attività fisica aerobica. «Uno dei problemi maggiori riguarda la labilità dell’attenzione che può derivare da un eccesso di “cattiva” stimolazione – ha continuato -. Molti bambini e ragazzi sono abituati a un bombardamento di messaggi (Tv e videogiochi) molto rapidi. In numerosi videoclip ci sono quasi 100 immagini che si succedono in un minuto per cui le situazioni che richiedono lentezza vengono vissute con intolleranza. È necessario cercare di insegnare la lentezza e la concentrazione. Ad esempio, si può tentare di favorire la capacità di osservare il comportamento animale, le variazioni stagionali della natura, la cura delle piante… Tutte queste sono strategie indirette, ma utili per assumere nuovi tempi e modi di interagire con la realtà».
Infine, Giorgio Tamburlini, pediatra e presidente del Centro per la salute del Bambino Onlus, ha ribadito l’importanza di investire nell’infanzia. «La combinazione di incertezza sul futuro e di carenza di punti di riferimento conduce a un disagio crescente – ha chiarito -, che si esprime sempre più diffusamente e sempre più precocemente, con varie modalità. Dai disturbi del comportamento e di apprendimento dei primi anni di scolarizzazione, alle manifestazioni di autolesionismo, isolamento, drop out scolastico, aggressività verso l’altro e di franca psicopatologia più tipiche dell’adolescenza».
di Enrico Lenzi
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 21 marzo 2024
Al via la formazione per gli animatori certificati del movimento nato sulla scia del documento di papa Francesco dedicato alla cura della casa comune. Una rete di 16mila persone nel mondo.-
«Innamorati, cura, trasforma». Sono questi tre verbi - declinati all’imperativo - a delineare meglio di qualunque altra parola il programma e gli obiettivi del programma «Animatori Laudato si’», promosso dall’omonimo movimento. Un impegno che parte dalla lettera enciclica di papa Francesco («Laudato si’», appunto) del 24 maggio 2015 sulla cura della casa comune. Un’attenzione richiamata dal Pontefice, e che ha trovato tantissime comunità parrocchiali, movimenti e associazioni pronte a fare la propria parte. E così già da qualche anno il Movimento ha dato avvio a un momento di formazione di animatori Laudato si’ in Italia e nel mondo. Attualmente nel mondo si contano ben 16mila animatori. Anche nel nostro Paese la mobilitazione sta dando frutti significativi: oltre 3.500 animatori e ben duecento i circoli Laudato si’ attivi. Lo scorso anno sono stati certificati 233 nuovi animatori.
Ecco allora la scelta di riproporre anche quest’anno il corso di formazione animatori «per ispirare e mobilitare le comunità ad un cammino insieme di conversione ecologica» spiegano i responsabili del Movimento. Quest’anno per chi vorrà iscriversi dall’Italia vi sono alcune novità, a cominciare dalla possibilità di essere formati sia on demand (cioè su richiesta) in modalità mista, sia in presenza a Roma e anche online grazie alla collaborazione con la Pontificia Università Lateranense. Il corso partirà il prossimo 8 aprile, con un incontro introduttivo il giorno 9 aprile dalle 15 alle 17, ed è possibile iscriversi direttamente dal sito del Movimento. Gli incontri proseguiranno fino al 24 maggio prossimo.
Un’altra novità del 2024 sarà anche l’opportunità di seguire un nuovo modulo sull’esortazione apostolica “Laudate Deum”, pubblicata il 4 ottobre 2023, nella quale papa Francesco ci chiama nuovamente all’azione, con molta urgenza, nella cura della nostra casa comune. Insomma quasi un naturale aggiornamento dell’enciclica del 2015. Tale lezione sarà tenuta dall’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, che è anche presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici in Italia. Lezione che si svolgerà, in diretta online la sera del 22 aprile, data in cui celebreremo la Giornata mondiale della Terra, e che poi sarà resa disponibile on demand.
Tra i relatori della formazione troviamo il professor Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr; l’arcivescovo Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e vescovo di Foligno, che ormai da sempre accompagna la formazione di tutti gli animatori italiani presentando la Spogliazione di Francesco come modello di conversione all’ecologia integrale; monsignor Armando Cattaneo, incaricato diocesano per la sensibilizzazione alla Laudato si’ che sta coinvolgendo molto attivamente parrocchie, animatori e Circoli Laudato Si’ dell’arcidiocesi di Milano; Cecilia Seppia, giornalista di Vatican News, coordinatrice del Progetto «Storie per la Laudato si’» del Dicastero vaticano per la comunicazione, Emiliano Manfredonia, presidente delle Associazioni cristiane lavoratori italiani (Acli); Ilaria de Bonis, redattrice del mensile Popoli e Missione, e Fondazione Missio.
