da www.vogheranews.it
@Riproduzione Riservata del 23 dicembre 2021
VOGHERA – Nel mese di dicembre, la scuola primaria Edmondo De Amicis dell’I.C. Sandro Pertini, ha aderito al Progetto “Io Dono” promosso da Barbieri Daniela e Montagnoli Michela dell’Associazione Voghera Oltrepò Solidale.
La proposta nasce per creare un contatto tra il mondo del volontariato e il mondo della scuola ed è finalizzata a sostenere numerose famiglie vogheresi, attraverso la raccolta di generi di prima necessità.
“L’I.C. Sandro Pertini – spiega la scuola – ha tra le sue finalità educative quella di formare i suoi allievi a una cittadinanza attiva e solidale. Per questo motivo la dirigenza dell’Istituto Comprensivo accoglie, con favore, le proposte di esperienze educative che stimolino la solidarietà e il rispetto per le diversità.”
Le insegnanti della Scuola primaria De Amicis hanno presentato il progetto “Io dono” agli alunni, spiegando che “essere solidali significa essere altruisti: disposti ad aiutare gli altri nei momenti di difficoltà, senza chiedere nulla in cambio. La risposta dei bambini e delle loro famiglie è stata immediata e si è trasformata in una vera e propria gara di generosità.”
In pochi giorni, infatti, sono stati raccolti prodotti alimentari di ogni genere e consegnati ai volontari dell’Associazione Voghera Oltrepò Solidale.
A conclusione della colletta, i bambini sono stati premiati per il loro grande impegno con un attestato di merito, mentre alle famiglie è arrivato il ringraziamento dell’Associazione Voghera Oltrepò Solidale.
di Carlo Testimona
da www.romatoday.it
@Riproduzione Riservata del 06 aprile 2020
"Poste Italiane e l’Arma dei Carabinieri hanno sottoscritto una convenzione grazie alla quale tutti i cittadini di età pari o superiore a 75 anni che percepiscono prestazioni previdenziali presso gli Uffici Postali, che riscuotono normalmente la pensione in contanti, possono chiedere di ricevere gratuitamente le somme in denaro presso il loro domicilio, delegando al ritiro i Carabinieri.
Il servizio non potrà essere reso a coloro che abbiano già delegato altri soggetti alla riscossione, abbiano un libretto o un conto postale o che vivano con familiari o comunque questi siano dimoranti nelle vicinanze della loro abitazione.
L’accordo è parte del più ampio sforzo messo in atto da Poste e Arma dei Carabinieri, ciascuno nel proprio ambito di attività, per contrastare la diffusione del Covid-19 e mitigarne gli effetti, anche mediante l’adozione di misure straordinarie volte ad evitare gli spostamenti fisici delle persone. L’iniziativa permette anche di tutelare i soggetti beneficiari dalla commissione di reati a loro danno, quali, truffe, rapine e scippi.
In base alla convenzione appena sottoscritta i Carabinieri si recheranno presso gli sportelli degli Uffici Postali per riscuotere le indennità pensionistiche per poi consegnarle al domicilio dei beneficiari che ne abbiano fatto richiesta a Poste Italiane rilasciando un’apposita delega scritta. I pensionati potranno contattare il numero verde 800 55 66 70 messo a disposizione da Poste o chiamare la più vicina Stazione dei Carabinieri per richiedere maggiori informazioni.
"La collaborazione", si legge in una nota, "è frutto della consapevolezza di entrambi i sottoscrittori di ricoprire un ruolo strategico a sostegno del Paese e conferma la loro vocazione alla prossimità verso i territori e le categorie più fragili".
Le famiglie numerose in campo: «Servono misure di sostegno adesso».-
Il Convegno è organizzato da Anfn a Bellaria (Rimini) da oggi a domenica.
Chi investe sui figli, investe sul futuro. Delle famiglie, della società, del Paese. Se le politiche familiari non si traducono in atti concreti, simili dichiarazioni di intenti (a partire dall’art. 31 della Costituzione) restano solo slogan. L’Italia oggi è ancora uno dei Paesi europei che meno destina fondi per le famiglie. Lo sanno bene, in particolare, quelle che moltiplicano letti e biciclette, ricevono pochi inviti a cena perché ospitare l’intero nucleo è un’impresa, e magari occupano una fila intera al cinema. Mestiere difficile, quello delle famiglie numerose.
Quelle con almeno quattro figli a carico in Italia sono più di quanto si potrebbe pensare (oltre 190mila), e da qualche stagione si sono anche ritrovate in un’associazione (l’Anfn) i cui soci sono distribuiti in tutta la penisola e divisi a livello regionale e provinciale. Insieme alle famiglie con tre figli (720mila) raggiungono il milione. In pratica sono l’8% della popolazione (ma contribuiscono per il 30% al totale dei figli in Italia) che rappresenta il dato peggiore in Europa, fanno peggio solo Spagna e Bulgaria. Pensare che l’Irlanda arriva al 27%.
