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«SIAMO TUTTI MENDICANTI DELL'ESSENZIALE»

di Francesco Anfossi

«Non cerchiamo allora il superfluo per noi, ma il bene per gli altri, e nulla di prezioso ci mancherà. Il Signore, che ha compassione delle nostre povertà e ci riveste dei suoi talenti, ci doni la sapienza di cercare ciò che conta e il coraggio di amare, non a parole ma coi fatti», ha detto il Papa nella prima Giornata mondiale dei poveri.-

Sono oltre quattromila. Nella basilica di San Pietro, già dalle prime ore del mattino, poveri e mendicanti provenienti da tutto il mondo, affollano i banchi per partecipare alla messa di papa Francesco per la prima Giornata mondiale dei poveri. Anche i 12 ministranti sono stati scelti fra i ragazzi più bisognosi. Una celebrazione corale, senza distinzioni di classi sociali e di censo, perché tutti «siamo mendicanti dell'essenziale», dice Bergoglio nell'omelia. La Giornata, istituita al termine dell'anno giubilare sulla Misericordia, ha per slogan «Non amiamo a parole, ma con i fatti». E papa Francesco rende subito concreto questo messaggio invitando a pranzo, nell'aula Paolo VI, 1.500 poveri. Altri saranno accuditi all'esterno e anche molti ristoranti di Roma stanno predisponendo pasti gratuiti per questa giornata.
«Tutti dobbiamo diventare missionari della carità», ha ricordato papa Francesco ricordando che nessuno può ritenersi inutile, nessuno può dirsi così povero da non poter donare qualcosa agli altri». Nel rileggere la parabola dei talenti, papa Francesco ha spiegato che ciascuno deve mettere a frutto i suoi. Il servo malvagio è colui che nasconde il talento e si rende così responsabile del peccato di omissione. L'unica omissione possibile, invece, deve essere nei confronti del nostro utile. Dobbiamo investire i talenti per gli altri, dare la vita per cambiare le cose. L'omissione, soprattutto nei confronti dei poveri, è un peccato. Omissione che si chiama indifferenza, che vuol dire cambiare canale quando qualcosa ci disturba, che significa non occuparsi dei bisogni degli altri. Agli occhi di Dio, invece, nessun figlio può essere scartato e anche dai più bisognosi si può imparare qualcosa. E per loro si può sempre fare qualcosa. Il servo malvagio «non ha rovinato il talento, anzi l’ha ben conservato sotto terra. Ma non fare nulla di male non basta. Perché Dio non è un controllore in cerca di biglietti non timbrati, è un Padre alla ricerca di figli, cui affidare i suoi beni e i suoi progetti. Ed è triste quando il Padre dell’amore non riceve una risposta generosa di amore dai figli, che si limitano a rispettare le regole, ad adempiere i comandamenti, come salariati nella casa del Padre.
Se vogliamo fare piacere a Dio, insiste papa Francesco, dobbiamo conoscerne i gusti. E i gusti di Dio ci dicono che sono i piccoli i privilegiati. I «prediletti, sono l’affamato e l’ammalato, il forestiero e il carcerato, il povero e l’abbandonato, il sofferente senza aiuto e il bisognoso scartato. Sui loro volti possiamo immaginare impresso il suo volto; sulle loro labbra, anche se chiuse dal dolore, le sue parole: "Questo è il mio corpo"». Nella loro debolezza  c’è una “forza salvifica”. E se agli occhi del mondo hanno poco valore, «sono loro che ci aprono la via al cielo, sono il nostro “passaporto per il paradiso”. Per noi è dovere evangelico prenderci cura di loro, che sono la nostra vera ricchezza, e farlo non solo dando pane, ma anche spezzando con loro il pane della Parola, di cui essi sono i più naturali destinatari. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali. E ci farà bene: accostare chi è più povero di noi toccherà la nostra vita. Ci ricorderà quel che veramente conta: amare Dio e il prossimo».
Infine Bergoglio spiega: «Non cerchiamo allora il superfluo per noi, ma il bene per gli altri, e nulla di prezioso ci mancherà. Il Signore, che ha compassione delle nostre povertà e ci riveste dei suoi talenti, ci doni la sapienza di cercare ciò che conta e il coraggio di amare, non a parole ma coi fatti».
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 19 novembre 2017

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