L’ultima annotazione riguarda ciò che è stato messo in campo dagli animatori già formati. Nel corso dello scorso anno, secondo una stima del Movimento, sono stati promossi 353 eventi locali, con circa una settantina di diocesi italiane coinvolte, più di 170 eventi supportati e appoggiati dai vescovi di cui 40 hanno preso parte agli eventi stessi. Coinvolte quasi 15.500 persone.
di Luca Miele
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 22 marzo 2024
Secondo un studio apparso su The Lancet, entro il 2050 oltre tre quarti dei Paesi non avranno tassi di fertilità sufficientemente elevati per sostenere la dimensione della popolazione nel tempo.-
Un neonato nella città cinese di Hefei - REUTERS
Il mondo? È destinato a “dimagrire”. Ma anche a essere sempre più “demograficamente spaccato”: da una parte, le economie mature che registreranno cali vertiginosi dei tassi di natalità. Dall’altra, i “Paesi a basso reddito che, soprattutto nell’Africa subsahariana occidentale e orientale, continueranno a crescere”. La previsione arriva da uno studio realizzato dall'Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME), apparso sulla rivista The Lancet. Il futuro, almeno di una parte del mondo, resterà inchiodato a tassi di fertilità bassi. Entro il 2050 - si legge sulla ricerca – “oltre tre quarti (155 su 204) dei Paesi non avranno tassi di fertilità sufficientemente elevati per sostenere la dimensione della popolazione nel tempo; questa percentuale aumenterà fino al 97% (198 su 204) entro il 2100”. La dimensione globale del fenomeno è “catturata” da due dati. Il tasso di fertilità globale – il numero medio di nascite per donna – è sceso da circa 5 figli nel 1950 a 2,2 nel 2021. Oltre la metà di tutti i Paesi e territori (110 su 204) è “al di sotto del livello di sostituzione della popolazione pari a 2,1 nascite per donna”.
E il futuro? Viaggerà sullo stesso binario. Nei prossimi decenni, secondo lo studio, “si prevede che la fertilità globale diminuirà ulteriormente, raggiungendo un tasso di circa 1,8 nel 2050 e 1,6 nel 2100, ben al di sotto del livello di sostituzione. Si prevede che entro il 2100 solo sei dei 204 Paesi e territori (Samoa, Somalia, Tonga, Niger, Ciad e Tagikistan) avranno tassi di fertilità superiori a 2,1 nascite per donna”. In 13 Paesi, tra cui Bhutan, Bangladesh, Nepal e Arabia Saudita, si prevede che i tassi scenderanno addirittura al di sotto di un figlio per donna. In Europa occidentale “il tasso sarà pari a 1,44 nel 2050, per poi scendere a 1,37 nel 2100, con Islanda, Danimarca, Francia e Germania che dovrebbero avere i tassi di fertilità più alti tra 2,09 e 1,40 alla fine del secolo”.
Che impatto avrà l’assottigliamento progressivo della popolazione? Drammatico. “Stiamo affrontando un cambiamento sociale sconcertante”, ha affermato l’autore senior dello studio, il professor Stein Emil Vollset dell’IHME. Le nuove previsioni sulla fertilità, insiste la ricerca, “sottolineano le enormi sfide per la crescita economica in molti Paesi a medio e alto reddito, con la forza lavoro in diminuzione e la crescente pressione sui sistemi sanitari e di sicurezza sociale dovuto all’invecchiamento della popolazione”.
Il fenomeno della “depressione demografica” accomuna, in particolare, molte nazioni asiatiche: dalla Corea del Sud – che detiene il primato negativo di Paese con la più bassa natalità – al Giappone, passando per la Cina e Taiwan. Lo scenario è lo stesso: pochissimi nati, invecchiamento della popolazione, deficit di manodopera, crollo della famiglia come struttura solidale, conseguenze difficilmente calcolabili sui sistemi sanitari e pensionistici.
La forbice tra Paesi si allargherà drammaticamente. Già oggi il mondo cresce a velocità diverse. Nel 2021, il 29% dei bambini del mondo è nato nell’Africa sub-sahariana. E il disequilibrio crescerà: entro il 2100, si prevede che la percentuale aumenterà fino a oltre la metà (54%) di tutti i bambini. Secondo i ricercatori, il doppio binario avrà inevitabili ricadute “politiche”, perché “la popolazione più giovane e in più rapida crescita del pianeta” si addenserà “in alcuni dei luoghi politicamente ed economicamente più instabili”. "Una volta che la popolazione di quasi tutti i Paesi diminuirà, il ricorso all'immigrazione aperta diventerà necessario per sostenere la crescita economica", è la conclusione di Natalia Bhattacharjee dell'IHME, coautrice del rapporto.
da www.diocesitortona.it
@Riproduzione Riservata del 23 marzo 2024
Domenica 24 marzo inizierà la Settimana Santa che ci porterà a festeggiare la Santa Pasqua domenica 31 marzo.
Anche quest'anno RadioPNR trasmetterà in diretta streaming le principali celebrazioni del Triduo Pasquale presiedute dal Vescovo, Mons. Guido Marini, in Cattedrale.
Con la Santa Messa crismale di giovedì 28 alle 9.30 inizia il Triduo Pasquale. Questo solenne pontificale è concelebrato da tutto il clero diocesano. I presbiteri, infatti, dopo l'omelia del vescovo, rinnovano le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione sacerdotale. La celebrazione vede la presenza e la partecipazione di tutto il Popolo di Dio, ed in particolare dei fedeli laici, anche appartenenti ai gruppi e movimenti ecclesiali.
È la celebrazione durante la quale il vescovo consacra gli oli santi: il crisma, che viene usato nel battesimo, nella cresima e nell’ordinazione dei sacerdoti e dei vescovi, l'olio dei catecumeni, che viene usato nel battesimo, e l'olio degli infermi, che viene usato per l’unzione degli infermi.
Alle 18.00, poi, in Cattedrale, Mons. Marini presiederà la Santa Messa “nella Cena del Signore”, in cui si ricorda l’istituzione dell’Eucaristia, fonte e culmine di tutta la vita cristiana.