Belpaese fanalino di coda, d’altronde, anche per quanto riguarda il tasso di fertilità (1,34 figli a donna, ovvero il più basso d’Europa, sempre con la Spagna). E le italiane hanno il primo figlio sempre più tardi, e soprattutto più tardi delle colleghe europee: a 31 anni, contro la media Ue di 29 e – tanto per fare un altro esempio – i 26 anni della Bulgaria. Sarà un caso, ma l’Italia dedica l’1,5% del suo Pil a famiglie e figli, contro una media Ue dell’1,7%.
Paesi come quelli scandinavi arrivano a 4,5% (Danimarca). Gli ultimi dati Istat mostrano che in Italia il 6,9% delle famiglie vive in situazione di povertà assoluta, percentuale che sale a 10,5% delle famiglie con 1 figlio e ben a 20.9% delle famiglie con tre o più figli. Viene da dire: ma chi glielo fa fare… Eppure la nascita di un figlio ha un forte impatto sul Pil, anche ai fini della creazione di nuovi posti di lavoro. Da uno studio dell’Associazione nazionale famiglie numerose, un figlio costa mediamente 8.512,50 euro l’anno, che rappresentano i consumi da imputare direttamente al Pil.
A questi benefici diretti vanno aggiunti gli effetti indiretti dovuti all’indotto generato (dal sistema dei servizi scolastici ed educativi a quello sanitario). «Ogni figlio che nasce genera ogni anno mediamente un effetto sul Pil stimato prudenzialmente ad euro 35.000» spiegano dall’Anfn. Se l’indice di natalità passasse da 1,35 figli per donna a 2,1, con un incremento di 272.000 nuovi nati (760.000 in totale) si avrebbe – il conto è dirompente – un beneficio di almeno 9,5 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil, con un effetto cumulato nell’arco di cinque anni pari al 3%.
Per favorire una concreta politica di sviluppo, però, «non bisogna guardare solo ai prossimi nati, modificando il sentimento diffuso secondo il quale oggi avere dei figli è un lusso che solo pochi possono permettersi – fanno notare Raffaella e Giuseppe Butturini, presidenti Anfn –, ma è necessario garantire sicurezza e continuità anche a chi ha già fatto la scelta di avere dei figli». Di politiche familiari efficaci, perché avere un figlio in più non debba più impoverire e impaurire una famiglia, ma anche di educazione nei nuclei numerosi, di iniziative buone partite dal basso, di confronti e scambi con le buone pratiche internazionali si parlerà al convegno organizzato da Anfn a Bellaria (Rimini) da oggi a domenica. L’associazione ha le idee chiare.
«Non chiediamo regali e neppure favoritismi, vorremmo solo che fosse riconosciuto il valore della famiglia e di chi investe sui figli »: Paolo Nanni, con la moglie Paola, è coordinatore provinciale di Rimini. Anfn richiede interventi strutturali, universali e organici per dare futuro. I figli sono un bene di tutti, e non una scelta privata. Vanno in questa direzione la richiesta di un fisco più equo che tenga conto dei carichi familiari, il bonus pensionistico di tre anni di contributi figurativi (misure di questo genere stanno sorgendo anche in Polonia e Spagna) per ogni figlio ai fini pensionistici alle madri lavoratrici, l’aumento degli assegni familiari, l’Iva agevolata per i prodotti per l’infanzia, una campagna condivisa con le associazioni Europee dell’Elfac, la confederazione delle associazioni di famiglie numerose. Particolare attenzione alla Carta Famiglia. «Si tratta di uno strumento che è già legge dello Stato – afferma Carlo Dionedi, vicepresidente uscente Anfn – ma al momento è purtroppo solo un contenitore vuoto».
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 07 settembre 2018
Redazione Internet
Il solo perseguimento del profitto non garantisce più la vita dell’azienda: servono una formazione ai valori ed un’etica amica della persona. Così Francesco nell'intervista al "il Sole 24 ore".-
“Nessuna attività procede casualmente o autonomamente. Dietro ogni attività c’è una persona umana. Essa può rimanere anonima, ma non esiste attività che non abbia origine dall’uomo. L’attuale centralità dell’attività finanziaria rispetto all’economia reale non è casuale: dietro a ciò c’è la scelta di qualcuno che pensa, sbagliando, che i soldi si fanno con i soldi. I soldi, quelli veri, si fanno con il lavoro. E’ il lavoro che conferisce la dignità all’uomo non il denaro”.
Ne è convinto il Papa, nell’intervista pubblicata da “Il Sole 24 Ore”. “La disoccupazione che interessa diversi Paesi europei è la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro”. “La distribuzione e la partecipazione alla ricchezza prodotta, l’inserimento dell’azienda in un territorio, la responsabilità sociale, il welfare aziendale, la parità di trattamento salariale tra uomo e donna, la coniugazione tra i tempi di lavoro e i tempi di vita, il rispetto dell’ambiente, il riconoscimento dell’importanza dell’uomo rispetto alla macchina e il riconoscimento del giusto salario, la capacità di innovazione sono elementi importanti che tengono viva la dimensione comunitaria di un’azienda”, spiega Francesco.
“Il mondo economico, se non viene ridotto a pura questione tecnica, contiene non solo la conoscenza del come (rappresentato dalle competenze) ma anche del perché (rappresentata dai significati). Una sana economia pertanto non è mai slegata dal significato di ciò che si produce – aggiunge il Papa – e l’agire economico è sempre anche un fatto etico. Tenere unite azioni e responsabilità, giustizia e profitto, produzione di ricchezza e la sua ridistribuzione, operatività e rispetto dell’ambiente diventano elementi che nel tempo garantiscono la vita dell’azienda”.
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 07 settembre 2018
di Antonio Sanfrancesco
Francesco incontra l’Associazione Italiana Genitori: «La famiglia non apprezza più come un tempo il lavoro dei docenti, spesso anche mal pagati. Serve un nuovo patto educativo».-
Invita genitori e insegnanti a ristabilire la collaborazione reciproca e a siglare un nuovo «patto educativo» perché, avverte, «senza comunicazione frequente e senza fiducia reciproca non si costruisce comunità e senza comunità non si riesce a educare». Papa Francesco incontra nell’aula Paolo VI i rappresentanti dell’Associazione italiana genitori (AGe), che quest’anno festeggia 50 anni di vita, e racconta un aneddoto sulla sua infanzia: «Avevo dieci anni, e ho detto una cosa brutta alla maestra. La maestra ha chiamato mia mamma. Il giorno dopo è venuta mia mamma, e la maestra è andata a riceverla; hanno parlato, poi la mamma mi ha chiamato, e davanti alla maestra mi ha rimproverato e mi ha detto: “Chiedi scusa alla maestra”. Io l’ho fatto. “Bacia la maestra”, mi ha detto la mamma. E l’ho fatto, e poi sono tornato in aula, felice, ed è finita la storia. No, non era finita… Il secondo capitolo è quando sono tornato a casa… Questo si chiama “collaborazione” nell’educazione di un figlio: fra la famiglia e gli insegnanti».
È ai docenti, che in questi giorni si preparano a tornare in cattedra, che Francesco si rivolge: «Molte delle vostre energie», dice, «sono dedicate ad affiancare e sostenere i genitori nel loro compito educativo, specialmente in riferimento alla scuola, che da sempre costituisce il principale partner della famiglia nell’educazione dei figli. Ciò che fate in questo campo è davvero meritorio». Ma, denuncia il Pontefice, «oggi quando si parla di alleanza educativa tra scuola e famiglia, se ne parla soprattutto per denunciare il suo venir meno: il patto educativo è in calo». La famiglia, è la fotografia fatta da Francesco, «non apprezza più come un tempo il lavoro degli insegnanti – spesso mal pagati – e questi avvertono come una fastidiosa invadenza la presenza dei genitori nelle scuole, finendo per tenerli ai margini o considerarli avversari».
INSEGNATE AI VOSTRI FIGLI IL DISCERNIMENTO MORALE ED ETICO
Occorre cambiare, è l’appello del Papa. E per fare questo cambiamento, sottolinea, «occorre che qualcuno faccia il primo passo, vincendo il timore dell’altro e tendendo la mano con generosità. Per questo vi invito a coltivare e alimentare sempre la fiducia nei confronti della scuola e degli insegnanti: senza di loro rischiate di rimanere soli nella vostra azione educativa e di essere sempre meno in grado di fronteggiare le nuove sfide educative che vengono dalla cultura contemporanea, dalla società, dai mass media, dalle nuove tecnologie. Se è giusto lamentare gli eventuali limiti della loro azione, è doveroso stimarli come i più preziosi alleati nell’impresa educativa che insieme portate avanti».
Francesco cita un proverbio africano: “Per educare un bambino ci vuole un villaggio”. «Perciò, nell’educazione scolastica», commenta, «non deve mai mancare la collaborazione tra le diverse componenti della stessa comunità educativa».
Francesco ricorda inoltre che «contribuire a eliminare la solitudine educativa delle famiglie è compito anche della Chiesa, che vi invito a sentire sempre al vostro fianco nella missione di educare i vostri figli e di rendere tutta la società un luogo a misura di famiglia, affinché ogni persona sia accolta, accompagnata, orientata verso i veri valori e messa in grado di dare il meglio di sé per la crescita comune». Infine, invita i genitori a considerare i figli come «il dono più prezioso che avete ricevuto» e a custodirlo «con impegno e generosità, lasciando ad essi la libertà necessaria per crescere e maturare come persone a loro volta capaci, un giorno, di aprirsi al dono della vita. E conclude: «Insegnate ai vostri figli il discernimento morale, il discernimento etico: questo è buono, questo non è tanto buono, e questo è cattivo. Che loro sappiano distinguere. Ma questo si impara a casa e si impara a scuola: congiuntamente, tutte e due».