Entrambe le celebrazioni verranno trasmesse su tutti i media diocesani.
Venerdì 29, poi, si potrà seguire in diretta l'Azione liturgica nella “Passione del Signore” in diretta dalla Cattedrale. Alle 21.15, poi, in diretta dal Colosseo verrà trasmessa, grazie a Vatican Media, la Via Crucis presieduta dal Santo Padre Francesco.
Il Sabato Santo è il giorno della sospensione, in cui i cristiani sono chiamati ad interrogarsi sulla propria fede. La Chiesa, infatti, non celebra in attesa di celebrare la resurrezione del Signore nella Veglia Pasquale nella Notte Santa. È un giorno in cui prevale il silenzio e la meditazione per Gesù che è deposto nel sepolcro prima della grande gioia di domani, una gioia che si protrarrà per cinquanta giorni. Oggi è l’unico giorno dell’anno in cui non si può ricevere l’Eucarestia, se non nel caso del Viatico per i moribondi.
Mons. Guido Marini presiederà la Veglia Pasquale nella Notte Santa in Cattedrale a Tortona alle ore 21 e la celebrazione sarà trasmessa in diretta sui media diocesani.
Si tratta di una celebrazione molto solenne divisa in più parti. All’inizio ha luogo la benedizione del fuoco nuovo da cui verrà acceso il cero pasquale su cui verrà incisa una croce e verranno tracciate le lettere alfa e omega. Tra i bracci della croce ci saranno le quattro cifre formanti l’anno 2024.. Nel cero pasquale il Vescovo infiggerà i cinque grani di incenso.
Dopo aver acceso il cero pasquale, processionalmente ha luogo il lucernario. Quindi, dopo aver incensato il cero, verrà cantato dal pulpito l’Exultet, il canto in cui si annuncia la vittoria della luce sulle tenebre e, ripercorrendo i prodigi della storia della salvezza, si proclama la resurrezione di Gesù.
Ha luogo, quindi, la Liturgia della Parola. In questa Veglia nelle letture si mediteranno le meraviglie che il Signore ha fatto per il suo popolo fin dalla creazione del mondo. Dopo l’ultima lettura dell’Antico Testamento si intonerà il canto del Gloria e torneranno a suonare le campane, segno che Gesù è risorto dai morti. E dopo l’Epistola si canterà nuovamente, dopo quaranta giorni, l’Alleluia.
Dopo l’omelia inizia la terza parte di questa solenne celebrazione: la Liturgia Battesimale. A partire dal IV secolo, infatti, questo era il giorno in cui i catecumeni facevano la loro pubblica professione di fede. Questa sera, Mons. Marini amministrerà i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana ad alcuni adulti.
Verrà benedetto il fonte battesimale, si canteranno le litanie dei santi e, quindi, il Vescovo benedirà l’acqua battesimale ed in essa verrà immerso il cero pasquale. Quindi verranno interrogati i catecumeni perché rinuncino a Satana. Al termine verranno battezzati sei eletti ed unti con il Crisma consacrato al Giovedì Santo.
La quarta parte della celebrazione è la Liturgia Eucaristica. Dopo due giorni, la Chiesa celebrerà nuovamente l’Eucarestia e il Santissimo Sacramento sarà nuovamente riposto nel Tabernacolo.
Domenica 31, Pasqua del Signore, Mons. Guido Marini presiederà in Cattedrale alle ore 10.30 la Santa Messa stazionale. La celebrazione sarà trasmessa in diretta sui media diocesani.
da www.vogheranews.it
@Riproduzione Riservata del 15 marzo 2024
PROVINCIA – Sabato 23 e domenica 24 marzo tornano le Giornate FAI di Primavera, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese: 750 luoghi in 400 città saranno visitabili a contributo libero in tutta Italia. In Lombardia saranno 129 i beni che apriranno le loro porte in 51 comuni grazie ai Volontari delle 17 Delegazioni, degli 8 Gruppi FAI e dei 16 Gruppi FAI Giovani attivi in tutta la regione (elenco dei luoghi e modalità di partecipazione, consultabili su www.giornatefai.it).
A coloro che decideranno di partecipare verrà suggerito un contributo libero a partire da 3€ utile a sostenere la missione di cura e tutela del patrimonio culturale italiano della Fondazione. Gli iscritti al FAI o chi si iscriverà per la prima volta durante l’evento potranno beneficiare dell’accesso prioritario in tutti i luoghi, e di aperture e visite straordinarie in molte città e altre agevolazioni e iniziative speciali.