L'AGE NASCE NEL 1968 E OGGI RAGGRUPPA OLTRE 200 ASSOCIAZIONI LOCALI
L’AGe nasce nel 1968 grazie all’impegno di alcuni genitori, coordinati da Ennio Rosini e animati da un forte senso civico e da una grande passione a favore della famiglia, della scuola, dell’educazione. Oggi è una federazione di oltre duecento associazioni locali, rappresentative di tutte le regioni italiane. L’AGe opera prevalentemente nella formazione dei genitori, negli organismi di partecipazione scolastica, nelle politiche della famiglia, con il fine principale di promuovere quanto è necessario per il bene dei figli, sotto il profilo sociale, culturale, etico, fisico e psicologico.
di san Giovanni Paolo II
«Si sta diffondendo un falso messaggio che porta con sé desolazione: la felicità non si ottiene nella via della libertà senza la verità, questo è egoismo». Non è vero che i coniugi sono «condannati alla loro fragilità e non possono rimanere fino alla morte!», spiegò san Giovanni Paolo II in occasione dell'Incontro mondiale con le famiglie del 1997 a Rio de Janeiro.-
Il secondo di una serie di discorsi che, come spiegato, la Nuova BQ ha deciso di pubblicare in occasione dell'Incontro mondiale della famiglia che si svolgerà a Dublino, per recuperare il vero senso di un incontro che non può essere relegato alle ideologie del momento e che sembrano albergare anche nella Chiesa. Di seguito l'intervento del 4 Ottobre 1997.
La famiglia è patrimonio dell'umanità, perché è attraverso di essa che, secondo il disegno di Dio, si deve prolungare la presenza dell'uomo sulla terra. Nelle famiglie cristiane, fondate sul sacramento del matrimonio, la fede illumina in maniera meravigliosa il volto di Cristo, splendore della verità, che colma di luce e di gioia i focolari che ispirano la propria vita al Vangelo.
Purtroppo, oggi si sta diffondendo nel mondo un falso messaggio di felicità, impossibile e inconsistente, che porta con sé solo desolazione e amarezza. La felicità non si ottiene percorrendo la via della libertà senza la verità, perché questa è la via dell'egoismo irresponsabile, che divide e disgrega la famiglia e la società. Non è vero che i coniugi, come se fossero schiavi condannati alla loro stessa fragilità, non possono rimanere fedeli al reciproco e totale dono di sé, fino alla morte! Il Signore, che vi chiama a vivere nell'unità di «una carne sola», unità di corpo e di anima, unità della vita intera, vi infonde la forza per una fedeltà che nobilita e fa sì che la vostra unione non corra il rischio del tradimento, che priva della dignità e della felicità e introduce nel focolare divisione e amarezza, le cui principali vittime sono i figli.
La miglior difesa dell'unità familiare sta nella fedeltà, che costituisce un dono del Dio fedele e misericordioso, in un amore da Lui stesso redento. Vorrei lanciare qui, ancora una volta, un grido di speranza e di liberazione! Famiglie dell'America Latina e del mondo intero: non vi lasciate sedurre da questo messaggio menzognero che svilisce i popoli, attenta alle tradizioni e ai valori migliori, e fa ricadere sui figli tanta sofferenza e infelicità. La causa della famiglia conferisce dignità al mondo e lo libera nell'autentica verità dell'essere umano, del mistero della vita, dono di Dio, dell'uomo e della donna, immagini di Dio. Bisogna lottare per questa causa per assicurare la vostra felicità ed il futuro della famiglia umana.
L'uomo è la via della Chiesa. E la famiglia è l'espressione primaria di questa via. Come ho scritto nella Lettera alle Famiglie, «il mistero divino dell'Incarnazione del Verbo è (...) in stretto rapporto con la famiglia umana. Non soltanto con una, quella di Nazaret, ma in qualche modo con ogni famiglia, analogamente a quanto il Concilio Vaticano II afferma del Figlio di Dio, che nell'Incarnazione "si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Gaudium et spes, n. 22). Seguendo il Cristo "venuto" al mondo "per servire" (Mt 20, 28), la Chiesa considera il servizio alla famiglia umana uno dei suoi compiti essenziali. In tal senso, sia l'uomo che la famiglia costituiscono "la via della Chiesa"» (Gratissimam sane, n. 2).
Il Vangelo illumina, quindi, la dignità dell'uomo, e redime tutto quel che può impoverire la visione dell'uomo e della sua verità. È in Cristo che l'uomo percepisce la grandezza della sua chiamata ad essere immagine e figlio di Dio; è in Lui che si manifesta in tutto il suo splendore il disegno originale di Dio-Padre per l'uomo, ed è in Cristo che tale disegno originale raggiungerà la sua piena realizzazione. Ed è sempre in Cristo che questa prima e privilegiata espressione della società umana, che è la famiglia, trova la luce e la piena capacità di realizzazione, in conformità con i piani di amore del Padre.
«Se Cristo svela pienamente l'uomo all'uomo, lo fa a cominciare dalla famiglia nella quale ha scelto di nascere e di crescere» (Ibidem). Cristo Lumen gentium, luce dei popoli, illumina le vie degli uomini, soprattutto quella dell'intima comunione di vita e di amore dei coniugi, che nella vita degli uomini e dei popoli è il crocevia necessario, dove Dio è sempre andato loro incontro.
È questo il significato sacro del matrimonio, in qualche modo presente in tutte le culture, nonostante le ombre dovute al peccato originale, e che acquisisce una grandezza e un valore eminenti con la Rivelazione: «Come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e fedeltà, così ora il Salvatore degli uomini e Sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Inoltre, rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione» (Gaudium et spes, n. 48).
La famiglia non è per l'uomo una struttura accessoria ed estrinseca, che ostacola il suo sviluppo e la sua dinamica interiore. «L'uomo per la sua intima natura, è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti» (Ibidem, n. 12). La famiglia, lungi dall'essere un ostacolo allo sviluppo e alla crescita della persona, è l'ambito privilegiato per far crescere le potenzialità personali e sociali che l'uomo porta inscritte nel suo essere.
La famiglia, fondata sull'amore e da esso vivificata, è il luogo in cui ogni persona è chiamata a sperimentare, fare proprio e partecipare a quell'amore senza il quale l'uomo non potrebbe esistere e tutta la sua vita sarebbe priva di senso (cfr Redemptoris missio, n. 10; Familiaris consortio, n. 18).
Le tenebre che oggi avvolgono la stessa concezione dell'uomo, oscurano in primo luogo e direttamente la realtà e le espressioni che le sono connaturali. Persona e famiglia procedono parallele nella stima e nel riconoscimento della propria dignità, così come negli attacchi e nei tentativi di disgregazione. La grandezza e la sapienza di Dio si manifestano nelle sue opere. Tuttavia, oggi sembra che i nemici di Dio, più che attaccare frontalmente l'Autore del creato, preferiscano colpirLo nelle sue opere. L'uomo è il culmine, il vertice delle sue opere visibili. «Gloria enim Dei vivens homo, vita autem hominis visio Dei» (S. Ireneo, Adv. haer. 4, 20, 7).
Tra le verità oscurate nel cuore dell'uomo, a causa della crescente secolarizzazione e dell'edonismo imperante, sono particolarmente colpite tutte quelle che riguardano la famiglia. Attorno alla famiglia e alla vita si svolge oggi la lotta fondamentale della dignità dell'uomo. In primo luogo, la comunione coniugale non viene riconosciuta né rispettata nei suoi elementi di uguaglianza della dignità degli sposi e di necessaria diversità e complementarità sessuale. La stessa fedeltà coniugale e il rispetto per la vita in tutte le fasi della sua esistenza sono sovvertiti da una cultura che non ammette la trascendenza dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. Allorché le forze disgreganti del male riescono a separare il matrimonio dalla sua missione nei confronti della vita umana, attentano all'umanità, privandola di una delle garanzie essenziali del suo futuro.
(…) È necessario risvegliare e presentare un fronte comune, ispirato e fondato sulle verità centrali della Rivelazione, che abbia come interlocutore la persona e come agente la famiglia. Perciò, i Pastori devono prendere sempre maggiore coscienza del fatto che la Pastorale familiare esige agenti con un'accurata preparazione e, di conseguenza, strutture agevoli e adeguate in seno alle Conferenze Episcopali e alle Diocesi, che servano da centri dinamici di evangelizzazione, di dialogo e di azioni organizzate congiuntamente, con progetti ben elaborati e con piani pastorali.
Allo stesso tempo, desidero incoraggiare ogni sforzo volto a promuovere strutture organizzative adeguate, sia nell'ambito nazionale che internazionale, che si assumano la responsabilità di instaurare un dialogo costruttivo con gli organismi politici, dai quali dipende in buona parte il destino della famiglia e della sua missione al servizio della vita. Trovare le vie opportune per continuare a proporre efficacemente al mondo i valori fondamentali del piano di Dio, significa impegnarsi nella tutela del futuro dell'umanità.
da www.lanuovabq.it
@Riproduzione Riservata del 21 agosto 2018
anche il CAV, in questo momento di dolore, rivolge il proprio sentimento di vicinanza e cordoglio per le vittime del crollo del ponte Morandi.
milena pezzoni-cav
di Annachiara Valle
Il cardinale di Genova celebra i funerali di Stato per alcune delle vittime del crollo del ponte Morandi. «L'assenza è una scelta dei familiari ai quali va tutto il rispetto, e che certamente farà pensare chi di dovere», aveva detto ieri commentando la decisione di 20 famiglie di celebrare i funerali in forma privata.