A seguire i luighi vistabili nella nostra provincia
PAVIA
PALAZZO MEZZABARBA
ORARI
Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00
Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:00)
Sede principale del Comune di Pavia, Palazzo Mezzabarba sorge nel cuore della città, affacciato sulla piazza del Municipio. Ricostruito tra il 1726 e il 1732 nelle forme del barocchetto, con impianto a T, per volere dei fratelli Giuseppe e Girolamo Mezzabarba, fu in seguito arricchito di un nuovo oratorio privato, dedicato ai Santi Quirico e Giulitta e voluto nel 1734 da Carlo Ambrogio Mezzabarba vescovo di Lodi. Tutto il complesso adibito a residenza della famiglia Mezzabarba costituisce probabilmente la realizzazione parziale di un più ambizioso progetto dell’architetto Giovanni Antonio Veneroni. Il complesso è articolato su due cortili, con un corpo perpendicolare al blocco della fronte, in cui si trova il porticato da dove parte lo scalone d’onore che introduce al piano nobile. L’imponente facciata è adornata da due grandi portali e tre ordini di finestre con architravi decorati. I saloni conservano affreschi settecenteschi, in prevalenza ispirati a temi mitologici. L’interno, a pianta ellittica, conserva due pregevoli affreschi laterali del varesino Pietro Antonio Magatti, importante pittore dell’epoca: l’Immacolata Concezione e S. Carlo Borromeo. L’affresco della volta, coi santi titolari, è del milanese Bianchi. In occasione delle Giornate FAI si potranno visitare in particolare il magnifico salone da ballo (Sala della Musica) affrescato dal cremonese Giovanni Angelo Borroni, personalità di primo piano tra i pittori del Settecento lombardo e la Cappella SS. Quirico e Giulitta, ora utilizzata per celebrazioni ed eventi.
PAVIA
ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA NORMALE
ORARI
Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00
Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:00)
La cittadella scientifica non poteva essere completa senza l’erezione dei padiglioni destinati alla propedeutica medica, che vengono pensati a nord della cinta muraria del policlinico e terminati intorno alla metà degli anni Trenta. Fra questi spicca senza dubbio l’Istituto di Anatomia Umana Normale. L’Istituto, posto in via Forlanini 8, in vicinanza del nuovo Policlinico San Matteo, si sviluppa su due piani fuori terra, un piano ammezzato ed un piano seminterrato.
La costruzione del nuovo Policlinico pavese a nord ovest del centro cittadino per ragioni di salubrità e per la grande presenza di acque, prese avvio nel 1914, come parte essenziale del riordino degli edifici universitari dedicati alle scienze, a seguito di un concorso di idee, piuttosto travagliato nelle sue fasi, del quale risultarono vincitori gli ingegneri Arnaldo Gardella e Luigi Martini. Dopo una lunga pausa dovuta al primo conflitto mondiale, solo nel 1925, grazie a un cospicuo stanziamento governativo, i lavori ripresero, con l’intervento di Giuseppe Mariani e Leonardo Sala, ingegneri del genio civile pavese, cui si deve la distribuzione definitiva degli spazi e la scelta formale che ancora oggi caratterizza i padiglioni del nosocomio.
Sviluppato con la fronte verso sud, su via Forlanini, mantiene in facciata una precisa simmetria con aggetti laterali, uno dei quali costituisce l’ingresso. A nord est la grande aula, che conserva ancora oggi le sedute originali, a doppia altezza, ricalca le proporzioni delle aule storiche neoclassiche. Si affiancano a essa la stanza per le fotografie e lo studio del direttore, a est del quale si apre la biblioteca e il museo. Al piano seminterrato, invece si praticano le dissezioni, in un grande ambiente dotato di tavoli specificamente disegnati per lo scopo. Estremamente efficiente nella distribuzione spaziale, l’Istituto rappresenta uno degli esempi migliori della cultura universitaria scientifica dell’epoca: nella logica dello spazio, nella razionalità degli ambienti perfettamente illuminati e ariosi, si compone l’idea di una cultura medica che affonda le proprie radici nella tradizione (rappresentata da biblioteca e museo) e che si protende verso il futuro (spazi per la sperimentazione e la didattica).
SIZIANO
ALLA SCOPERTA DEL BORGO E
DELL’ABBAZIA DI CAMPOMORTO
ORARI
Sabato: 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 30/40 minuti.
Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 30/40 minuti.
HomeIn caso di particolare affluenza l’ingresso al luogo potrebbe non essere garantito.
La Chiesa di Santa Maria Assunta sorge nel borgo di Campomorto, poco distante dall’abitato di Siziano. Fu voluta da Boschino Mantegazza, comandante dei milanesi, dopo la morte del figlio schierato con i pavesi nella battaglia del 1061; la fece costruire come voto, insieme a un ospizio per i pellegrini, un monastero e un oratorio (il Gesiolo). Dell’edificio originario, rimane oggi solo il campanile. Nel corso dei secoli la chiesa è stata ricostruita; attualmente ha pianta trinavata, con abside semicircolare, copertura a botte della navata centrale e piana per le navate laterali.
Nel suo interno custodisce un’opera d’arte di grande pregio: la pala marmorea commissionata dalla famiglia Mantegazza alla fine del Quattrocento e completata nel 1491. In bianco marmo di Carrara, la grande pala a trittico fu scolpita e posizionata nell’abside poligonale, oggi considerata la parte più antica della chiesa: i raffinati bassorilievi rappresentano alcuni episodi della vita di Maria e sono scolpiti con maestria e finezza, simili per fattura e simbologia alle coeve della Certosa di Pavia.
Se per la preziosa pala non esistono certezze circa il nominativo dell’autore, gli splendidi bassorilievi sarebbero da attribuire a Cristoforo Solari o a Benedetto Briosco, artisti di somma fama che lavorarono alla Certosa di Pavia.
STRADELLA
IL ROMANICO DI SAN MARCELLO IN MONTALINO
ORARI
Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00)
Domenica: 10:00 – 12:30 / 14:30 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00)
La Basilica di San Marcello in Montalino sorge ai piedi dell’omonimo poggio che sovrasta la città di Stradella. Decentrata rispetto al centro abitato, è circondata dalle belle colline dell’Oltrepò Pavese e guarda verso la Pianura Padana che si apre davanti a lei. E’ uno dei più pregevoli esempi di architettura romanica del territorio.
L’origine risalirebbe alla fine dell’XI-inizio XII secolo, probabilmente nello stesso luogo in cui sorgeva un piccolo edificio sacro che la tradizione collegava al re longobardo Liutprando. La prima testimonianza risale al 1322, quando era la chiesa parrocchiale del borgo di Stradella. Nel 1500 la Basilica diventa oratorio; viene pian piano abbandonata ma poi restaurata; nel XVII secolo viene costruita la torre campanaria. Nel 1829, passata sotto la proprietà del demanio, diventa lazzaretto per i malati di colera. Il Comune di Stradella la acquista nel 1901 e la restaurerà tra il 1933 e il 1958 e poi dal 1999.
La Basilica in tipico stile romanico lombardo ha un esterno con facciata a capanna ed un interno suddiviso in tre navate, con la centrale più alta e spaziosa. Sono presenti solo due delle tra absidi originarie in quanto una è stata abbattuta per fare spazio alla torre campanaria. Si notano antichi affreschi, venuti alla luce nel restauro del 1958. Nel pavimento sono in evidenza le pietre che ricordano i resti della precedente fondazione.
VISITE A CURA DI
Apprendisti Ciceroni del Liceo “Galilei” di Voghera
CASSOLNOVO
VILLANOVA, DALL’ANTICHITA’ ROMANA AGLI ANNI RUGGENTI DEL 900
ORARI
Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00
Note: Ogni 30 minuti partiranno turni di visita di circa 20 persone
Domenica: 10:00 – 12:00 / 14:00 – 18:00
Note: Ogni 30 minuti partiranno turni di visita di circa 20 persone
Scoprire Villanova di Cassolo in una giornata di Primavera, tra risaie allagate, papaveri, aironi, sentieri e mura antiche di centinaia di anni può equivalere a sfogliare un piacevole manuale di storia medievale con la consapevolezza, tuttavia, che il suo percorso non si ferma in quelle pagine. Perché la storia della suggestiva frazione comincia ancora più lontano e non perde certo di carattere nel corso delle epoche successive.
Una viva comunità affondava infatti i suoi esordi fin dall’età romana a ridosso di un probabile edificio prossimo all’altare di Marte; nel Medioevo sono i Monaci Vallombrosani a scandire il trascorrere delle stagioni, mentre in epoca rinascimentale tocca agli Sforza lasciare un segno nella storia facendo di Villanova la prima tenuta europea ad inaugurare una florida coltura risicola. E poi il transito di eserciti, il fischiare di proiettili, le sperimentazioni di ingegneria idraulica, l’insediarsi dei Gonzaga di Mantova “princip, marchés,baròn” per citare il poeta dialettale Natale Giarda.
Così dal XIX secolo la località accoglie ogni anno centinaia di mondariso e negli anni più drammatici della nostra storia, con l’istituzione della Repubblica sociale e l’arrivo delle armate tedesche in Italia, ecco che la frazione diviene una sorta di “porto franco” ove fuggiaschi e perseguitati possono trovare rifugio, mentre per la milizia fascista è territorio OFF LIMITS.
STRADELLA
STRADELLA CITTA’ DI AGOSTINO DEPRETIS
ORARI
Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 17:30
Domenica: 10:00 – 12:30 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00)
In caso di particolare affluenza l’ingresso al luogo potrebbe non essere garantito.
Nel punto esatto in cui l’Appennino si fa pianura, sorge la cittadina di Stradella, circondata da colline con generosi vigneti. Affacciata e quasi protesa verso il fiume Po, è uno dei centri più importanti dell’Oltrepò, la ‘terra a forma di grappolo d’uva’, come la ribattezzò il grande Gianni Brera.
Il borgo nasce attorno all’anno Mille, quando i possessori del feudo dell’Aversa nell’Oltrepò fecero costruire una Rocca sulla collina. Attorno al castello, cresce l’insediamento, e proprio poco dopo l’anno Mille viene edificata la bella Basilica di Montalino. Nel XIII secolo Stradella risulta essere il centro di commercio più importante della zona e viene quindi anche reso più sicuro grazie alla costruzione di mura fortificate e della Rocca Inferiore. Nei secoli si susseguono le dominazioni francese, spagnola e austriaca. Nel 1800, quando viene abbattuta la Rocca Inferiore per fare spazio alla piazza, la città assume la fisionomia attuale, si arricchisce di bei palazzi nobiliari, vengono costruite la ferrovia, il teatro e le prime manifatture.
Il filo rosso della nostra Giornata FAI è la figura di Agostino Depretis. Illustre cittadino e sindaco di Stradella, Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia ed esponente della Sinistra Storica, rimase legato alla sua città natale, dove trascorreva i mesi estivi. A lui si deve la costruzione della ferrovia che collega l’Oltrepò orientale a Pavia, ma anche il Teatro Sociale che è ancora oggi un bellissimo esempio di teatro italiano ottocentesco.
CASATICO DI SIZIANO
IL GESIOLO DI CASATICO
ORARI
Sabato: 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 40 minuti.
Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 40 minuti.
La piccola chiesa del Gesiolo, ovvero l’Oratorio di Santa Maria a Casatico, si trova all’interno di un parco nella campagna tra Pavia e Milano, ai bordi di un laghetto, poco distante dall’abitato di Siziano.