I calciatori del Genoa e della Sampdoria, con le rispettive maglie, seduti gli uni accanto agli altri. I vigili del fuoco, i soccorritori, le crocerossine, la gente comune. Un applauso accoglie il capo dello Stato Sergio Mattarella e altri applausi, lunghi, calorosi, salutano le 18 salme coperte di fiori allineate sotto la tenda della fiera di Genova trasformata in altare .
C’è anche un imam chiamato a pregare per le due vittime musulmane unite alle altre nella tragedia.
Questa, dice il cardinale Angelo Bagnasco nella sua omelia, «è l’ora della grande vicinanza. Siamo certi che nel cuore di ognuno stia crescendo per Genova un amore ancora più grande, convinto che essa lo merita, che non può essere dimenticata da nessuno, e che la sua vocazione è scritta nella sua storia di laboriosità e di tenacia, oltre che nella sua posizione di porta fra il mare e il continente».
Con l’arcivescovo di Genova c’è tutta la cittadinanza che si stringe attorno alle bare.
«Il viadotto è crollato», dice ancora Bagnasco, «esso – com’è noto – non era solo un pezzo importante di autostrada, ma una via necessaria per la vita quotidiana di molti, un’arteria essenziale per lo sviluppo della Città. Genova però non si arrende: l’anima del suo popolo in questi giorni è attraversata da mille pensieri e sentimenti, ma continuerà a lottare. Come altre volte, noi genovesi sapremo trarre dal nostro cuore il meglio, sapremo spremere quanto di buono e generoso vive in noi e che spesso resta riservato, quasi nascosto». Vicino, con discrezione e lacrime, alle famiglie delle vittime e a tutto il popolo genovese, il cardinale sottolinea che «la rete organizzativa e la tempestività a tutti i livelli - istituzionale, di categoria e associazioni –, la professionalità di tutti, dei vigili del fuoco» e qui il discorso viene a lungo interrotto dagli applausi, «la disponibilità generosa di molti, la forza dei feriti, la preghiera e la solidarietà che subito si sono levate da ogni parte della Diocesi, rendono visibile l’anima collettiva della nostra Città. Ci auguriamo che i numerosi sfollati non solo trovino temporanea ospitalità, ma che possano ritrovare presto il necessario calore della casa».
Non ci sono parole per dire il dolore. «Sappiamo», dice l’arcivescovo, «che qualunque parola umana, seppure sincera, è poca cosa di fronte alla tragedia, così come ogni doverosa giustizia nulla può cancellare e restituire. L’iniziale incredulità e poi la dimensione crescente della catastrofe, lo smarrimento generale, il tumulto dei sentimenti, i “perché” incalzanti, ci hanno fatto toccare ancora una volta e in maniera brutale l’inesorabile fragilità della condizione umana». Ma non bisogna darsi per vinti: «Proprio dentro a questa esperienza, che tutti in qualche modo ha toccato», insiste il cardinale, «si intravvede un filo di luce. Quanto più ci scopriamo deboli ed esposti, tanto più sentiamo che i legami umani ci sono necessari: sono il tessuto non solo della famiglia e dell’amicizia, ma anche di una società che si dichiara civile. Questi vincoli, che ci uniscono gli uni con gli altri, richiedono una affidabilità solida e sicura: senza un amore affidabile, infatti, non sarebbe possibile vivere insieme. È la gioia della semplice presenza degli altri che ci permette di portare la vita, e di condividere gioie e dolori: come un ponte ci permette di varcare il vuoto, così la fiducia ci consente di attraversare le circostanze facili o ardite della strada terrena».
E, infine, l’invito a guardare in alto «verso Dio, fonte della speranza e della fiducia. Guardando a Lui eviteremo la disperazione e potremo tornare a guardare con coraggio il mondo, la vita, la nostra amata Città. Potremo guardarci gli uni gli altri e riconoscerci fratelli, perché figli dello stesso Padre ben oltre ogni differenza. Potremo rinnovare la fiducia reciproca e consolidare la vicinanza di queste ore. Potremo costruire ponti nuovi e camminare insieme».
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 18 agosto 2018
di Simona Marchetti
Il caso è stato raccontato da una pediatra britannica durante l'annuale conferenza dell'organizzazione NSPCC.-
I videogiochi possono coinvolgere a tal punto i bambini da fare in modo che non sentano nemmeno più gli impulsi corporei più basilari, come ad esempio andare in bagno, col rischio così di sviluppare problemi di salute a lungo termine. A lanciare l'avvertimento è stata la pediatra Jo Begent dell'University College London Hospital che, intervenendo nel corso della conferenza annuale della NSPCC (la principale organizzazione non profit britannica per l’infanzia), ha citato il caso di un bambino di 10 anni, operato d'urgenza all'intestino dopo aver passato otto ore di fila attaccato alla consolle, senza staccarsi nemmeno per fare pipì. «Un giorno nella mia clinica pediatrica si è presentato un ragazzino di dieci anni che zoppicava ed era conciato davvero male - ha raccontato infatti la dottoressa Begent - ma quello che mi ha mandata nel panico è stata la massa enorme che gli usciva dal bacino e che in un primo momento credevo fosse un tumore. I successivi controlli hanno invece evidenziato una grave dilatazione del bacino e una costipazione spaventosa».