Nel 1061 dopo la battaglia di Campomorto, Boschino Mantegazza, comandante dei milanesi, dopo aver saputo della morte del figlio che combatteva tra i pavesi, fece costruire una chiesa dedicata a Maria Assunta simbolo di Resurrezione, un convento e un ospizio per i pellegrini. Nel luogo dove si era svolta la battaglia fece costruire un oratorio piccolo e semplice dedicato a Maria, con un affresco dove la Madonna allatta il suo bambino, che tiene in mano una ciliegia rossa color sangue. E’ la prima struttura del Gesiolo. Agli inizi del 1500, ad opera di Gerolamo Mantegazza, al posto del piccolo oratorio viene costruita un’ampia chiesa a pianta centrale sormontata da un grande tiburio ottagonale, secondo una forma ideale tipica del Rinascimento.
La chiesa era completamente affrescata e ancora oggi si possono ammirare al centro dell’abside Maria incoronata da angeli che allatta il Bambino tra i Santi e, sulle pareti laterali, scene della vita delle Madonna. Gli affreschi sono attribuiti al Maestro dei Santi Cosma e Damiano, pittore vicino al leonardesco Bernardino Luini. Con il passare del tempo emersero problemi legati alla staticità dell’edificio, per cui si dovette procedere ad alleggerire la cupola per poi realizzare un semplice tetto piano, ma un cedimento della copertura impose la riduzione dell’ampiezza della chiesa ad aula unica come la vediamo oggi. A lungo abbandonata, la chiesetta venne acquistata nel 1932 dalla famiglia Castelli, che provvide a lunghi lavori di restauro e tuttora se ne prende cura.
di Ilaria Sanzarello, ortopedica pediatrica
da www.uppa.it
@Riproduzione Riservata
Tra le modalità transitorie di deambulazione nei primissimi anni di vita c’è anche quella sulle punte, che in assenza di altri segni clinici è del tutto fisiologica. Se però prosegue oltre i 3 anni, la situazione va attenzionata e valutata assieme al pediatra.-
È un errore comune pensare che un bambino che abbia da poco imparato a camminare sia già in grado di farlo proprio come noi adulti. La conquista dell’autonomia nella deambulazione è una tappa certamente cruciale nella crescita motoria dei piccoli, ma la maniera in cui ciò avviene, per i primi due-tre anni di vita, vede l’alternanza di diverse fasi, nella maggior parte dei casi transitorie. Come ad esempio quella di camminare sulle punte (il cosiddetto toe walking), tendenza piuttosto frequente soprattutto nella fase iniziale della deambulazione autonoma. Ma se i genitori vedono il proprio bambino che cammina sulle punte e questa fase si prolunga nel tempo, dovrebbero preoccuparsi? Cerchiamo di capirlo in questo articolo.
«Perché il mio bambino cammina sulle punte?». Facciamo (è proprio il caso di dirlo) qualche passo indietro…
Occorre immaginare il piccolo alle prime armi con la deambulazione come un giovanissimo e acerbo atleta alla continua e incessante ricerca di migliorare le proprie prestazioni in termini di equilibrio e di schema motorio. È per questo che, proprio come un atleta che passa il tempo ad allenarsi, allargherà le gambe, quindi la sua base d’appoggio, per sentirsi più stabile, o magari alternerà passi molto rapidi a passi lenti. Un altro bambino, invece, potrebbe mantenere un incedere lento e barcollante a lungo, o piuttosto inciamperà spesso o porterà le punte dei piedi in dentro.
Tra le modalità transitorie di deambulazione nei primissimi anni di vita troviamo appunto anche l’azione di camminare sulle punte, probabilmente messa in atto dal bambino con lo scopo di spostare avanti il proprio baricentro e ottimizzare l’energia nei suoi primi passi.
Ogni modalità appena descritta, compresa quella di camminare sulle punte, è comunque da considerarsi fisiologica nelle prime fasi di autonomia motoria poiché, appunto, fa parte di quell’allenamento costante e progressivo che porterà lentamente il piccolo a migliorare il proprio equilibrio, la sicurezza nella deambulazione e la propria postura.
Camminare sulle punte, in particolare, è una modalità che riguarda un ampio numero di bambini anche più grandi (5%), tanto che questi si meritano l’appellativo di toe walker, ovvero coloro che deambulano in maniera prevalente, o persistente, sull’avampiede con entrambi gli arti inferiori.
L’andatura sulle punte, dunque, se presente nei bambini di età inferiore ai 3 anni e in assenza di ulteriori elementi clinici, non deve destare preoccupazione nei genitori.
Vediamo adesso alcuni consigli per il toe walking. È innanzitutto importante osservare il bambino durante tutte le fasi della sua giornata. Nella maggior parte dei casi l’azione di camminare sulle punte è, come detto, solo un’abitudine transitoria e il piccolo mostrerà di essere comunque in grado di deambulare appoggiando tutto il piede, se gli viene espressamente chiesto di farlo.
Non vanno messi in campo particolari “rimedi” se il bambino cammina sulle punte. In questi casi basterà invitarlo di frequente ad appoggiare tutto il piede al suolo creando magari dei giochi di stimolazione sensoriale plantare differente. Ad esempio: stimolarlo a camminare su tappeti di consistenza diversa, sull’erba, sulla sabbia, sui materassi, sui cuscini, eccetera. Ma più in generale sarà sufficiente lasciare che il “piccolo atleta” continui a sperimentare liberamente la propria deambulazione e anche le eventuali cadute, che rappresentano una parte fondamentale del suo sviluppo motorio complessivo.