Caso limite ma...
Come si legge sul Daily Mail, a quel punto la pediatra ha voluto capirci qualcosa in più, ma quello che ha poi scoperto è stato a dir poco sconcertante. «Quando ho approfondito la questione, è venuto fuori che la vescica e l'intestino si erano deformati in quel modo perché il ragazzino aveva smesso di andare in bagno per non doversi staccare dal suo videogame - ha continuato la Begent - ed era talmente preso dal gioco da ignorare anche i bisogni corporei basilari, perché considerati fonte di distrazione». Pur trattandosi di un caso limite, la pediatra ha sottolineato come social media e videogame stiano avendo un impatto sempre maggiore e sempre più pericoloso sulla salute fisica e mentale di bambini e adolescenti. «Negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento esponenziale di casi - ha concluso la Begent - e se inizialmente i problemi erano legati alla mancanza di sonno e all'obesità, ora invece riguardano anche aspetti psico-fisici molto più profondi e che possono avere risvolti potenzialmente drammatici».
La dipendenza da videogiochi è una malattia
Proprio di recente l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha messo la dipendenza da videogiochi nella categoria malattie mentali, inserendo il cosiddetto gaming disorder nell’ultima revisione della International Classification of Diseases (Icd-11), l’elenco che contiene tutte le patologie riconosciute, oltre 55mila, usato per le diagnosi dai medici di tutto il mondo. La nuova versione verrà adottata a partire dal 2022.
da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 22 giugno 2018
di Vatican News
Francesco torna sul tema della vita nascente: «Oggi si vuole pianificare tutto, persino le caratteristiche dei figli. Invece ci sono variabili che non possono essere previste né controllate. In ogni persona umana c’è l’impronta di Dio, ogni vita è un suo dono».-
«Nonostante tutte le scoperte della scienza e della tecnica e le manipolazioni genetiche, la vita umana è e resta mistero». Perché «Dio non dipende dalle nostre logiche e dalle nostre limitate capacità umane. Bisogna imparare a fidarsi e a tacere di fronte al mistero di Dio e a contemplare in umiltà e silenzio la sua opera, che si rivela nella storia e che tante volte supera la nostra immaginazione». Nel consueto Angelus domenicale Papa Francesco torna sul tema della vita nascente, dopo le dichiarazioni forti al Forum delle famiglie della scorsa settimana, quando ha parlato di «nazisti in guanti bianchi» riferendosi agli aborti selettivi sui bambini disabili.
Per la nascita di San Giovanni Battista
L’occasione per riprendere il discorso è il passo evangelico della nascita di San Giovanni Battista, da genitori molto anziani e fino a quel momento sterili. «Ecco, in questa storia c’è una verità in controtendenza rispetto alla cultura di oggi, che ci porta a pianificare ogni cosa, perfino le caratteristiche dei figli. Invece nell’esistenza umana ci sono variabili che non possono previste né controllate. La vita di una persona va sempre oltre i nostri schemi e le nostre stesse attese, perché è dono di Dio. E più conosciamo e più rimaniamo stupiti e affascinati!». E ha aggiunto: «In ogni persona umana c’è l’impronta di Dio, sorgente della vita, per questo bisogna essere sempre più consapevoli che nella generazione di un figlio i genitori agiscono come collaboratori di Dio. Una missione veramente sublime che fa di ogni famiglia un santuario della vita. La Vergine Santa ci aiuti a comprendere che in ogni persona umana c’è l’impronta di Dio, sorgente della vita ».
Francesco è poi tornato a parlare della fede e di come viverla ogni giorno: «Il popolo fedele di Dio è capace di viverla con gioia, stupore e gratitudine». E ha chiesto a tantissimi fedeli che lo ascoltavano sotto il sole di piazza San Pietro: «Facciamoci un un esame di coscienza: come è la mia fede? È gioiosa o sempre uguale? Una fede piana? Ho senso dello stupore quando vedo le opere del Signore?».
Il ricordo della beata «Chiquitunga»
A conclusione dell’Angelus il Papa ha chiesto alla folla un applauso per la «Chiquitunga», la popolarissima monaca carmelitana del Paraguay Maria Felicia di Gesù Sacramentato, nata Maria Felicia Guggiari Echeverri’a, proclamata ieri beata ad Asuncion e vissuta nella prima metà del ventesimo secolo. La suora che morì a 34 anni era chiamata con questo nomignolo da suo papà, ha ricordato Bergoglio: «Da ragazza aderì con entusiasmo all’Azione Cattolica e si prese cura di anziani, ammalati e carcerati. Questa feconda esperienza di apostolato, sostenuta dall’Eucaristia quotidiana, sfociò nella consacrazione al Signore. Accettò con serenità la malattia e anche per questo la sua testimonianza è un invito per tutti i giovani, specialmente quelli paraguaiani, a vivere la vita con generosità, mansuetudine e gioia».