La tendenza a camminare sulle punte sembra essere più frequente nei bimbi che hanno utilizzato il girello. Ciò è verosimilmente legato al fatto che l’utilizzo di questo strumento non consente una corretta acquisizione del controllo del proprio corpo in posizione eretta e piuttosto induce all’utilizzo della spinta sulle punte dei piedi per ottenere il movimento autonomo. Questa è di certo una delle ragioni per cui ne andrebbe evitato l’utilizzo.
Occorre preoccuparsi se il bambino cammina sulle punte a lungo? Se è vero che nei primissimi anni di vita questa tendenza è considerata transitoria e non allarmante, è però importante sottolineare che esistono delle condizioni all’interno delle quali va attenzionata (sarà il vostro pediatra a valutare la situazione e a indirizzare eventualmente a una visita specialistica).
In caso di sofferenza fetale o perinatale, ad esempio, o se è presente una conclamata storia familiare di malattie neurologiche di debolezza muscolare o nel sospetto di malattie del midollo spinale (spina bifida) verrà posta l’indicazione di una visita neurologica o neurochirurgica.
In caso di coesistenti disturbi comunicativi, deficit di apprendimento, disturbi severi del linguaggio, verrà presa in considerazione la possibilità di effettuare una visita neuropsichiatrica per valutare eventuali segni precoci di malattie della sfera psico-comportamentale, per cui l’andatura sull’avampiede può essere uno degli elementi di presentazione. Circa il 60% dei soggetti affetti da autismo, ad esempio, presenta una deambulazione sull’avampiede, sebbene la letteratura internazionale non sia ancora concorde nell’identificazione del motivo di connessione. Una probabile interpretazione è che il soggetto autistico, deambulando sulle punte, riduca il più possibile gli input sensoriali dal suolo, da lui percepiti come sgradevoli.
Anche in assenza di una delle cause suddette, o di altri segni clinici, esistono poi dei bambini che proseguono a deambulare in maniera preferenziale sulle punte oltre i 3 anni di età. Non sono pochi, rappresentano quasi il 5% e vengono definiti toe walkers idiopatici (o abituali). In questi casi può essere opportuno effettuare una visita ortopedica pediatrica che valuterà la corretta morfologia del piede e della caviglia e la sua escursione articolare (la fisiologica dorsiflessione della caviglia è di circa 15-20°), e consentirà di identificare un’eventuale retrazione del tendine di Achille o la presenza di meccanismi posturali di compenso (iperlordosi reattiva).
Nei casi di diagnosi conclamata di accorciamento del tendine di Achille, che comporta quindi un ostacolo meccanico al raggiungimento del fisiologico movimento di flessione dorsale (ovvero non consente al piede di poggiare il calcagno al suolo), il trattamento può comprendere fisioterapia mirata allo stretching dei muscoli posteriori delle gambe o rende talvolta necessario l’utilizzo di tutori/gessi o, ancora, iniezioni di tossina botulinica nel muscolo.
Nei casi più severi, invece, si ricorre all’intervento chirurgico. Esistono differenti tecniche di allungamento del tendine di Achille, generalmente si effettuano per via percutanea, senza quindi necessità di ricorrere a vere e proprie incisioni chirurgiche, e vengono accompagnate sempre dall’utilizzo di un apparecchio gessato che consenta al tendine di cicatrizzarsi correttamente.
di Luciano Moia
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 marzo 2024
La nuova sensibilità della reciprocità uomo-donna può essere la strada per superare l’angusto stereotipo del padre padrone senza cadere nel tenerume del “mammo” e ridefinire così un ruolo essenziale.-
Martedì, memoria di san Giuseppe, è anche per tradizione la festa del papà (anche se per semplificare la festa per tutti sarà oggi). Qualcuno si è chiesto cosa ci sarà mai da festeggiare in una società come la nostra che da molti decenni tenta di estromettere i codici paterni dalla cultura e dalla famiglia, di ridurli a semplici impulsi affettivi, cancellando tutti i processi di identificazione e di trasmissione normativa che il padre incarna, o dovrebbe incarnare, secondo una prospettiva ragionevole, equilibrata e “naturale”, dove le virgolette servono a sottolineare il rischio e l’ambivalenza di evocare la natura.
Osservazione in parte condivisibile, ma che dovremmo cercare di superare con una proposta originale. Nella fatica di staccarci dall’immaginario e dalla sostanza del padre padrone, del padre che non deve chiedere mai, dal padre che si illude di aver pieni diritti sui figli e sulla madre dei suoi figli, ci siamo costruiti una figura eterea, evanescente, più attenta a strappare la benevolenza dei figli che a costruirne il bene autentico, colma di quel tenerume che non giova né alla relazione di coppia né alla crescita dei piccoli. E ora, a metà del guado, incerti tra un passato che vorremmo superare e un presente di cui vediamo tutti i limiti, incapaci di tratteggiare una prospettiva nuova, che da una parte rifiuti la tradizione del padre giudice supremo, con la deriva della violenza di genere, dall’altra prenda le distanze dall’insignificanza del “mammo”, ci accontentiamo di evocare la crisi della paternità senza sforzarci di guardare oltre.
Siamo stanchi di questa lamentazione sociologica ormai diventata un luogo comune. La festa del papà sia piuttosto l’occasione per riflettere sul modo in cui, noi uomini, facciamo i genitori e su come riusciamo o meno ad essere credibili agli occhi dei figli. Impresa difficile, lo sappiamo. Per essere credibili come padri sono necessarie tutta una serie di virtù – pazienza, equilibrio, impegno, attenzione, prudenza, serenità, spirito di sacrificio, autorevolezza, lungimiranza – che appaiono sempre più spesso fuori mercato. Non hanno prezzo perché non si possono acquistare. Bisogna coltivarle dentro sé stessi e non si può farlo da soli.
Un buon padre è tale se accanto lui c’è una buona madre. In famiglia non ci può essere - non ci dovrebbe essere - un uomo solo al comando, come neppure una donna sola. E, quando si rimane soli – per necessità, per scelta, perché la vita ha preso quella piega anche contro la nostra volontà – le difficoltà si moltiplicano e le conseguenze negative ricadono sulla testa di tutti, a cominciare dai figli. Il frutto dell’esclusione simbolica del padre è quotidianamente davanti ai nostri occhi.
In base ai dati forniti dalle ricerche e dai censimenti americani, il 90% di tutti gli homeless e dei figli fuggiti da casa non aveva un padre in famiglia. I figli cresciuti senza padre hanno più del doppio di possibilità di essere coinvolti in episodi di aggressività criminale. Il 72% degli adolescenti omicidi, il 60% degli stupratori e il 70% dei detenuti con lunghe condanne da scontare provenivano da famiglie dove non c’era il padre. Lo scrive Lorenzo Rizzi, pediatra ed esperto di educazione al maschile, in un libro pubblicato di recente che vale la pena di prendere in mano in una giornata come questa. Si intitola Ce la caveremo vero papa? Sì, ce la caveremo (Cantagalli) e ci fa capire, tra l’altro, perché ha poco senso parlare di paternità in crisi. La crisi, semmai, tocca l’intera famiglia, il modo stesso di vivere le relazioni, a cominciare da quelle più importanti.
«Nella natura umana – scrive Rizzi - tutta la declinazione maschile è coordinata nell’apertura verso quella femminile come paternità potenziale e, viceversa, quella femminile è coordinata alla maternità potenziale». L’abbraccio tra maschile e femminile, insomma, è la chiave di volta per comprendere il passato e il futuro di ciascuno di noi. Quindi, se di crisi si tratta, uomini e donne, padri e madri, insieme devono ridefinire il loro rapporto. C’è una piccola strategia per farlo. Una parola che sintetizza questo impegno e si chiama reciprocità. Come possiamo tradurla? Scambio vicendevole, rapporto ricco di attenzioni e di rispetto, complicità, vicinanza, amicizia, desiderio di guardare avanti e di progettare insieme. Non è facile certo vivere concretamente tutte queste attenzioni, ma almeno se le teniamo presenti avremo fatto un piccolo passo avanti per essere padri “nuovi” - al di là della crisi- e forse migliori. Accanto a madri che lo saranno altrettanto.
di Redazione Internet
da www.Avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 18 marzo 2024
Alle 17 dibattito con il pedagogista Daniele Novara, la professoressa Loredana Perla, ordinario di Pedagogia all'Università di Bari e la presidente dell'Age, Claudia DI Pasquale.-
Un gruppo di scolari - Fotogramma
“Tornano i giudizi sintetici alla primaria: passo avanti o passo indietro?”. È il titolo del videoforum di Avvenire in programma oggi alle 17. Per seguire il dibattito, in diretta, basterà collegarsi al sito oppure ai canali social del nostro quotidiano.
All’incontro, moderato da Francesco Riccardi e Paolo Ferrario, parteciperanno la professoressa Loredana Perla, ordinario di Pedagogia all’Università “Aldo Moro” di Bari e direttrice del Dipartimento di Scienze della Formazione, psicologia, comunicazione; il pedagogista Daniele Novara; la presidente dell’Associazione italiana genitori (Age), Claudia Di Pasquale. Durante il videoforum sarà possibile sottoporre domande e osservazioni.
Nelle ultime settimane il dibattito sulla scuola è stato, in buona parte, dedicato alla riforma della valutazione nella scuola primaria, argomento al centro anche di un botta e risposta tra la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein e il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Un emendamento del governo al disegno di legge sul “voto in condotta” vuole, infatti, ripristinare i giudizi sintetici (da “insufficiente” a “ottimo”) al posto dei giudizi descrittivi (da “in via di prima acquisizione” ad “avanzato”), in nome di una presunta maggior chiarezza e di una semplificazione lessicale e semantica. A vantaggio, dicono i promotori della revisione, sia degli alunni che delle famiglie.
L’idea, sostenuta dal ministro Valditara, non piace, però, a molti pedagogisti, che temono il ritorno della “valutazione punitiva”, mortificante per gli studenti, soprattutto i più piccoli. Dal Ministero rassicurano sottolineando che, in ogni caso, la valutazione sintetica sarà accompagnata sempre dalla «descrizione del percorso umano e pedagogico dei bambini». Insomma: più chiarezza non equivale a più severità. Ma, nel dubbio, è partita una raccolta di firme sul web, che ha quasi raggiunto le 10mila adesioni in pochi giorni. Le firme sono di insegnanti, pedagogisti, psicologi e anche di attori, attrici e personaggi dello spettacolo.