«E noi - si è chiesto il Papa - siamo aperti alle novità dello Spirito. La nostra fede è aperta alle sorprese di Dio?». « La Vergine Santa - ha ocncluso Francesco - ci aiuti a comprendere che in ogni persona umana c’è l’impronta di Dio, sorgente della vita. Lei, Madre di Dio e Madre nostra, ci renda sempre più consapevoli che nella generazione di un figlio i genitori agiscono come collaboratori di Dio. Una missione veramente sublime che fa di ogni famiglia un santuario della vita».
da www.corriere.it
@Riproduzione Riservata del 24 giugno 2018
Quest' anno il C.A.V. è arrivato a compiere 30 anni. Concepito il 16 marzo 1988 con la costituzione di un primo gruppo promotore guidato dalla signora Armella Giuliana, all' epoca Ostetrica in attività c/o l' Ospedale Civile di Voghera.
L'anno successivo in data 2 febbraio, sarebbe poi nato il "CENTRO DI ACCOGLIENZA ALLA VITA VOGHERESE" con regolare statuto depositato c/o Notaio Caridi e con prima sede in via Emilia n° 263 presso la Parrocchia S. Pietro ( Don Orione ).
Di quali risultati come presidente e volontario fondatore, Ti senti più soddisfatto ?
Cosa auguri all' associazione per il futuro ?
Risponde il Presidente
Anzitutto ritengo di essere stato ben ispirato quando con il consenso delle volontarie e dei volontari fondatori, ho ottenuto che la nostra associazione fosse dichiaratamente ancorata alla Chiesa, infatti anche il nostro statuto afferma all' art. 3 : “l’associazione si ispira ai valori umani a difesa della vita, salvaguardati dalla Tradizione e dal Magistero della Chiesa Cattolica” .
Considerando poi la nostra inesperienza iniziale e il fatto che nonostante la nostra buona volontà avremmo potuto affondare alle prime serie difficoltà, sono soddisfatto di aver organizzato con le nostre volontarie il 28 giugno 1998 un pellegrinaggio al Santuario di Stazzano dove durante la celebrazione di una Santa Messa presieduta da Mons. Vescovo Luigi Bongianino, abbiamo offerto tutte le iniziative del C.A.V. al Sacro Cuore di Gesù.
Devo riconoscere che la provvidenza è venuta in soccorso delle nostre attività in diverse occasioni e ho sempre creduto che fossero aiuti ricevuti grazie a questo convinto affidamento.
Rileggendo la nostra storia ed i moltissimi eventi accaduti, il bene che siamo riusciti ad organizzare, i bambini che abbiamo aiutato a nascere e a crescere, ( più di mille famiglie aiutate concretamente con tutto quello che serve per allevare un figlio ) la mia soddisfazione aumenta sempre di più.
La soddisfazione è grande anche per aver conosciuto e collaborato con diverse volontarie e volontari 78 persone stupende, che si sono impegnati in questi 30 anni per fare del bene mettendo a disposizione tempo ed energie.
La nostra associazione di volontariato attualmente è ben impostata e riconosciuta nell' ambito cittadino e provinciale, ha tutte le carte in regola per continuare ad operare bene ancora per altri 30 anni almeno, ed anche per questo motivo sono molto soddisfatto.
Cosa auguro all' associazione per il futuro ?
Mi auguro che il C.A.V. possa avere nei prossimi anni un consiglio di amministrazione più giovane e altrettanto motivato come lo furono i primi soci fondatori 30 anni fa.
Dunque anche una nuova presidenza e una nuova segreteria, che io mi impegno ad accompagnare fino a quando sarà utile e necessario. Comunque, finché potrò, rimarrò sempre iscritto al C.A.V. anche solo come semplice volontario, per mantenerne la memoria storica e custodirne le radici!.
Attualmente tra le persone iscritte non sono emerse disponibilità per votare una nuova presidenza e una nuova segreteria, pertanto presumibilmente sarà fra i prossimi iscritti che potranno emergere queste nuove e importanti figure di riferimento.
Auguro all' associazione che possa avvalersi della generosità e collaborazione di queste persone al più presto, affinché con passione e umiltà, possano dirigere responsabilmente e mantenere viva l' attività caritativa del C.A.V. per altri 30 anni ancora.
Coraggio futura e/o futuro nuovo presidente del C.A.V., è il momento di considerare la possibilità di metterti a disposizione di tanti bambini e mamme in difficoltà e di guadagnarTi la stima e la fiducia di tutte le volontarie e i volontari del C.A.V.!
Grazie per l'attenzione.
I miei più cari saluti.
L' attuale volontario-presidente Luigi Ermano
@Riproduzione Riservata del 14 giugno 2018